Il diario del sergente Mario Maggia*

Ritirata di Caporetto

Pagine del diario di Mario Maggia Sergente del 15° Reggimento Bersaglieri dopo trenta  mesi di trincea, durante la ritirata di Caporetto, fu imprigionato dagli austriaci e internato in un campo in Ungheria rientrò a casa solo nell' estate del 1919 http://www.bibliolab.it/fratellimaggia/fratelli.htm

Mario Maggia aveva altri 4 fratelli coinvolti nel conflitto. Eusebio classe "1901" volontario "indisponibile" per la prima linea, Piero classe 1885, Pino classe 1889 e Valerio classe 1896 morto disperso.


28 Ottobre 1917 -Alle 2 del mattino, sotto la pioggia dirotta si inizia il ripiegamento da Dogna. Verso le 6 si giunge a Chiusaforte ove ci si schiera sulla nuova linea di resistenza e vi si rimane fin verso le 3 del pomeriggio alla quale ora si riparte. Verso le 10 di notte si giunge a xxxxx; il paese è già abbandonato dalla popolazione civile. Ci distribuiscono una galletta ed una scatoletta. La divoro, a mezzanotte si riparte. Sono stanco, piove sempre a dirotto e sono tutto inzuppato.
29 0ttobre 1917 -Verso le cinque del mattino del 29 si giunge a Carnia (Stazione). Ci portano in baracche già magazzini. Alle 5 e mezza cavalleggeri a cavallo ci cacciano fuori a spintonate ed in disordine si riprende la marcia verso Tolmezzo ove si giunge a mezzogiorno. Si passa il Tagliamento e ci si schiera all’aperto sull’opposta riva. Alle sei viene fatto saltare il ponte. Piove sempre; da Chiusaforte non abbiamo più avuto rancio e l’appetito è molto. Questi sessanta km. di marcia forzata sotto l’acqua ed a digiuno mi hanno stancato terribilmente. Verso le sette per un falso allarme si apre il fuoco su Tolmezzo; erano stati segnalati movimenti nemici in città; è al contrario un battaglione del 134° di fanteria che giunge in ritardo. Il colonnello invia un plotone zappatori del reggimento a costruire una passerella sul ponte distrutto per il passaggio di detto battaglione. Alle otto il reparto del 134° è sulla destra del Tagliamento. Ritorna la calma. Non è possibile il rifornimento viveri ci si sdraia al riparo di un albero ove si passa la notte.
30 Ottobre- Nessuna novità. Vitto niente. Verso le quattro ci si trasferisce a Gavazzo ove si giunge verso le cinque. Si consuma un rancio unico, senza pane, alle sette.
31 Ottobre - Sono stato di servizio tutta la notte; ho sonno. Alle otto giunge in ufficio il colonnello e mi ordina di requisire bovini, suini e granaglie alla popolazione civile. Mi firma i buoni in bianco e alle dieci inizio il lavoro che continua l’1 e il 2 Novembre.
3 Novembre - Tutto il materiale requisito è agglomerato fuori paese e trasferendosi il comando a Stretta di Grotta, viene abbandonato, ad eccezione dei bovini che sono avviati a S. Francesco. Si mangia un maiale, polenta e vino non mancano. La popolazione ha sgomberato completamente il paese.
4 Novembre - Nulla di nuovo. Altri 30 km. di marcia in montagna. Alle sette si inizia il movimento e verso le due si giunge a destinazione.
5 Novembre - Dopo aver passato la notte all’addiaccio verso le 10 ci viene distribuito scatolette, gallette e formaggio. Verso sera ci viene l’ordine di spostarci verso Spilimbergo, attaccare gli austriaci che occupano la sommità dei monti circostanti ed aprirci un passaggio verso la pianura.
6 Novembre - Alle 4 del mattino si prende contatto col nemico. Si attacca a fondo; guadagniamo qualche km di terreno ma le grandi perdite ed il giungere di rinforzi freschi all’avversario consigliano il comando di divisione a desistere dall’impresa. Verso le sei viene l’ordine di abbandonare la posizione, attraversare i due monti che abbiamo di fianco senza seguire la mulattiera e cercare di uscire per Tramonti ove forse i germanici non sono ancora giunti. Si inizia subito il movimento. Piove a dirotto. Si attraversano posizioni orribili; burroni e precipizi travolgono buona parte dei quadrupedi e qualche bersagliere.
7 Novembre - Verso le 12 si giunge a Campon (o Chiampon). Il colonnello ci ordina di ammazzare alcuni cavalli abbandonati e confezionare il rancio. Ci mettiamo all’opera, appena iniziato il lavoro raffiche di mitragliatrici provenienti da tutti i lati ci investono. Impossibile muoverci e fare resistenza; siamo circondati. Il colonnello ordina la resa. Il momento è terribile: si zittisce tutti ed alzando le pezzuole bianche e buttando le armi, le lacrime malamente trattenute bagnano le ciglia di quasi tutti noi. E’ la rovina, e l’ignoto verso cui ci dirigiamo ci spaventa più di una pallottola in fronte. Alcuni soldati germanici si portano al guado del Livenza ed assistono alla sfilata. Ci dirigono a Campon ove ci radunano e verso le due del pomeriggio ci fanno proseguire la marcia verso Tramonti ed oltre.
8 Novembre - Alle 4 del mattino si giunge a Meduno. Ci mettono in un prato a dormire. Piove ma la fame e la stanchezza non ci permettono di sentire l’acqua che ci penetra fin nel midollo delle ossa e si riposa per modo di dire perché il sonno è interrotto frequentemente da forti tremiti freddi. Verso le 11 ci fanno uscire ed al passaggio del ponte sul Livenza ci distribuiranno un pugno di farina gialla a testa; in un prato si fa la polenta. Polenta senza sale che in altri tempi lo stomaco avrebbe rifiutato! L’ho trovata squisita. All’una ci si mette in marcia per raggiungere Tarcento. Tanto per cambiare piove ancora. Nel tragitto si trovano lunghe colonne di carreggi austriaci, ora che marciano verso le prime linee ed altre che cariche di materiali requisiti e saccheggiati nei ridenti e disgraziati paesetti del Friuli, invaso marciano verso l’interno. Dopo un’ora circa di cammino, disteso nel fosso della strada man mano sfilando troviamo il cadavere di un bersagliere. Ha il cranio spaccato, il fucile ancora stretto tra le mani rigide, il corpo supino rivolto alle nostre vecchie trincee. Povero Giovane! Povera mamma tua condannata a sperare eternamente nel tuo ritorno e destinata a ignorare sempre la tua misera fine e la tua sepoltura.

