Il diario di Glauco Luchetti

La Repubblica Fascista dell'Himalaya

CAMPO 25 - YOL (INDIA)

Inizierò dal 26 luglio 1943 a Yol, sotto l'Himalaia, zona sismica in attività permanente con precipitazioni monsoniche di 4 mila mm ogni anno e ambiente malarico e dove imperversa la "malattia delle colline", a lungo decorso spesso mortale. I prigionieri, da anni, vi sopravvivevano isolati e con poche notizie dalla stampa inglese per l'India, da discontinue lettere con le famiglie e dal Bollettino italiano ad onde corte per l'Estremo Oriente di Radio Coltano, captata in modo clandestino. Quel giorno gli altoparlanti posti al margine dei Gruppo Campi annunciarono che il Gran Consiglio dei Fascismo aveva espresso un voto di sfiducia a Mussolini, messaggio ripetuto con insistenza e preceduto dalla Marcia Reale: per noi significava che gli alti gerarchi PNF, rinunciando al proprio compito istituzionale, avevano tradito i fascisti e il loro Capo.
Dolore e disorientamento si diffusero fra i 10 mila Ufficiali rinchiusi nelle 5 Ali di ciascuno dei 4 Campi (25,26,27,28) isolati fra loro da doppi reticolati o da strade, con difficoltosi scambi reciproci di notizie. Si determinarono quindi 20 situazioni affini, ma non identiche, manovrate da ogni Comandante di Ala verso uno scopo determinato. Riferisco quanto avvenne nell'Ala 1 /A dei Campo 27 nella quale a seguito di uno sfortunato tentativo di fuga ero stato trasferito da qualche mese. II comandante era il Col. Gloria (Bersagliere), reduce della guerra di Spagna, brillante oratore e fervente fascista. Aveva anche preteso di rappresentare il PNF distribuendo tessere da lui firmate come Segretario della Sezione. II mio rifiuto a questa ridicola autocarica mi aveva fatto qualificare di scarsa fede e segnare su una lista apposita dei Cap dei Carabinieri, previo obbligo di ricevere la tessera. Eravamo tutti frastornati dopo l'incredibile colpo di Stato, ma l'annuncio della continuazione della guerra e le assicurazioni dei nuovo Governo agli alleati Germanici alimentavano le nostre speranze facendo accantonare per il momento rancori e problemi. Ben presto le illusioni crollarono. Le notizie sulla stampa indiana quelle filtrate dalla Radio clandestina ci resero sospettosi, incrinando i rapporti gerarchici. I dissenzienti si riunirono in piccoli gruppi. Iniziarono gli screzi con altri gruppi con chiaro orientamento politico avverso al Fascismo. Infine la situazione bellica sfavorevole fece sorgere accese contestazioni. II Col. Gloria ordinò di distribuire nelle baracche una Circolare richiamando le norme del Codice d'Onore in caso di controversie fra Ufficiali, da firmare per presa visione. Rifiutai ritenendo insultante il semplice sospetto che lo ignorassi. Fui punito con 10 gg. di arresti semplici in baracca. Cominciavamo a vivere in un incubo, qualche grave evento era previsto, mai però così tragico come l'8 settembre. Quella notte fummo svegliati dagli Inglesi ubriachi che ci gridavano "unconditional surrender" (resa incondizionata). AI mattino, dopo una notte insonne piena di angoscia, gli altoparlanti che avevamo invano tentato di far rimuovere o di sabotare, ci ossessionarono con il noto comunicato, equivoco, annunciante l'armistizio (ben diverso dall'interpretazione inglese) e la necessità di salvare il salvabile. Allora capimmo l'ignominioso progetto del Governo, il tradimento dell'alleato, l'avallo di una Monarchia che non aveva saputo ripetere l'Atto di Peschiera. Nel Campo la situazione era molto tesa. Quelli che non accettavano la sconfitta disonorevole si misero allo scoperto. II Col. Gloria chiese con Circolare distribuita nelle baracche che ciascuno rinnovasse per iscritto il Giuramento al Re. Si verificarono rifiuti, intimidazioni, casi di coscienza tormentosi che portarono persino a suicidi. Dato che oltre il 10% degli Ufficiali dell'Ala si erano rifiutati di firmare, venne convocata sull' Anticampo della conta un'assemblea a ranghi completi. II Col. Gloria, in burnus e berretto rigido con galloni dorati, affiancato dal Comandante Inglese, dal maltese Speranza dell'Intelligence Office e protetto da due mitragliatrici spianate sui prigionieri schierati, tenne uno di suoi accesi discorsi, questa volta sfacciatamente "voltagabbana". Ci chiese categoricamente:
"Chi è con il Re e chi è contro il Re".
manifesto post bellico (grande guerra)Dopo la divisione mediante uscita dalle file dei "contro" gli Inglesi inviarono subito in prigione una quindicina di questi, presi a caso. Gli altri vennero consegnati in due baracce. Eravamo circa una sessantina, indicati ironicamente i ribelli dei RIF (Repubblican Italian Fascist), per assonanza con i ribelli marocchini. Dovevamo anche mangiare nella baracca e recarci a gruppi ai locali docce e servizi per evitare di essere aggrediti da squadre di volontari Ufficiali e di "allievi carabinieri" che il Col Gloria aveva costituito. Intanto alcuni designati fascisti o gerarchi e i corrispondenti di guerra erano stati trasferiti d'autorità all'Ala 3 dei Campo 25. Quelli rimasti nelle due baracche comparivano in Elenchi esposti all'Albo degli Avvisi con minacce di Corte Marziale sotto il titolo: Morte ai traditori! Non poteva durare e così una mattina sul Campo della conta si giunse allo scontro diretto. I ribelli difesero duramente i loro diritti ed ottennero un accordo firmato dal Comandante dei Campo e dal Cap Buccella, il più elevato in grado fra noi, che sanciva la fine dell'isolamento, la libertà di opinione, la dispensa dal "Saluto al Re", parità di diritti nel Campo e dove possibile, separazione. Da parte nostra si assicurava il rispetto dei regolamento militare. Finalmente dietro nostre insistenze e l'inevitabile perdurare della tensione che si aggravava sempre più fu deciso dagli Inglesi il concentramento di tutti i non cooperatori in un Campo omogeneo, appunto il 25 (da cui erano stati spostati i monarchici), sotto il comando dei Gen Gambrosier. Ci ritrovammo in circa 1,500. Fra essi quasi tutti gli Ufficiali Paracadutisti dei Col M.O.VM. Tonini coi quali avevo condiviso la inesplicabile sconfitta di Agedabia, amici dei Campi precedenti, colleghi dei mio 2° Articelere, compagni d'infanzia e di studio. Respiravamo una inebriante aria di rinnovato Combattentismo, una sensazione di libertà interiore sofferta e conquistata. Fu unanimemente deciso di dar vita ad un Campo esemplare di Militari ostili. L'andazzo di rilassamento, che aveva sopraffatto la massa di sconfitti e rassegnati, fu bandita. Disciplina, uniforme, comportamento nei ranghi anche nelle estenuanti attese delle conte e delle file spesso sotto la pioggia, rappresentarono l'espressione della nostra rigorosa dignità. Pur debilitati fisicamente, riuscivamo nel nostro impegno con una compatta solidarietà. Gli Inglesi ci osservavano con curiosità, poi lentamente capirono che pretendevamo rispetto e, a dire il vero, ne presero atto; giunsero persino a togliersi il berretto quando entravano nelle nostre baracche. Intanto avevamo captato, con la Radio clandestina (ricostruita dopo che i Colonnelli avevamo consegnato le precedenti agli Inglesi dicendo che ormai non ne avevano più bisogno dati i nuovi rapporti), la formula dei Giuramento che le Unità della RSI avrebbero prestato il prossimo 9 febbraio 1944.
Con l'autorizzazione dei Detentore, il Gen Gambrosier ci fece riunire nello stesso giorno dei Camerati "in armi" iniziando la Cerimonia dall'Ala 1 /A, scendendo successivamente alla 1 /B, alla 2/A, alla 2/B ed infine alla 3 lungo lo scosceso fianco dei monte Nodrani sul quale era costruito il Campo. In ogni ala gli Ufficiali schierati ascoltarono la lettura del Giuramento alla RSI
(Giuro di servire e difendere la Repubblica Sociale Italiana nelle sue istituzioni e nelle sue leggi, nel suo onore e nel suo territorio, in pace e in guerra, fino al sacrificio supremo. Lo giuro dinnanzi a Dio e ai caduti per l'unità, l'indipendenza e l'avvenire della Patria) ed alla richiesta "Lo giurate voi?" risposero a voce altissima: "Lo giuro!", un grido che echeggiò fin nella valle ove gli Indiani avevano già avuto sentore della nostra ribellione. L'elenco firmato da ciascuno di noi fu notificato al Comando Inglese. Iniziò così la vita di questa "Repubblica Fascista dell'Himalaia", nel Punjab, come l'ha esattamente definita in un suo recente libro Leonida Fazi, un avamposto della più grande Prima Repubblica sorta in Italia. Avevamo con la nostra posizione perduto la Potenza protettrice, la Spagna, che in quel delicato momento dovette rinunciare per motivi politici. II nostro Comando fece avanzare richiesta al Governo della Turchia, ma anche questa Nazione, pur con rammarico come ho personalmente accertato nel dopo guerra, non poté accettare l'incombenza. Allora il Comando fece per iscritto noto alla Croce Rossa ed agli Inglesi che la nostra salvaguardia era assicurata dalla vita dei prigionieri Alleati in mano alle Forze dell'Asse. Era solo una formalità e non ce ne preoccupammo oltre. Infatti pure i Rappresentanti della Croce Rossa in visita ci dicevano che potevano fare "ben poco", che significava: niente!
