Il diario di Sante Mucchietto

Fuori dalla sacca - Div. Pasubio

(COMMISSARIATO DIV.  PASUBIO) Il testo completo qui http://digilander.libero.it/mucchiop/index.html  -  passi    Tratto da: "LE OPERAZIONI DELLE UNITA' ITALIANE AL FRONTE RUSSO (1941-43) "Edito da SME - Ufficio Storico - Roma 1973 -
     

.....ci mettemmo in viaggio alla ricerca della ferrovia. Arrivammo alla periferia di Stalino raggiungendo la zona dove avvenivano gli scambi dei convogli diretti a Dnepropetrovsk. Ci fermammo ad osservare il movimento: non c'erano ostacoli e la sorveglianza era inesistente. Pochissimi erano gli addetti manovratori, tutti civili; ne incontrammo uno del posto che, a suo dire, se ne fregava della guerra e dei Tedeschi e che ci fece salire su un convoglio di ritorno. Il treno era inverosimilmente lungo, composto per la maggior parte da pianali fatti apposta per il trasporto di automezzi. Trovammo posto su uno di questi e fummo costretti a stare sdraiati per non dare nell'occhio. Finalmente il treno si mise in moto: dapprima pian piano, poi aumentando la velocità. Il percorso non offriva nulla di particolare: era tutta pianura ed ogni tanto si notavano acquitrini paludosi, canneti e cespugli, poi la zona divenne boschiva. Non si videro villaggi; solo di tanto in tanto doppi binari permettevano il passaggio dei convogli provenienti in senso contrario. Il più delle volte, era il treno del ritorno, quello vuoto, ad avere la precedenza, quello che strategicamente doveva andare a ricaricarsi e far sì che la guerra continuasse ….

Si giunse finalmente a Dnepropetrovsk. Una densa foschia, prima dell'arrivo dell'oscurità, si levò su quello scalo grande, come grande era la città e pesante l'atmosfera, nera come i locomotori a vapore che stavano pronti a dare il cambio agli ultimi arrivati e che sbuffavano e vomitavano fumo e caligine. Fra il personale che andava e veniva c'erano i civili, gli addetti a dare e portare ordini e, fra questi, i soldati della Todt di guardia e di ronda. Ad uno di questi chiedemmo dove fosse il Comando di tappa italiano, in quanto superstiti eravamo obbligati a ripresentarci e darne comunicazione. L'espressione dell'Ufficiale era apatica; provai un senso di ribellione. Egli stabilì che io e l'amico Pierantoni, incorporati all'XI Sez. sussistenza in forza al Q.G. della Pasubio, si dovesse raggiungere il Centro di raccolta reduci e superstiti dell'ARMIR, costituito dopo la disastrosa ritirata nella Russia Bianca (Bielorussia) e precisamente nella zona di Mozyr, ad una trentina di chilometri da Gomel. Con il foglio di trasferimento e una razione di viveri - pane nero duro e stomachevole margarina -, ci fu dato l'ordine di partire per Kiev e raggiungere poi Mozyr. Arrivammo al piccolo villaggio, un borgo su un declivio, non toccato dalla guerra e dove una linda chiesetta col suo piccolo campanile dominava una rosa di casupole. Fuori del borgo, alcuni fabbricati a ridosso di un'ampia radura erano adibiti a scuole e delimitati dal campo base sede del Centro di raccolta italiano ARMIR.

