Europee del 26 maggio 2019 - La Lega sfida l'Europa.

La Lega di Matteo Salvini finalmente è il primo partito in Italia, si presenta alle elezioni del 26 maggio 2019, come il partito del cambiamento e del buonsenso, con l'obbiettivo di eliminare qualsiasi tipo di supremazia nazionalistica o di diktat introdotti negli anni dai burocrati e dai poteri filo franco tedeschi ..
~A.G. 09/05/2019

Il programma del Centrodestra alle elezioni del 4 marzo 2018. Tutte le proposte e le promesse di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d'Italia in vista delle attesissime elezioni politiche.

Alle elezioni politiche del 4 marzo i tre principali partiti di centrodestra – Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia – si presenteranno come parte di un’unica coalizione, senza nome e senza leader: il 18 gennaio i leader dei rispettivi partiti hanno firmato però un programma comune. I punti principali riguardano l’abbassamento delle tasse, una minore dipendenza dall’Europa e maggiore attenzione alla sicurezza. Il capo della Lega, Matteo Salvini, e quello di Forza Italia, Silvio Berlusconi, hanno detto che il nome del capo del futuro eventuale governo di centrodestra dipenderà da chi prenderà più voti dentro la coalizione.
~A.G. 21/02/2018

8 settembre: Napolitano, solidarieta' ai figli dei caduti di Barletta...

(ASCA) - Roma, 10 set - ''Vorrei rinnovare la mia espressione di fortissima e affettuosa solidarieta' ai figli dei caduti e delle vittime di quei giorni di settembre a Barletta''. Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione dell'incontro al Quirinale con una delegazione del Comune di Barletta, per il 70* anniversario della ribellione all'occupazione nazista della citta'. ''Effettivamente quella fu una storia per troppo tempo ignorata o non valorizzata abbastanza ed e' stato essenziale lo sforzo fatto da Barletta, dai barlettani, da voi, dall'Associazione, da chi si e' occupato dell'Archivio (Archivio della Resistenza e della Memoria cittadina). Bisogna insistere - ha continuato Napolitano - credo che occorra rendere permanente la possibilita' di accesso dei cittadini e degli studiosi alla documentazione di quel momento che e' stato straordinario. Ho partecipato domenica, qui a Roma, alle celebrazioni del 70* anniversario dell'8 settembre 1943. Ci sarebbe ancora tanto da dire soprattutto discutendone con i giovani i quali peraltro sono molto sensibili. I momenti piu' belli di quella celebrazione sono stati gli interventi di due ragazzi: una ragazza del Liceo Mamiani che ha parlato benissimo e un ragazzo della scuola germanica di Roma tedesco ed ebreo, adesso italiano. Hanno detto cose veramente molto sensibili entrambi. Credo che bisogna farlo per tutte le nostre citta' che hanno vissuto quelle giornate terribili e bisogna farlo in modo sistematico, in maniera che anche tanti episodi diventino parte integrante della storia della Resistenza e quindi della storia nazionale''. ''Che cosa fu l'8 settembre? Si e' presa, in certi momenti e da parte di alcuni, l'abitudine di dire che fu il giorno in cui mori' la Patria. Della Patria - ha proseguito Napolitano - si puo' fare retorica in senso positivo e anche in senso negativo. L'espressione 'morte della Patria' secondo me era molto retorica e molto dubbia. Ho visto che proprio in questi giorni un importante storico ha detto : 'non mori' la Patria, mori' lo Stato', crollo' lo Stato, e c'e' stato un grande intellettuale, tra i primi combattenti e caduti della Resistenza in Italia, Giaime Pintor, che disse: 'Si disfece la compagine italiana'. Quest'ultimo e' un concetto ancora piu' ampio di Stato, ma non e' da confondersi con il sentimento della Nazione, che poi sarebbe la Patria. L'8 settembre e' stato, nello stesso tempo, il giorno del crollo dello Stato o della compagine italiana ed e' stato il primo giorno della riscossa. Accadde questo. Io sono stato qualche anno fa a Cefalonia, la cui epopea e' rimasta fortemente impressa nella memoria collettiva. Da Ministro dell'Interno andai a Piombino, citta' in cui ci fu la Resistenza dei militari italiani, e poi ci sono stati altri episodi locali come la Resistenza dei barlettani, civili e militari, eroici caduti e vittime della ferocia nazista, e su quello si e' poi costruito a poco a poco il grande edificio della Resistenza''. Napolitano ha inoltre salutato ''cordialmente il Presidente della Regione, il Presidente della Provincia e naturalmente il Sindaco di Barletta. Mi ha un po' confortato il fatto che un uomo abbastanza giovane si sia commosso, perche' di solito la voce si incrina per l'emozione a persone un po' piu' anziane come me. Cio' si spiega con la vicinanza con la quale Pasquale Cascella ha operato per sette anni con me alla Presidenza della Repubblica e ancora prima per due anni alla Presidenza della Camera dei Deputati, quindi sette piu' due fa un bel tratto di strada dal quale infine Pasquale si e' distaccato nel modo migliore perche' ha ricevuto la straordinaria gratificazione di essere riconosciuto dai cittadini di Barletta come loro Sindaco. D'altronde lui non ha mai dimenticato di essere figlio di Barletta - lo posso testimoniare - e certamente fu tra quelli che mi spinsero a venire a Barletta da Ministro dell'Interno per quella cerimonia molto significativa che ricordo benissimo. Ringrazio voi tutti per essere qui, mi complimento con Pasquale, con il Pasquale Sindaco che si commuove'', ha concluso Napolitano.
~A.G. 10/09/2013

