Il diario di vita del Garibaldino

Giuseppe Evangelisti

(riassunto da – massoneria- http://www.esoteria.org/welcome1.htm   tratto da Hiram n° 5-6, 12/1982  U.B- Soc. Erasmo, Roma)

Nato il 13 marzo 1873 in Borgo S. Angelo-Perugia, Giuseppe Evangelisti era il quartogenito di una numerosa figliolanza. Suo padre, Benedetto, viene ricordato come "manovale casengolo", mentre la madre era "atta a casa ". Avviato alle elementari, il piccolo Giuseppe riuscì a fare "un po' di seconda", cosa che allora per i figli della povera gente era considerato un privilegio. Poi le esigenze della famiglia gl'imposero di andare a guadagnarsi qualche centesimo imparando l'arte del decoratore presso un vecchio garibaldino, Giovanni Bisacchi. Morto Bisacchi nel 1883 l'attività passò al figlio Giulio, il quale divenne in seguito un pittore di grande talento, massone e attivissimo anarchico. Giulio Bisacchi alla morte del padre aveva 24 anni, di 14 anni maggiore di Giuseppe Evangelisti, ciò nonostante fra i due si era stabilito un rapporto di amicizia e di fiducia, al punto che decisero di condurre la piccola azienda in società. Contemporaneamente entravano in Massoneria nella Loggia "Francesco Guardabassi". Ormai però Evangelisti aveva raggiunto non poca notorietà data la grande passione che aveva per la bicicletta. Inutile dire che la bicicletta di quel tempo non è da paragonarsi a quella odierna essendo la sua caratteristica primitiva molto diversa e molto più pesante. Tra gli anni 1890-96 partecipò a tutte le gare che si effettuarono in Umbria arrivando invariabilmente primo a tutti i traguardi, tanto è vero che, nel 1892, venne proclamato "Campione dell'Umbria", dopo aver vinto una memorabile corsa, organizzata dal "Veloce Club di Perugina" (Ora intestato a Lui), alla quale parteciparono i migliori corridori del tempo. Ma la notorietà di Giuseppe Evangelisti non proveniva soltanto dalla sua passione sportiva, ma anche dalla sua attività politica. Faceva parte di un Circolo Repubblicano che per diversi anni era stato l'anima nera della polizia perugina. Quando, nel febbraio 1897, a Perugia si apprese che la popolazione dell'isola di Candia (Creta) si era ribellata agli oppressori turchi, rivendicando l'annessione alla Grecia, vi furono dapprima una serie di dimostrazioni popolari in favore degli insorti, indi altre di disapprovazione per il governo italiano che si era associato ad altre potenze europee. La guerra comunque scoppiò dirompente e, mentre i turchi invadevano la Tessaglia, in Italia Ricciotti Garibaldi (50enne), secondogenito dell'Eroe e di Anita, lanciava l'appello alla gioventù democratica affinché si arruolasse nel Corpo dei garibaldini disposto ad accorrere in difesa della Grecia. Ricciotti non era nuovo alle eroiche imprese. Era stato accanto al padre a Bezzecca, a Mentana, a Digione, ed ovunque si era comportato da valoroso. In breve si costituì un corpo di volontari che superò le 2000 unità, costituito prevalentemente da repubblicani, gran parte dei quali aderenti alla Massoneria. Il 25 febbraio 1897 a Perugia, per iniziativa del Comune, il cui Sindaco Ulisse Rocchi, massone, era a capo di una maggioranza costituita di radicali (quelli di Cavallotti per capirci), repubblicani e socialisti, venne organizzata una grande manifestazione in favore dei Cretesi alla quale aderì pubblicamente anche la Loggia "Francesco Guardabassi" che provvedeva ad inviare all’ambasciatore lire 100 a beneficio della causa ellenica. Evangelisti fu il primo dei perugini a partire, ma il seguente 29 aprile altri giovani perugini seguirono le sue orme come Publio Baduel, Achille Lualdi, Edgardo Calindri, Carlo Baroni, David Inastasi. Il corpo di volontari comandato da Ricciotti Garibaldi non venne destinato, come si riteneva, nell'isola di Candia (Creta) bensì sul fronte della Tessaglia ove i turchi stavano infliggendo dure sconfitte all'esercito greco. Partecipò a vari fatti d'armi; la battaglia l'affrontò il 17 maggio 1897 a Domokos ove i garibaldini si coprirono di gloria per evitare un colossale disastro all'esercito greco ormai in rotta. Cadde qui eroicamente il deputato repubblicano Antonio Fratti, insieme a tanti altri giovani che dettero la propria vita per l'ideale della libertà dei popoli.  

