LA SECONDA 

GUERRA MONDIALE  

 


POLIZIA D'AFRICA E ARDITI

P.A.I. POLIZIA DELL’AFRICA ITALIANA -Battaglione ROMOLO GESSI* e Colonna "CHEREN)

Alessandro Lessona, (1891-1991 fu fra i maggiori responsabili della politica coloniale italiana: sottosegretario alle Colonie nel 1929-1936, è chiamato a dirigere il dicastero dal 1936 al 1937 anno in cui, dopo la proclamazione dell’Impero, è nominato ministro dell'Africa Italiana. Istituisce (nel 36) una nuova forza armata, il "Corpo della polizia coloniale", in seguito (1939) ribattezzato "Corpo di polizia dell’Africa Italiana", comunemente conosciuto come PAI, con compiti che ricalcano quelli degli agenti di Pubblica Sicurezza. L'irregolarità del corpo risiede nell’essere alle dipendenze di un ministero civile, quello dell'Africa Italiana (colonie) anzichè degli Interni o della Guerra. Mentre in Africa Orientale le capacità numeriche fra corpo metropolitano e indigeno permisero di raggiungere vaste aree del paese, in Libia la presenza non assommava a più di 150 persone, senza alcun servizio di strada (Stradale) o di polizia investigativa. Ciò per varie ragioni non ultima la geografia del paese. Con lo scoppio della guerra dalla scuola di Roma furono approntati reparti motociclisti e blindati destinati al controllo della circolazione sulla litoranea e alla funzione antisbarco dei commandos inglesi del LRDG. Il battaglione composto di 2 cp.moto e 1 Ab4o (autoblindo) sbarca in Libia alla fine d'ottobre 1941 e qui è inserito nel Reparto Esplorante del CAM. (RE.CAM Corpo armato di manovra). Una fonte non verificata da presente le Ab40 già dalla primavera del 41 o addirittura nella fase della ritirata Graziani per una "sezione sperimentale in addestramento " in concorso coi Bersaglieri (B.cor. speciale). Il primo atto tattico si ha quando la cp blindo, il 20/11 nel dispiegarsi verso le posizioni della Div. Pavia viene raggiunta da colpi di cannone che mettono fuori uso 2 macchine, un ulteriore errore di Stukas tedeschi dal cielo ne mette fuori uso altre 2. Gli scontri dal 23 al 1 dicembre vedono la perdita d'altre 2 macchine delle 10 assegnate. Agli automezzi superstiti il CAM assegnava le 4 autoblindo della compagnia sperimentale del Nizza Cavalleria. L'intero reparto coi motociclisti si ritirava in Tripolitania e qui veniva sciolto il battaglione. Si ricostituiva una compagnia "Gessi" mista blindo e moto e una PAI motomitraglieri. Due compagnie portuali per la difesa delle coste e dei porti furono approntate a Bengasi e Tripoli, ma non si conosce la loro operatività. La compagnia blindata venne utilizzate anche nell'interno contro i senussi e gli inglesi che s'infiltravano dal deserto. L'attacco all'aeroporto di Barce venne sventato dalla Pai e da un battaglione di manovra neocostituito di cui non si conoscono ulteriori vicende. Anche se non ufficialmente ricostituito il "R. GESSI" era di nuovo potenziato quando alla fine del 42 arrivò un'altra compagnia con nuove macchine. In Tunisia nelle fasi finali della guerra le cp. Blindate 3-4° vengono distaccate alla Divisione Centauro, tutte le altre si dividono fra gli autodrappelli e i comandi delle più importanti città della Tunisia fino alla resa finale nel maggio 1943. Nonostante la perdita dell'Africa la Scuola di Tivoli, continuava ad addestrare nuove reclute. Nella primavera del 1943 in previsione degli eventi bellici era stata completata una unità motocorazzata Colonna "Cheren" inizialmente destinata alla Tunisia con le camionette Sahariane mod. 42. Della Colonna facevano parte i btg. Savoia, Bottego, Ruspoli. I 444 uomini della componente corazzata avevano in dotazione 12 carri armati L6/40, 16 autoblinde Ab.41 e Sahariane, 12 pezzi fra cannoncini e mitragliatrici. Il primo scontro avvenne nella notte tra l'8 e il 9 settembre, in località Mezzocammino, tra i tedeschi che avanzavano sulla Via Ostiense verso la Capitale e i granatieri che presidiavano il caposaldo n° 5, nelle vicinanze di un grosso deposito di carburante.  In soccorso dei granatieri - decisi, dopo gli ordini ricevuti, ad impedire in ogni modo l'accesso a Roma ai tedeschi - giunsero immediatamente rinforzi, costituiti da Carabinieri e Polizia PAI. I combattimenti, nei quali caddero molti Carabinieri e guardie, durarono tutta la notte. Molti uomini della Pai erano anche a presidio misti a tedeschi della Via Tiburtina, seguita dal corteo reale in fuga. Nel primo pomeriggio del giorno 9 quando ebbe termine il passaggio delle macchine la Pai ritirò questi uomini al Laurentino. Al ponte della Magliana alle 10 i tedeschi retrocedono incalzati dalla Pai, dagli allievi carabinieri e dai Bersaglieri del deposito reggimentale del 2°. Il contrattacco tedesco delle 17 non lascia scampo a dubbi. I resti dei reparti italiani sono costretti a retrocedere lungo la via laurentina fino al Forte Ostiense. Con loro Granatieri, Guastatori della Sassari, il Montebello e Parà. All'alba del 10 i tedeschi aprono una breccia nel forte ed espugnano il comando del 1° Granatieri alla Montagnola. Gli scontri si fanno sempre più cruenti fino alla resa delle ore 16. La Polizia dell'Africa Italiana ha perso in 36 ore 56 uomini. I reparti Pai non si sciolgono in attesa della definizione dello status di Città Aperta che Roma aveva acquisito. Il 23 settembre 1943 Herbert Kappler arresta il fondatore della Pai generale Maraffa, mentre Priebke si occupa del capo della Polizia Senise. Senise finisce a Dachau e Maraffa morirà prima della fine dell'anno. I tentativi di spostare al Nord i reparti ricostituiti o di scioglierli come avvenne coi Carabinieri non ebbero seguito. Kappler in ottobre si fa consegnare l'oro dagli Ebrei (50 kg) ed effettua un largo rastrellamento di cui avrà a lamentarsi "Impossibile partecipazione Polizia in considerazione sua completa inaffidabilità". Molti uomini fanno il doppio gioco con la clandestinità (Pertini e Saragat evadono grazie ad un Agente Pai) mantenendo anche un contato con il Regno del Sud, tramite Ufficiali dello Stato Maggiore inseriti sotto falso nome nei ranghi. Al termine della belligeranza gli uomini della Pai transitano nei ranghi della neo costituita Polizia di  Stato. 