A me toccò anche il compito di capo pattuglia poiché era necessario salvaguardare, in accordo con il comando tedesco, la linea ferroviaria vicina che andava a Gomel. Era vero che i civili partigiani avevano creato il cosiddetto terzo fronte ed operavano all'interno con atti di sabotaggio su convogli e linee di comunicazioni, ma era anche vero che noi, con quello che avevamo passato, non eravamo entusiasti di riprendere le armi e a me quel compito non andava proprio giù. Ero impegnato inoltre a preparare le razioni viveri e a fare la contabilità. I viveri di scorta erano quelli lasciati dalla 282° Divisione tedesca dislocata a Gomel; consistevano in pane nero, scatolame di margarina, kruf, semi di miglio, orzo, surrogati di caffè, sigari e sigarette. Un pane nero dalla forma rettangolare e dal peso di 800 gr., doveva bastare al soldato per cinque giorni, così pure una scatola di margarina, al tutto si aggiungeva una brodaglia giornaliera di kruf o di orzo e l'acqua tinta del surrogato di caffè. Era il mattino del 15 marzo quando mi fu dato l'ordine di distribuire l'ultima dispensa. Fu singolarmente ricca e ciò era preavviso di partenza per il rientro in Italia e motivo di tanto entusiasmo in noi. Mi avevano ordinato inoltre il compito di catalogare la giacenza viveri e portarne copia al Comando di zona della 282a Divisione tedesca a Gomel. In pratica dovevo fare il trapasso di consegna. La cosa mi aveva messo a disagio: mi puzzavano quei 30 Km. da fare. Avrei voluto starmene nel gruppo a scanso d'eventuali sorprese e quindi chiedevo ai compagni chi di loro volesse farmi compagnia in cambio della mia razione di sigarette. Un certo Zugliani e il Mori si offrirono di accompagnarmi; partimmo subito puntando verso la ferrovia. Eravamo tre uomini e con noi c'era anche Lilla: formavamo così una pattuglia speciale, autonoma, indipendente. Il modo migliore per arrivare a Gomel era la ferrovia e poiché un convoglio stava per sopraggiungere, approfittammo della sua lenta corsa, per salire e sistemarci. Il treno era lungo: al seguito della locomotiva a vapore c'erano due vecchie carrozze ed alcuni carri che servivano da trasporto di autoveicoli e mezzi bellici. Questo significava che la linea era di particolare importanza dal punto di vista strategico e quindi era oggetto di attentati da parte dei partigiani. Il percorso non era lungo, ma attraversava una zona paludosa, con macchie boschive: siccome correva voce che fossero saltati i binari e il ponte, subivamo un continuo rallentamento e interminabili soste. Pur di non lasciar passare altro tempo, tenuto conto che Gomel non era poi tanto lontana, decisi di riprendere lo zaino in spalla e ci rimettemmo in marcia. Nonostante le notevoli difficoltà, badavamo a non mettere piede fuori della linea dei binari poiché i sentieri laterali potevano essere minati. Giungemmo alla sede del Comando di Tappa italiano. Là passammo la notte fra i rumori e il trambusto dei convogli in corsa e le spinte dei vagoni dei treni in formazione; finalmente apparve uno sbuffante locomotore che trascinava una lunga fila di vagoni. Noi eravamo lì, trasognati, mentre rivedevamo i compagni che avevamo salutato e lasciato due giorni prima. Si susseguirono i controlli, le verifiche dei superstiti, degli automezzi e del materiale. In testa al treno c'era il locomotore, poi il postale ed una carrozza passeggeri che faceva da sede, ufficio, mensa e dormitorio esclusivamente per gli Ufficiali. Seguivano due vagoni chiusi, come quelli che nell'anteguerra erano adibiti al trasporto degli animali e che servivano ora al trasporto delle bestie-soldato. Il convoglio terminava con una lunga fila di carri piani, sovraccarichi di automezzi tra cui spiccavano i camion con i segni della Croce rossa e fra le cui cabine noi trovammo posto. Fra l'oscurità della notte in cui veloci ombre si susseguivano, noi stavamo rannicchiati e ci lasciavamo trastullare dai sussulti della corsa e vincere dalla sonnolenza, pensando ai ricordi dei giorni trascorsi. Di giorno, il paesaggio appariva sempre lo stesso: prati e radure, betulle e conifere fuggivano al nostro passaggio e tali visioni rivivono ancora nella mia mente. Si viaggiò nella zona centrale della Russia Bianca e si giunse verso sera a Minsk dove il treno fermò la sua corsa in una selva di binari. Zelanti guardie locali ci proibirono di scendere fino a quando