ORIGINI DEL CARATTERE
NELLA PRIMA RELAZIONE MADRE-BAMBINO

Segantini - La dea dell'amoreIl mio intento questa sera è di sensibilizzarvi al ruolo centrale che la dimensione emotiva ha nelle relazioni fin dall’infanzia.
E lo farò parlandovi del nuovo rapporto che la maternità inaugura, poichè è qui che si generano le basi del carattere!
E’ qui in questo primo modello di rapporto con l’altro che si apprende il linguaggio delle emozioni, traducibile in un tipo specifico di richieste, in uno stile interpretativo delle risposte, cioè in modi diversi di stare con l’altro.
Quei modi così differenti fra loro che tutti noi , più o meno direttamente e più o meno consapevolmente, quotidianamente viviamo.
Da “grandi” il rapporto con gli altri, le relazioni con il partner, con i figli se ne avremo, con gli amici, se li troveremo, saranno il termometro del nostro equilibrio, della nostra forza interiore, del nostro benessere.
I ” media” sempre più spesso ci parlano di solitudine, di “lato luminoso” da trovare dentro di noi, ma dobbiamo riconoscere che spesso questo può essere difficile, poichè il “ lato oscuro”, il regno del vuoto, della sfiducia in se stessi e nell’altro, può occupare troppo spazio.

Ci introduciamo al nostro tema con un’immagine del femminile, “ La dea dell’amore”, “ l’eterno feminino”.
Romantica intensa nasce dallo spirito di Segantini. Quel pittore che sullo sfondo del clima positivistico della seconda metà dell’ottocento, già scomposto da tendenze neoromantiche e mistiche, ci offre commoventi interpretazioni delle varie sfaccettature del femminile.

 

Cosa che potrete constatare anche attraverso altre immagini che seguiranno.

Labirinto rosso

Questa sera accosteremo “il femminile”in una speciale prospettiva. Lo faremo mettendo a fuoco quella prima relazione che alla nascita abbiamo col mondo. Quel mondo che ci viene offerto dal nostro ambiente famigliare e in primis dalla madre.
Con tutte le difficoltà che questa prima relazione può anche presentare. Guarderemo la maternità come relazione affettiva in cui si tesse quella prima trama delle emozioni che sarà la matrice del carattere. Quel carattere a cui quotidianamente facciamo riferimento.

E’ qui, in questo primo modello di rapporto con l’altro ( vissuto dapprima come figlie e che offriamo poi come madri ) che, come ho già accennato, si apprende il linguaggio delle emozioni.
Mi rendo conto che tutto ciò che ci circonda tende in prevalenza a portarci “ fuori da noi”, mentre io vorrei provare , questa sera, insieme, ad invertire la rotta e ad orientarci verso il nostro mondo interno , accostandoci a quell’esperienza speciale che è la maternità, conscia di tutte le possibili difficoltà.

La cronaca degli ultimi anni con i suoi casi di madri violente ha infranto lo stereotipo della madre a tutti i costi felice, o quantomeno ha insinuato il dubbio; ha sensibilizzato al fatto che la maternità può essere un momento difficile,può comportare una crisi con se stesse, con il piccolo, con l’ambiente famigliare.
Queste crisi possono essere più o meno intense , più o meno dolorose, più o meno visibili.
Nel linguaggio corrente, mediatico, giornalistico, si fa riferimento a queste possibili crisi in genere con l’espressione “ depressione post-partum”.
Infatti, quando “L’eco di Bergamo” ha pubblicato un mio primo articolo divulgativo sull’argomento di cui stiamo parlando, lo ha intitolato “La depressione postpartum va compresa”.
Questa definizione fa certo presa , ma allontana dalla realtà più comune, più diffusa, di difficoltà o di conflitto che può seguire l’esperienza della maternità, che è proprio il tema specifico di questa nostra riflessione!

Fatta questa premessa, parliamo ora della maternità in termini ancora più specifici, come esperienza affettiva di rapporto con una nuova vita, dal punto di vista stretta mente psicologico!
Come sappiamo questo evento, questo momento della vita della donna è stato sempre gestito nel privato, fra le pareti domestiche e per lo più fra donne.
Oggi possiamo affrontarlo più ricchi di strumenti di lettura e di intervento . Gli ultimi decenni di indagini sperimentali e di esperienze cliniche nel campo della psicologia ci consentono oggi potenziati mezzi di comprensione della complessità di questo evento, di cui oggi io vi parlerò alla luce della mia esperienza clinica , cioè come psicoterapeuta che si avvale di quegli strumenti di comprensione e di aiuto messi a disposizione dalla psicoanalisi.