Meno peggio del dramma...

Il nuovo piano per rilanciare il credito, sul quale sono circolate alcune indiscrezioni, conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che questo governo non solo non è capace di rispondere ai problemi del paese, ma non riesce neanche a comprenderli e persegue solamente una strategia di ulteriore allargamento dell'intervento statale che implica, presto o tardi, ulteriore tassazione. Stando a quanto riportato dalla stampa, il progetto allo studio riesce a includere tutti i tragici errori, in termini di azzardo morale causato dalle garanzie pubbliche sui finanziamenti, che hanno contribuito a far deflagrare la crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti. In estrema sintesi, il governo propone di usare la cassa depositi e prestiti (CDP) per garantire delle obbligazioni bancarie emesse per raccogliere fondi per rilanciare l'offerta di credito. Si tratta di un grave errore perché questo meccanismo costituisce un incentivo per le banche ad assumere rischi eccessivi, visto che il costo delle scelte azzardate verrà scaricato sui contribuenti attraverso la garanzia che la CDP offrirebbe. Ad aggravare questo meccanismo perverso, ci sarebbe la creazione di titoli formalmente a basso rischio, per via della garanzia CDP, ma di fatto garantiti da crediti di qualità sempre peggiore. Quel che accade quando la garanzia diventa insufficiente, lo abbiamo sperimentato nella storia degli ultimi anni dalla quale questo governo sembra non aver imparato nulla. Dopo aver fatto della CDP il nuovo Ministero delle Partecipazioni Statali il PD ed il PdL intendono farne anche la versione italiana di Fannie Mae e Freddie Mac, le agenzie statali di garanzia dei mutui che giocarono un ruolo cruciale nella creazione prima ed esplosione poi della bolla dei mutui USA. Quindi ritengo che il modo migliore per risanare il sistema creditizio italiano consista nell'imporre alle banche di ricapitalizzarsi e alle fondazioni bancarie di dismettere i pacchetti di controllo dei principali istituti di credito. Solo in questo modo è possibile ristabilire una relazione sana tra creditori e debitori e rilanciare l'economia del nostro paese.
~A.G. 21/08/2013

Nascono 10 saggi per creare ricette anticrisi...

