Due modi di fare volontariato attivo nella nostra zona

ALLA SCOPERTA DI CIO' CHE CI CIRCONDA

 

 

LA NOSTRA OPERA NEL QUARTIERE

 

Il dizionario della lingua italiana sotto la voce “volontariato” dice: Il prestare gratuitamente la propria opera presso enti pubblici o privati. Ed è proprio questo il significato che i Cristiani hanno conferito a tale parola, ma ancora più importante a mio giudizio è il significato del termine “volontario”: Che è sotto il dominio della volontà, che nasce da un atto di volontà, che è liberamente e consapevolmente scelto, deciso. Operare nel volontariato, quindi, significa essere convinti di ciò che si sta facendo, essere consapevoli che l’opera che si sta prestando è motivata da una decisione assolutamente personale, che facciamo qualcosa perché ci va di farla, perché siamo convinti che serva a qualcuno. Impegnarsi come volontari al servizio della società non è un impegno facile da rispettare, come del resto tutti gli altri impegni, ma una cosa è certa: quello che ti rimane di un’azione di volontariato non è paragonabile minimamente a ciò che ti lasciano le azioni quotidiane, spesso molto piacevoli e divertenti ma allo stesso tempo anche molto inutili. A volte capita che alcune persone, magari in un momento di tristezza, dicono di essere “inutili, di non significare niente per nessuno”; queste sono le persone che non hanno mai provato a passare un po’ del loro tempo con chi ne avrebbe avuto bisogno, loro che si definiscono “inutili”. Perché vi assicuro che chi ha avuto anche una sola esperienza di volontariato in tutta la propria vita non potrebbe mai dire una cosa del genere, ne sono convinta. Operare nel volontariato significa soprattutto operare dove c’è bisogno di una mano, e non fissarsi sull’idea che il bisogno è solo in alcuni posti. Il volontario è sia quello che parte per l’Africa per restare lì tutta la vita, sia colui che nel suo piccolo, anche nel proprio quartiere, si rende utile come può. E nel nostro quartiere ne abbiamo parecchi di esempi, ma uno tra quelli che ci stanno più vicini è la casa famiglia di Valle Aurelia, nata pochi anni fa ma avente oggi un ruolo importantissimo per tutti i bambini della zona. Questa potrebbe essere un’occasione d’oro per noi parrocchiani, una di quelle fortune che capitano poche volte: dalla parrocchia sono dieci minuti a piedi (uno e mezzo di macchina) e sarebbe una buona azione assicurare il nostro impegno ad una realtà che ci sta così vicina ma della quale ci siamo spesso dimenticati. L’importante, secondo me, è non pretendere subito l’Africa (intesa come terra della povertà e quindi come terra del bisogno), non voler fare dall’inizio le cose più difficili, perché quello è il modo migliore per abbandonare tutto sul nascere, è il modo migliore per demoralizzarsi e arrivare alla conclusione che il volontariato è solo per i super eroi. Cominciamo dalle cose facili e utili, ovviamente, poi quelle difficili arriveranno; ci sarà un momento in cui ci renderemo conto che il nostro desiderio di operare per gli altri va oltre la casa di Valle Aurelia, ma facciamolo arrivare quel momento, non pensiamo che le cose “facili” (che poi facendole ci si rende conto che non lo sono affatto!) debbano essere escluse, perché è proprio da quelle che si ricevono gli stimoli per andare avanti.

 

Claudia Chiapparelli

 

IL PERCHE' DI UNA SCELTA

UNITA' DI CURA CONTINUATIVA "ATTILIO ROMANINI"

(Per l'assistenza integrata Casa-Ospedale al malato oncologico grave)

 

Non è la prima volta che mi viene chiesto perché la scelta di “questo tipo di volontariato” quasi a voler sottintendere che la scelta richieda atteggiamenti al di fuori dalla norma. Al contrario sono e mi sento una persona normalissima magari un po’ banale e mediocre che cerca di dare aiuto là dove necessita.  Tanto mediocre da aver considerato per tanto tempo la malattia, specialmente quella con la “A” maiuscola, qualcosa da relegare in una stanza di ospedale, esorcizzandola e tacitando la coscienza con l’adesione a qualche raccolta fondi organizzata da una delle tante associazioni di volontariato. Una persona normale, dicevo, che per lungo tempo ha attribuito valenza eroica all’assistenza ai malati senza rendersi conto che quell’atteggiamento serviva solo da alibi alla propria coscienza costretta, altrimenti, a convenire che anche lei poteva fare volontariato. Poi, un giorno, inaspettata, è arrivata la malattia in ambito familiare. Una diagnosi infausta ci ha gettati nello sconforto costringendoci a confrontarci con una realtà che nemmeno immaginavamo e con difficoltà quasi insormontabili. La nostra esistenza è stata profondamente turbata: ci rendemmo presto conto della nostra ignoranza, dell’impreparazione e dell’impotenza con le quali affrontavamo problemi sempre crescenti sia sotto il profilo pratico che psicologico. Per fortuna, grazie ad un amico, arrivò in casa l’équipe di assistenza domiciliare e con essa tornò la capacità in noi di affrontare la situazione con raziocinio e serenità. Oltre ad un’encomiabile presenza medico-infermieristica, era fondamentale per noi sapere che in qualunque momento del giorno e della notte c’era qualcuno al quale chiedere aiuto. Insieme a medici ed infermieri sono arrivati anche i volontari: non persone che venivano a portare gesti caritatevoli ma “amici” capaci di condividere le sofferenze, i dubbi, le confidenze e le decisioni, adeguandosi ai ritmi della casa come fossero parte integrante della famiglia. E’ grazie a quel gruppo di medici e volontari che posso affermare che quella vicenda familiare, pur con i suoi risvolti dolorosi e tragici, si è trasformata comunque per noi in un’esperienza altamente positiva.  Tanto positiva che io e mia moglie abbiamo sentito il bisogno di continuare il rapporto con quel gruppo partecipando alla loro attività. Finalmente accantonati alibi ed egoismi e liberando l’istinto di scambio d’amore e di solidarietà presente in ognuno di noi mi sono avvicinato ai malati scoprendo l’altra faccia di questa bellissima medaglia: spesso dall’incontro esco con la consapevolezza di aver alleviato in qualche modo le sofferenze del mio assistito ma sempre profondamente grato perché arricchito da meravigliose lezioni di vita di cui sono capaci il malato e la sua famiglia.

Ecco perché questo tipo di volontariato.

 

Franco

PER INFORMAZIONI: Dr.ssa Adriana Turriziani – Ist.Radiologia Policlinico Gemelli - tel. 30154429 – 30155274 - 30154374

 

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