C'erano una volta un lupo e una volpe che vagavano affamati in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Per quanto si affannassero, non riuscivano a trovare proprio niente, perché tutte le case dei contadini erano sbarrate e i pollai e gli ovili ben custoditi da cani feroci e ringhiosi.

Finalmente l'astuta volpe ebbe un'idea degna della sua fama: l'indomani era un giorno di festa e i contadini, dopo aver munto le loro mucche, avrebbero posato i recipienti colmi di latte e panna in un angolo della stalla e, prima di iniziare a trasformarlo in formaggio, sarebbero scesi in paese per assistere alla messa. Si trattava di approfittare di quell'occasione irripetibile per entrare nella stalla attraverso qualche pertugio e attingere a più non posso da secchi e ramine.

Così fecero. Arrivati alla stalla, la volpe trovò subito una finestrella stretta dalla quale sà passava appena e, lasciato il lupo di guardia, penetrò all'interno. Poi prese una piccola ramina lasciata vuota dai contadini, la riempì di panna e la mise da parte, poi raccolse tutto il latte in un grosso recipiente e chiamò il lupo.

"Bevi tutto questo ben di Dio" - gli disse 'chèla stréa' indicando il recipiente colmo di latte - io mi accontento di questo sporchisì che c'è nella piccola ramina". E così dicendo prese a sorseggiare con sottile piacere la prelibata panna, mentre il lupo trangugiava avidamente il latte, facendo tanti di quei rumori da far spaventare tutte le mucche della stalla.

La volpe, invece, ogni tanto smetteva di bere e si avvicinava alla finestrella, dicendo al lupo che voleva controllare se i bergamini stessero tornando dalla messa, in realtà la furbacchiona controllava che la sua pancia non diventasse troppo gonfia da non poter più passare attraverso la stretta apertura.

Dopo un ennesimo controllo, la volpe gridò: "Stanno arrivando i bergamini, scappiamo!". E uscì all'aperto passando a fatica dalla finestrella.

Anche il lupo ci provò ad uscire, ma il suo pancione era diventato così gonfio che, per quanto spingesse, non riusciva a passare e così rimase incastrato nello stretto pertugio, senza poter andare né avanti né indietro.

Arrivati i contadini e trovatolo in quella scomoda posizione, gli diedero un sacco di bastonate e poi lo buttarono sul letamaio, più morto che vivo.

La volpe intanto, messasi velocemente in salvo, si era nascosta dietro un cespuglio e terminava di bere la panna che aveva portato nella piccola ramina, accompagnandola con prelibati cornioli e more che aveva raccolto qua e là nel bosco.

Poi, sazia e soddisfatta, ebbe un altro lampo di genio: prese un pugno di corníoli, li schiacciò facendone uscire il succo rosso e, sghignazzando, si impiastricciò il muso, facendolo sembrare tutto sporco di sangue, quindi si spalmò sulla testa i resti della panna, per far credere che le stesse uscendo il cervello, e per finire l'opera si mise a zoppicare platealmente, tutto questo per dare ad intendere di essere rimasta vittima anche lei delle botte dei contadini.

Il lupo, dopo aver passato una brutta nottata, si svegliò tutto rotto e a fatica riuscì a raggiungere il bosco dove incontrò la volpe.

The batosta - le disse appena la vide - me ne hanno date tante che non so se ho ancora un osso sano. Ma tu dov'eri? Non hai pensato a me, e invece di venire ad aiutarmi sei scappata via!".

"Taci" - gli rispose la balòssa - "non vedi in che stato sono ridotta?".

E continuò: "Quei maledetti si sono divertiti a rompermi le ossa ad una ad una, mi sembra che il cervello mi esca dalla testa. Basta guardarmi: non vedi che ho il muso tutto insanguinato e riesco a malapena a reggermi in piedi?".

Il lupo cadde nella trappola come un salame e si convinse che la sua compagna era ridotta assai peggio di lui: le faceva una gran pena, così malconcia, tutta grondante di sangue e con la testa spaccata.

Ormai era pronto per la beffa finale e infatti, quando la volpe gli chiese di portarla a spalle perché non ce la faceva a camminare da sola, il povero martire non se lo fece ripetere due volte e se la caricò in groppa.

Quindi si inoltrò nel bosco, soffocando ad ogni passo i dolori lancinanti che gli procuravano le ferite vere, mentre l'astuta, sopra di lui, fingeva di lamentarsi per le ferite inesistenti, e intanto se la rideva sotto i baffi.

Cammina e cammina, arrivarono finalmente in una valle dove scorreva un ruscello d'acqua fresca e la volpe, che fino a quel momento era sembrata più morta che viva, tutto d'un tratto si mise a cantare:

"Ninèta, ninà, ol malà 'l porta 'l sà!".

Il lupo, che non aveva ben inteso il significato di quelle strane parole, perché era un po' indietro di comprendonio, ma anche per via delle legnate che lo avevano assai frastornato, chiese alla volpe: "Mi sembra che ti stia riprendendo, però non ho capito bene che cosa stai cantando". E lei:

"Cante sta cansunèta per passà bé sta alèta".

Poi, siccome si divertiva un mondo a fare scherzi al suo compare e non contenta di averlo fatto conciare per le feste, gli fece questa nuova e a prima vista allettante proposta.

Un tale Matièt della contrada Grabbia di San Giovanni Bianco aveva ucciso una mucca malata (forse era pazza ... ) e l'aveva seppellita in cima al curnù, una sporgenza rocciosa che sovrasta la località Rocca, poco a monte di San Pellegrino Terme.

Sarebbe stato un gioco da ragazzi per loro due, abituati a ben altre difficoltà, trovare quel posto, dissotterrare la mucca e mangiarsela un po' per volta!

Il lupo accolse con entusiasmo la proposta e, benché ancora zoppicante, dimenticò di colpo la disavventura di poco prima e portò la volpe proprio nella zona da lei stessa indicata.

Qui trovarono subito il posto dove era sepolta la mucca, perché la terra era stata smossa da poco.

Poiché la volpe, dato il suo stato, non se la sentiva di scavare, toccò al lupo la faticosa incombenza.

Scava e scava, dopo una mezz'ora ecco apparire la coda. Bisogna però sapere che questa coda, alla quale non era attaccata nessuna mucca, era stata sepolta dalla volpe stessa qualche giorno prima, nella prospettiva di giocare un altro brutto scherzo a quel pòer màrter d'ü lüf.

"Meno male" - fece la volpe, trattenendo a stento una risata beffarda - "adesso il più è fatto, basta tirare la coda e verrà fuori anche la mucca".

Si attaccarono alla coda e si misero a tirare: la volpe tirava verso l'alto e il lupo verso il basso.

Issa... daga che 'vé... e il lupo dato un potente strattone precipitò a capofitto giù dal curnù, tenendo stretta la coda, e finì sulla strada della Rocca, mentre chèla stréa d'öna vólp se la rideva a crepapelle.

homepage