Undici cortometraggi per ricordare una tragedia e continuare a rifletterci su

MOLTO PIU' DI UNA SEMPLICE DATA:

11 SETTEMBRE 2001

Pagina a cura di Elettra De Crescenzo e Davide Toffoli

 

La critica

 

Ad un anno esatto dai tragici eventi che hanno radicalmente cambiato la storia moderna, undici registi di ben undici paesi diversi (da sottolineare, purtroppo, l’assenza in questo progetto di un regista italiano) sono tornati a rendere il loro omaggio alle vittime e a ricordarci quello che è successo.

Ognuno ha scelto, per ricordare e raccontare, la propria strada… Ognuno con la sua particolare impronta, ognuno con la sua sensibilità e soprattutto, con la più totale libertà di esprimersi, uniti solo dalla durata obbligata dei loro cortometraggi: tutti con a disposizione 11 minuti, 9 secondi e 1 fotogramma.

Il lavoro si distingue per il linguaggio incredibilmente vario, nonostante il comune sottofondo della tragedia, sempre presente almeno in filigrana; si passa dal documento alla poesia pura, dal realismo al simbolismo più ermetico e sfuggente, ma mai ci si discosta dall’ambito di una riflessione profonda e saldamente radicata nelle immagini. Ed è incredibile notare come qualcuno di questi registi sia riuscito, sempre nell’ambito di una rispettosa rievocazione della tragedia, persino a strappare agli spettatori qualche sorriso: è il caso del corto di Idrissa Ouedraogo del Burkina Faso che gioca sull’inafferrabilità di un Bin Laden inseguito da un gruppo di ragazzini che si improvvisano “cacciatori di taglie”.

Le ambientazioni degli “episodi” cambiano: anche se New York è spesso presente, ci si sposta da una parte all’altra del mondo e la tragedia rimane la medesima. Cambia semmai il punto di vista e ciò arricchisce in maniera notevolmente positiva il risultato complessivo di questo lavoro cine-matografico, frutto di una coproduzione anglo-francese. Sopra ogni altra cosa, va apprezzato il coraggio di tornare a toccare un tema scottante e pericoloso non rinunciando ad esporre il proprio personalissimo punto di vista: un ottimo modo per sottrarsi all’appiattimento dei giudizi e alle verità preconfezionate. Insomma, per intenderci, un film consigliato per tutti, ma in particolare per quelli che non si tirano mai indietro quando c’è da “aprire la testa”.

 

 

TESSERE D' AUTORE PER UN MOSAICO SPECIALE

Le trame dei cortometraggi

 

SAMIRA MAKHMALBAF (IRAN): In un villaggio afgano il terrore si è impadronito degli abitanti: ormai convinti che gli americani li bombarderanno, cercano di costruirsi una improbabile protezione con inutili mattoni di argilla. La maestra del villaggio cerca di aprire loro gli occhi, spiegando ai bambini che nulla si può fare contro le bombe. In una raccapezzatissima “classe” si osserva un minuto di silenzio per le vittime di New York. Fanno da protagonisti assoluti la suggestiva ambientazione e gli sguardi disarmanti ed ingenui dei bambini. Splendido il fotogramma finale, nel quale il camino fumante della fornace visto dal basso si pone come evidente richiamo del World Trade Center ormai trafitto prima del crollo. SUGGESTIVO

 

CLAUDE LELOUCH (FRANCIA): Qui la tragedia è vissuta nell’ambito di una coppia in crisi: a New York, una sordo-muta e il suo compagno si separano al mattino dopo una discussione. Lei, convinta che la vita stia per finire, scrive una struggente lettera proprio mentre fuori c’è l’attacco alle Torri Gemelle. Un corto giocato tutto sull’assenza di rumori del mondo della protagonista. RAFFINATO

 

 

YOUSSEF CHAHINE (EGITTO): Un regista sotto choc per aver visto di persona il crollo del WTC torna in patria e incontra due “spettri”. La conversazione è tra lo stesso Chahine e gli spiriti di un marines e di un integralista. Ognuno dei due esprime le sue ragioni e regala spunti di riflessione… Ognuno ha torto, per il semplice fatto di essersi posto come portatore di morte e di aver lasciato la propria vita “a metà”. ONIRICO