Ecco la ricetta dei saggi per migliorare la vita del popolo Italiano. Fisco, riforma elettorale e riduzione dei parlamentari: ecco le misure dei 10 esperti nominati dal Presidente della Repubblica, Napolitano................... Fisco, intercettazioni, legge elettorale e riforme costituzionali. Sono questi i temi messi in cima all'agenda composta dai due gruppi di saggi nominati il 30 marzo da Giorgio Napolitano. Le due relazioni presentate il 12-04-13 sono il frutto dei 10 giorni di lavoro dei due gruppi, quello per le riforme istituzionali e quello per le misure economico-sociali. Ecco in sintesi i provvedimenti auspicati nelle relazioni. Legge elettorale mista Riformare la legge elettorale vigente: il nuovo sistema «potrebbe prevedere un sistema misto (in parte proporzionale e in parte maggioritario) un alto sbarramento e un ragionevole premio di governabilità», si legge nella relazione. Superamento del bicameralismo perfetto L'attuale modello di bicameralismo paritario e simmetrico rappresenta una causa dello stallo riformatore dell'Italia. I saggi propongono che ci sia una sola Camera politica e una seconda Camera rappresentativa delle autonomie regionali (Senato delle regioni). Costi politica Bisogna uniformare i soggetti deputati al controllo dei costi della politica. I controllori devono essere esterni e indipendenti Finanziamento dei partiti «Il finanziamento pubblico delle attività politiche in forma adeguata e con verificabilità delle singole spese, costituisce un fattore ineliminabile per la correttezza della competizione democratica e per evitare che le ricchezze private possano condizionare impropriamente l'attività politica». Conflitto d'interessi Serve una nuova legge, costruita non sulle aspirazioni di parte. Parlamentari I parlamentari italiani possono essere ridotti 600: 480 deputati e 120 senatori, ripartiti in proporzione al numero di abitanti in ciascuna Regione. Intercettazioni Si deve porre un limite, in quando sono «mezzo per la ricerca della prova, e non strumento di ricerca del reato». Occorre inoltre porre limiti alla loro divulgazione «perché il diritto dei cittadini a essere informati non costituisca il pretesto per la lesione di diritti fondamentali della persona». Riforma del lavoro Bisogna rivedere le attuali regole restrittive della riforma Fornero nei confronti del lavoro a termine, vista l'estrema prudenza delle aziende italiane a non assumere a tempo indeterminato. Spending review Bisogna continuare l'opera di riduzione e riorientamento della spesa pubblica delle amministrazioni. Tasse La pressione fiscale è ormai troppo alta. Per i saggi occorre una redistribuzione per garantire l'equità e tagliare il carico fiscale sui redditi da lavoro.
~A.G. 13/04/2013

Il Grande Obbiettivo di Mario Monti...

Non appena le condizioni generali lo consentiranno, occorre impegnarsi a ridurre il prelievo fiscale complessivo, dando precedenza a lavoro e impresa, anche per mezzo del trasferimento del carico corrispondente su grandi patrimoni e sui consumi, salvaguardando le fasce deboli e il ceto medio. Lo prevede l'Agenda Monti diffusa on line dove si sottolinea la necessità di realizzare un nuovo Patto tra fisco e contribuenti per un fisco più semplice, più equo e più orientato alla crescita. Il primo atto del nuovo Parlamento deve essere la riforma della legge elettorale, così da restituire ai cittadini la scelta effettiva dei governi e dei componenti delle Camere. Si legge anche nell'agenda che prevede anche la drastica riduzione dei contributi pubblici anche indiretti ai partiti e ai gruppi parlamentari e dei rimborsi elettorali con più "trasparenza" nei bilanci e una perfetta tracciabilità dei finanziamenti privati" che dovranno avere una "soglia massima". Il testo sottoforma di agenda è preceduta da una lettera di Monti agli italiani in cui spiega che Cambiare l’Italia, riformare l’Europa, agenda per un impegno comune' è il frutto di questo lavoro ed è presentato come primo contributo per una riflessione aperta. Questa agenda vuole dare un’indicazione di metodo di governo e di alcuni dei principali temi da affrontare. Non è un programma di lavoro dettagliato e non vuole avere carattere esaustivo. Invito tutti coloro che siano interessati a leggere il documento, a condividerlo e a commentarlo con spirito critico, portando il loro contributo di idee e di proposte.
~A.G. 23/12/2012

La situazione se non fosse preoccupante sarebbe un film comico e divertente...