* Esploratore italiano ma non solo, amico di Gordon e anche lui chiamato Gessi Pasha è rimasto famoso per la sua lotta alal schiavitù nell'odierno Darfur.  Mori nel 1881 pochi anni prima della rivolta del Mahdi  www.unibg.it/dati/bacheca/488/14009.pdf 

X REGGIMENTO ARDITI 

Anche nella seconda guerra mondiale l'assegnazione della patente d'ardito va a persone e situazioni belliche, che con i fatti e lo spirito della prima non avevano più nessun apparentamento.  Nel 1942  per controbattere le azioni del L.R.D.G. (Long Range Desert Group) e del SAS (Special Air Service) dietro le linee italiane in Africa Settentrionale,  lo stato maggiore italiano giunse alla convinzione di creare un corpo similare, non tanto per effettuare incursioni, quanto per controbatterle.  L'azione di interdizione nel deserto, nelle piste che aggiravano la prima linea non poteva che essere fatto con la stessa arma del nemico. La filosofia che stava alla base della costituzione di molti di questi reparti (similari, ma gelosamente ripartiti per Forza armata) era il progettato sbarco a Malta, che non ebbe mai luogo. Le incursioni e colpi di mano inglesi ad Aeroporti, depositi e allo stesso Rommel (pur falliti in larga parte) erano andati oltre il tollerabile  Nel maggio 1942 si iniziò con un battaglione misto parà, camionettisti e specialisti da sbarco a cui seguì nell'estate un altro battaglione. La forza per il 10° (X) reggimento Arditi, pur se affrettata era pronta. Mancava invece totalmente di intelligence e di esperienza da parte dei reparti aerei che dovevano condurli sull'obiettivo. Tra dicembre e gennaio 43 l'addestramento poteva considerarsi concluso. Un altro battaglione era in  preventivo. Per entrare in questo reparto era necessaria, oltre alla idoneità fisica e a saper guidare ogni tipo di macchina, almeno una campagna di guerra alle spalle e la croce al merito. La preparazione era in tutto e per tutto simile a quella dei commandos inglesi, e ricalcava nella parte nautica l'esperienza del 1941 dei barchini esplosivi, maiali e siluri a lenta corsa che aveva messo in crisi le navi inglesi nei porti del mediterraneo. Per la parte paracadutista si appoggiava a Tarquinia e a Civitavecchia per il Genio. Ai primi di gennaio del '43 vista anche la brutta piega presa dal conflitto la 103 compagnia camionette (spa as43) fu trasferita a Gabes (Tunisia) inquadrata nel Raggruppamento Sahariano con compiti di pattugliamento e interdizione dalla parte del deserto. Le restanti compagnie del I Btg. dislocate in Sardegna con il gruppo ADRA  dell'aeronautica misero in campo diverse azioni contro le coste algerine. Sabotaggi alla linea ferroviaria costiera attraverso la quale le truppe statunitensi  affluivano al fronte tunisino, dai porti del Marocco e dalla stessa Algeria e contro gli aeroporti dai quali partivano i bombardieri che tutte le notti colpivano le città italiane. A partire dal 16 gennaio 1943 o aviolanciati o sbarcati da sommergibili gli arditi diedero corso a diverse azioni di sabotaggio tutte fallite con pochissimi danni alle installazioni. Fra i parziali successi si conta quello in cooperazione con gli Adra (vedi capitolo Aeronautica) di metà giugno. Abbandonata l'africa nel maggio '43, si decise per il mantenimento della struttura nonostante i risultati non avessero influito più di tanto sul corso della guerra.            

ORGANICO DEL X REGGIMENTO ARDITI NEL 1942-43 (fino a Giugno) 

IX REPARTO D'ASSALTO ORA COL. MOSCHIN

Costituito il 1° agosto 1942 come 1° battaglione del X reggimento arditi, venne posto alle dirette dipendenze dell'Ufficio Operazioni dello SMRE. Originariamente su tre compagnie numerate 101, 102 e 103a (paracadutisti, nuotatori poi "da sbarco infine terrestre camionette), viene destinato in Sardegna nel gennaio del 1943. Riordinato su una compagnia da sbarco, una terrestre ed una speciale (102, 123 e 110a) resta dislocato nell'isola in funzione di riserva mobile. Sciolto il 10° arditi dopo l'8 settembre, il I battaglione, noto anche come battaglione "Boschetti", si ridenomina IX reparto d'assalto e dal 20 marzo del 1944 entra nel Corpo Italiano di Liberazione. Dal 27 giugno inquadra anche lo Squadrone Volontari "Guide" ex c.v. S. Marco che rappresenteranno l'Arma di Cavalleria nel C.I.L. Assegnato alla II Brigata. Diverrà 3° battaglione al 68° fanteria, pur mantenendo le proprie insegne, e ne seguirà le sorti per essere sciolto a fine guerra nel settembre 1945. Le sue tradizioni sono oggi tramandate dal 9° reggimento d'assalto paracadutisti "Col Moschin". 