il treno raggiunse finalmente il terminal, di fronte ad un ampio caseggiato che era il Campo contumaciale. In quel luogo, come derelitti che potevano essere portatori di infezioni coleriche o di tifo petecchiale, fummo costretti a scendere con tutti i nostri stracci e in fila, aspettando il nostro turno, a subire, tramite forbici e rasoi, la completa eliminazione di tutti i nostri "peli". Il trattamento si concludeva con una doccia e col rivestimento dei nostri indumenti che nel frattempo erano stati bolliti. Lasciato quel terminal, iniziò la corsa alla volta di Brest, verso sud-ovest, il confine polacco: fu l'inizio di un lunghissimo rosario fatto di innumerevoli soste forzate per dare la precedenza ai treni che, in senso contrario, andavano e venivano ad alimentare il fronte del nord-est. Furono necessari 30 giorni e 30 notti per superare il percorso che va da Minsk toccando Brest, Varsavia, Kiev, Cracovia, e attraversando la Slovacchia e l'Austria, giunge a Tarvisio confine, il suolo della Madrepatria. Il susseguirsi delle visioni delle rovine di Brest e Gracovia prima e dell'immensa pianura della Slovacchia e dell'Austria poi, non furono sufficienti a distrarci e a far vincere la noia. Era una sofferenza continua l'incessante numero delle fermate di giorno e di notte durante le quali noi ci sentivamo abbandonati da tutti e colpevoli per essere sopravvissuti….Finalmente il treno fermò la sua corsa a Tarvisio Dogana. Una certa euforia si manifestò: eravamo in Italia e si compiva l'odissea. I finanzieri ci accolsero calorosamente e alcuni di loro ci accompagnarono al piazzale della stazione dove una Compagnia di militari rendeva gli onori di rito al suono della banda e alcune ragazze, con cestini di fiori e sorrisi, festeggiavano il rimpatrio degli ultimi superstiti. Finita la cerimonia, due pullman ci accompagnarono a Camporosso in un Campo di contumacia dove le autorità ed altri militari ci schedarono minuziosamente e ci tennero in "caotica" prigionia per 15 giorni, da trascorrere con giochi, divertimenti vari, spettacolo di riviste condotte da intraprendenti donnine con lo scopo, simile a un lavaggio del cervello, di farci dimenticare i patimenti della campagna di Russia. Era il 18 aprile, vigilia di Pasqua. Venne finalmente l'ultimo giorno. Mi fu data una nuova divisa, nuovi indumenti, nuovo zaino e con una licenza straordinaria di 30 più 10 giorni, fui accompagnato alla stazione di Tarvisio. Mi furono consegnati i documenti di viaggio. Era il 3 maggio 1943.

  16 DICEMBRE 1942- Alle ore 6, senza preparazione di artiglieria e di lanciarazzi, sostenuto soprattutto con mortai di ogni calibro, aveva inizio l'attacco diretto contro tutto il settore divisionale, particolarmente nel tratto Krasnogorovka - Abrossimova - Monastirscina. Le forze della 38° Divisione Guardie, infiltratesi nelle balke tra le ore 9 e le 10, irrompevano nelle posizioni tenute dall'80° fanteria a sud-est di Abrossimova e costringevano i difensori a ripiegare su di una linea più arretrata, quasi coincidente con quella della seconda posizione.
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I caposaldi della zona dell'ansa del « berretto frigio », investiti frontalmente resistevano ancora sul posto. I difensori del caposaldo Olimpo cadevano tutti nell'estrema difesa. La perdita di esso comprometteva la situazione del 1/8°, schierato nel vallone sottostante, minacciato frontalmente e sul fianco destro. Il gruppo riceveva l'ordine di spostarsi su posizione arretrata, ma, sotto il fuoco delle armi automatiche dell'attaccante, l'intera linea dei pezzi e quasi tutto il personale andavano perduti, insieme ad una sezione della 309a batteria contraerei e ad una sezione della 73° batteria contro­carro divisionale. Il gruppo cc.nn. Montebello contrattaccava il nemico sulle posizioni di q. 187,9 - q. 178,3 - q. 175,1, sovrastanti il vallone Artykulny Schlucht.
Il Comando d'Armata ordinava che la Pasubio fosse sostenuta dalla 298a Divisione, con il 526° reggimento granatieri e dal XXIX Corpo d'Armata tedesco, con tutte le forze disponibili. Nel pomeriggio si presentava al Comando della Pasubio il gruppo d'intervento della 298a Divisione tedesca (un battaglione del 526° granatieri ed un gruppo d'artiglieria da 150), che veniva riunito al battaglione del 525° già schierato a sbarramento della base dell'ansa, da q. 201,1 a q. 156,0.
