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LA SECONDA GUERRA MONDIALE
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AUTIERI E VOLONTARI STRANIERI
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AUTIERI |
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Traggono origine dal nucleo di militari addetti alla condotta delle automobili a benzina costituito nel 1902 presso la brigata ferrovieri del Genio; il nucleo diviene sezione nel 1906 e battaglione automobilisti nel 1910. Il “Servizio Automobilistico” che ha il suo battesimo del fuoco in Libia durante il breve conflitto Italo – Turco, segna l’inizio della specialità.. Oltre trecento automezzi furono impiegati nella campagna del 1911 - 1912. Nel 1914, in previsione dell'imminente conflitto, il servizio è esteso a tutto l'Esercito e posto alle dipendenze dell'Intendenza Generale Direzione Tappe. A fine conflitto la branca poteva contare circa 100.000 uomini e 35.000 veicoli (molti erano andati perduti con Caporetto). Nel 1923 è costituito il Servizio Trasporti Militari che con l'ordinamento 1926 diviene Servizio Automobilistico Militare (non più nel Genio) e nel dicembre 1935 assume la denominazione di Corpo Automobilistico. All'epoca il parco veicoli non si era incrementato di molto, aveva solo cambiato aspetto e i soli autocarri erano circa 37.000. La mobilità era in questo periodo assicurata anche da moto, automobili ed altri mezzi speciali che non indichiamo. Molto materiale era finito in Spagna (4.300), in Africa orientale (10.000) dove andò subito perso e nella esportazione fatta per procurarsi valuta dopo le sanzioni. Le caserme del corpo erano i centri automobilistici (uno per ogni corpo d'armata da cui dipendevano per l'impiego) che stazionavano come sotto + 3 per le colonie. Ogni centro era formato da una compagnia comando e deposito, il comando vero e proprio con gli uffici matricola, amministrazione, magazzino vestiario ed equipaggiamento e l'ufficio dotazioni con officina riparazioni. Al posto dei Battaglioni gli Autogruppi (2) su 2 compagnie divise in Autosezioni (fino a 4, leggere e pesanti). Nel 1939 i centri salirono a 18 e ulteriormente con l'apertura dei fronti Russo e Africano. Il numero degli automezzi (dichiarati nel 1941) doveva essere, moto motocarrette e tricicli esclusi, di poco oltre i 100.000 pezzi e non si incrementarono di molto poiché la produzione non compensava le perdite (in battaglia e affondamenti) ed erano venuti a mancare molti prodotti tecnici e minerali pregiati. Per un certo periodo, quando le divisioni italiane erano sorrette dalla fortuna di Rommel, la cattura e la rimessa in esercizio di automezzi inglesi era l'unica fonte di approvvigionamento. La situazione dopo la primavera del 43 (quando i centri vennero ridenominati reggimenti) andò ulteriormente peggiorando. All'atto della costituzione della RSI molte industrie automobilistiche e della componentistica erano dislocate al nord sotto controllo tedesco e qui nell'ambito dell'esercito repubblicano si ricostituì il corpo degli Autieri
1 Torino 2 Alessandria 3 Milano 4 Verona 5 Trieste
6 Bologna |
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REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA La mancanza di mezzi e di produzione, non compensata neanche dalle requisizioni, già messe in atto negli anni precedenti, ridussero a 3 i centri (Torino, Alessandria, Milano). Il principale produttore di equipaggiamenti automobilistici ed aeronautici in Italia era, come è tuttora, il complesso FIAT, che comprendeva diverse altre ditte di proprietà completa o parziale. La FIAT non fu però d’aiuto ai tedeschi perché le maestranze fecero tutto il possibile da un lato per produrre il minimo, e dall’altro per salvare i propri operai e le proprie attrezzature dalla deportazione in Germania. Dal settembre 1943, quando le truppe tedesche occuparono Torino, sino all’aprile del 1945, i Tedeschi tentarono in ogni modo di sfruttare in pieno le potenziali possibilità della FIAT, ma si scontrarono con sabotaggi, scioperi ed altre forme di resistenza collettiva. Invece dei 180 aerei che la FIAT sarebbe stata in grado di consegnare ogni mese, ne vennero prodotti al massimo 18 al mese, e nessuno nel 1945; invece dei 1.500 motori per aerei ogni mese, non si superarono mai i 300, per scendere poi a 90. Per quanto riguarda gli autocarri, per i primi tre mesi del 1945 ne vennero prodotti in media solo 10 al giorno, la metà dei quali spariva regolarmente « in modo misterioso». Come prima reazione a queste forme di boicottaggio, Berlino aveva ordinato, agli inizi del 1944, che tutti i macchinari e gli utensili della FIAT venissero trasferiti in Germania; ma in conseguenza di un grande sciopero generale, che coinvolse la maggior parte dell’Italia del Nord, l’ordine fu ritirato. |
