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A Gagliato, forse i resti di una polis
greco-romana Affiorano reperti del VII secolo a.C. di Vincenzo
Pitaro Dell’area
archeologica di «Gomeno» si era interessato, alcuni anni fa, persino Sabatino Moscati, giornalista del Corriere della Sera. Ma a
parlarne, si può dire da sempre, in maniera del tutto inascoltata, sono
alcuni locali appassionati cultori di archeologia. La
zona di cui si parla è la località «Sant’Angelo»,
sottostante al costone de «’U monacu», nel territorio di Gagliato. Lì, secondo il parere di molti esperti,
esisterebbe una città sommersa di epoca greco-romana ancora del tutto
inesplorata. L'ipotesi
andrebbe ascritta all'accurata ricerca di alcuni archeologi che si sarebbero
dedicati allo studio di questa zona attraversata dall'Ancinale, l'antico
fiume Cecino descritto da Plinio il Vecchio nella sua «Naturalis Historia» e
dal quale avrebbe tratto ispirazione finanche Omero. Fra questi, qualcuno addirittura parla di reperti in terracotta,
bronzo e ceramica corinzia che, anni fa, sarebbero spontaneamente venuti alla
luce a seguito di alcuni lavori agricoli eseguiti da parte di privati
cittadini piuttosto ignari del valore che potessero avere. Non si hanno
notizie precise sui ritrovamenti che, molto probabilmente, sarebbero finiti
nuovamente sotto terra durante gli stessi lavori. Si dà per certo, invece,
che tale sito archeologico, non molto tempo addietro, era già stato segnalato
alle autorità competenti per evitare che privati cittadini effettuassero
scavi. Nessun'altra presa di posizione, intanto, sembra essersi
registrata da parte della Soprintendenza archeologica della Calabria, né da
parte del Ministero ai Beni Culturali. A chi giova tenere nascosta la notizia? E per quale motivo?
Forse per evitare che qualche terreno diventi di proprietà dei Beni
Culturali? Chissà! La gente ne parla e le supposizioni, ovviamente, non
mancano. Un fatto, comunque, è certo: di questo passo, di fronte alla totale
noncuranza degli organi preposti - lamenta più di qualcuno - molti reperti
potrebbero (di nascosto) finire in mano ai tombaroli e, di conseguenza, molti
oggetti di notevole interesse archeologico andrebbero dispersi. Notizie
storiche vogliono questa zona teatro di avvenimenti memorabili come l'epica
battaglia che si combattè intorno al 480 a.C. tra locresi e crotoniati sul corso
d'acqua (allora navigabile) del fiume Ancinale, che dai greci era detto
Kaikinos e dai romani Caecinus. Fatto sta che la pianura antistante venne in
seguito chiamata Sagrianum (l'attuale «Sajnàru») e il paese sovrastante prese
il nome di Satriano. La storia, in questa zona, dunque, ha lasciato tracce
indelebili, facili da decifrare, anche se fino ad oggi sarebbe stato solo il
silenzio a farla da padrone! Ora, il sito archeologico di «Gomeno» torna di
nuovo alla ribalta per la notevole presenza di materiale protostorico, ma
anche di epoche successive, che dimostra di possedere nel suo sottosuolo.
Proprio in questi giorni, infatti, in un podere vicino, denominato «San
Nicola», sono affiorate delle necropoli protostoriche con materiale databile
al periodo precedente il VII secolo avanti Cristo. Ma c’è di più. Si parla
perfino di monete in argento del V secolo prima di Cristo che
testimonierebbero l’esistenza di una civiltà magnogreca. Peraltro, i due «aribaloi» del VI secolo a.C. venute alla luce non
molto tempo addietro in questa area archeologica (ed ora esposte in museo),
già d’allora, costituivano, per gli archeologi, una scoperta di grandissima
portata storica. Eppure il loro ritrovamento, dovuto all'opera appassionata
del prof. Giuseppe Maria
Pisani, passò
(inspiegabilmente) sotto silenzio. «Purtroppo, non ci sono finanziamenti per
avviare una vera e propria campagna di scavo», si limitò a dire qualcuno. E,
da quel giorno, dell'area archeologica gagliatese, tutti – almeno
apparentemente - si sarebbero dimenticati. Adesso la convinzione è più forte di prima. Secondo molti esperti del settore, in località «Gomeno», oltre ad alcune necropoli, potrebbero esserci i resti di una polis greco-romana. Tutto, infatti, lascia pensare che da queste parti fosse esistito un centro indigeno che si pensa abbia continuato a vivere anche in epoca greca. Un popolo, quindi, che successivamente si sarebbe ellenizzato. Fu lo stesso prof. Giuseppe Maria Pisani, studioso ed artista di notevole valore, a dare la notizia del rinvenimento dei due "ariballoi" che, in base alle forme, potevano essere del VI e VII secolo avanti Cristo. Questi ed altri importanti reperti, oggi, si dovrebbero trovare o al Museo nazionale di Reggio Calabria o a quello di Vibo Valentia. Ma che dire delle nuove necropoli venute alla luce, per caso, proprio di recente? Una nuova pagina archeologica per la Calabria? Sembra proprio di sì. L'archeologo Ermanno Arslam, d’altronde, diversi anni addietro, si disse convinto che oltre alla mitica Skilletion (distrutta nel 390 a.C.) e alla Scolacium romana del 122, ve ne fu un’altra. Forse divisa in due frazioni con più civiltà sovrapposte, nell’ambito del golfo di Squillace. |
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