I BTG INCURSORI      II BTG INCURSORI   III BTG INCURSORI

 mostrina 10° fonte esercito italiano

101 cp. parà   111 cp. parà   121 cp. parà  
102 cp nuotatori    112 cp nuotatori  122 cp nuotatori 
103 cp camionettisti 113* cp camionettisti 123 cp camionettisti
ORGANICO DEL X REGGIMENTO ARDITI DA GIUGNO 1943 
I BTG INCURSORI    II BTG INCURSORI III BTG DA SBARCO IV BTG PARA'  
102 cp da sbarco  112 cp da sbarco 122 cp da sbarco 101 cp. parà

112 compagnia in Russia

123 cp terrestre 113 cp terrestre 133 cp terrestre 111 cp. parà  
110 cp speciale     120 cp speciale  130 cp speciale in allest. 121 cp. parà
Le compagnie speciali erano costituite per svolgere azioni partigiane alle spalle del nemico (Stay behind, ma questo nome non è suo e sarà quello usato sette anni dopo, divenuto famoso anche come Gladio) una volta superate dal fronte. La loro costituzione alla vigilia dello sbarco in Sicilia non permise l'accumulo di materiali e mezzi offensivi. In Sardegna l'accumulo di materiali e armi non venne scoperto e non servì perchè quando venne occupata dagli Anglo Americani (3 mesi dopo) l'Italia aveva già stipulato l'armistizio e le fortune guerriere erano proprio scomparse dagli schermi italiani. In Sicilia e nel sud operarono alcuni reparti provenienti dagli arditi ma anche dai btg. NP di marina (nuotatori paracadutisti) . 

All'atto dell'invasione della Sicilia (10 luglio '43) il II btg fu inquadrato dai tedeschi e ne segui la sorte nella ritirata dall'isola in agosto: 113a cp ad Acireale, 112a a Santa Maria La Scala, 120a a Capo Molini.

Dalla Relazione del Maggiore Marcianò, Comandante del Battaglione: "Alle ore 21,45 del 13 luglio 1943, mi veniva segnalato telefonicamente dal Comando del 102° battaglione costiero che il posto di blocco di Aci S. Antonio aveva segnalato la presenza di un nucleo di paracadutisti nemici; 15 erano certamente calati, nella zona di Aci S. Antonio, lanciati dal cielo circa alle 22. Ordinai a due pattuglie di camionette di recarsi sul posto, mentre altre pattuglie rastrellavano le adiacenze di Acireale con il compito di: portarsi nella zona di lancio del nemico; delimitare il campo di lancio, accerchiandolo; procedere al minuzioso rastrellamento della zona, stringendo verso il centro; eliminare o catturare il nemico. Le pattuglie partirono alle 23,15 ed iniziarono l'azione alle 24. Delimitata la zona di lancio (Aci S. Antonio - Piano d'Api) e preso un appropriato schieramento, detti ordine al grosso delle pattuglie di sostare sulle posizioni sino all'alba in quanto il terreno, coperto da fitti vigneti, era favorevole ad agguati da parte del nemico; nello stesso tempo ordinai ad una mezza pattuglia mobile di vigilare dall' esterno lo schieramento per impedire ad elementi infiltratisi nelle maglie di sorprendere il grosso e a quelli dell'interno di uscire allo scoperto. All'alba detti l'ordine di iniziare il rastrellamento. Le pattuglie individuarono immediatamente gruppi isolati di paracadutisti nemici che, all'intimazioni di resa, risposero con un nutrito fuoco di fucileria e di mortai da 81. Gli arditi, superando ogni ostacolo e incuranti del fuoco avversario