Una ricostruzione storica da brividi

per raccontare la vita nel ghetto di Varsavia

UN UOMO SALVATO DALLA MUSICA

Pagina a cura di Sara Lilli

 

La critica

 

Non c’è nessun film che io non ami. Dietro ognuno di essi c’è un segreto bello o brutto, vero o falso, che ci deve far riflettere o anche solo sorridere.

In questo “racconto” ho pensato, ho capito… Ho dovuto immettere nella mia mente ciò che è accaduto e vivendo in questa società dove tutto è troppo poco e dove la guerra è alle porte posso solo consigliare questo incredibile film a tutti coloro che credono nella pace, a tutti coloro che vogliono la Pace e a tutti coloro che sembrano apprezzare la guerra e che pensano che sia la soluzione. NO, io dico NO. Libri su libri non basteranno a far cambiare l’idea giusta della guerra che è dentro a tanti di noi, di voi, ma che senza dubbio “migliorerà”. Quindi andate a rivivere ciò che è successo, ciò che è accaduto, ciò che non dovrà più apparire davanti ai nostri occhi e a quelli dei nostri figli.

La mia impressione è stata molto diversa da quella che credevo. Pensavo, svegliandomi la mattina: “Ecco, oggi vado a vedere uno straziante film sulla persecuzione degli ebrei… Uno come tanti”. Invece eccomi qui a garantire e a consigliare a tutti voi un film nel quale i personaggi sono tutti trattati allo stesso livello, senza poco credibili divisioni in “buoni” e in “cattivi”, ognuno con le proprie personali scelte che lo caratterizzano e ne segnano, a loro modo, il destino. Nessun personaggio è sbagliato: tutti hanno colpe… Tutti sono innocenti…

Infine, le note al pianoforte che fanno da accompagnamento sottolineano ancora di più quanto la musica in questa storia sia importante e si ponga come un indispensabile strumento di salvezza e come un prezioso amplificatore emotivo durante lo svolgersi delle singole vicende.

 

 

La trama

 

Roman Polanski mette in scena una parte della sua vita. Sceglie di far conoscere come fosse di quei tempi l’esistenza per gli ebrei del ghetto di Varsavia. Vita di persecuzioni razziali, vita di morti innocenti. Incolpati da Hitler di essere una razza inferiore, in quanto “non ariani” vennero anche trattati in maniera disumana; poi appunto rinchiusi in dei ghetti, deportati in dei campi di concentramento e uccisi, oppure lasciati morire di stenti o di malattie. Molti libri parlano, raccontano di storie di sopravvissuti, storie terribili e soprattutto incredibili: una di queste è quella di questo Szpilman, giovane e promettente pianista che sfugge ai lager solo grazie al provvidenziale intervento di un ebreo polacco “filonazista”, che lo fa fuggire dalla folla di sventurati (ebrei come lui!) obbligati a partire sui convogli di carri bestiame. In quale direzione? Beh, semplice! Treblinka! Quella della loro morte o della scomparsa dei loro sogni. Il “pianista” riesce a fuggire, a nascondersi, a tentare di ritrovare la propria pace… Come si poteva a quei tempi? Comunque grazie ad amici che lo aiutano a scampare a quella spietata selezione, a quell’incubo che incombeva su tutti gli ebrei. Dopo varie vicissitudini, dopo averlo sentito suonare, lo salva definitivamente proprio uno dei suoi peggiori “nemici”: un ufficiale tedesco, che quando possibile gli porta qualcosa da mangiare e gli regala, l’ultimo giorno prima della liberazione da parte dei Russi, la giacca della sua uniforme in segno, a mio giudizio, di lealtà e di richiesta di perdono. Alla fine Szpilman vive, continua a vivere e non smetterà mai di suonare il pianoforte, poiché proprio quello gli ha ridato la vita. Anche se tutti i suoi familiari perirono in quel lager, dove anch’egli era stato destinato.

 

 

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