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Gagliato in the World |
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LA GRANGIA
CERTOSINA La nostra ipotesi di una eventuale origine bizantina di
Gagliato, viene messa in relazione con il fatto che nella località
sottostante al costone de «’U Monacu», poco distante dal centro abitato,
sorgeva una gràngia certosina, risalente intorno al XIV secolo, e che, a sua
volta, sarebbe stata edificata su un precedente insediamento bizantino. Da
qui deriverebbe l'attuale denominazione di Grecìa, con cui viene
definito il territorio circostante. Era, quella gràngia, un convento avente giurisdizione su un
vasto podere, coltivato a vigneti ed uliveti, che dal poggio de «’U Monacu»
si estendeva fin al greto del sottostante torrente Ancinale. Quel cenobio dovette subire non poche incursioni turchesche. Le
comprova il fatto che tra i ruderi, che fin a qualche decennio fa esistevano
così come ci erano stati tramandati dai secoli - prima cioè che mani
sacrileghe, come ha scritto qualcuno, mutilassero alcune quinte
miracolosamente scampate alla voracità del tempo -, si poteva ammirare quella
che doveva essere una torre di guardia, munita di una specola di
avvistamento. Bastava porsi dietro quella finestrella circolare che la vista
spaziava ad angolo piatto abbracciando tutto il Golfo di Squillace, fino a
lambire le aride marne di Punta Stilo. Secondo quanto hanno raccontato alcuni anziani pastori,
esisterebbe, occluso, un camminamento sotterraneo, lungo quasi due
chilometri, che avrebbe inizio dai ruderi del vecchio convento e sboccherebbe
nella valle dell'Anomale. L'ingegnoso accorgimento sarebbe servito ai
pacifici anacoreti per mettersi in salvo dalle azioni piratesche dei saraceni
che, dal mare, si proiettavano oltre per molti chilometri, saccheggiando
anche i paesi dell'entroterra. Il terremoto della mezzanotte del 5 novembre
del 1659 produsse alla grangia notevoli danni. Ma gli ultimi eremiti
abbandonarono il convento immediatamente dopo le forti scosse telluriche del
5-10 febbraio e del 28 marzo 1783, che sconvolsero fortemente l'intera
regione. I danni causati furono irreparabili, così che si rese necessario
trasferire la comunità monastica in altri più sicuri eremitaggi. Analogo infelice epilogo, e per le medesime ragioni, toccò al
vicino convento agostiniano, ricchissimo di opere d'arte, di Santa Maria
della Pietà in contrada «Pietà» nel comune di Petrizzi. Detto monastero era
famoso anche perché sopra l'altare maggiore della cappella era custodita la
statua marmorea, raffigurante la Pietà, opera dello scultore palermitano
Antonello Gagini (1478-1536). La preziosa scultura, risalente al 1521, è oggi
conservata nella chiesa matrice di Soverato Superiore, nel cui territorio
ricadeva, un tempo, il sito ove sorgeva quel convento. Con il terremoto del
1783, le attività di quei fervidi ed operosi insediamenti monastici si
estinguevano per sempre. Toccante è quanto scrisse il Vitale nella lirica Fra
i ruderi del convento di Gagliato, nella quale, fra l'altro, si legge:
«Pur queste mirici di proci aulivano / nel fruscio lieve di bianche tonache;
/ or, su questi salmi non brucia incenso: / parla il silenzio». Un'altra lauda nel comune di Gagliato sorgeva in località Sant'Angelo, quasi sulle rive dell'Ancinale, ed era denominata «Sant'Angelo della Pietra». Quei monaci abbandonarono l'eremo molto probabilmente intorno al XV-XVI secolo, e non è da escludere l'ipotesi che siano stati loro che abbiano introdotto nella vicina Chiaravalle Centrale il culto della Madonna della Pietra. Ma è soltanto una nostra personale supposizione. Null'altro. © Francesco Pitaro in «Gagliato, radiografia di un paese di Calabria» (1989) |
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