IL CORPO AUTOMOBILISTICO NELLA GUERRA D'ABISSINIA
Le strade d'Eritrea erano poche e quelle poche erano state costruite dagli Italiani già molti anni prima, quando le esigenze di mobilità erano sicuramente inferiori. Una piccola ferrovia saliva fino ad Agordat, come una piccola strada dalle curve molto strette (dislivello 2500 m). Dopo i fatti di Ual Ual, il problema delle movimentazione di uomini e merci venne presa in seria considerazione, spedendo sia in Eritrea che in Somalia autogruppi di Fiat 15 Ter e 18 BL, nonché autobotti e Ceirano 47 e 50. Per condurre i mezzi si richiamarono le vecchie classi, (dal 908 al 912) fidando che queste anche nel civile svolgessero tale mestiere che in quel paese non era certo adatto ad un novellino. L'industria nazionale fu messa sotto pressione per lo sviluppo di nuovi prodoti, i cui risultati furono oltremodo scarsi. Vennero rinforzate le balestre e dotati di pneumatici mezzi che non erano nati per questo. Si trattava in genere di autocarrette, meglio classificabili come muli da montagna. Entrò in linea lo Spa 25 c/10 che per molto tempo rimase l'unica novità. A forza di braccia si provvide all'allargamento della vecchia sede e alla costruzione di direttrici verso l'interno dell'altopiano. Un problema importante da risolvere era il consumo di carburante, gli oli, le riparazioni indispensabil se si voleva poi passare alla fase logistica delle grandi unità che stavano arrivando dall'Italia, da rifornire di viveri e munizioni con la costituzione di grandi e piccoli depositi. Un altro settore da alimentare era quello del Genio, coi suoi materiali da ponte e da costruzione, nonché le grandi unità d'artiglieria d'armata e quelle d'aviazione. La paura del blocco di Suez, ci fece optare per lo stoccaggio in mare su 3 petroliere (Obiettivo particolarmente ghiotto ad un nemico che fosse stato provvisto d'aviazione). A guerra iniziata il dispositivo logistico non era ancora funzionante al 100%. I trasporti si trovarono spesso coinvolti negli scontri, con un contributo di sangue non indifferente. Oltre ai servizi predetti agli autogruppi veniva ora chiesto di trasportare anche gli uomini e le armi all'interno dell'Etiopia (tipico il caso della Colonna Celere Starace su Gondar). Il parco aveva raggiunto ad aprile del 1936 una consistenza di 540 autovetture, 6274 autocarri, 515 autobotti, 1200 motociclette (Guzzi e Gilera) e 2300 mezzi speciali. Si erano aggiunti, oltre ai Fiat 634 e Lancia Ro e Dovunque anche Chevrolet, Studebaker e Ford V8 comprati negli Usa (con Oro) o regalatici da Fiorello la Guardia (che facevano parte dei mezzi speciali grazie alla portata). Tutti questi mezzi, nel loro ciclo operativo entrarono almeno una volta nelle officine per interventi. Lo stesso accadde in Somalia (fronte Sud Graziani) dove questi acquistò Ford 4 e 8V, Dodge, Chevrolet e Caterpillar per un totale di 3.782 autocarri, 343 speciali e 185 trattori caterpillar. Alla fine della campagna erano state movimentate sul fronte Sud, col concorso anche di mezzi civili requisti, oltre 120.000 tonnellate di materiali
Per decreto 7 giugno 1938 è concesso al Corpo il Labaro che sarà poi sostituito dalla Bandiera di guerra. Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli Autieri, presenti su tutti i fronti, esposti alle insidie della minaccia aerea nemica, dei movimenti di lotta clandestina, danno un altissimo tributo di sangue per tutta la durata del conflitto. Nel 1946 riprende il nome di Servizio Automobilistico che mantiene sino al 1° ottobre 1981 allorché ridiviene Corpo Automobilistico dell'Esercito e nella circostanza si forma il comando dei Trasporti e Materiali dell'Esercito nel quale confluiscono il Comando del Corpo Automobilistico ed il Comando dei Servizi Materiali d'Armamento. In seguito si costituisce in Arma più ampia di Logistica (Trasporti e Materiali)
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Campagne
di guerra: 1911-12 (Libia) 1915-18 (prima mondiale) 1935-36 (Africa Orientale) 1940-43 (seconda mondiale) 1943-45 (liberazione) |
Medaglia d'Argento al Valor Militare - decreto 5 marzo 1949. Africa Settentrionale ed Orientale, Albania, fronte russo, guerra di liberazione. (10 giugno 1940 - 9 maggio 1945). Medaglia di Bronzo al Valor Militare - Decreto l° febbraio 1937. Guerra italo - etiopica. (3 ottobre 1935 - 5 maggio 1936) |
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FESTA: 22 maggio 1° anniversario dei primi grandi trasporti automobilistici di unità nella battaglia degli altipiani (1916). PATRONO: San Cristoforo martire (27 luglio). |
Volontari, Indiani e Mussulmani in Grigioverde |
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Questa
è una storia praticamente sconosciuta di un reparto che non raggiunse mai il
livello operativo se non per piccoli gruppi inferiori alla centinaia di unità.