Dal febbraio al maggio 1897. Da Mores a Domokos. Giuseppe.Calvia www.prolocomores.it/ 
Nel febbraio del 1897, i Cretesi, insofferenti della tirannide turca, insorsero, proclamando la loro unione alla Grecia. In aiuto degli insorti, accorse il figlio del re di Grecia e successivamente un corpo di spedizione greco sbarcò sull'isola. Giuseppe Calvia in quei giorni a Sassari si divideva tra l’incarico di consigliere provinciale e il suo lavoro da corrispondente per "La Nuova Sardegna". Dagli scranni di Piazza Italia più volte era intervenuto per denunciare la miseria e l’analfabetismo. Per Calvia figlio di una borghesia agraria, che aveva avuto un certo ruolo nel passaggio da un mondo feudale a un economia di mercato è il momento per spendere la sua generosità politica: la decisione di fare il volontario per partecipare ad una battaglia di libertà. Calvia avrà seguito tutto il dibattito politico che si svolse nella primavera. alla Camera per far tornare indietro il tentativo dei Cretesi. Giorni esaltanti che avrà vissuto come un occasione che aspettava da tempo. Il 18 aprile, la Turchia dichiarava guerra alla Grecia, quale migliore momento per Calvia; partecipare e combattere per l'indipendenza degli oppressi Cretesi, tanto più che all’iniziativa partecipava anche Antonio Fratti, conosciuto a Roma durante gli anni della sua formazione intellettuale. Avrà preso contatti e il primo appunto sarà stato quello con il garibaldino e deputato repubblicano forlivese Antonio Fratti che fin dall’inizio del 1877 si era trasferito a Roma, dove dirigeva il quotidiano "Il Dovere" Dieci anni prima, nel 1866, aveva combattuto a Monterotondo e Mentana. Successivamente sarà deputato di Forlì nel 1892-95 e nel 1897, avversario della politica di Crispi. Venne costituito un corpo di volontari di circa 2000 unità. Il 17 maggio i garibaldini difesero l’esercito greco che stava battendo in ritirata. Calvia era con loro, mandava corrispondenze giornalistiche per "La Nuova Sardegna"ed era a fianco dei tenenti siciliani Campanozzi e Barnaba all’aretino Pini, all’anconetano Antinori, al ternano Silvestri , ai i romani Garroni e Trombetti , al milanese Capelli, che morirono in battaglia. 