Annotazioni da una lettera di Pino Maggia - Fortino Croce di Vezzena 9-10-1915

... ieri il governo ci ha vestiti da inverno e ci diede a ciascuno, 2 camicie di lana, 2 paia di calze lana, 1 paio mutande lana, 1 paio guanti lana, 2 cravatte da collo pure di lana, 1 paio fasce per gambe…

… Sono sempre più in trincea, ed ogni 3 giorni, cioè quando siamo in prima trincea, come ora, sono al telefono, quando invece siamo in 2° trincea, farò il servizio di compagnia, cioè guardie e pattuglie di notte, e ci portiamo vicinissimi ai reticolati nemici, e lì distesi a terra passiamo tuta la notte, cioè dalle 9 di sera fino alle 4 ½ o alle 5 del mattino seguente, sempre con lo sguardo vigile e l’orecchio teso, per non essere pescati alla sprovvista, ed al primo minimo rumore, si scatta come molle, pronti a far fuoco, a chiunque tenti avvicinarsi, ma fin’ora gli austriaci non sono mai usciti dalle loro terribili trincee,
dico terribili sai, perché sono tutte collegate tra loro da sotterranei, e sono di dietro, di una cinquantina di metri di un reticolato largo dieci metri e questo reticolato va da cima a fondo di tutto il fronte, non solo, ma mi immagino che dietro a questa prima trincea ve ne saranno altre, una dietro all’altra, così pure e forse meglio ancora, difese da reticolati

*Da una ricerca dell'Istituto Comprensivo "C. Pavese" di Candelo - Scuola Media II A a cura della Prof. Nadia Massarenti. Dall'Archivio della Famiglia Maggia del Cerro di Cossato in collaborazione con la Biblioteca civica L. Pozzo 

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