La simpatia di Ghandi per Mussolini non è un segreto, così come la
"simpatia" del Muftì
palestinese di Gerusalemme Amin al Husayini (qualcuno
dice che sia zio misconosciuto di Arafat)
per l'Asse. Così si esprimeva il Muftì agli inizi del 1941
(siamo alla vigilia della
rivolta Golden Square anti inglese in Iraq). "
(rivendichiamo)....il diritto degli arabi a risolvere il
problema ebraico con le stesse modalità e gli stessi mezzi adoperati dal Führer
..", (e non era ancora
integralmente iniziata
quella che venne poi chiamata
per gli ebrei la "soluzione
finale") Subito
dopo il Muftì lancia un
proclama affinché tutti gli islamici contribuiscano con le armi al successo
delle forze dell'Asse e proclama per radio, la jihad (la guerra
santa) contro l'Inghilterra e gli Ebrei di Palestina.
Mussolini e la Spada dell'Islam - E' dunque nel corso degli anni trenta che il rapporto tra il Fascismo e l'Islam si consolida notevolmente. La pubblicistica fascista di quegli anni ci mostra infatti tutta una serie di prese di posizione che vanno dal filoislamismo pragmatico e determinato da ragioni geopolitiche fino all'affermazione di una affinità dottrinale tra Fascismo e Islam. A tale proposito, accanto ad alcuni fatti isolati ma significativi, quali la comparsa di un libro in cui Gustavo Pesenti (ex comandante del contingente italiano in Palestina) assegna all'Italia una funzione mediterranea di "potenza islamica", vanno segnalati soprattutto i numerosi e continui interventi della Vita Italiana (diretta da Giovanni Preziosi) a favore di una stretta solidarietà tra Fascismo e Islam. Sulla rivista di Preziosi, Giovanni Tucci rilancia la formula di Essad Bey, secondo cui "il Fascismo può, in un certo senso, essere chiamato l'Islam del secolo ventesimo", e aggiunge: "l'offerta della Spada dell'Islam al Duce è il documento più probatorio che l'Islam vede nel Fascismo un qualcosa d'assomigliante, un certo punto conclusivo con le proprie vedute. (...) Il Fascismo ha orientato la propria politica verso un indirizzo di sana e vigile consapevolezza, rispettando e tutelando credenze, tradizioni, usi, costumi. (...) Saggia politica che a poco a poco ha conquistato la simpatia e l'attenzione di tutto il mondo islamico (...) L'Islam s'indirizza verso la luce di Roma convinto come è della potenza e della saggezza della nuova Italia fascista per un desiderio dell'anima, riconoscente della grande comprensione che è il rispetto delle leggi del Profeta, della tradizione degli avi". Con Fascismo e Islamismo, pubblicato a Tripoli di Libia nel 1938, Gino Cerbella ripropone la stessa tesi. E nel settembre del 1938, nel messaggio da lui rivolto all' "Internazionale fascista" di Erfurt, il presidente dei CAUR Eugenio Coselschi si richiamava tra l'altro alla "saggezza del Corano" in opposizione alle "nefaste dottrine che propongono l'assoggettamento di tutte le nazioni e di tutte le razze alla tirannia di un'unica razza sottomessa alle prescrizioni del Talmud"...