da dx Menotti e Ricciotti

Giuseppe Evangelisti si comportò da valoroso guadagnandosi i gradi di sergente e, soprattutto guadagnandosi la stima e l'amicizia di Peppino Garibaldi, figlio maggiore di Ricciotti. L'amicizia fra i due si prolungò nel tempo e, come vedremo, fu ricca di fecondi e positivi risultati patriottici. Tornato a casa a metà giugno 1897, Evangelisti venne festeggiato da tutta la città. Invitato dalla Loggia "Francesco Guardabassi" a commemorare la figura di Antonio Fratti, nella giornata del 26, così, tra l'altro, ebbe a dire: "Antonio Fratti vivrà eternamente nel culto della democrazia che ebbe in lui uno dei capi più autorevoli, una delle più belle figure della nostra storia recente. Il valoroso di Bezzecca e Digione, il discepolo amato di Giuseppe Mazzini, l'esponente più autorevole del Partito Repubblicano, ha dato la sua nobile vita per la libertà della Grecia. A me il doloroso compito di raccoglierne le spoglie mortali ......".
Per alcuni anni Giuseppe Evangelisti non fece più parlare di se. Aveva abbandonato la sua adorata bicicletta per dedicare invece il suo tempo libero allo studio. Si fece una cultura, aiutato dal suo grande amico Guglielmo Millocchi che era maestro elementare, anche se non abilitato perché la monarchia lo aveva privato dell'insegnamento in tutte le scuole del regno. Insieme avversarono la guerra di Libia, ritenuta una guerra di conquista imperialista. Ma poco dopo, nel 1912, Evangelisti non seppe resistere al fascino della camicia rossa e al nuovo appello dell'ultra sessantenne Ricciotti Garibaldi; accorse ancora in Grecia a combattere per la libertà di quella nazione. I popoli della Grecia, della Bulgaria, della Serbia e del Montenegro si erano ribellati ai maneggi degli imperi centrali e degli ottomani al grido:
"I Balcani ai popoli balcanici". Vi furono dei conflitti sanguinosi a cui presero parte pure i garibaldini d'Italia. Giuseppe Evangelisti si comportò ancora da valoroso sul campo di battaglia e dell'onore, guadagnandosi il grado di tenente, a Drisko, per meriti di guerra. Ed eccoci alla seconda metà dell'anno 1914. La guerra era scoppiata tra gl'imperi austro-ungarico e tedesco da una parte, e Francia e Inghilterra dall'altra. In Italia il governo si dibatteva in una problematica neutralista senza via d'uscita; i clericali si erano schierati per l'intervento in favore, naturalmente, della Triplice; i repubblicani fedeli alla loro tradizione risorgimentale, si agitavano per l'intervento in favore dell'Intesa; Mussolini, dal canto suo, se ne stava in attesa del migliore... offerente allo scopo di decidersi da che parte buttarsi. E mentre tutto questo avveniva, Peppino Garibaldi si era precipitato a Parigi da dove invitava i giovani ad arruolarsi nella Legione Garibaldina disposta a battersi in favore della Francia invasa. Rispose con entusiasmo la gioventù repubblicana che accorse in Francia attraverso mille peripezie, poiché il governo italiano impediva loro di raggiungere il suolo francese. E accorsero anche i veterani delle precedenti campagne di Grecia. Della campagna garibaldina in Francia abbiamo una validissima testimonianza. Quella di Guglielmo Millocchi che, quasi ogni giorno inviava dal fronte corrispondenze al settimanale repubblicano di Perugia, "Il Popolo", del quale era direttore. 