In passato il Fondo Monetario Internazionale era noto per la durezza delle sue ricette in cambio degli aiuti che concedeva. Oggi quelle posizioni neoliberiste sono diventate patrimonio dell’Europa, proprio mentre il FMI ne critica l’eccesso di politiche di austerità, con il conseguente aggravamento della recessione. Il vertice europeo ha confermato, purtroppo, che le posizioni neoliberiste in Europa sono forti e premono per mantenere inalterata una linea di dura austerità, considerando la crescente disoccupazione e il rallentamento dell’economia una sorta di “danni collaterali” di una linea necessaria. La conseguenza è lo stravolgimento del funzionamento dell’economia. Anzichè porsi l’obiettivo di fare stare meglio le persone, in particolare quelle che ne hanno più bisogno, le politiche economiche europee perseguono una politica di bilancio che provoca disoccupati e recessione. La gravissima situazione sociale della Grecia continua ad essere guardata con un inaccettabile distacco. Ancora oggi non si sa se verrà accettata almeno la richiesta del Governo greco di avere più tempo per il risanamento. La Spagna è in attesa di aiuti che potrebbero costarle molto cari e rischia seriamente l’esplosione istituzionale. Altri paesi hanno problemi seri e anche l’Italia non si sente molto bene visto che, dopo un 2012 da dimenticare, anche nel 2013 la ripresa economica non ci sarà e quindi i problemi occupazionali, in particolare dei giovani, si aggraveranno ulteriormente. Naturalmente in fondo ai discorsi non manca mai un appello alla ripresa economica, salvo lasciare tutto com’è. Eppure le posizioni neoliberiste europee hanno ottenuto, purtroppo, risultati di non poco conto. Prima hanno costretto i singoli Stati ad accettare l’impegno al pareggio di bilancio, che in Italia è entrato nella Costituzione (nuovo articolo 81), decidendo per la prima volta che una teoria economica diventasse teoria di Stato. Una specie di nuovo Santo Uffizio. Poi hanno imposto il fiscal compact che contiene gli impegni ad arrivare a questo obiettivo. Per l’Italia vuol dire per 20 anni ridurre del 5 % circa il debito pubblico, più o meno il 6 % del Pil annuale. Questi durissimi vincoli ora dovrebbero vedere un ulteriore stretta di freni attraverso un giudizio preventivo e vincolante sulle leggi di bilancio dei singoli Stati e poiché la Germania capisce che non può pretendere di farlo direttamente (scatenerebbe reazioni incontrollate) propone di nominare un Commissario europeo ad hoc o qualcosa di simile. La cosa curiosa (si fa per dire) è che la decisione di massima già adottata di affidare alla Bce il controllo del sistema bancario europeo viene invece affrontata con grande calma, perché alla Germania non piace l’idea di un controllo europeo sulle Casse locali tedesche. In altre parole ciò che interessa alla Germania si attua con rapidità incredibile, anche stravolgendo le regole europee, mentre ciò che non le piace può attendere e per questo obiettivo si riscoprono le arti della diplomazia più consumata come approvare una norma, salvo farla entrare in vigore più tardi, con comodo. In realtà il vero problema è che in Europa ancora non si delinea un confronto degno di questo nome tra le posisizoni neoliberiste (le stesse che hanno portato alla crisi attuale) e quelle che non lo sono, come ad esempio quelle di sinistra, socialiste. I neoliberali hanno una linea chiara. Gli altri purtroppo no, o almeno non lo dimostrano. E’ giunto il momento di porre con nettezza l’esigenza di un’Europa diversa, utilizzando anche le occasioni elettorali che si svolgeranno nei prossimi mesi a partire da quelle italiane. Fare i compiti a casa dell’Europa sbagliata non è un gran risultato. Al centro debbono tornare occupazione, stato sociale, ambiente e clima, cultura e innovazione, superando una situazione in cui la crisi è diventata la scusa per fare strame di questi obiettivi, tutti rinviati ad un futuro indeterminato. Se l’Europa ora rischia seriamente di farsi molto male con la diffusione della recessione e della disoccupazione e di essere un esempio negativo nel mondo è perché gli obiettivi di austerità sono diventati un nuovo Moloch a cui sacrificare tutto e tutti. Avere affrontato il meccanismo salva Stati senza porre con chiarezza il problema della solidarietà tra chi beneficia di tassi fin troppo bassi mentre altri li pagano troppo alti, ha portato ad una situazione in cui il risanamento è pressochè tutto sulle spalle di chi ha difficoltà ed è per di più sotto tiro della speculazione finanziaria. Per questo si sommano tassi troppo alti sui debiti pubblici e politiche di austerità che portano alla recessione. Non avere affrontato il problema del ruolo di finanziatore di ultima istanza della Bce (come la Fed americana) porta gli Stati a finanziarsi sui mercati e sotto il ricatto dei mercati. I tanto temuti spread nascono qui. Certo oggi si parla di Tassa sulle Transazioni Finanziarie "tobi tax", che sarebbe pur sempre un passetto avanti, ma senza dimenticare che ancora non è in vigore, a differenza del Fiscal compact, approvato con la velocità della luce. In Europa la divaricazione tra i redditi, la recessione e la crisi occupazionale, l’accantonamento dei problemi ambientali, solo per fare alcuni esempi, riguardano tutti, ma certamente alcuni molto più di altri. Per questo è necessario riproporre la questione dello sviluppo di qualità, per una piena e buona occupazione, ma per farlo occorre aprire in Europa una lotta politica per contrastare il neomalthusianesimo dei liberisti, chiamando a raccolta prima possibile tutte le energie politiche e sociali disponibili a farlo.
~A.G. 22/10/2012