si lanciarono sui nuclei avversari e riuscirono con azioni isolate corpo a corpo, con bombe a mano e colpi di pugnale a catturare il nemico che aveva subito la perdita di quattro uomini durante il combattimento. Le operazioni di rastrellamento terminarono alle 10,45 del 14 luglio; gli altri nuclei furono catturati nella stessa giornata ed in quelle che seguirono. Il giorno dopo, altro fatto d'arme, quello al ponte di Primosole sul fiume Simeto, sempre nella piana di Catania, una decina di chilometri a sud della città. Una pattuglia di arditi in servizio di sorveglianza stabiliva un collegamento con un battaglione tedesco paracadutista impegnato duramente nel mantenimento del ponte contro circa 300 paracadutisti inglesi armati di tre pezzi anticarro. Sono le 21 ed è già buio: il comandante tedesco col. Nteris, avvicina il sottotenente Donia e gli chiede aiuto: " il ponte è praticamente in balia del nemico, bisogna che ricacciamo gli inglesi. Noi da soli non ce la facciamo assolutamente. Ci dareste una mano? Ci occorre gente di primissimo ordine; già sappiamo chi sono gli arditi del maggiore Marcianò." Donia informa via radio il suo comandante di battaglione che invia subito tre pattuglie con due camionette ciascuna al comando del capitano Paradisi. Giunto rapidamente sul posto, Paradisi concerta con Nteris di sfruttare al massimo la velocità dei mezzi e le loro armi di bordo in modo di portare lo scompiglio nelle file del nemico, respingerlo e ricacciarlo sulle posizioni di partenza. Dopo un contrattacco del battaglione tedesco, le pattuglie si lanciano nella mischia, oltrepassando il ponte ed incalzando il nemico che, sorpreso, si dava alla fuga, raggiungendo le colline di bivio Gigliotto dove, evidentemente, erano dislocati altri reparti. Così prosegue il rapporto del comandante di battaglione: "Le pattuglie, dopo aver serrato sotto, lasciavano le macchine ed a piedi, infiltrandosi, attaccavano le nuove posizioni nemiche. Alcuni colpi di mortaio sulla strada, producevano l'incendio di quattro camionette. il nemico rianimato da questo fatto, pensando che le pattuglie si sarebbero trovate in difficoltà per svincolarsi, partiva al contrattacco e circondava gli arditi che si erano portati alle macchine per rientrare nelle nostre linee. In quel momento spiccano in modo particolare le doti di valore degli arditi che, battendosi come leoni, riescono a rompere il cerchio formatosi e, mentre alcuni saltano sulle camionette per portare in salvo quelle rimaste, gli altri, appiedati, combattendo corpo a corpo, proteggono questo movimento e riescono a rientrare nelle nostre linee." L'azione che è durata un'ora e 40 minuti, è stata violenta e ha procurato all'avversario numerose perdite, assicurando al battaglione tedesco il possesso del ponte. "Le perdite subite dalle pattuglie (5 morti di cui due ufficiali, 4 feriti e 16 dispersi) dimostrano come sia stato duro il combattimento e come gli Arditi si siano battuti, destando l'ammirazione del comandante tedesco che si è ripetutamente compiaciuto, ringraziando sentitamente per l'aiuto portatogli in un momento delicatissimo”... F.to Maggiore Marcianò