Anche esteriormente quelli dei Campo 25 si distinguevano. Avevamo tolto le stellette e come distintivo di grado portavamo sul petto un rettangolino di cuoio nero con sopra un fascio e barrette di colore rosso. Gli Inglesi ci avevano pronosticato tre anni di prigionia come punizione anche se la guerra fosse finita prima e furono buoni profeti. Ci tenevamo molto attivi fisicamente ed intellettualmente; avevamo fra noi il fior fiore dei Combattentismo. Moltissimi i decorati al Valor Militare, fra cui le Medaglie d'Oro Burroni (Bersagliere in comando del I btg di fanteria libica Zuara catturato il 9 dic. 1940 a Alam El Nibeiwa), Pastorino, Bastiani, Sabbatini. Avvicinandosi il 28 ottobre, che certamente avremmo commemorato con solennità, gli Inglesi in accordo con i badogliani ci sottoposero una lettera inviata dall'Alto Commissario per i prigionieri Piero Gazzera al Gen Claudio Trezzani PoW a Monticelli (Arkansas-U.S.A. Trezzani non era stato catturato dagli americani). La lettera venne prima letta per 5 giorni consecutivi dal maltese Speranza agli Ufficiali riuniti per le 2 conte giornaliere e quindi distribuita singolarmente perchè venisse accettata o, previa motivazione, respinta. In sostanza gli ordini dell'Alto Commissario consistevano nel dover riconoscere lo scioglimento della M.V.S.N., la proibizione dell'uso dei "voi", l'abolizione dei saluto romano senza copricapo. Tutti rifiutarono di obbedire a tali ordini con varie motivazioni fra le quali le più usate furono: dichiaro di non accettare questi ordini perché cittadino e soldato della RSI. Dopo la consegna delle dichiarazioni firmate, gli Inglesi vollero effettuare una controprova dell'imprevista unanimità con un interrogatorio singolo riservato. All'improvviso, durante la conta del mattino in una tenda posta a cavallo fra il Campo e l'Anticampo ove si scioglievano le righe e dopo essere stati controllati, i prigionieri erano convocati nominativamente da due Ufficiali dell'Intelligence Office che chiedevano conferma della firma. Se qualcuno aveva cambiato idea o firmato sotto costrizione poteva in segreto firmare la sua accettazione degli ordini. La totalità respinse l'invito con grande soddisfazione dei Comandanti Inglesi delle Ali che avevano fatto scommesse in proposito con i colleghi dei Campi badogliani. Improvvisamente 61 Ufficiali furono chiamati per essere trasferiti al Campo 27/3. Alle proteste, il Comando giustificò il movimento perchè trattavasi di elementi perturbatori e con altre vaghe, fittizie accuse. Rientrarono dopo un mese avendo scontato 28 giorni di prigione perchè "portavano un distintivo di grado diverso da quello regolamentare". Eravamo arrivati al 1945, annunciato con freddo e neve. Poi una proibizione dopo l'altra, e per primo il saluto romano: il distintivo doveva essere approvato, l'anno fascista nelle lettere, pena la distruzione, non poteva essere scritto. Anche il Gen Gambrosier venne trasferito, sostituito dal Col Miglietta. Questi, in data 6 febbraio 1945, per qualificare definitivamente la nostra posizione di Combattenti anti﷓Alleati, autorizzò a portare sul petto oltre al nastrino verde﷓rosso della Guerra anche quello della Medaglia commemorativa dell'Anniversario della firma dei Patto Tripartito (azzurro sormontato ai lati dai tricolori italiani e germanici ed al centro dal bianco rosso giapponese). Intanto inesorabile si avvicinava il crollo. Giunse fra i fuochi d'artificio e salve d'artiglieria all'esterno e vuoto e silenzio fra noi. II Gen Gambrosier era tornato e nuovamente trasferito. Prima di lasciarci convocò tutti i componenti il Campo 25 sul grande piazzale che avevamo costruito per le attività sportive, scavando la roccia a monte ed elevando una muraglia in pietra da 5 a 7 metri di altezza a valle. Un'opera ciclopica che ancora esiste e resiste. Tutti i 1500 in divisa con casco coloniale, molti in camicia nera, con i volti che mostravano i segni del dolore, ma non quelli della disperazione, si disposero in ordine perfetto. II Comandante espresse brevemente i nostri comuni sentimenti poi ordinò il minuto di raccoglimento, infine con voce ferma gridò "Saluto al Duce" e "Saluto al Führer" e noi sull'attenti rispondemmo A NOI a entrambi i saluti con dirompente violenza. Gli Inglesi assistevano composti in silenzio e rispettarono il nostro dolore. Evitarono quel giorno di convocarci per la conta.
