L' INDIFFERENZA, OGGI, CI FARA' COLPEVOLI
Siamo in un momento, diciamo così, “poco felice” della nostra civiltà, che sembra ormai involuta in se stessa e, cosa ancora più preoccupante, assuefatta a tutti i suoi peggiori difetti e quasi felice di ostentarli. Si pensi a tal proposito che i soldi della tv di stato, in un periodo delicato come questo nell’ambito della politica mondiale, vengono spesi per intervistare un “fenomeno da baraccone” come Monica Lewinski e quasi tutto tace su Risoluzioni dell’ONU e sui primi bombardamenti anglo-americani che già sono caduti sull’Iraq. E intanto, ancora una volta, il nostro paese, in barba alla nostra stessa Costituzione (Art.11 – L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali …), sta preparandosi ad una guerra che, mai come stavolta, sembra dettata solo da meschine questioni personali dei potenti più che da reali motivi (ammesso che mai ce ne possano essere per giustificare un tale orrore che porta morte e distruzione in paesi peraltro già schiacciati da spietati regimi … totalitari!). Siamo tutto sommato pochi ad esprimerci a chiare lettere contro un intervento del nostro paese nell’ormai imminente conflitto in Medio Oriente: ma, precisiamo, forse “pochi” soltanto in relazione a quanti potremmo realmente essere se, oltre l’indifferenza, solo ci fermassimo un attimo a riflettere e considerassimo doveroso “prendere una posizione”, senza aspettare come sempre di salire direttamente sul “carro del vincitore”. Forse pochi, ma tra questi pochi, mai come oggi, c’è gente che non può non scuoterci; si pensi alle durissime parole di Giovanni Paolo II che in una delle sue ultime udienze traendo spunto dal Cantico di Geremia “Lamento del popolo in tempo di fame e di guerra” ha parlato di odierno “silenzio di Dio, quasi disgustato dall'agire dell'umanità”. Nel Cantico di Geremia c'è comunque la svolta, rappresentata dal riconoscimento da parte del popolo del proprio peccato e la confessione di colpa; ma forse noi non riusciamo proprio a sentirci in colpa. Eppure siamo noi, con tutti i nostri innegabili problemi e preoccupazioni, che dobbiamo imparare a gestire la fortuna di essere parte della minoranza dei cosiddetti benestanti. Siamo noi che abbiamo i mezzi effettivi per fare qualcosa di concreto per i più a rischio. Siamo chiamati ad oltrepassare ogni indifferenza. Possiamo del resto contare su numerosi esempi: si pensi alle persone attive nelle missioni, nel volontariato, si pensi pure ad un medico di frontiera come Gino Strada che proprio in questi giorni scrive al Pontefice dicendo di non poterne più di tutte le guerre: “Sento che abbiamo il dovere di vincere questo cancro che divora il pianeta”. Una lettera scritta “per chiedere aiuto” al Papa, affinché “faccia sentire ancora una volta, con la sua autorità morale, la voce della pace e l'imperativo cristiano e umano a non uccidere”. Ma le voci che reclamano la pace non finiscono qui; in questo numero abbiamo cercato insieme di trovarne e proporne molte. Con la ferma speranza che siano per altri occasione di riflessione e di rinnovata coscienza.