Domokos Era partito, Guglielmo Millocchi, il 10 agosto 1914, insieme al giovane segretario della Sezione repubblicana perugina, Lamberto Duranti, anch'egli massone da qualche anno. S'imbarcarono a Civitavecchia su di un vecchio vapore alla volta della Sardegna, poi con rischiosi mezzi di fortuna in Corsica e, alla fine a Parigi ove in pratica venivano concentrati i primi volontari italiani provenienti, non solo dalla madre patria, ma da varie parti del mondo. "Qui a Parigi, non più festosa, la guerra si sente, si vede e, passatemi la parola, si respira", scriveva Millocchi il 31 agosto al suo giornale. Poi, dando la spiegazione della massiccia partecipazione d'italiani residenti in Francia al volontariato garibaldino, così proseguiva: "La Francia fu buona coi lavoratori nostri, ed oggi, nell'ora del dolore, essi vogliono dimostrarle la loro gratitudine. A Marsiglia visitammo la Sede dei mazziniani italiani, vi fervevano preparativi per la partenza; essi si sono arruolati in massa con le schiere dei volontari. E la loro bandiera rossa fu alla testa della dimostrazione nella quale. a Marsiglia, mille e mille italiani acclamarono alla Francia Repubblicana".“Attendiamo qui con Garibaldi l'ordine di partire da un giorno all'altro". Quell'ordine che stentava a venire perché il governo ancora non aveva deciso se i volontari italiani dovevano essere utilizzati autonomamente, oppure incorporati nell'esercito francese. Intanto però i tedeschi s'approssimavano sempre più a Parigi. "La spedizione deve essere e sarà schiettamente repubblicana. Peppino Garibaldi è entrato perfettamente in quest'ordine di idee e l'Italia sarà ancora una volta grata al Partito Repubblicano ......". Il 4 Settembre, in un'altra lettera Millocchi manifestava la sua delusione poiché i volontari, anziché essere inviati al fronte, furono invece spediti nelle cittadine di Montelimar e Nimes, nei pressi di Lione."Avrei voluto che ci avessero inviati a combattere a Parigi. Fra pochi giorni i francesi dovranno battersi in una disperata difesa della loro capitale ......". Intanto erano giunti gli altri fratelli di Peppino, vale a dire Sante, Ricciotti junior, Costante, Ezio e Bruno. Tutti quanti insomma i figli di Ricciotti, salvo Menotti junior che, trovandosi in Estremo Oriente, raggiunse i suoi fratelli quando la Legione garibaldina era ormai sciolta. In tempo però per partire volontario, coi superstiti fratelli, nell'esercito italiano dopo la dichiarazione di guerra. Millocchi, in una corrispondenza datata 25 settembre, così diceva: "Carlo Bazzi ha ritrovato i suoi compagni; ecco Longo che guadagnò i galloni a Domokos; Cristini che s'è seriamente battuto tra i boeri in Sud Africa contro gli Inglesi; Gnecco, modesto compilatore dell'Emancipatore di Genova; Falangola che è accorso dall'America; Fiaschi il sindacalista; Camillo Marabini, lo storico della seconda spedizione di Grecia; poi Chiostergi, Cappelli, Rovesini, il nostro Baduel; Tonino Orlandi Candini, il vecchio mazziniano fiorentino che fu a Digione, e oggi, ancora una volta risale a cavallo e ritrova l'antica gagliardia giovanile". Peppino Garibaldi, che nel frattempo era stato insignito del grado di tenente colonnello dell'esercito francese, li riceveva tutti abbracciandoli affettuosamente. Ad un primo incontro collegiale coi veterani (erano quasi tutti ufficiali per meriti di guerra), qualcuno domandò: " E Peppino Evangelisti? “Quello verrà, vedrete", rispose Peppino Garibaldi. "Sono tornati da ogni parte, convenuti qui, attorno ai fratelli Garibaldi nella febbre tormentata ma ormai brevissima dell'attesa. Giungendo hanno tutti, subito, una prima domanda: quando ci daranno la camicia rossa? E poi, quando si parte? lo non posso nominarli tutti. C'è qualche socialista, qualche sindacalista, qualche anarchico; i nomi di quasi tutti sono negli elenchi dei Circoli giovanili e delle Sezioni Repubblicane d'Italia". Proseguendo nella sua corrispondenza del 25 settembre, Millocchi così concludeva: -" E quello - Peppino Evangelisti -piombò tra noi modesto come sempre, buono, affettuoso, sorridente e frettoloso come per dire: scusate se vi ho fatto aspettare ( .. ). Egli è forse il più amato, certo il più conosciuto dei garibaldini di Grecia. Il suo arrivo fu una festa Per tutti. Dovetti, egoisticamente, sottrarlo ai saluti rumorosi e festosi ( .. ), Comanderà una Compagnia, ma io non lo credo troppo contento dei suoi galloni di capitano". Un'altra lettera di Miliocchi al suo giornale, datata 2 novembre 1914, informava che ormai i tre battaglioni di volontari erano mobilitati per le Argonne, ad Est di Parigi. Il governo della Francia aveva consentito che gl'italiani si costituissero in Legione (in principio si chiamò IV Reggimento Estero), comandata da Peppino Garibaldi il quale era sottoposto al comando supremo del 2° corpo francese."Quando i tipografi avranno messo in piombo queste righe, i battaglioni di Montelimar saranno in marcia e quelli di Nimes avranno levato le tende ......". Al volontari fu consentito d'indossare la camicia rossa sotto la divisa francese. "chi scrive", diceva Miliocchi, "ne ha una nuova fiammante, dono della Massoneria lionese".