Alla sera, la difesa della Divisione Pasubio si concretava:
— a sinistra, sulla linea del 79° fanteria, intatta fino al margine sud di Krasnohorovka ;
— al centro, da q. 156,0 a q. 201,1, affidata alle unità tedesche;
— a destra, su di una linea tenuta dal raggruppamento cc.nn. 3 Gennaio, da elementi superstiti dell'80° fanteria, che aveva subito perdite del 50-60% degli effettivi, e da un battaglione di formazione (sciatori, carabinieri, personale delle basi e del Quartier Generale).
Il fronte tra questo battaglione ed il paese di Monastirscina rimaneva scoperto. A Monastirscina resisteva, asserragliato nella chiesa, il I/80°, non potuto raggiungere dal I/81° ?, che aveva dovuto ritirarsi con notevoli perdite, lasciando una più ampia falla tra le due Divisioni. A rinforzo del XXXV Corpo d'Armata ex Csir, a tarda sera, giungevano, inviati dal Comando dell'8a Armata, un battaglione di ferrovieri, uno di pontieri, uno di artieri (su due compagnie), da impiegare come fanteria, ma scarsamente dotati di armi di reparto.
17 DICEMBRE - Durante la notte era organizzata la nuova linea difensiva che, conservando a sinistra le posizioni originarie sul Don (III/790), escludeva ormai il possesso di Krasnohorovka e di tutta l'ansa del « berretto frigio», giungeva fino a 3.500 metri a sud-ovest di Abrossimova, dove si arrestava con l'ala destra non collegata (resti dell'80° fanteria), mentre a Monastirscina, fino a notte alta, resisteva ancora, isolato, il I/80°.
In conseguenza dell'arrivo nel settore del 526° granatieri tedesco, il Comando del XXXV Corpo ex Csir disponeva che le forze italiane schierate a sinistra di quell'unità (II e III/79°, II/8° art., un battaglione genio ferrovieri e 23a compagnia pontieri) passassero alla dipendenza operativa del reggimento tedesco, collegato a sinistra a Tereskovo con le altre forze della 298a. L'attacco sovietico riprendeva all'alba contro le posizioni a sud di Krasnohorovka. Dopo le ore 10 il nemico attaccava anche il fronte del III/79°. Respinto una prima volta, tornava all'attacco con rinnovata tenacia e violenza. Una falla aperta sul fronte del II/ 79° veniva chiusa dal battaglione ferrovieri, giunto la sera precedente a Getreide. Verso le ore 22, i superstiti del caposaldo 3 (III/79°), aprendosi un varco all'arma bianca, si riunivano alle altre forze del battaglione. Alla fine della giornata, malgrado l'attività svolta, il nemico non aveva conseguito risultati decisivi, ma continuava a sviluppare i suoi sforzi per infiltrarsi con forti pattuglie.
18 DICEMBRE - Fino all'alba la 38a Divisione Guardie riprendeva gli attacchi contro le posizioni di riva destra del Don, a cavallo di Gluboki Schlucht (III/79°). Gli attacchi, dieci nella giornata, malgrado alterne vicende non ottenevano sostanziale successo, essendo stato perduto un solo caposaldo. Una forte azione contro le posizioni centrali di q. 201,1, tenute dal battaglione del 525° granatieri e dal raggruppamento 3 gennaio era stata nettamente respinta con gravissime perdite del nemico.
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La Divisione aveva ricevuto in rinforzo un'altra compagnia artieri, la 16a compagnia chimica e la 1a compagnia motociclisti.
19 DICEMBRE - Episodio di Kantemirovka.
A Kantemirovka erano in corso le operazioni per formare ed avviare nelle località e nei tempi previsti i tre blocchi stabiliti il giorno precedente. Tutti sapevano che i sovietici stavano avanzando, ma la precisa segnalazione che carri armati avversari si stavano dirigendo da Taly su Kantemirovka era giunta alle ore 8 circa del mattino.
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Le cannonate e le raffiche di mitragliatrice dei carri provocarono sorpresa, disorientamento e panico.

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Si verificò così una generale corsa agli automezzi, alcuni dei quali partirono addirittura vuoti per allontanarsi più in fretta. Abbandonarono caoticamente Kantemirovka gruppi di automezzi stracarichi di uomini ed altri gruppi di soldati a piedi che non avevano avuto modo di salire sugli autocarri.