Manager italiani sempre più ricchi, lavoratori sempre più poveri...

Sono stati pubblicati i compensi ufficiali dei manager italiani nel 2011. Il dato è impressionante. L’indice della borsa italiana è sceso del 25 % ma i manager delle stesse aziende hanno aumentato le loro retribuzioni. In particolare i 100 più pagati hanno incassato nel 2011 ben 352 milioni di euro complessivi. Con un aumento di 50 milioni sull’anno precedente, pari al 16,5 % di aumento su base annua. Una voracità non comune. A fronte di questi compensi ci sono le retribuzioni dei lavoratori dipendenti che non recuperano neppure l’inflazione. Secondo l’Istat le retribuzioni contrattuali sono aumentate dell’1,8 % contro un’inflazione del 3,3 % e il salario lordo medio annuo nel 2011 è circa 23.000 euro. Quindi il rapporto tra la retribuzione del più pagato (Tronchetti Provera) pari a 23 milioni lordi e la retribuzione media lorda dei lavoratori è circa 1.000 volte. Qualche tempo si stimava il rapporto 1: 400, ormai questo rapporto è stato superato di slancio. Questo segnala una volta di più che mentre ai lavoratori vengono chiesti sacrifici, salari legati alla produttività, i capi delle aziende aumentano le loro retribuzioni in modo più che proporzionale, annullando gli aumenti della tassazione e dei prezzi. Anzi aumentando il loro margine di guadagno netto. Sarebbero questi gli esmpi da proporre al paese ? Per di più si aumentano i compensi mentre le loro aziende si svalutano in borsa e sono in difficoltà. Si potrebbe dire che più difficoltà hanno le aziende più aumentano i loro compensi. I lavoratori invece stringono la cinghia. Diminuiscono gli occupati. Poiché complessivamente il monte salari si riduce la domanda interna e quindi la recessione diventa più grave. E’ chiaro chi porta il peso e chi si fa portare. Sarà anche un termine desueto, ma questa si chiama lotta di classe e per di più la stanno vincendo le classi dominanti che aumentano la quota di Pil che si autoattribuiscono, mentre i lavoratori diminuiscono pesantemente la loro quota. Così si ottengono 2 effetti, entarnbi negativi. Il primo è che le distanze sociali aumentano per effetto dell’egoismo delle classi dominanti. L’Italia è oggi un paese fortemente ineguale e con mobilità sociale pari a zero. Il secondo è che la ripresa economica si allontana perché senza una ripresa della domanda interna - che solo l’aumento dei salari, degli stipendi e delle pensioni può garantire - e della fiducia nel futuro, l’economia italiana è destinata al ristagno. Per di più non è nemmeno vero che essendo i percettori di alti redditi pochi, solo “tosando” la grande massa dei contribuenti si possono trovare le risorse necessarie per aiutare la ripresa. In realtà oggi le risorse crescenti che le classi dominanti si attribuiscono, in totale controtendenza all’andamento dell’economia e delle aziende, è talmente ingente che solo introducendo una tassazione adeguata di queste ricchezze si possono ottenere le risorse per rilanciare l’economia. L’alternativa è un abbassamento ancora più drastico del livello retributivo e di vita dei lavoratori, perché solo così si può creare il margine necessario a loro spese. Per questo è perlomeno strana l’affermazione del Presidente Monti che si