Dicevamo che con la maternità prende avvio una nuova relazione caratterizzata da un dialogo basato su uno scambio di emozioni.

[nota per gli uomini]
Suggerirei agli uomini presenti di non vedersi solo come figura paterna , solo implicita nel discorso di questa sera, ma come adulti il cui carattere si è andato formando in quella prima relazione.

Ora dopo ora, giorno dopo giorno, mese dopo mese, la madre con la sua presenza e la sua dedizione alimenterà quella vita che ha generato, e lo farà in mille modi.
Accompagnando il piccolo nelle sue poppate, assistendo ai suoi risvegli, animando via via il suo mondo con sguardi sorrisi carezze parole; seguendolo nella scoperta dell’ambiente, condividendo il suo entusiasmo di pioniere quando conquisterà la capacità di spostarsi da solo per raggiungere persone e cose; godendo quando comincerà a ripetere quelle parole che erano solo della mamma, riempendosi di ammirazione dinnanzi alle sue conquiste; impegnandosi poi in quel lungo processo di“civilizzazione”che consentirà al “piccolo imperatore”di farsi sempre meno egocentrico e sempre più sociale. .

Ecco ora come uno scrittore, un poeta , ha reso la magia di questo rapporto, che alimenta la vita e su cui si fonda la fiducia in se stessi e nel mondo. Da Elsa Morante “ L’isola di Arturo” : L’adolescente Arturo, che non aveva conosciuto la madre, osserva Nunziatella con il suo piccino e dice: “…e quando lui che non aveva mai visto nè conosciuto niente, scopriva qualche novità, come l’esistenza dei conigli, oppure che il fuoco brucia, lei ogni volta lo onorava come un grande pioniere, appena c’era da vedere qualcosa di bello, subito essa era impaziente di mostrarlo a lui; sorgeva la luna, e subito lei correva a prenderlo in braccio, per portarlo davanti alla finestra, dicendogli guarda guarda la luna…passava una barca a mare e subito lei si rallegrava, sapendo che a lui piaceva di vedere camminare le barche.
E appena lui, a modo suo, imparava a distinguere con il nome un oggetto, per esempio, una sedia…si dava ad esclamare bravo la sedia, si bella la sedia! Con un tono pomposo e cerimonioso quasi quella sedia, per il fatto che lui la riconosceva per nome, fosse diventata all’improvviso una gentildonna di riguardo! Se pero..’ capitava che lui si facesse male urtando contro la sedia medesima, questa ridiscendeva a un rango infimo ..e veniva proclamata bruttissima…”

In questo speciale rapporto, di cui il poeta ha ben espresso l’intensità e la dedizione, avviene la crescita del piccolo; lo sviluppo emotivo e cognitivo di un nuovo essere che un giorno si presenterà al mondo con un suo carattere, radicato pertanto nella sua storia! Non riprenderò qui il vecchio schema di come la madre dovrebbe fare o dovrebbe essere con il bambino, ma vi introdurrò nella prospettiva particolare, specifica, delle difficoltà che ella puòincontrare nel rapporto con il neonato e dell’aiuto che potrebbe ricevere.

La maternità inaugura una nuova storia d’amore, un nuovo coinvolgente rapporto.
Questa condizione, importante ed irreversibile, rompe il preesistente equilibrio personale e famigliare esigendone uno nuovo. Sogni, ideali, progetti e timori si condensano nell’emozione di questo evento, ricco di responsabilità, di disponibilità, di abnegazione…ed anche capace di richiamare emotivamente situazioni della propria vita rimaste spesso silenti. Nel contatto con il neonato, “attivo” e pronto all’esperienza del rapporto, la madre propone “istintivamente”uno stile di relazione (parla agisce ride soffre…si allontana..si avvicina ) con cui il piccolo incomincia ad interagire, modellandosi e strutturando via via quello che sarà il suo carattere. Questo rapporto assumerà, in breve tempo particolari caratteristiche, diventando specifico di quella coppia madre-bambino. Il nuovo nato apprende dunque nella relazione con il partner delle cure materne un linguaggio delle emozioni, si forma un quadro di riferimento per la comprensione dei messaggi che scorrono nella relazione. Ecco come una mente si struttura attraverso un’altra mente. Il modello di relazione che la madre propone è un derivato della sua prima intensa esperienza di rapporti avvenuta all’interno della propria famiglia di origine. Possiamo dunque dire che è strettamente collegato ai “vissuti”, cioè alle personalissime impressioni, di quella bambina ora donna e madre Nell’abbraccio con il neonato non sempre la donna riesce a sentirsi come aveva pensato sognato o sperato…