In una «relazione di
massima» sulla situazione mediorientale sottoposta al neoministro degli Esteri
Galeazzo C:iano, il 20 luglio 1936, i funzionari del Ministero sottolineavano
come l'Italia godesse delle simpatie di gran parte della popolazione locale, in
quanto le veniva attribuito un ruolo geopolitico oggettivamente anti-britannico
ed una sostanziale simpatia nei confronti del mondo arabo, suffragata
dall'efficacia dell'azione di propaganda avviata in quelle zone dal governo
fascista. I redattori della «relazione» sottolineavano l'importanza di non
perdere le posizioni acquisite e raccomandavano di intensificare la politica
filo-araba, sia in funzione anti-britannica, sia perché essa corrispondeva ai
reali interessi del nostro Paese.
Indicavano, inoltre, due linee da seguire a tale fine: l'intensificazione dei
rapporti con le personalità più rappresentative del mondo arabo, da attuarsi con
estrema discrezione onde non destare i sospetti dell'avversario inglese, e il
finanziamento e il rifornimento di armi dei movimenti indipendentisti
palestinesi. Ciano approvò la relazione dei suoi funzionari, che prevedeva anche
una massiccia azione di propaganda da attuare attraverso Radio Bari, che già da
tempo trasmetteva in lingua araba riscontrando un notevole successo. Fu così
che, nel corso del biennio 1936-1938, il nostro Paese finanziò la prima Intifada
palestinese, rivolta contro l'occupante inglese e la minaccia sionista.
Attraverso gli uomini del Sim (il servizio segreto militare) ben 138mila
sterline finirono nelle mani del Gran Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Hussayni,
uomo politico di grande prestigio in tutto il mondo arabo e primo campione della
causa palestinese.
Renzo De Felice: “il prosionismo di Mussolini del 1933-34 e in qualche misura
ancora dei primi mesi del 1935, molto più che a porsi come mediatore tra ebrei e
arabi e sostituire la propria egemonia a quella inglese in Palestina mirava –
oltre che a guadagnarsi simpatie in Europa e in America, presentandosi come
protettore degli ebrei (ma senza esporsi troppo per non pregiudicarsi quelle
degli arabi) – ad accrescere la tensione in Palestina e, quindi, a creare
ulteriori difficoltà all’Inghilterra in uno dei punti più nevralgici del suo
impero”.
Nel 1935, anche Reinhardt Heydrich Gerarca nazista ucciso a Praga ( già capo
dell'RSHA comprendente SD, Gestapo e Einsatzgruppen, il tutto nonostante le sue
origini ebraiche. Heydrich organizzò anche il falso attacco alla centrale radio
di Gleiwitz che diede il via alla II guerra mondiale) distingueva gli ebrei
in due categorie, i sionisti e i fautori dell’assimilazione, esprimendo la sua
preferenza per i primi, perché “professano una concezione strettamente razziale
e con l’emigrazione contribuiscono a edificare il loro proprio Stato ebraico (…)
I nostri auguri e la nostra benevolenza ufficiale sono con loro”. (
http://www.ladestra.info/?p=20453 ).
http://www.italiasociale.org/Storia_articoli/storia260705
Nel 1944 il Gran Mufti di
Gerusalemme, Amin al-Husayni, capo degli arabo-palestinesi ed alleato di Adolf
Hitler, sponsorizzò un attacco con armi chimiche contro la comunità ebraica
nella parte di Palestina da loro occupata. L'attacco si rivelò però un
insuccesso. Cinque paracadutisti furono forniti di mappe di Tel Aviv, di
contenitori di una «fine polvere bianca» fabbricata in Germania e di istruzioni
dal Mufti che ordinava la dispersione di queste polveri nelle sorgenti d'acqua
della città. Il comandante del distretto di polizia Fayiz Bey Idrissi ricordò
più tardi che «le analisi di laboratorio mostrarono che ogni contenitore portava
abbastanza veleno per uccidere 25.000 persone, e furono trovati almeno 10
contenitori.»
Sabotage squads organized by the Mufti were parachuted behind Allied lines both
in Europe and the Middle East. In 1944, one such squad parachuted into Mandatory
Palestine. The details of their mission were first revealed in the 1983 book
'The Quest for the Red Prince' by Michael Bar-Zohar, a biographer of Ben-Gurion
and Labor Party Knesset Member, and Eitan Haber, a journalist who became Yitzhak
Rabin's closest aide and speechwriter when Rabin became prime minister.