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Durante la notte conteneva la forte pressione del nemico. L'usura dei reparti era tale che le forze congiunte del 79° fanteria e del IX battaglione mortai divisionale ammontavano complessivamente a 659 uomini, dei quali 38 ufficiali. Le restanti unità non erano in migliori condizioni. Alle ore 12,30 il Generale Zingales, Comandante del Corpo d'Armata, recatosi presso il Comando della Divisione, comunicava l'ordine, poco prima ricevuto, di ripiegare verso sud, sulla sponda destra della Tihaja, tra Verchnjakovski e Nasarov. Sulla destra non era stato possibile stabilire il collegamento con la Torino. Verso le ore 13 riceveva l'ordine di ripiegare a sud e raggiungere la sponda destra della Tihaja, tra Verchnjakovski e Nasarov, per prendervi posizione fronte a nord, passando per Karasejev e Michailovka. La stessa sera, verso le ore 21, l'ordine veniva mutato in quello di radunarsi nella zona Arbusov - Abakusc n. 2 - Alexejevo Losovkaja, per organizzarvisi a caposaldo, con difesa particolarmente attiva verso ovest, soprattutto in funzione controcarro, così da pro­teggere il fianco sinistro delle Divisioni che, frattanto, dovevano schierarsi sulla Tihaja. La generale scarsità dei carburanti determinava l'ordine di abbandono di una parte dei restanti pezzi d'artiglieria, previa inutilizzazione. Le difficoltà del percorso accrescevano le perdite ed alla sera rimanevano alla colonna solamente 4 pezzi da 75/27 dell'8° artiglieria. I serventi appiedati costituivano unità di formazione.
20 DICEMBRE - Era in corso il ripiegamento di tutte le grandi unità disposto il giorno precedente.
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I movimenti di ripiegamento delle Grandi Unità dalle posizioni difensive sul Don erano eseguiti dapprima su larga fronte, contrastando la corrispondente avanzata del nemico; successivamente avveniva in colonne, che si muovevano su uno o più itinerari, secondo quanto era consentito dalle vicende del combattimento tra le contrapposte fanterie e dalle azioni dei carri nemici agenti da tergo. Tale situazione determinava per ciascuna delle Divisioni battute una diversa forma di ripiegamento.
Qualche colonna riusciva a rimanere unita, qualche altra era ostacolata dalle forti infiltrazioni del nemico e dalle difficoltà di movimento, altra ancora, nell'ansia di trovare vie più agevoli, veniva ad essere formata fortuitamente da uomini delle più svariate provenienze. Si formavano, in tal modo, due blocchi principali in ritirata:

— blocco nord: 298° Divisione tedesca, gruppo Capizzi (Divisione Ravenna), aliquota della Divisione Pasubio, Divisione Torino ;
— blocco sud: Comando del XXIX Corpo d'Armata tede­sco, Comando del XXXV Corpo d'Armata, aliquota della Divisione Pasubio, elementi vari di Corpo d'Armata, aliquote della 3a Divisione Celere, Divisione Sforzesca, 298a Divisione e gruppo Capizzi. Si spostavano dalla zona Radtscenskoje - Teresckova alla zona Popovka - Makarof. Durante la notte, numerosi suoi elementi, in prevalenza dell'8o° fanteria, confluivano presso Popovka, sulla Divisione Torino, seguendo poi le sorti di quella Grande Unità. La marcia condotta per Popovka, Posdnjakof e Smirnovski, si concludeva a Scepilof, dopo avere coperto un percorso di circa 40 chilometri. Con la forza complessiva ridotta a circa 600 uomini e 4 pezzi della 9a batteria dell'8° reggimento artiglieria, la Divisione avrebbe dovuto schierarsi a difesa presso Scepilof, essendo ormai praticamente circondata dal nemico. Con la Divisione marciava il Comando del XXXV Corpo d'Armata.
