Una leggenda assai popolare in varie località della valle, e anche fuori, è quella della "caccia selvatica", detta altrove "cacciamorta".

In certe ore della notte si potevano sentire su per le montagne delle mute di cani che scorrazzavano, abbaiando rabbiosamente di qua e di là, come se stessero inseguendo la selvaggina.

Nessuno li aveva mai visti, si potevano solo sentire i loro latrati, ma si assicura che chi si trovava a passare da quelle parti poteva anche imbattersi sul loro percorso e doveva scansarsi precipitosamente se non voleva essere travolto dalla furia famelica di quei segugi indiavolati.

Per la verità non si trattava di cani, ma di anime confinate. Precisamente erano le anime dannate di quei cacciatori del paese che, per coltivare la loro passione, trascuravano di andare a messa la domenica e così, dopo la morte, erano condannati a vagare su per i monti, dando vita a un'incessante quanto sterile caccia.

Un efficace esempio di pena del contrappasso, degna di figurare in qualche infernale girone dantesco, tanto più che da qualche parte si sussurrava addirittura che alla guida di quella canaglia scatenata ci fosse nientemeno che il Demonio in persona.

1 racconti sulla caccia selvatica erano abituali a Ornica, Valtorta, Cusio, Santa Brigida, ambientati sulle impervie pendici della Val d'Inferno o del Salmurano, ma non mancavano in altre località, ad esempio a Spino al Brembo, dove la tradizione descriveva i segugi guidati dal Demonio sui dossi della squallida altura della Mughera, alle prese con una cagna nera, orribile, con gli occhi fiammeggianti, in un contesto di urla infernali e strider di catene. Così la descrive, con efficace immediatezza, Bortolo Belotti, nel suo poemetto "Val Brembana".

Con una leggera variante analoghi episodi venivano raccontati a San Pietro d'Orzio, dove la muta di cani, anziché correre per la montagna, girovagava qua e là per aria, riempiendola di impetuose folate e dei consueti latrati.

Altrove si sussurra di brutte avventure capitate a chi osava intromettersi nella caccia. Ė il caso di Costa Serina dove pare che un viandante, imbattutosi in una di queste orde urlanti, avesse osato richiamare i segugi perché si quietassero. Non l'avesse mai fatto: rientrando a casa aveva trovato appesa alla porta una gamba umana... una sinistra premonizione di tragedia, dalla quale l'aveva scampato il suo parroco, consigliandogli di riportare nottetempo l'ingombrante reperto anatomico sul luogo dell'incontro con la caccia selvatica, affinché i cani potessero riprendersela.

Cosa che egli fece, benché in preda ad un indicibile senso di terrore, riuscendo a cavarsi d'impaccio, ma giurando a se stesso che non si sarebbe mai più intromesso in affari di tal genere.

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