 

DANIS TANOVIC (BOSNIA): L’11 settembre visto da per-sone alle quali la guerra ha tolto già tutto. Nei Balcani c’è il dramma di una terra popolata solo da donne e da un uomo costretto sulla sedia a rotelle. Non c’è speranza neppure nei pacchi di aiuti umanitari lanciati sul paese: in essi solo qualche inutile strumento per il maquillage. Ci si ribella, ma contro chi? DILANIATO

 

IDRISSA OUEDRAOGO (BURKINA FASO): Un ragazzo cerca denaro per far operare la madre malata: scopre che Bin Laden si è rifugiato nella loro città e cerca di catturarlo per ottenere,con la taglia, i soldi per l’operazione. Geniale l’accorato appello allo sceicco che fugge “No, Bin Laden abbiamo bisogno di te!”. Solo un gruppo di bambini sembra cercarlo. IRONICO

 

KEN LOACH (UK): Un cileno esiliato in Inghilterra scrive ai genitori delle vittime per dimostrarsi vicino al loro dolore. Non trascura però di ricordare un altro 11 settembre, quello del 1973: in Cile venivano massacrati migliaia di innocenti mentre Pinochet saliva al potere abbattendo con le armi il governo democratico di Allende. Scorrono immagini di repertorio e si  ascoltano le parole di Kissinger, di Nixon… Pinochet è solo uno dei tanti mostri “creati” dagli americani e dalla CIA, senza curarsi troppo di troppe vittime “civili”. Si cita S.Agostino… Si sposa comunque il dolore delle vittime… Ci si augura che tutte siano uguali e meritino una degna memoria. MAESTOSO

 

ALEJANDRO G. INARRITU (MESSICO): Silenzi, esplosioni, schermo ora nero ora bianco, notte e flash di luce. Attimi d’orrore in cui uomini si gettano disperati verso il vuoto. Voci, notiziari, lingue che si sovrappongono ed un dilemma: “La luce di Dio ci guida o ci accieca?”. ACCECANTE

 

AMOS GITAI (ISRAELE): Un giorno di ordinaria follia a Gerusalemme. L’ennesimo kamikaze si lascia esplodere tra la gente e una giornalista cerca tra i feriti lo scoop della vita. Ma è il giorno sbagliato: quello dell’attentato alle torri gemelle. La linea dalla redazione non le arriverà mai: c’è altro a cui pensare. Un “corto” contro lo sciacallagio e il narcisismo di certo giornalismo. ESASPERANTE

 

 

MIRA NAIR (INDIA): E’ il dopo 11 settembre dei musulmani di america. Anche una delle tante vittime può trasformarsi in un potenziale carnefice: la rabbia e il sospetto distruggono il buon senso e un’intera famiglia precipita nel dramma. Un giovane morto per salvare altre vite diventa un pericoloso ricercato. Da una storia vera, una splendida lezione di vita. ESEMPLARE

 

SEAN PENN (USA): Privo di ogni retorica, senza alcuna autocommiserazione… Il cineasta americano sceglie la strada della poesia racchiusa nelle immagini: un uomo semplice vede coronarsi il proprio sogno proprio per via del crollo delle due torri che facevano ombra sulla sua finestra. Il vaso di fiori amato dalla moglie scomparsa torna, inondato di luce, a fiorire, ma l’uomo sembra scoprire, per la prima volta, che lei non c’è più. ERMETICO

 

SHOHEI IMAMURA (GIAPPONE): Del dramma dell’11 settembre non si parla proprio. E’ la storia di un reduce del II conflitto mondiale, ormai pazzo e convinto di essere un ser-pente. L’uomo del dopo Hiroshima è solo una bestia feroce. Vive dei suoi istinti e rifiuta tutto. Non c’è più spazio neppure per l’amore. Solo l’orrore regna sovrano. POSTATOMICO

 

Davide Toffoli            

 

Recensione sul film: "11 settembre 2001"

di Elettra De Crescenzo

Roma, 30 settembre 2002

 