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Il Comando del Gruppo d'Armate progettava, frattanto, una azione congiunta tra la 19a corazzata e le forze del presidio di Tcertkovo, per dare al nemico, penetrato nella zona di Voloscino (settore Fretter Pico), la sensazione di essere accerchiato. Il Comando d'Armata prospettava le difficoltà dell'operazione, ma l'attuazione del progetto era ugualmente tentata il 29 dicembre :
— la 19a Divisione raggiungeva soltanto la zona di Strelovka, nella valle Kamyscnaja, a circa 25 chilometri da Tcertkovo;
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Richiamato al Q.G. Sezione Commissariato di Bolzano e ivi l'8 settembre fatto prigioniero dai Tedeschi. Fu sbattuto nel greto del torrente Talvera per essere deportato in Germania, ma la sua prigionia durò solo cinque giorni. Era ricercato come disertore riuscendo a sfuggire più volte ai rastrellamenti, si unì e collaborò in modo autonomo con gruppi partigiani del Vicentino e del Padovano e per quel periodo che va dall'8 settembre 1943 sino alla liberazione ebbe a dire: "Feci il vero uccel di bosco, così da vivere da bestia tra le bestie". (nota: no indicazioni su copyright ostativi)   — il presidio assediato compiva la sua puntata verso ovest, progredendo di poco; il collegamento diretto, il rifornimento di viveri e munizioni, lo sgombero di ammalati e feriti non potevano avere luogo, né in quel giorno, né in un secondo tentativo compiuto il 1° gennaio.
Dal 29 dicembre all'8 gennaio, l'avversario conduceva consistenti attacchi contro la 19a Divisione nella valle Kamiscnaja, infliggendole un forte logorio, mentre stringeva sempre più da vicino i presidi assediati di Gartmiscevka e Tcertkovo.
     
23 DICEMBRE - 6 GENNAIO -  6° reggimento bersaglieri
Le unità dell'8a Armata italiana, che dal 19 dicembre erano in ritirata dalla linea del Don, formavano due blocchi di forze in ripiegamento su altrettanti itinerari principali:
— blocco sud;
— blocco nord.
Blocco sud.
Si era venuto costituendo a Kijevskoj, durante la giornata del 22 dicembre, con elementi delle più varie provenienze, confluiti attorno al maggiore nucleo omogeneo della Sforzesca. Il più importante reparto che si era unito a questa Divisione era il
6° reggimento bersaglieri. Invece, gli uomini provenienti dal II Corpo d'Armata, dal XXXV-CSIR e dalle altre Divisioni italiane del XXIX Corpo tedesco, si erano riuniti e avevano costituito un reggimento di formazione, denominato « Mazzocchi » dal nome del Comandante del 79° fanteria che ne teneva il comando. Questa nuova unità era costituita su tre battaglioni, che prendevano il nome dalle Divisioni dalle quali proveniva la maggior parte del personale inquadrato:
— il battaglione Pasubio raggruppava appartenenti al 79° fanteria e ad altri 21 reparti delle Divisioni Torino, Ravenna, Celere, del Comando del XXXV Corpo e di altre unità e servizi di Corpo d'Armata e d'Armata;
— il II battaglione Celere (meno il 6° bersaglieri) inquadrava elementi provenienti da 33 reparti delle Divisioni Ravenna e Torino, del Comando del XXXV Corpo e di altre unità e servizi di Corpo d'Armata e d'Armata;
— il III battaglione Sforzesca comprendeva tutti gli elementi appiedati appartenenti all'omonima Divisione, non inquadrati nel loro reggimento o negli altri minori reparti.
I battaglioni, formati dapprima su tre compagnie di tre plotoni, dovettero essere portati a quattro compagnie ciascuno, facendosi distinzione tra il personale provvisto dell'armamento individuale e quello che ne era sprovvisto. Il reggimento era dotato del solo pezzo da 75/27 potuto portare in salvo dall'8° reggimento artiglieria della Pasubio, che era stato prima affiancato ai pezzi superstiti del 17° artiglieria della Sforzesca e poi restituito alla sua Divisione. Durante la giornata erano state respinte puntate di mezzi co­razzati avversari provenienti da Nizne Astachof. Due carri armati erano stati distrutti.
