Violenza verso la donna nella nostra cultura
La responsabilità dei massmedia

Buonasera a tutti!

Eccoci al nostro secondo incontro. Il primo è stato tenuto dall’Avvocato e dal Tenente dei Carabinieri, il terzo, che concluderà il ciclo previsto, sarà il 7 maggio e sarà tenuto dal Maestro di Arti Marziali.

Ricordo che ciò che ha ispirato queste conferenze è stato il desiderio di dare un nuovo contributo per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della violenza verso la donna nella nostra società “avanzata”, attraverso riflessioni condotte da diverse prospettive e sulla base di diverse esperienze professionali .

Tutto questo in funzione di una più incisiva azione sul piano preventivo, dato che tutte le critiche che sono rivolte al nostro Paese dall’ONU denunciano l’insufficienza delle iniziative intraprese o quanto meno la loro scarsa efficacia!

Col mio contributo, questa sera, porterò l’attenzione sul contesto socio-culturale in cui siamo immersi, evidenziandone alcune caratteristiche che rendono difficile svincolare l’immagine della Donna dagli stereotipi tradizionali e pertanto andare nella direzione di un sempre maggiore rispetto della Persona-Donna.

Il fatto che oggi siamo qui riuniti a condividere delle riflessioni sulla violenza verso la donna  testimonia la triste attualità dell’argomento e pertanto, nostro malgrado,  l’interesse sempre maggiore che questo tema sta suscitando: interesse e preoccupazione!
La violenza contro la donna sappiamo che è “ una sconfitta per tutti”, nel senso che denuncia un “fallimento sociale”!!! Ed è per questo, secondo me, che, a questo punto, dobbiamo volgere uno sguardo critico alla nostra società.
Premetto che, oggi,  parlando di violenza noi usiamo la parola nel senso piu’ ampio del termine, riferendoci a danni e sofferenze anche morali.

Infatti nella nostra “societa’ democratica” non c’e’ piu’ “tolleranza sociale” per quanto riguarda le “offese alla persona”, che pertanto sono diventate agli occhi di tutti piu’ “visibili” ed hanno catturato l’attenzione mediatica, da cui la diffusione ripetuta e capillare  attraverso una molteplicita’ di mezzi.

Qualche volta mi capita di sentir dire frasi come “..ma noi una volta non  avevamo questi problemi ”. Certo che non li avevamo, ma nel senso che non avevamo l’attuale  sensibilita’.  Infatti, per fare un esempio, la violenza all’interno della relazione matrimoniale era considerata piu’ che altro un’espressione “ naturale” della conflittualita’di coppia .
Oggi,  disancorati dalla necessita’ di provvedere alla soddisfazione dei bisogni fondamentali, liberi da problemi di sopravvivenza, abbiamo cominciato a preoccuparci della “qualita’ della vita”, a dare importanza allo stare bene “anche dentro”.

Il novecento, secolo di conquiste in vari campi del sapere che hanno rivoluzionato anche il nostro stile di vita, ha anche visto l’affermarsi di nuove scienze che hanno messo a fuoco “ l’uomo” nella sua dimensione  cognitiva affettiva e sociale.
Nel corso del secolo, soprattutto nella sua seconda parte, siamo giunti alla comprensione sempre piu’ precisa dei processi che regolano la sua maturazione cognitiva e affettiva, il loro intreccio, gli  squilibri che si possono generare nel corso della crescita.
 Sulla base di quanto detto, attualmente abbiamo la legittima aspirazione di voler capire e affrontare cio’che puo’contribuire a generare violenza. E stasera lo faremo, ripeto, focalizzando l’attenzione sulle caratteristiche socio-culturali del mondo in cui viviamo.

La nostra” cultura occidentale” si è posta da lungo tempo l’obiettivo di combattere per la difesa dei “diritti umani” ed e’ proprio su questo sfondo che si pone la lotta per proteggere la Donna da ogni tipo di violenza nelle sue più diverse manifestazioni - da quelle fisiche, più barbare, a quelle più psicologiche, cioe’ piu’ sfumate,  piu’ facilmente sottovalutabili - che possono manifestarsi  in differenti contesti (  la strada, i locali pubblici, il posto di lavoro, la famiglia, la coppia…) -.
 La nostra società si è dotata sul piano legislativo di diverse misure  per riconoscere  i diritti della Donna , per  porre le basi  di un rapporto paritario fra i sessi e  scoraggiare, contenere, reprimere “ la violenza maschile” verso la donna, che pare a tutti intollerabile e non giustificabile.

Oggi possiamo infatti dire che nessuno di noi appoggia più alcuna discriminazione, tanto meno quella fondata  sul “genere”, cioè sul sesso di appartenenza.