augura che le richiesta salariali per i rinnovi contrattuali siano moderate. Per rimettere in moto la domanda servono anche aumenti salariali. La questione è seria e andrebbe affrontata con chiarezza, altrimenti non usciremo dalla recessione. Premesso che il 2012, come alcuni hanno detto da tempo, si chiuderà con una diminuzione del Pil del 3 %, malgrado tutti i tentativi di addomesticare i conti. Ora il Governo è costretto a rivedere le previsioni, ma insiste a dare numeri troppo ottimistici. Anche per il 2013, anno in cui - senza interventi adeguati - non vi sarà ripresa economica in Italia e quindi la disoccupazione continuerà a crescere. L’Italia avrebbe bisogno di una politica economica espansiva mirata a sostenere i redditi da lavoro e le pensioni e gli investimenti in innovazione, prendendo le risorse da chi palesemente le ha, con tutti i mezzi legali disponibili. Mezzi di cui si discute da tempo: patrimoniale, tassare le rendite finanziarie come gli altri redditi, abolire i privilegi fiscali, accordo con la Svizzera per tassare almeno un poco i capitali con targa italiana, ecc. Un esempio ulteriore: perché non introdurre anche in Italia la normativa a cui sta pensando Hollande, con un prelievo sui redditi alti portato al 75 % ? Chi guadagna 23 milioni all’anno ha ancora margine, o no ? La produttività è un problema del sistema paese, tanto più in presenza di una classe dominante che nella sua maggioranza ha perlomeno un atteggiamento di tutela esclusiva dei suoi interessi, in barba ad ogni interesse collettivo. Infatti i lavoratori si impegnano duro mentre i manager traggono sempre maggiori introiti da aziende in difficoltà. Per i manager evidentemente il problema del risultato del loro lavoro non esiste. Questa è la classe economica dominante che vorrebbe condizionare anche il futuro politico del nostro paese, perfino in barba ad ogni risultato elettorale. Anche il piano del Governo per la ripresa economica è quanto mai evanescente. Se ne sa poco e quel poco è deludente. Per immettere energie nell’economia occorrono risorse. Più volte sono state fatte proposte ma il Governo le ignora e pensa solo ai conti pubblici. Conti che sono destinati ad essere sempre in difficoltà senza ripresa economica. Il cane si morde la coda e prima o poi rischiamo di dovere chiedere l’aiuto europeo che verrebbe dato a condizioni che porterebbe a ulteriori sacrifici e a una perdita secca di autonomia nelle scelte. E’ curioso che tocchi a Strauss Kahn, purtroppo travolto da vicende non commendevoli, avanzare proposte sulle questioni della finanza pubblica che meriterebbero attenzione. Propone infatti DSK di utilizzare almeno una parte dei margini sul debito pubblico che lucrano i paesi forti dell’Europa a vantaggio dei paesi più deboli e indebitati. Ha ragione. L’attuale meccanismo salva stati è tutto caricato sulle spalle dei paesi che hanno bisogno di aiuto, che in pratica debbono pagarsi da soli il riequilibrio, mentre altri guadagnano molto dalle loro difficoltà. Purtroppo la Bce ha scelto questultima via e il Fmi ha cambiato direttore. Peccato che DSK abbia creato da solo le condizioni per non essere ascoltato, la proposta che ha avanzato nella lontana Ucraina è tuttaltro che poca cosa.
~A.G. 20/09/2012