Un grande "testimone" della centralità dell'educazione dei più poveri
DON LORENZO MILANI
(pagina a cura di Dario Scorza)
Cenni Biografici
1923
Lorenzo Milani nasce a Firenze in una famiglia ricca e colta. Lorenzo è il
classico figlio di signori. Un privilegiato. A
Milano apre uno studio da pittore. E' proprio attraverso una ricerca sui colori
della liturgia cattolica che Lorenzo si avvicina alla Chiesa.
1943 Conversione ed incontro con don Raffaele Bensi, che ne diventerà il direttore spirituale. Riceve la cresima. Entra al seminario di Cestello in Oltrarno. La famiglia non approva la sua scelta di vita religiosa.
1947 Viene ordinato sacerdote.Viene mandato nel grosso borgo operaio di San Donato di Calenzano come cappellano dove inizia l'elaborazione del catechismo storico e fonda la scuola popolare.
1954 E’ nominato priore di Sant'Andrea a Barbiana, sui monti del Mugello, sopra Firenze. Non c'è luce. Non c'è acqua. Nella parrocchia, che doveva essere chiusa, vivono una manciata di famiglie sparse tra i monti. Don Milani fonda una nuova scuola per i suoi ragazzi "montanini", dove i poveri imparano la lingua che sola li può render uguali. Un'esperienza unica nel suo genere e forse irripetibile. Sono molti gli intellettuali attratti dalla figura di don Milani e dalla sua scuola (da Pietro Ingrao al teorico della nonviolenza Aldo Capitini).
A marzo del '58 viene pubblicato Esperienze pastorali. Il tema di fondo è la nuova pastorale utile a ricostruire un rapporto con la classe operaia, con i poveri. Tra gli estimatori del capolavoro di don Lorenzo: Luigi Einaudi, don Primo Mazzolari, monsignor Giulio Facibeni. Il libro suscita non poche polemiche. Il 15 dicembre dello stesso anno il Sant'Uffizio ordina il ritiro dal commercio dell'opera e ne proibisce ristampa e traduzione perché il testo è giudicato "inopportuno".
1960 Arrivano i primi sintomi del tumore ai polmoni: un linfogranuloma maligno. La malattia che lo porterà alla morte.
1965 Nel corso di un'assemblea i cappellani militari della Toscana in un comunicato definiscono l'obiezione di coscienza "espressione di viltà". Don Lorenzo elabora la Risposta ai cappellani militari, stampata in mille copie iniziali. Difende il diritto ad obiettare ma soprattutto il diritto a non obbedire acriticamente. La risposta viene pubblicata da Rinascita il 6 marzo. Esplode la polemica, il priore è minacciato di venir sospeso a divinis da Florit e denunciato, da alcuni ex combattenti, alla procura di Firenze. Viene processato, insieme al vicedirettore responsabile di Rinascita, Luca Pavolini, per apologia di reato, a Roma dove si stampa la rivista comunista. In vista del processo, non potendo parteciparvi perché malato, prepara la Lettera ai giudici.
Il 15 febbraio 1966 i giudici romani, dopo tre ore di camera di consiglio, assolvono Lorenzo Milani e Luca Pavolini perché il fatto non costituisce reato.
1967 Esce Lettera a una professoressa, contro la scuola classista che boccia i poveri. Una rampogna agli intellettuali al servizio di una sola classe. Un'opera scritta dalla scuola di Barbiana collettivamente. I giudizi sulla scuola italiana sono trancianti, irrevocabili. La lettera verrà tradotta in tedesco, spagnolo, inglese e perfino giapponese.
Nel marzo '67 la malattia si aggrava; il priore si trasferisce in via Masaccio a Firenze a casa della madre.
Muore il 26 giugno '67. Ad appena 44 anni.
La scuola di Don Milani
In
questo periodo di riforma scolastica e di contestazione studentesca si è
parlato spesso di don Lorenzo Milani e della sua scuola. In tanti hanno cercato
di appropriarsene tirandolo per la tonaca (perché don Milani fu soprattutto un
prete). Ci hanno provato in particolar modo da destra, affermando che quella di
don Lorenzo era una scuola privata. Abbiamo sentito citare una frase del priore
di Barbiana che criticava la scuola pubblica e lodava la scuola privata. Ebbene,
solo chi non conosce bene l'esperienza di Barbiana può ridurla al contrasto tra
scuola pubblica e privata. E’ vero, quella di don Milani era una scuola
privata, perché gestita e creata da un prete. Ma non era una scuola
confessionale. In essa trovavano posto eguale il Vangelo e la Costituzione
Italiana, l’Apologia di Socrate e la vita di Gandhi. E con le scuole private
non aveva in comune la retta perché era gratuita. Don Milani l’aveva fondata
esclusivamente per dare un’istruzione a tutti quei ragazzi (a Calenzano prima
e a Barbiana poi) che, a causa della classe sociale subalterna, rischiavano di
rimanere analfabeti e “diversi” dai loro coetanei e quindi in futuro sempre
più subalterni. “E’ solo la lingua che rende uguali” diceva don Lorenzo.
E tramite la scuola e la lingua il priore di Barbiana permetteva ai ragazzi di
comprendere anche le verità della fede.
Don Milani si preoccupava soprattutto degli ultimi e per questo riteneva
folle la logica che prevedeva borse di studio per i più dotati. Per lui un buon
cristiano doveva pensare prima a chi era meno dotato. E comunque, i cosiddetti
meno dotati hanno dimostrato che maestro eccezionale fosse don Lorenzo; un
esempio su tutti, Michele Gesualdi, ex allievo di don Milani, diventato di
recente presidente della provincia di Firenze. E non c’è davvero nulla di cui
stupirsi. Basta sapere che il priore invitava nella sua scuola (di operai e
montanari) pittori, storici, giornalisti, magistrati e tutti mettevano la loro
competenza a disposizione dei ragazzi, che tra l’altro avevano modo di
avvicinare persone di altre estrazioni sociali e vincere così l’innata
timidezza frutto dell’ignoranza e del muro tra le classi. Il priore mirava a
dare sicurezza ai suoi ragazzi e per questo nella sua scuola i più grandi
facevano lezione ai più piccoli e così imparavano praticamente anche la
solidarietà. E poi dopo aver studiato le lingue straniere, il priore mandava i
suoi ragazzi a fare esperienza di lavoro all’estero, in Francia, Germania,
Inghilterra ma anche in Africa. E così il percorso formativo era compiuto. E
parte integrante della scuola era l’amore del priore per i suoi ragazzi che in
chiusura vogliamo esemplificare con una frase del suo testamento: "Caro
Michele, caro Francuccio, cari ragazzi, non è vero che non ho debiti verso di
voi. L'ho scritto per dar forza al discorso! Ho voluto più bene a voi che a
Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia
scritto tutto al suo conto. Un abbraccio, vostro Lorenzo".