Segantini

Può ritrovarsi in uno stato d’animo del tutto inatteso.
Scorgere per esempio nel proprio intimo un affiorare di sentimenti che non sempre riesce a spiegarsi.
Talvolta razionalità e sentimento entrano in contrasto e ciò può creare difficoltà nel vivere il nuovo ruolo .

In casi del genere la mamma può esprimere la propria insoddisfazione dicendo, per esempio, che il rapporto con il piccolo non la gratifica, non le dà pace, è faticoso.. la innervosisce; oppure lamentandosi del proprio piccolo che non mangia… mangia con difficoltà, mangia troppo lentamente, è inquieto…non dorme…è cattivo, la tiranneggia.

Tutto questo senza che si sia rilevato attraverso il medico nulla di significativo dal punto di vista somatico.

Quando lo sforzo prevale la madre può trovarsi anche a lottare con pensieri che esprimono il bisogno di allentare in qualche modo il rapporto; questo come difesa estrema dall’angoscia della vicinanza, capace di scatenare stati d’animo intollerabili.
In questo caso possiamo osservare, per esempio, dichiarazioni di impotenza di fronte al nuovo compito, come la sensazione di non potersi occupare del neonato…insistenti richieste di aiuto, l’idea di una rapida fuga nel lavoro o quella di un precocissimo affido al nido.

Altre volte la madre può divenire vittima di apprensioni nei riguardi del piccolo che la intrappolano in una serie di preoccupazioni angoscianti, che la sfiniscono, come la paura di non saperlo proteggere a sufficienza o il timore dei microbi .. delle malattie. Certamente a questo punto alcuni di voi ricorderanno situazioni viste o vissute in prima persona.

Ora farò qualche esempio di madri che hanno chiesto un aiuto per comprendere problemi come quelli che vi ho accennato. Sono persone che non necessariamente tradiscono all’apparenza i loro drammi interiori, che hanno un lavoro, oltre che riconoscimenti generali come donne ricche di doti.
E’ solo nel corso dei nostri incontri che aprono ai propri sentimenti più intimi quella porta tenuta sbarrata a fatica.

Il primo esempio si riferisce ad una mamma che voleva il bambino per realizzare un progetto: dargli il meglio, essere per lui una madre perfetta, secondo un suo ideale.
Accoglie la nascita con entusiasmo, ma in breve tempo la preoccupazione materna in lei diviene esclusiva: la svuota, la imprigiona.
Alcuni mesi più tardi, prostrata dall’accudimento, si ribella al tiranno che il bambino era diventato.
Il piccolo infatti aveva appreso, e consolidato, il modello che la sua mamma ipervigile, sempre presente, sempre preoccupata di non dargli abbastanza, gli aveva proposto.
Sfinita da quella bocca insaziabile, dominata dalla rabbia e dal rifiuto del piccolo tiranno, non riesce a trovare un modo costruttivo per modificare la relazione.

Bisognerà aiutarla a comprendere il suo mondo interno, intessuto della sua storia, per liberare lei -madre schiava ribelle- e il tiranno, che inconsapevolmente aveva creato, dalle tensioni arrivate ormai al parossismo.

Il secondo esempio ci parla di una mamma che ha problemi con la bambina di diciotto mesi.
Con la nascita della bambina percepisce la rottura di un equilibrio. Dice che prima era forte, mentre ora si sente persa, che ha sempre cercato di vedere il positivo ma che ora non ce la fa più. Aggiunge che vicino alla bambina, una creatura che riconosce essere splendida e tranquilla, non sta bene, non riesce a prestarle attenzione…sente un vuoto, tanta fatica.
E’ pervasa dalla sensazione di subire che produce in lei spaventose tempeste di rabbia . I primi tre mesi sono stati un periodo di solitaria disperazione…
Quando la piccola piangeva, lei, in preda a crisi di rabbia, incomprensibili e terrificanti, fuggiva in un’altra stanza “a sfogarsi”.