Il “ genere” è riconosciuto a livello mondiale il fondamento di ogni discriminazione che riguardi la Donna - faccio riferimento alle conferenze mondiali sulle donne indette dal ’75 dalle Nazioni Unite –

Questa acquisita sensibilità è, come sappiamo, il frutto di una sofferta maturazione culturale che ci ha portato nel corso degli anni,  direi settanta, a “ mettere in crisi “, cioè in discussione,  una rappresentazione riduttiva dell’immagine femminile (… pensiamo anche solo agli stereotipi dei ruoli famigliari, che ancoravano  la donna all’ideale di moglie e madre con tutto quello che comportava)  fino all’affermazione della  parità  di diritti e doveri fra maschio e femmina, del diritto  all’autodeterminazione, alle risorse e alle pari opportunità.

Tutto questo  e’ avvenuto sulla scia di un presupposto, che trovo utile ricordare, quello della “ pari dignità e valore”!

Tale presupposto, che ha ispirato e ispira tante iniziative - a livello legislativo e di politiche sociali - sembra non essere condiviso dai mezzi di comunicazione di massa! Anzi contrastato e senza  incontrare alcun ostacolo !

Se questo è vero, mi chiedo quale migliore prova di questa possa rivelare la piena contraddizione in cui si trova la società in cui viviamo.

Adesso entriamo in merito e vediamo un po’di approfondire!

La nostra e’una società  che riconosce sul piano teorico certi principi, mentre sul piano pratico, quello del quotidiano, li misconosce, consentendone  la violazione: come possiamo registrare ogni giorno, invasi come siamo da Tv “spazzatura”, una massa di discutibili messaggi pubblicitari e  prodotti cinematografici intrisi di stereotipi e di violenza.
 I media procedono imperterriti nella direzione contraria agli ideali, continuando a giocare con gli stereotipi di genere e ad agire così sull’immaginario femminile, e di conseguenza su quello maschile, orientandoli verso modelli opposti a quelli che oggi  auspicheremmo! 

La donna viene mantenuta ancorata alla dimensione riduttiva di oggetto erotico che evoca  un’immagine maschile complementare ….”predatoria e violenta”. Ma il rafforzamento dello stereotipo femminile non può che dare un importante contributo alla violenza sulla donna.

Il cammino della Femmina verso la conquista della sua dimensione di Persona sembra arduo:  bloccata com’è in un  clichè, prima come bambina poi come adolescente e infine come donna.

Come Donna viene insistentemente  e  pressantemente  presentata  dai media come corpo, come oggetto del desiderio atto a stimolare l’impulso al possesso, all’uso da parte maschile e offerta come modello di femminilita’anche ai piu’giovani: ai bambini,  alle bambine e agli adolescenti, che si trovano nella delicata fase di formazione della loro identità.
A questo genere di messaggi sono”sovraesposte”le giovani generazioni, che gia’vivono in una societa’ confusa, con rari spazi privilegiati  di dialogo con referenti adulti .

Perché dico “sovraesposte” ? Perché sappiamo che buona parte del loro tempo libero e’ riempita da attivita’ di svago dove predominano i giochi elettronici, internet, la Tv…e cosi’ messaggi che sfuggono ad ogni tipo di controllo entrano quotidianamente nello “spazio privato”. Ed educano!

Perche’i bambini, i giovanissimi apprendono dai media! Interiorizzano attraverso questo canale  modelli femminili e maschili, che a loro volta ispirano stili di comportamento e  di relazione.Voglio ripetere questo concetto: assimilano modelli di comportamento e di relazione!

Oggi sappiamo anche che l’esposizione a messaggi violenti produce assuefazione ed insensibilita’, che non ha l’effetto catartico che si supponeva cinquant’anni fa .

Direi che è inutile continuare a commentare, con stupore o con imbarazzo, la scarsa sensibilita’ degli adolescenti nei rapporti reciproci, la sessualita’ fredda, a volte brutale, spesso esibita, l’abbigliamento e gli atteggiamenti da Lolita delle  ragazzine, cominciamo invece a riconoscere il peso delle variabili che possono  influenzare  questi semplici dati  di osservazione  e  ad agire in un’altra direzione. E non solo come genitori, fra le pareti domestiche, ma come società tutta!

Viviamo in una società sempre più  “individualistica”,  sempre piu’ centrata sui bisogni del singolo a scapito dell’altro…..dove  le persone mostrano sempre piu’ insensibilita’ verso i propri simili, sempre  meno autocontrollo, sono intolleranti al limite, non sanno trarre dalla frustrazione nuove energie…

C’e’ un rapporto fra le spinte “individualistiche” che la nostra cultura effettua, i disvalori che trasmette attraverso i mezzi di comunicazione di massa e la violenza nei rapporti umani? E in particolare contro la donna?

Se riconosciamo questa relazione dobbiamo preoccuparci dei  bambini e degli  adolescenti  che nella “ famiglia nucleare” odierna vengono educati sempre di piu’ da fonti alternative alla famiglia stessa e alla scuola, e per lo più in contrasto.

La nostra società grida ai quattro venti di credere nella parità di dignità fra uomo e donna, nonche’ di diritti e opportunità.

Si proclama paladina nella crociata contro il mantenimento dello stereotipo della donna-oggetto in difesa della Persona.

Si dà a conferenze mondiali sul tema, dove riconosce da tempo nientemeno che il potere dei media nel promuovere valori positivi.