Nella notte sul 23 dicembre,
il 6° reggimento bersaglieri rinforzato dalle artiglierie disponibili, sostituiva un gruppo tedesco nello sbarramento della valle Nagolnaja ad ovest di Kievskoj, rimanendo sulle posizioni fino all'imbrunire del giorno seguente e combattendo per l'intera giornata. Le rimanenti unità raggiungevano Annenskij, dove, per ordine del Comando del XXIX Corpo tedesco, si organizzavano a capo­saldo per difendersi dalle forze avversarie che occupavano la valle Nagolnaja. Ad Annenskij potevano congiungersi ai superstiti del 530 fanteria. Alle ore 5 del 24 dicembre la colonna si poneva in marcia su Krasnojarovka, occupata di forza alle ore 20 dal 6° bersaglieri, che ne scacciava le forze sovietiche occupanti. La temperatura era scesa a — 35°, aggravata da forte bufera di vento. La marcia terminava alle ore 5 del giorno di Natale. Durante la sosta, vuotati i serbatoi dalla benzina, venivano distrutti col fuoco tutti gli automezzi ormai inservibili; il carburante ricuperato veniva destinato agli automezzi impiegati per il traino delle poche artiglierie superstiti od al trasporto di feriti e congelati. Il movimento previsto su Nizne Patmos veniva disdetto in quanto la strada era sbarrata dal nemico. Occorreva, pertanto, allungare l'itinerario con un aggiramento ad est. La marcia era ripresa alle ore 3 del 26 dicembre, con la temperatura di -38°. Alle ore 12, tre aerei tedeschi bombardavano per errore la colonna infliggendole forti perdite. La località di tappa, Nizne Petrovskij, era occupata alle 15, dopo due ore di combattimento. Nelle ore meridiane del 27 dicembre era compiuto un breve spostamento verso ovest, fino a Nikolajevskij, per migliorare gli alloggiamenti, ma non appena i reparti stavano sistemandovisi, alle ore 22 un ordine del XXIX Corpo ordinava la ripresa del movimento su Bolscioj Ternovyi, in valle Gnilaja. A mezzanotte, nella tormenta, veniva ripresa la marcia, disturbata, in coda, da attacchi di partigiani e, sui fianco destro, alle ore 4. del 28 dicembre, da reparti regolari sovietici. Alle ore 5,30, quando Bolscioj Ternovyi distava ormai soltanto 3 chilometri, un aereo tedesco lanciava un messaggio sulla colonna. Era una carta 1:300.000, con il segno di una forte occupazione nemica a Bolscioj Ternovyi e con l'indicazione di un nuovo itinerario fino a Skassirskaja, occupata da forze tedesche. Si sarebbe trattato, però, di coprire una nuova tappa di altri 40 Km, in aggiunta ai 35 appena percorsi, portando la distanza complessiva a 75 chilometri senza soste intermedie, fuori delle piste, nelle descritte condizioni ambientali. La mancanza assoluta di carburante determinava un ulteriore sacrificio di automezzi e di bocche da fuoco. Carri armati sovietici attaccavano la colonna in testa ed in coda e tre di essi erano distrutti dalla poca artiglieria rimasta. Le perdite di uomini, per esaurimento e per congelamento, si moltiplicavano. Alla mezzanotte del 28 era finalmente raggiunto lo schieramento tedesco. L'affollamento ai varchi per raggiungere più presto la salvezza ed il riposo, faceva sì che alcuni uomini uscissero dai limiti stabiliti e rimanessero vittime dei campi minati predisposti a difesa. I superstiti si raccoglievano nella zona Michajlovskij - Nadeshovka, e vi sostavano per l'intera giornata del 29.
Al mattino del 30 dicembre il movimento sembrava svolgersi regolarmente, quando una puntata di carri armati sovietici si abbatteva su unità romene unitesi alla colonna italiana. Le unità italiane non ancora incolonnate dovevano adottare misure di emergenza per arrestare il disordinato flusso del numeroso carreggio romeno e riuscivano anche a distruggere tre carri armati del nemico. II movimento veniva ripreso all'imbrunire; verso le ore 22 la colonna, ormai composta di soli italiani, raggiungeva Gorodjanka e Jessa Ulof. In quest'ultima località il Comando della Sforzesca riconsegnava ai reggimenti le rispettive bandiere, precedentemente ritirate per meglio assicurarne la conservazione. Inoltre il Comandante del XXIX Corpo d'Armata, Generale von Obstfelder, si recava a salutare i reparti italiani che lasciavano la Grande Unità tedesca ed emanava un Ordine del Giorno di commiato e di ringraziamento. Il 1° gennaio la colonna si spostava ad Ust Provalskij, dove sostava per un giorno. Il 3 raggiungeva Forschstadt, sul Donez. Di là, finalmente, i reparti erano trasportati per ferrovia a Rykovo, dove si raccoglievano il 5 gennaio.
     

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