Ora, quando si trova in balia delle stesse tempeste, ha una paura in più: visto che la bambina sta crescendo, teme di non potersi più nascondere.
Si sente intimorita dal proprio ruolo, ultimamente ha voglia di scappare.

Un ultimo caso è quello di una mamma che chiede una consultazione per le crisi acute ed invasive di tipo eczematoso della bambina di tre anni e mezzo, ricorrenti da più di un anno.
Questa situazione aveva portato ad una ricerca insistente di rimedi e ad un puntuale e sofferto impegno nel seguire terapie farmacologiche ed una particolare alimentazione.
Ciò nonostante, le notti passate con la piccola fra le braccia a lenire il dolore fisico con medicamenti, ma anche ad accarezzarla lungamente a più riprese in un abbraccio carico di sconforto, sembravano non avere mai fine.
Prima di queste crisi la bambina portava le tracce della ”dermatite atopica”in modeste macchie localizzate in alcuni punti del corpo.
Cercando nella storia della relazione madre-bambina, troviamo che la fine dell’allattamento, impostasi con la crescita, aveva generato nella mamma un profondo vissuto di perdita, di rottura del rapporto.
Questo vissuto, a sua volta, aveva prodotto un inconsapevole capovolgimento nel suo atteggiamento e nel suo comportamento verso la piccola.
La madre” romantica”si era trasformata “istintivamente” in una madre fredda, che si occupava prevalentemente di regole e dell’organizzazione delle giornate. Le crisi invasive di dermatite sembravano proprio esprimere attraverso la pelle il dolore della perdita vissuta dalla piccola nella relazione con la mamma. Il sintomo con le sue strazianti richieste di cure fisiche, di contatto, di carezze sembrava proprio voler riempire la distanza creatasi fra la bambina e la mamma, negando lo strappo che si era venuto a creare nel loro rapporto.
In quest’ultimo caso, in un quadro di familiarità (il padre), di fattori di predisposizione genetica ad una reazione cutanea (di particolare vulnerabilità, di fragilità di base) ed allergici, ho potuto osservare come, riconoscendo una correlazione fra fattori di ordine psichico-emozionale, specifici della relazione madre-bambino, e sofferenza somatica, e agendo sulle dinamiche relazionali, cioè sugli squilibri all’interno della relazione, si possa ottenere una massiccia riduzione del sintomo o comunque un soddisfacente contenimento.

Ormai da decenni si stanno accumulando dati a sostegno di tali “correlazioni”anche per altre forme di sofferenza psicofisica, l’asma per esempio, ma la nostra cultura sembra non avere ancora assimilato ciò che pur ha compreso: il potere del fattore emotivo sulla salute nel senso più ampio del termine.
Per questo casi di tal genere possono ancora suscitare un certo scetticismo! E va bene! Purchè sia uno scetticismo benevolo, che non impedisca cioè di considerare certe situazioni che non sembrano sufficientemente spiegabili con l’approccio somatico, in un’altra prospettiva, quella cioè che considera la variabile “ambiente famigliare”.

Recentemente ho potuto constatare quanto la cosiddetta “medicina naturale” nell’approccio al sintomo, soprattutto se recidivante, insista sulla necessità di non ignorare nella ricerca delle cause il “ fattore emotivo “.

Come abbiamo visto anche dagli esempi, gli stati d’animo della madre, connessi al suo mondo interno, le ispirano atteggiamenti e comportamenti, che, a loro volta, producono nel piccolo emozioni che si manifesteranno nel suo comportamento e nel suo corpo.

Osserviamo frequentemente nel bambino reazioni che si esprimono nel rifiuto del cibo già a sei mesi; un rifiuto che può essere anche solo parziale, chiaramente reattivo, come nel bambino più grande che mangia solo al nido… e non a casa!