BRIGATA ALPI (CACCIATORI DELLE RGT. 51/52)

MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE
“Per la splendida condotta tenuta dal 52 Reggimento durante tutta la campagna di Libia 1911-12 e particolarmente per l’eroico valore spiegato nella battaglia di Sidi Bilal” (20 settembre 1912)
MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE
“Perché sia perpetuato il ricordo degli armamenti e degli eroismi, onde rifulse nella Campagna del 1859, il Corpo Volontario dei Cacciatori delle Alpi e sia reso indissolubile il vincolo delle memorie epiche onde a quel Corpo è unito il Reggimento soprannotato che ne ha in retaggio il patrimonio d’onore e di gloria” (Campagna del 1859)
MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE
“Per le prove di valore e di ardimento date dal 4° Battaglione, nonostante la tenace resistenza avversaria, l’inclemenza della stagione e le difficoltà del terreno.”
(Col di Lana, luglio 1915)
MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE
“Fedele alle sue gloriose tradizioni, in violenti ed aspri combattimenti sui campi di Francia, contro un nemico formidabile, diede eccezionali prove di bravura e di salda tenacia, portando sempre alto il nome d’Italia e la fama dei Cacciatori delle Alpi”
(Campagna di Francia, 21 aprile –  novembre 1918)

http://digilander.libero.it/cacciatoridellealpi/  I tre monti stanno a significare le Alpi; i tre corni legati di rosso rappresentano il fattore storico del RGT "Cacciatori delle Alpi" e della Cravatta Rossa; nella seconda parte appare lo stemma della città di Cuneo e parte dello stemma del 2° C.A.R., le sei fasce rosse e d'argento e il braccio con il ramoscello stanno a significazione storica della rinascita del Reggimento a Cuneo al 2° C.A.R.. Lo scudo al capo d'oro a significazione della Medaglia d'Oro, mentre il veliero ricorda la Campagna d'oltre mare di Libia. Sullo scudo la corona turrita della Repubblica Italiana dalla quale dipartono otto nastri svolazzanti che ricordano le ricompense concesse alla Bandiera (+ 4 bronzo) 

Il Corpo Cacciatori delle Alpi si forma da un primo Reggimento di volontari al quale si affianca il 7 aprile 1859, il 2°. Il 17 aprile con il personale affluito al centro di reclutamento di Acqui ha vita anche il Corpo Cacciatori degli Appennini. Formato il 4 maggio un nuovo reggimento, il Corpo Cacciatori delle Alpi passa a 3 reggimenti con una compagnia guide a cavallo ed una compagnia bersaglieri e viene posto al comando del Generale Garibaldi. In giugno anche i Cacciatori degli Appennini passano alle dipendenze del Generale Garibaldi e prendono nome di 4° Reggimento, infine, sempre nello stesso mese di giugno, si costituisce il 5° Reggimento. Il Corpo viene implementato anche con una necessaria batteria d’artiglieria, un reparto treno (Sussistenza), un'ambulanza, un battaglione bersaglieri valtellinesi, un battaglione adolescenti ed altre tre compagnie bersaglieri. Avviate le trattative di pace con l’Austria, il 15 luglio parte dei volontari è licenziata ed il 7 agosto il Generale Garibaldi lascia il comando della grande unità. Dal 7 settembre il Corpo prende nome di Brigata Cacciatori delle Alpi

