Ozpetek ci porta a vivere attraverso il presente

e tutti gli eventi che ci hanno segnato

OSSERVARE LA VITA DALLA FINESTRA

Pagina a cura di Davide Toffoli

 

La trama

 

Seppur molto giovani, Giovanna (Giovanna Mezzogiorno), una giovane donna sposata, e Filippo (Filippo Nigro), che passa da un lavoro precario all’altro, sposati ormai già da otto anni e con due figli, si ritrovano in casa un uomo molto anziano che ha completamente perso la memoria (Massimo Girotti) e che metterà la coppia di fronte alle tante frustrazioni forse mai affrontate realmente. Giovanna, anche vista l’incapacità del marito nel voler risolvere questa insolita situazione che preferisce piuttosto “sfruttare” nei suoi aspetti più vantaggiosi (Davide, questo si rivelerà essere il vero nome del vecchio, compra dei regali molto costosi ai figli della coppia), mentre si prende cura dell’anziano cerca di ricostruire la sua identità e il segreto del suo passato, con l'aiuto di Lorenzo (Raoul Bova), che abita nel palazzo di fronte e che segretamente ella da tempo spia, scopre piano piano che lei stessa ha smarrito il ricordo dei propri sentimenti e delle proprie passioni. Con la complicità di Davide, misterioso e depresso, nel quale riaffiorano sensi di colpa per qualcosa accaduto nell’ottobre del 1943 durante il rastrellamento nazista del ghetto ebraico a Roma, Giovanna e Lorenzo finiscono per conoscersi e arrivano a scoprire i propri reciproci sentimenti. L'indagine su quell'uomo misterioso diventa così per Giovanna una vera e propria indagine su se stessa, in un mondo che sembra sul punto di perdere la capacità di riconoscere la forza dei sentimenti più profondi.

 

 

SCHEDA DEL FILM

Regia: Ferzan Ozpetek

Genere: Drammatico

Attori: Giovanna Mezzogiorno, Raoul Bova,

            Massimo Girotti, Filippo Nigro

Produzione: R&C Prod., ITALIA 1992

Distribuzione: Mikado

Musica: Andrea Guerra

Montaggio: Patrizio Marone

Durata: 115'

 

La critica

 

Dopo il grande e meritatissimo successo de "Le fate ignoranti" di due anni fa, il regista Ferzan Ozpetek torna nelle sale cinematografiche con un film che potremmo dire ambientato in due città parallele: Roma oggi e Roma del 1943. La storia è quella di Giovanna e Filippo che tirano avanti una relazione un pò stanca. Un giorno incontrano Davide, un anziano che non si ricorda neanche più come si chiama. Nell'intento di portarlo al commissariato, i due finiscono col prenderselo in casa. La vita nascosta di Davide finirà per influenzare soprattutto la vita di Giovanna più di quanto lei potesse immaginare. Il film si snoda tra vari livelli di realtà: una vita immaginata, come vista da una finestra, sognata quasi come estrema via di fuga dalla monotonia di un rapporto che sembra essersi quasi del tutto esaurito, ed una vita decisamente più dura che vuole fuggire dalle convenzioni rimanendone tuttavia intrappolata. Decisamente suggestivo il modo di lasciar procedere la narrazione degli eventi, che si disgelano poco a poco e permangono “disegnati” a contorni mai del tutto nitidi e assolutamente mai banali. E’ l’estetismo la caratteristica più evidente di questo film attraversato in lungo e in largo da suggestioni poetiche, anche laddove i luoghi e gli ambienti di una Roma riconoscibilissima potrebbero risultare quotidiani e familiari. E invece tutto resta intriso di poesia: espressioni, sguardi, scorci, riprese. Restano saldamente impresse nella memoria numerose sequenze; tre su tutte: Giovanna, Lorenzo e Davide seduti al tavolino di un bar ripresi da una telecamera che gira loro intorno quasi avvolgendoli in virtuale abbraccio e lasciandoli sfumare in oniriche immagini che contengono ad un tempo presente a passato; qualcosa di simile accade anche nella scena in cui Giovanna e Davide si concedono un ballo e a brevi flash precipitano nel sogno per risalire di continuo e repentinamente nel reale; tacita e deflagrante infine la scena in cui Giovanna, dall’appartamento di Lorenzo, si trova ad osservare dalla finestra…la propria vita. Tra gli interpreti, una Giovanna Mezzogiorno dalla bellezza quasi disarmante nella sua semplicità e, nella sua ultima e splendida interpretazione, Massimo Girotti, capace di offrire un personaggio pieno di chiaroscuri in grado di comunicare anche attraverso i silenzi e le sue poche parole gridate. Un film assolutamente da vedere, nel quale davvero nulla è banale: neppure la semplice e delicatissima dedica “A Massimo”, un tributo giusto e discreto ad un grande protagonista del cinema italiano che proprio quest’anno se ne è andato.

 

 

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