Questo grido però diede il via a subdoli tentativi di smembrare la compattezza dei Campo 25. Un nuovo Comandante, il Col Marenco, cominciò col ricordarci che la guerra in Europa era orami finita e che dovevamo essere orgogliosi di aver dimostrato fede e dignità con tanta tenace volontà. Anche ad Oriente la guerra, la nostra guerra, si stava concludendo. Nel Campo maturavano i frutti della discordia. Alcuni firmarono una accettazione degli ordini presentatici l'anno precedente. Gli Inglesi dicevano che gli elenchi dei Campo 25 erano negli archivi di Yol, di Simla al Comando dei Gruppo Campi PoW e a Roma. Però questa accettazione sarebbe stata una specie di sanatoria. II Col. Marenco non ci convinceva più, Non prendendo una netta decisione, dichiarava di essere al di sopra delle parti. Dopo l'olocausto atomico in Giappone, gli Inglesi tentarono un altro colpo: un interrogatorio personale riservato fatto il 26 ottobre 1945 dagli Ufficiali dell'Intelligence Office per raccogliere firme di adesione. Purtroppo questa volta gli Inglesi registrarono un discreto successo. Furono 600 i "firmatari" che con spostamenti interni si trasferirono nelle Ali 2/A e 2/B ove le guardie indiane vennero sostituite da Carabinieri. 1900 "irriducibili" saturarono le Ali 1 /A, 1 /B e 3. Per distinguerci portavamo un distintivo di ottone a foggia dei grado e il numero dell'Ala e dei Campo punzonato sopra. Tutti i ripetuti ordini inglesi furono inosservati. Usati saluti romani e camicie nere, data Era Fascista sempre scritta nelle lettere e naturalmente l'uso dei "voi", ostentato. II comportamento causava giorni di prigione, ma in genere le infrazioni erano tollerate o ignorate (*).
Nei primi mesi dei 1946 alla Camera dei Lord a Londra venne presentata una interpellanza per aver spiegazione sulla notizia che in India a guerra da tempo finita, esisteva un gruppo di italiani, prigionieri, che non accettava la situazione e persisteva nel considerarsi ostile alle Potenze vincitrici. Preannunciata, arrivò poco dopo, nel marzo, una Commissione di tre Parlamentari. Gli ultimi soldati della RSI schierati sotto le pensiline delle baracche in perfetta uniforme, a capo scoperto e in silenzio, salutarono romanamente gli impassibili visitatori. Dopo una decina di giorni da Londra vennero comunicate le nuove razioni, ridotte, per i PoW in mano inglese: agli ostili 900 calorie e agli altri 2900. Iniziò un altro monsone, il periodo delle ossessionanti piogge. Per questi uomini duri a morire come ci chiamavano, gli Inglesi prospettavano un trasferimento in un Campo speciale in zona desertica oltre Quetta verso il confine con l'Afghanistan. Invece, improvviso, a novembre, su sollecitazione del Governo Indiano che stava per assumere il potere (dopo l'indipendenza) iniziò il rimpatrio in due scaglioni. Con la partenza dell'ultimo scaglione il primo di dicembre, il Campo 25 cessò di esistere.
 

Ho scritto questi appunti la sera del 28 novembre 1993. Domani 29 ricorre il 47° anniversario dei mio rientro in patria. Ero infatti stato incluso nel primo scaglione per "deperimento e malaria" sebbene ripetutamente destinato per punizione all'ultima nave. Quella che venne chiamata la Repubblica fascista dell’Himalaya aveva vissuto per 2 anni . Glauco Luchetti

(*) All'inchiesta a Roma nella Caserma Castro Pretorio, sono stato punito con 10 gg. di arresti di rigore per avere, dopo l'8 settembre 1943, aderito alla RSI e chiesto di essere trasferito in un Campo destinato ad accogliere elementi di fede fascista.

Da ACTA: autorizzato da istituto storico della RSI in data 5/9.

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