 Il primo importante scontro a fuoco della Legione garibaldina avvenne il 26 dicembre 1914 su di un terreno collinoso e ricco di boscaglia, nei pressi di Bolante. La battaglia sanguinosa, aspra, vide vittoriosi i volontari della Legione. Le perdite assai dolorose; trenta morti e centoventi feriti, una ventina i dispersi. Tra i caduti il tenente Bruno Garibaldi, caduto alla testa del suo plotone. Con lui cadde l'operaio perugino Guido Bura, che lasciava la giovane moglie e tre bambini. La seconda, dura battaglia della Legione Garibaldina nelle Argonne, avvenne il 5 gennaio 1915 a Four de Paris, dove Giuseppe Evangelisti, alla guida della quarta compagnia del III battaglione, compì autentici prodigi di valore. Ancora tantissimi i morti, oltre cinquanta, e quasi duecento i feriti. Ma non poche postazioni tedesche vennero espugnate. Tra i morti un altro Garibaldi, Costante, e un altro perugino, il massone Lamberto Duranti. Altra durissima battaglia l'8 gennaio, lungo la linea di Maison Forestière, dove Giuseppe Evangelisti si guadagnò i gradi di maggiore e la massima onorificenza militare francese, la Legion D'Onore, conferitagli personalmente dal capo dello stato maggiore francese, generale Joffre. 52° fanteria arresto Garibaldi disegno Caccia Dominioni
Lamberto Duranti in una lettera datata 1° gennaio 1915 (prima di morire), scritta a Publio Angeloni, descrisse lo svolgersi della battaglia del 26 dicembre.
"Ci siamo battuti da veri leoni" egli affermava. "Sono veramente vivo per miracolo. Il Diavolo non m' ha voluto con sé. Abbiamo combattuto per due ore sotto un turbinio di fuoco ( .. ). Presto riattaccheremo: forse domenica. Sarò ancora fortunato? Ci credo poco ma... avanti! C'è gloria per tutti qui e bisogna conquistarsela. I tedeschi hanno veduto come sappiamo batterci: lo vedranno ancora per dio! Abbiamo sposato la santa causa francese e per essa daremo l'ultima stilla di sangue; italianamente". Ed ecco il pianto di Millocchi per la perdita dell'amico, del Fratello nell'Ordine, espresso in una lettera datata 7 gennaio: "La salma del povero Lamberto sta nella chiesetta semioscura, accanto a quella di un altro valoroso, Costante Garibaldi. Umbria repubblicana, i tuoi morti riposano l'uno accanto a l'altro: anche Costante Garibaldi aveva dato il suo nome e la sua fede alla gioventù repubblicana di Terni. I volontari entrano commossi. Molti occhi, non soltanto i nostri, sono umidi di pianto ( .. ). Io non scrivo una necrologia. Perché volevo dirvi, repubblicani dell'Umbria, che la nostra Federazione ha perduto il suo segretario e il suo propagandista, ma la sua bandiera non deve abbrunarsi, perché Lamberto Duranti è morto da eroe…"..
A metà marzo 1915 la Legione Garibaldina venne disciolta. Evangelisti e Millocchi, tornati a Perugia, ripresero senza soste la campagna interventista, avendo cura di non confondersi con l'interventismo mussoliniano dell'ultima ora. Essi avevano assunto, alle Argonne, un impegno coi fratelli Garibaldi. Quello cioè di farli ammettere in Massoneria dalla Loggia "Francesco Guardabassi". L'evento si realizzò la sera del 26 giugno 1915, quando Peppino, Ezio, Menotti e Sante ebbero la Luce massonica dal Venerabile Publio Angeloni il quale, peraltro, ebbe la delega di rappresentare il Gran Maestro Ettore Ferrari. Per la verità storica va precisato che dei Garibaldi superstiti delle Argonne mancava Ricciotti junior, mentre vi si era aggiunto Menotti junior, rientrato sotto quei giorni dalla Cina. A Perugia si stava anche predisponendo la brigata Cacciatori delle Alpi (51 e 52° reggimento) con la quale, si erano arruolati i fratelli Garibaldi. Giuseppe Evangelisti, che tanto avrebbe voluto partecipare all'Iniziazione dei suoi intimi amici, era partito il giorno avanti per il fronte, volontario nell'esercito regolare italiano, col riconfermato grado di maggiore. Nuove gesta eroiche, altre decorazioni, poi le delusioni del dopoguerra. Congedato, riprese il suo lavoro di decoratore, dedicandosi prevalentemente a osteggiare il furore del dilagante fascismo. Nel 1921 fu Venerabile della Loggia "20 Giugno 1859" della quale era Oratore il Fratello Millocchi. Nel 1926 venne arrestato quale "massone sovversivo", insieme a molti altri Fratelli, e spedito al confino di polizia. Liberato nel 1929, si trattenne ancora un anno a Perugia, in solitudine e in miseria, finché, nel 1930, riuscì ad espatriare in Francia dove ricevette quei riconoscimenti che la sua patria gli aveva negato. Cessò di vivere il 15 marzo 1935 a Nizza. 
Vicende dei fratelli Garibaldi con la Brigata Cacciatori delle Alpi 51 e 52° Fanteria nella Grande Guerra http://digilander.libero.it/cacciatoridellealpi/marmolada.htm 