“11 settembre 2001” è un film molto diverso da quelli che siamo abituati a vedere. Al contrario di come ci si potrebbe aspettare dal titolo, in questa pellicola non ci sono immagini di Ground Zero, né quelle del sindaco newyorkese tra le macerie, non compaiono i pompieri di New York, non ci sono i volti straziati di familiari di dispersi raccolti in preghiera. Sono undici cortometraggi, ognuno della durata di undici minuti e nove secondi, un fotogramma, realizzati da undici registi di nazionalità differenti, che raccontano la tragedia delle Twin Towers a modo loro, in piena libertà, attraverso il loro punto di vista e la loro cultura, con diverse ispirazioni e scelte creative. Forse è proprio a causa di queste diverse interpretazioni influenzate da culture di diversi popoli, che da molti è stato ritenuto un film anti-americano. A mio parere queste informazioni possono risultare reali quando si parla di Bin Laden come “creato dagli stessi Stati Uniti”, e in alcuni tratti del film si fa intendere che l’America fa di tutto per proteggere e difendere la propria civiltà a dispetto delle altre. O più specificamente nei diversi fotogrammi: il regista egiziano parla attraverso un kamikaze morto di “colpevolezza di tutti i cittadini occidentali, in quanto, essendo in una democrazia, loro stessi, autonomamente, hanno scelto la propria politica”; il regista inglese crea invece un esule cileno che scrive ai parenti delle vittima americane, e ricorda un altro martedì 11 settembre, quello del 1973, quando in Cile fu rovesciato il governo di Allende, attentato appoggiato dalla politica USA, e migliaia di persone persero la vita essendo state sottoposte a tortura. Ciò non toglie che sia un film assolutamente da vedere, perché mostra anche il cosiddetto “rovescio della medaglia”, cioè come uno stesso episodio viene visto sotto diversi aspetti, cercando di capire come l’intero pianeta ha vissuto quella giornata. Personalmente sono stata colpita da tutti i cortometraggi, tutti hanno avuto la capacità di scuotermi e di farmi riflettere, farmi porre domande e interrogativi. Ma se proprio dovessi dire quali mi hanno impressionato di più, ne sceglierei due. Due episodi totalmente diversi tra loro se non fosse per la sfumatura che li lega all’11 settembre.

Tutto il film si apre proprio con la regista iraniana Samira Makhmalbaf cha ambienta nel suo Paese d’origine, l’Iran appunto, una storia molto profonda con dei concetti esistenziali e dei quesiti a cui forse non si troverà mai risposta. Tre milioni di esuli afghani stanno costruendo edifici per ripararsi dai bombardamenti degli occidentali. Richiamati dalla maestra, i bambini impegnati a costruire mattoni con il fango, lasciano il loro lavoro per dirigersi a scuola, dove apprendono per la prima volta cos’è un telefono cellulare. I bambini non riescono però ad individuare cosa può essere un grattacielo e la maestra li conduce ai piedi di una ciminiera e fa loro osservare un minuto di silenzio per le persone morte a New York, a causa di due aerei che si sono andati a schiantare contro due torri. La cosa più toccante di questo episodio è il dialogo che i bambini hanno tra loro: “Chi è stato?” si domandano se e perché Dio faccia accadere simili scempiaggini. Lo trovo molto commovente. Mentre questa storia fa porre interrogativi, quella del messicano Inarritu da un’idea di quelli che possono essere stati il terrore e l’angoscia nei tragici momenti del crollo delle due torri. A differenza del precedente, in cui la telecamera viene mossa appositamente per dare l’impressione della povertà e della semplicità delle immagini, questo cortometraggio è stato interamente realizzato al computer ed è tutta una questione di montaggio. Lo schermo resta nero con alcune voci di sottofondo. Ogni tanto un flash, un’immagine di persone che si lanciano giù dai grattacieli, e si conclude dopo la caduta delle torri con una scritta bianca che dice: “La luce di Dio ci guida o ci acceca?”.

Come questa un’altra frase chiave del film è stata quella finale, del regista giapponese che conclude con “Le guerre sante non esistono”: è questo che vuole far capire l’intero film.

 

 

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