Una suora umanissima a diretto contatto
col dramma di un condannato a morte
"DEAD MAN WALKING":
UN CAPOLAVORO DI TIM ROBBINS
pagina a cura di Arnaldo Casali
La storia
Matthew Poncelet, condannato a morte in Louisiana per omicidio di una coppia di ragazzi che si erano appartati in un bosco, scrive alla suora Helen Prejean per avere colloqui ed assistenza in carcere. Con l'approvazione dei suoi superiori, suor Helen (che svolge i propri compiti in un centro di servizi sociali) si appresta alla insolita missione. Nonostante l'apparente atteggiamento bullesco e sprezzante del giovane condannato a morte tra i due si instaura un'intensa amicizia. Ma Helen non si limita ad un'assistenza spirituale: ingaggiato un solerte difensore, si impegna a fondo per attivare gli ultimi strumenti giuridici utilizzabili, tra i quali la domanda di grazia al Governatore dello Stato, (che la negherà) e comincia la sua lunga lotta per l'abolizione della pena di morte. Attaccata dai genitori dei due ragazzi, Helen inizia un nuovo cammino. Parallelamente all'assistenza ai condannati a morte, si impegna anche in quella dei familiari delle vittime.
Qualche spunto di riflessione
"Quando Susan Sarandon mi ha telefonato dicendo che voleva trarre un film dal mio libro io la conoscevo solo per sentito dire. Così, per prepararmi al nostro primo incontro, ho visto Thelma & Louise. Thelma nel film è quella che fa tutte le cose più stupide e io non facevo che ripetermi "e quella dovrebbe interpretare me?". Poi quando l'ho vista, al ristorante, ho tirato un sospiro di sollievo e mi sono detta: "Grazie al cielo è Louise!". Non capita spesso che un film basato su una storia vera venga apprezzato dal diretto interessato, che di solito si tiene sempre molto alla larga dal film che lo vede protagonista. Sister Hejen Prejean, invece, utilizza da sempre il film che è stato girato su di lei come un vero e proprio biglietto da visita dal quale si fa precedere ogni volta che tiene qualche conferenza in giro per il mondo. Addirittura, quando parla della sua storia, cita in continuazione le scene del film, come se davvero potesse rivivere in quelle immagini i suoi ricordi reali. E non c'è da stupirsi più di tanto: chi ha avuto la fortuna di guardare negli occhi Sister Helen può testimoniare quanto il suo sguardo sia esattamente lo stesso di quello che vediamo negli occhi di Susan Sarandon. D'altra parte l'apporto dato da suor Helen al film va ben oltre una semplice consulenza, e questo grazie all'umiltà con la quale la coppia di star - atea - Tim Robbins/Susan Sarandon (che per questa interpretazione ha anche vinto un Oscar) ha affrontato la storia rispettandone la sobrietà e la spiritualità; una sobrietà tanto ricercata che non solo "Dead Man Walking" non ha falsificato la realtà per renderla più romanzesca, ma - al contrario - è arrivato a cambiare al-cuni particolari proprio per diminuirne i toni. Nella realtà Patrick Sonnier, primo condannato a morte assistito da Sister Hellen (cui si ispira al 90% la figura - immaginaria - di Mattew Poncelet, che riprende però qualche particolare dagli altri due condannati a morte di cui parla sister Helen nel libro) fu giustiziato sulla sedia elettrica, uno strumento di morte molto cinematografico (basti pensare al "Miglio verde"), ma Robbins ha preferito far morire il protagonista del film tramite l'assai meno spettacolare iniezione letale. Nella realtà Sonnier non aveva commesso - materialmente - l'omicidio, ma Robbins vuole Poncelet colpevole per far capire che la pena di morte è ingiusta a prescindere dall'innocenza o meno del condannato; e ancora, nel libro Sister Helen racconta la riconciliazione con le vittime fino ad arrivare al perdono dell'assassino; il film accenna solo a questa riconciliazione evitando una facile retorica (e, d'altra parte il suo racconto non ha il tempo di affrontarla fermandosi a meno della metà del libro). "Dead Man Walking" è quindi un'opera che riesce ad essere fedele tanto alla sua vocazione artistica (attori grandiosi, regia ricercata, sceneggiatura impeccabile e musiche indimenticabili) quando a quella civile, rendendosi uno dei più efficaci strumenti per la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul tema della pena di morte. Non è un caso che in America, dove ancora oggi nessun politico potrebbe permettersi di dichiararsi contrario alla pena capitale, il film abbia vinto sì l'Oscar per la Migliore Attirce, ma sia stato totalmente ignorato nella sezione principale, dove - quell'anno - erano candidati, tra gli altri, "Babe - maialino coraggioso", "Braveheart" e "Ragione e sentimento".
Oltre il film, oltre il libro ...
La
storia artistica - e civile - di"Dead Man Walking" non si è fermata
con il film, ma è andata ben oltre. Recentemente è stata rappresentata a San
Francisco addirittura un'opera lirica ispirata alla vicenda di Sister Helen, che
ha continuato ad assistere condannati a morte (tra cui Joseph O'Dell, uno dei
pochi cui la stampa internazionale abbia dedicato un po' di spazio) e a tenere
conferenze in tutto il mondo. Tim Robbins, invece, dopo la realizzazione del
film lo ha mandato ai cantanti che in qualche modo avevano ispirato il suo
lavoro. Tutti hanno risposto, ed è nato un disco che coincide in parte con la
colonna sonora del film ma che contiene soprattutto brani inediti ispirati alla
vicenda di Sister Helen.
Tra gli artisti presenti nel disco (i cui proventi vanno all'Associazione Parenti delle vittime di omicidio fondata dalla suora) Bruce Springsteen, Patti Smith, Tom Waits, Johnny Cash, Lyle Lovelett, Suzanne Vega, Mary Chapin Carpenter e - soprattutto - Eddie Vedder e Nusrah Fateh Alì Khan: i duetti tra la voce dei Pearl Jam e il cantautore pakistano oltre ad essere la colonna portante del film rappresentano, dopo l'11 settembre sono diventati uno dei simboli della pace e convivenza tra la cultura occidentale e quella islamica.
Per saperne di più: www.prejean.net