Possiamo anche riscontrare crisi di collera ,spinte fino all’irrigidimento muscolare e all’apnea … nonché i diffusissimi disturbi del sonno…

PER DARE SOLLIEVO alla madre e alleggerire le tensioni presenti nel rapporto non sempre basta apportare cambiamenti ambientali, offrire cioè alla madre dei supporti, peraltro molto utili, come alleggerire il suo compito attraverso i nonni, una baby sitter o il nido, in quanto il disagio, o addirittura la sofferenza nel rapporto madre-bambino, ciò nonostante s’impongono, e a più riprese.

DOBBIAMO AIUTARE LA MADRE A CERCARE LE CAUSE DEL SUO MALESSERE, per raggiungere insieme a lei quel mondo interno risvegliatosi con la maternità. Solo in questo modo potremo liberare il rapporto dalle tensioni e dalle angosce ; rompere gli schemi di azione e reazione che tendono ad irrigidirsi e a disturbare la vicinanza, nonché la crescita psicologica del piccolo.

OGGI LE SCIENZE PSICOLOGICHE ci offrono la chiave di accesso al funzionamento della mente, nella sua dimensione non solo cognitiva , ma anche affettiva , nonché dei loro interscambi e reciproci condizionamenti. Possiamo dunque dire che quello spazio quotidianamente frequentato, ma a lungo tanto poco conosciuto , che è la nostra realtà intellettiva ed emotiva, ci si è finalmente rivelato.

NEL NOSTRO CASO PARTICOLARE sarà quella branca della psicologia che è la psicoanalisi a venirci in aiuto.

MI RIFERISCO AD UNA PSICOANALISI IN UNA SUA RECENTE VERSIONE, in genere poco conosciuta , se non ignorata , quella cioè di psicoterapia breve , centrata sulla crisi , che non accosta la personalità nel suo insieme, ma si concentra sulle disfunzioni precoci della relazione madre-bambino (diciamo nei primi trenta mesi) e che tende a migliorare la qualità della comunicazione.

UNA PSICOANALISI QUINDI COME PSICOTERAPIA A BREVE TERMINE che diventa anche preventiva, poiché i vissuti materni, legati a relazioni interiorizzate, interponendosi fra la madre e il nuovo nato, possono, come abbiamo visto, generare sofferenza nell’attualità della relazione – nel nostro presente - e distorsioni nello sviluppo della personalità del bambino, creando la base di patologie future difficili da affrontare e curare successivamente.

VOGLIO AGGIUNGERE CHE la mia opinione della psicoanalisi scaturisce dalla mia esperienza, formatasi attraverso l’analisi personale e anni ormai di pratica terapeutica. Quest’ultima mi ha permesso l’osservazione “in vivo”, sul campo dei contributi che questo tipo di aiuto può dare alla maturazione della persona nel suo insieme, allo sblocco di situazioni di difficoltà nelle relazioni, alla conquista di valutazioni di sè e degli altri più realistiche.

CONCLUSIONI

Ho cercato di evidenziare come la formazione del carattere abbia le sue basi nella relazione primaria .
Come pertanto la personalità si strutturi nella relazione con l’altro.
Come dare il giusto peso alla parte che la dimensione emotiva gioca nella nostra vita personale e relazionale sia attuare quell’approccio olistico alla persona di cui oggi molti sentono il bisogno, ed allontanarci cosi’ dal quel riduzionismo organicistico che ci porta a misconoscere o a negare quella parte dell’essere che ognuno quotidianamente sperimenta e che oggi un nutrito bagaglio di conoscenze ci permette di accostare.
Riconoscere l’incidenza del fattore psichico apre la via alla risoluzione.
Ma perché nella pratica la pur generalizzata consapevolezza del ruolo delle emozioni non trova facile espressione, ascolto, riconoscimento?
Da un lato, potrebbe essere difficile esprimere malessere dubbi paure nel bel mezzo di un’esperienza che tutti dicono dovrebbe dare solo gioia. Il mito dell’istinto materno, quello della buona madre, dove andrebbero a finire ?
Dall’altro, “l’ambiente“ che abitualmente ci circonda è portato ad indurre all’attesa, a sminuire i segni di disagio appoggiando il diniego.

Non confidiamo però troppo nell’attendere che il tempo sani ogni cosa, ma ricordiamo, anche in questo campo, il principio “prevenire è meglio che curare”.


Dott.sa GIULIANA LONGO
Specialista in terapia psicoanalitica

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