Al nome dell'Isola/rifugio di Giuseppe Garibaldi venne intitolata una divisione di fanteria molti anni dopo in occasione di una organizzazione (temporanea e fallita) del Regio Esercito. In esecuzione della legge 11 marzo 1926 sull'riordinamento dell'esercito, che prevede la costituzione delle brigate su tre reggimenti il Comando Brigata e il 60° Rgt. Fanteria vengono sciolti e il 59° Rgt. Fanteria viene assegnato alla XXX Brigata di Fanteria. Nel settembre 1934, nell'ambito del Comando Militare di Sassari-Divisione di Fanteria Caprera (31a), si costituisce la XXX Brigata di Fanteria con alle dipendenze il 59° Calabria e il 45° della Brigata Reggio. Poco dopo la brigata assume il nome di Brigata di Fanteria Caprera (XXXI). Il 15 ottobre 1939, a seguito riordinamento dell'Esercito, la Brigata Caprera » si scioglie e con il 59° e 60' Rgt. Fanteria e il 40° Reggimento Artiglieria da Campagna si ricostituisce la Divisione di Fanteria Calabria (31a) da Regio esercito.it

MASSONERIA

Quattro giorni dopo (26 giugno 1915), Giuseppe, Menotti, Sante e Ezio (prime firme a destra) ricevettero l'Iniziazione massonica nella Loggia "Francesco Guardabassi" di Perugia. Oltre a quelle dei fratelli Garibaldi, sono leggibili quelle di Publio Angeloni, Terzo Bellucci, Zopiro Montesperelli e dell'On. Francesco Innamorati.

Erano massoni oltre ai nomi citati, Cavour, Pisacane, Bixio, Nigra, G. Montanelli (non Indro), Saffi, Depretis, D'Azeglio, Rattazzi, Ricasoli, Settembrini, Crispi, Alfonso La Marmora.. etc..