Pone fra i suoi  “obiettivi strategici”la necessita’ di presentare  un’immagine  armoniosa,  equilibrata,  realistica della Donna  proprio  attraverso i media! ( vedi conferenza mondiale di pechino 1995! ).

Poi,  di fatto,  nel quotidiano,  perpetua,  imbelle, completamente indifesa, e proprio attraverso i media,  la discriminazione fra i generi, tenendo la Donna ancorata  ad un’immagine riduttiva, falsata  e pertanto irrealistica..

Continuando cosi’ non riusciremo  certo ad  ottenere molti risultati sul piano della riduzione della violenza  maschile contro la donna e stimoleremo comportamenti in vario modo aggressivi, di svalutazione,  di possesso e di sottomissione.

 Lasciamo ora riprendere il concetto al cortometraggio con cui il marchio francese Vuitton ha presentato il mese scorso la sua collezione Autunno-inverno.

Voglio sottolineare che,  nel nostro contesto,  questo prodotto per la campagna pubblicitaria Vuitton noi non lo consideriamo dal punto di vista “artistico”- estetico fotografico cinematografico – ma dal punto di vista del contenuto in relazione al nostro tema!

 

Per andare nella direzione contraria dobbiamo sfruttare diversamente  i mezzi di comunicazione di massa e il loro riconosciuto potere di influenzare  l’immaginario, l’idea delle relazioni fra i sessi, sottraendoli  agli stereotipi per costruire nuove identità!

La violenza continua ad essere una costante delle relazioni fra i due sessi.
Agisce con mezzi quali l’intimidazione, la svalutazione, la sottomissione, il possesso.

Voglio rimarcare che il violento non riconosce nell’altro la Persona e dunque il suo diritto innanzittutto al rispetto.
Per il violento l’altro è un qualcosa da usare: deve essere controllabile, manipolabile,  deve assecondare la sua volontà.

La percezione dell’altro come Persona, come altro da sé, a cui ci si può rivolgere solo con il linguaggio del desiderio e non del possesso, con cui si deve patteggiare, in cui si può trovare un limite alla propria volontà, è il frutto di un lungo processo maturativo!

Questo è un discorso che ci porta lontano, potremmo dire sul terreno dell’educazione “illuminata”…allude all’importanza del dialogo nel rapporto educativo, al valore formativo dei limiti, alla necessità di sviluppare la capacità di autocontrollo, di regolazione del comportamento in relazione al contesto e così via.

Ma ora in questa sede ed a questo punto del discorso, voglio proporvi un’altra riflessione.

 Ho constatato  direttamente  in alcune occasioni,  come l’assuefazione ad un certo tipo di  messaggi mediatici ci  abbia portato a misconoscere la portata del loro contenuto, a sottostimare,  per esempio, la forza di penetrazione della violenza , fisica o psicologica, alla base di molta pubblicita’, videogame, cartoni animati, film……in particolare nei bambini e negli adolescenti.

Siamo tutti talmente  avvezzi a questo genere di stimoli che minimizziamo con grande facilita’, ….ma purtroppo questo non ci evita di subire  a livello subliminale!

Perche’ cio’ che a livello di coscienza non riconosciamo viene colto ad un livello piu’ profondo! Come il mondo mediatico sa molto bene!!

Per “ censurare” l’abuso di una certa immagine svalutata della Persona-Donna nella comunicazione mediatica  – nello specifico commerciale e in programmi televisivi –  nel corso del 2011 sono state prese iniziative anche da parte del Ministero delle pari opportunità, che sembra abbia  vincolato ad un accordo in questo senso lo “IAP”, cioè l’istituto di autodisciplina pubblicitaria.
Perche’ non continuare in questa direzione intensificando la pressione, non solo in termini di censura, ma anche di sensibilizzazione, sulla RAI e sulle aziende che sponsorizzano i loro prodotti tramite le agenzie pubblicitarie ( come le case di moda, le aziende automobilistiche… ),  perché prendano posizione in rapporto ad una rispettosa e realistica rappresentazione del Femminile e del Maschile nei messaggi pubblicitari.

Serve una rivoluzione culturale a partire proprio dalla pubblicità e dalla Tv!

Come ho già accennato,  le critiche che vengono rivolte al nostro Paese dall’ONU parlano di inefficacia delle misure adottate contro la violenza di genere.

Ma se non si intraprende un’azione più capillare sul piano preventivo,  contrastando a tutti i livelli gli stereotipi di genere, che sono ancora profondamente radicati nella nostra cultura , non ci avvicineremo all’obiettivo prefissoci.

Perpetueremo lo scarto fra una legislazione che afferma l’uguaglianza, che vuole tutelare, e una cultura della diseguaglianza!

Vorrei  aggiungere che sarebbe auspicabile che il mondo maschile si ribellasse all’identità di genere- quella violenta e predatoria-  evocata dallo stereotipo femminile.

In effetti qualcosa si sta muovendo in questo senso con la nascita di associazioni maschili che si sono proposte proprio questo scopo.

 

Giuliana Longo
Sito:  digilander.libero.it/g.longo/

 

 

 

 

 

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