Messe quando comandava il IX nella grande guerra a Col MoschinIn Agosto, caduto il fascismo, il reggimento GG.FF (Giovani Fascisti reduci delle battaglie di Bir El Gobi) in riordino vicino a Roma fu circondato dalla P.A.I e i suoi componenti costretti a scegliere altri reparti o il reggimento arditi di stanza a S. Severa. Il giorno dell'armistizio (8 settembre 1943) il I btg era ancora in Sardegna e passò nei ranghi Anglo -americani con la denominazione di IX reparto d'assalto (ne entrò a far parte anche uno squadrone di cavalleria corazzata S.MARCO più tardi montato su autoblindo) completando i ranghi del C.I.L (febbraio 1944). Le compagnie 111° e 122°a attestate nei pressi di Roma si batteranno l'8 e il 9 settembre nella difesa della città (vedi capitolo). La 112 compagnia (con elementi dei GG.FF-135) con gli uomini che non s'erano dati alla macchia (Cap. Paris), s'unirono alla 2° divisione paracadutisti tedesca.  La loro peregrinazione con le truppe tedesche li porterà prima in Russia, poi in Francia a Brest. Altri si da per certo erano presenti ad Arnhem al famoso "Ultimo ponte" della operazione Market Garden. Chi rientra in Italia termina la guerra nelle fila della div. repubblicana di fanteria  di marina S. Marco. 

Bandiera e tradizioni del IX ora appartengono al COL MOSCHIN della Folgore cp 110-120-111 guastatori. Ancora oggi la parola Gladio, la daga, le foglie di quercia, d'alloro sono ciclicamente usate, quasi in modo magico per resuscitare nelle persone stimoli, bandiere, orgoglio con contenuti più o meno significativi. 
Le vicende di questo corpo come quella di altre armi, saranno trattate anche nei singoli capitoli per la partecipazione al secondo conflitto mondiale e/o alla Guerra di Liberazione.

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