According to Bar-Zohar and Haber, the five parachutists were armed with maps of
Tel Aviv, canisters of "a fine white powder," and instructions from the Mufti to
dump the German-made chemicals into the Tel Aviv water system. The British
policemen who discovered the men, hiding in a cave in Jericho, sent the
mysterious substance to a laboratory for analysis. "I remember how amazed we all
were," district police commander Fayiz Bey Idrissi later recalled. "The
laboratory report stated that each container held enough poison to kill 25,000
people, and there were at least ten containers." Arab Chemical Warfare Against
Jews --in 1944
GOLDEN SQUARE: LA RIVOLTA ANTIBRITANNICA DEGLI ARABI DEL 1941. |
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I tedeschi
dal canto loro avevano già provveduto a costituire ovunque, nei balcani, nel
caucaso, con russi prigionieri e con fuoriusciti mediorientali unità
combattenti mussulmane di centinaia di migliaia di persone. Con gli indiani
prigionieri dei tedeschi, indottrinati da membri del partito indipendentista di
Ghandi ma principalmente di Chandra Bose, si misero in piedi in Italia unità
combattenti che si trovarono contrapposte ad altri indiani dell'esercito di sua
maestà britannica che risalivano la penisola nel 1944. La stessa operazione
venne tentata nel 1942 in Italia con prigionieri indiani catturati in Nord
Africa. Alle porte di Roma in piccole strutture vennero organizzati tre centri
addestramento, uno
per gli arabi del Nord africa e mediorientali, Libanesi, Palestinesi, Giordani,
Libici (A), uno per gli Indiani (I) e uno per Tunisini di origine Italiana ma di
passaporto francese (T). il comando del gruppo era assegnato al colonnello
Massimo Invrea. Le finalità di questo addestramento erano diverse. Per molti di
questi si ipotizzava un addestramento da commando per operazioni speciali. Si
era costituito anche un nucleo parà. Per gli arabi, il Gran Muftì pensava ad
una guardia personale, quando di li a qualche mese avrebbe fatto ingresso al
Cairo a cavallo assieme a Mussolini. La forza doveva esser a livello di
battaglione, che non raggiunse mai, nonostante vi si inserissero arabi di
qualsiasi provenienza e "credo" leggermente diverso e Indiani, anche
questi di etnie diverse, ma principalmente di caste diverse. Sembra che gli
unici indiani che aderirono fossero di caste inferiori, addetti ai servizi
"corvè" e non delle tribù guerriere. Di andare in guerra di nuovo
non ne avevano l'intenzione e dopo una feroce "discussione" tornarono
dietro il filo spinato.
Il III battaglione era composto da Italiani della
Tunisia ma anche di altre regioni del Nord Africa (Egitto e Algeria), filtrati
nelle nostre linee, ed era comandato dal Maggiore Donato. Come per il reggimento
Arditi, nelle cui vicinanze si trovava, utilizzava le strutture di Tarquinia, S.
Severa e Civitavecchia. Anche qui le specializzazioni erano fucilieri,
camionettisti, parà, guide, esploratori. Dopo
lo sbarco anglo-americano in Nord Africa dell'8 novembre 1942, il Gran Muftì
chiese al Comando germanico di impiegare in Tunisia alcuni plotoni tratti da
battaglioni arabi. Giunto in Africa, il raggruppamento ricevette una nuova
denominazione: "Kommando Deutsch-Arabischer Truppen" (Commando Truppe
arabo-tedesche). Al reparto vennero affidati compiti di sorveglianza della costa
tra Capo Bon e la città di Susa e di reclutamento di volontari tunisini. Tra la
fine di aprile e i primi di maggio, il gruppo venne inserito nella Divisione
Corazzata "Goering", partecipando ad alcuni aspri combattimenti. Il 10
maggio, infine, gli ultimi combattenti battaglione arabo verranno catturati
dagli americani e trasferiti negli Stati Uniti, nel campo di Opaluka (Alabama).
I nostri tunisini fecero la stessa strada in gran parte. Quello che venne
chiamato anche Raggruppamento Reparti Speciali inquadrava fra gli stranieri,
molti italiani per rimpinguare la forza e per la struttura di comando. Alcuni di
questi vennero effettivamente inviati a Tobruk. In agosto dopo la caduta del
fascismo di quello che restava nelle strutture si fece "Battaglione
d'Assalto Motorizzato" su camionette che con gli arditi partecipa l 8/9
agli scontri di
Roma.