Il diario di Carlo Gervasoni
(Le
foto che accompagnano il testo e gli eventuali soggetti non sono attinenti al
racconto)
Da soffitte, bauli e vecchie librerie escono spesso fogli, cartoline e libricini in cui i vecchi combattenti della grande guerra hanno lasciato le loro testimonianze. Scritte sul momento, o raccolte a
posteriori anche da parenti, sono rimaste inutilizzate per tanti anni, non potendo competere con quanto letterati più famosi (spesso ufficiali) scrissero. Per iniziativa di Comuni e scuole
(sensibilizzando i giovani) si rintracciano sempre più spesso nel web questi diari. Qui vi proponiamo in stralcio e link quello pubblicato dal Comune di Dairago Milanese
del sergente dei Bersaglieri Carlo Gervasoni
INTRODUZIONE AL DIARIO di Felicita Bemasconi
Non deve stupire la pubblicazione del diario di Carlo Gervasoni, né nato né vissuto a Dairago, anche se molti operai e
operaie del nostro paese sicuramente si ricordano di quel severo direttore
delle tessiture "Caccia" e "Fabio". Quando abbiamo iniziato a pubblicizzare questa iniziativa cercavamo di non escludere dal nostro libro quelle persone che ora vivono qui, ma i cui genitori e i cui nonni avevano altrove le loro radici. In questo modo ci è capitato tra le mani questo diario, le memorie di guerra dello zio di chi scrive, fortunosamente ricomparse grazie alla curiosità di una ragazzina: la pronipote dello "zio Carletto", Alice, che frugando in vecchi cassetti ha ritrovato un piccolo libricino nero, un vecchio notes per appunti; datato 1915. Se noi avevamo pensato in un primo momento di pubblicarlo per riempire un vuoto - quello dovuto alla scarsità di testimonianze da noi reperite sui soldati dairaghesi durate la Prima guerra mondiale - abbiamo poi scoperto, grazie al casuale intervento di uno di questi "addetti ai lavori" storiografici, che queste memorie riempiono un vuoto un pò più grande e un pò più importante, che riguarda non solo Dairago, ma tutta quanta l'Italia. Pare infatti che gli storici della Prima guerra mondiale abbiano a loro disposizione una notevole quantità di diari di ufficiali, mentre più scarse sono le memorie dei soldati semplici o dei sottufficiali (come lo zio, che riceve i suoi primi gradi alla fine della storia narrata in questo diario), per gli ovvi motivi che ciascuno immagina, dovuti alla scarsissima alfabetizzazione
dell' epoca..
PREFAZIONE di Marisa Gervasoni La Marca
L'autunno scorso, nel curiosare tra i vecchi libri, lasciati in bell'ordine in un piccolo armadietto messo a sostegno del televisore in casa della bisnonna
Franca, mia nipote Alice (tredicenne), trovò un minuscolo notes, datato 1915, che subito attirò la sua attenzione. Era scritto con una calligrafia ordinata e regolare ma così minuta e fitta che, con difficoltà, riuscimmo a capire che si trattava del diario di guerra del bisnonno Carletto, bersagliere che all'età di vent'anni era stato inviato in zona di guerra sul fronte orientale in quello che ora chiamiamo Friuli-Venezia Giulia esattamente il 24 maggio 1915, giorno in cui l'Italia aveva dichiarato guerra all'Austria. Si trattava della Grande Guerra Mondiale del 1915-1918 e l'esercito italiano era guidato dal Gen. Luigi Cadorna. Alice, interessatissima,mi pregò di trascrivere il diario, cosa che feci subito, malgrado la difficoltà di lettura e di interpretazione di alcune espressioni del gergo militare, mantenendomi nei limiti del possibile, fedele al testo. Per quanto riguarda il nome delle località
menzionate nel diario, essendo scritto in lingua originale, ho dovuto accontentarmi di riportane solo una parte con la dizione italiana, avvalendomi dell'aiuto di atlanti dell'epoca e di cartine topografiche del luogo, tenendo presente che alcune località erano così piccole da non essere prese in considerazione dai geografi. Sono comunque soddisfatta del mio lavoro in quanto mi ha permesso di mettere a nudo una parentesi di storia vissuta in prima persona da giovani, piccoli eroi sconosciuti, che malgrado la paura degli attacchi all'arma bianca e le inaudite sofferenze del freddo e della fame trovavano ancora la forza di ubbidire. La forza di continuare a combattere, esaltandosi negli assalti contro un nemico che odiavano in quanto tale, ma che nel loro cuore apprezzavano in quanto soldato come loro e come loro esposto alla morte violenta e onnipresente.
Mi sono domandata sovente come facesse a scrivere quel quadernetto, nelle condizioni in cui si trovava. Certo doveva essere un "duro", pieno di coraggio e iniziativa: la croce di guerra sul campo, le tre stellette (Lunga ferma) e la nomina a sergente stanno a dimostrare il suo valore di soldato impegnato e sprezzante del pericolo. Il diario termina qualche giorno dopo la nomina a sergente istruttore che il bisnonno accetta senza alcun entusiasmo, per paura di rientrare in una routine di caserma, un mondo tranquillo e sicuro non consono al suo carattere e al suo modo di vivere. Al contrario, dopo poche settimane di meritato riposo a Barletta venne l'ordine di tornare al fronte e qui il sergente Carlo Alfonso Gervasoni,
rimase come addetto alle teleferiche per altri due anni e mezzo fino alla fine della guerra. lo ebbi la fortuna di conoscerlo un anno prima che morisse di infarto, improvvisamente, a sessant'anni. Aveva conservato una figura atletica; i capelli rosso fiamma, gli occhi verdi e penetranti, il modo di parlare spiccio e conciso, che gli davano un'aria autoritaria e abituata al comando. Al primo impatto non sembrava una persona socievole e io ne fui respinta ed attratta allo stesso tempo. Poi, a poco a poco, chiacchierando del più e del meno, vennero a galla le sue passioni per il frutteto e il giardino, che amava curare personalmente, il suo hobby per la pittura al quale dedicava metà delle sue notti e dei suoi giorni liberi, ed il piacere di inforcare ancora, qualche volta, la sua moto da corsa per sfrecciare sulle stradine poco battute di campagna, come ai bei tempi. Un sogno non avveratosi ritornare nelle alpi Giulie.
"Ricordo della
Guerra italo-austriaca - Anno 1915.
24/05: come partecipando ad una storica passeggiata varcammo il confine italiano
alle ore sei antimeridiane, occupando più tardi Lyvi, abbandonato in fuga dai
tedeschi, mentre gli alpini della nostra destra salivano sulla maestosa vetta
del monte Kuk.
25/05: chiamati ad un'azione sul basso Isonzo, arrivammo un quarto d'ora dopo
dell'85° Fanteria che ci sostituì. Sfiniti, affranti per la faticosissima
marcia, ritornammo più a sinistra, collocandoci di riserva sul paesello da poco
redento: Idresko.
26/05: alle ore dieci antimeridiane ci mettemmo in marcia sviluppando un'azione
dimostrativa sul monte Kuk (2086 m) mentre un caldo soffocante ci arrostiva. Non
abituato ai variabili cambiamenti di temperatura della montagna ne soffrivo
intensamente, togliendomi l'appetito e le forze. Me ne accorsi mio malgrado in
questa faticosissima marcia in cui fui costretto a gettarmi a terra, dopo aver
tentato più volte di proseguire il cammino con il reggimento. Abbandonato sul
ciglio del monte, ripresi la via dopo mezz'ora, raggiungendo i compagni a Linoz.
Era la prima volta che mi buttavo e me ne vergognai.
27/05: accantonati a Linoz, attendiamo l'arrivo delle artiglierie per riprendere
l'avanzata.
01/06: tappa orribile, di una durezza mai provata. Marciammo per dimostrazione
per più di sette ore equipaggiati, a mezza costa del monte Nero (2245 m) privo
di sentiero. Arrivati a Yama ci portammo sulle alture dove disponemmo i piccoli
posti. Toccò a me montare di servizio.
02/06: passai la notte senza provar sonno ed al mattino lasciammo i piccoli
posti e ci ritirammo da Yama, mentre udivamo gridare i nostri compagni: "SAVOIA!"
ed andare all'assalto in mezzo al crepitio delle mitragliatrici, impegnati in un
furioso combattimento per la conquista del monte Matajur (1641 m). Ritornai a
Yama stanco morto, la testa ancora rimbombante degli spari e degli scoppi.
04/06: l'assalto del due giugno fu terribile e causò lo sfacelo del reggimento,
dopo di cui ci recammo a Caporetto e nella località di Svino ci attendammo.
Usufruendo di un breve riposo, rimpiazzarono nelle file i caduti con altri nuovi
sopravvenuti ed il nostro reggimento restò a disposizione del Quarto Corpo
d'Armata, mentre il mio Battaglione era a disposizione della Brigata Salerno,
come Battaglione Speciale. In questa giornata appresi con raccapriccio l'ingentissimo
numero dei nostri caduti.
05/06: sono a Svino. Già si comincia ad essere privi di ogni sorta di viveri che
non siano militari. Tutti i venditori vengono scacciati a causa di infedeltà al
nostro governo. Vennero pure fucilati sotto il ponte che conduce a Idresko sei
borghesi tedeschi, per aver sparato su diversi nostri feriti che si ritiravano
dal combattimento.
06/06: tornando dal lavoro, essendo addetti alla costruzione di trincee contro
un' eventuale ritirata, accompagnammo le care salme dei nostri alti ufficiali
caduti, con grande pompa.
17/06: ero all'istruzione per il lancio delle granate a mano. Lo scoppio di una
di esse causò una tremenda ferita alla gola del mio compagno di tenda,
uccidendolo sul colpo. Ne provai un'angoscia terribile ed una specie di orrore
s'impossessò di me. Costui è stato il primo uomo in vita mia che ho visto
stramazzare davanti a me, ferito a morte.
20/06: è domenica. Piove incessantemente costringendomi a rimaner sepolto sotto
la tenda. Verso sera arrivano nuclei di rinforzo a rimpiazzare gli eroici caduti
dei giorni 1-2-3 corrente mese.
21/06: dormivo saporitamente, quando diversi colpi di fucile mi destarono di
soprassalto. Le sentinelle da ambo le parti gridavano all'armi e le pallottole
fischiavano da vicino. In tutti gli animi nacque il dubbio di un accerchiamento
e venne ordinato di armarci. Invece, poco dopo, il tenente di picchetto portava
la notizia che non si trattava di accerchiamento nemico, bensì del raptus
improvviso di un giovane caporale impazzito per cause ignote, che si era dato la
morte sparandosi col suo fucile. Quasi con rancore tornai sotto la mia tenda.
..continua
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