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Da Wikipedia:...  Una serie di iniziative, assunte quasi contemporaneamente dai governanti dei vari Stati italiani, inaugurò un nuovo periodo di repressioni del fenomeno massonico dopo la caduta di Napoleone. Nel Regno di Sardegna, il 10 giugno 1814 Vittorio Emanuele I emanò un editto con il quale ribadì "la proibizione delle congreghe ed adunanze segrete, qualunque ne sia la denominazione loro e massime quelle dei così detti Liberi Muratori già proibita col R.E. del 20 maggio 1794". Analogo decreto del 26 agosto 1814 emanato nel Lombardo Veneto. Papa Pio VII (15 agosto 1814) emanava un editto che, rifacendosi alle encicliche di Clemente XII e di Benedetto XIV, proibiva le "aggregazioni delli suddetti Liberi Muratori, e altre consimili" e a Napoli Ferdinando IV di Borbone (8 agosto 1816) vietava "le associazioni segrete che costituiscono qualsivoglia specie di setta, qualunque sia la loro denominazione l’oggetto ed il numero dei loro componenti". Tuttavia, i massoni italiani resistettero ed anzi andarono sempre più a rafforzare ed organizzare la propria attività, fino a riemergere in modo significativo nella seconda metà dell'Ottocento.
L'8 ottobre 1859, a Torino, sette "fratelli" costituirono una nuova loggia, chiamata Ausonia dall'antico nome poetico dell'Italia: da questo seme il 20 dicembre 1859, sempre a Torino, nacque un'organizzazione che esplicitamente aspirava a diventare una Gran Loggia nazionale ed assunse la denominazione di Grande Oriente Italiano. Tale intento si concretizzò con la I assemblea costituente del Grande Oriente Italiano, che si tenne a Torino dal 26 dicembre 1861 al 1° gennaio 1862 sotto la presidenza di Felice Govean, facente funzioni di gran maestro, e con la presenza dei rappresentanti di 28 logge:
Giuseppe Garibaldi fu salutato come "primo libero muratore italiano".

Ad assumerne la carica di gran maestro, il 1° marzo 1862, venne poi chiamato Filippo Cordova, eminente figura di giurista e di statista; la III assemblea costituente, convocata a Firenze dal 21 al 24 maggio 1864, elesse gran maestro Giuseppe Garibaldi, cui succedettero - nuovamente - Filippo Cordova e poi Lodovico Frapolli e
Giuseppe Mazzini, durante il cui governo, nel 1870, la Gran Loggia spostò la propria sede da Firenze a Roma. Nel 1884 fu pubblicata l'enciclica Humanum Genus di papa Leone XIII, che segnò probabilmente il momento più alto di scontro tra la Chiesa cattolica e la massoneria: il documento pontificio, oltre ad addebitare alla massoneria "atroci vendette… su chi sia creduto reo di aver tradito il segreto e disubbidito al comando, e ciò con tanta audacia e destrezza, che spesso il sicario sfugge alle ricerche ed ai colpi della giustizia", sosteneva che l'obiettivo dei massoni era quello di "distruggere da cima a fondo tutta la disciplina religiosa e sociale che è nata dalle istituzioni cristiane, e sostituirla con una nuova, modellata sulle loro idee, e i cui princìpi fondamentali e le leggi sono attinte dal naturalismo". In quel clima, veniva eletto gran maestro (17 gennaio 1885) Adriano Lemmi, il quale si impegnò particolarmente nel chiamare a raccolta figure rappresentative del mondo politico e culturale, tra cui Giovanni Bovio, Giosuè Carducci, Agostino Bertani, Giuseppe Zanardelli. Il 6 giugno 1889 in Campo de' Fiori a Roma avveniva l’inaugurazione del monumento a Giordano Bruno, opera dello scultore e futuro gran Maestro Ettore Ferrari: l'oratore ufficiale fu il filosofo Giovanni Bovio; nel 1895 divenne gran Maestro Ernesto Nathan, poi sindaco di Roma. Il 21 aprile 1901 il Grande Oriente inaugurò la sua nuova sede di Palazzo Giustiniani, mentre iniziava un fermento scissionistico che portò, il 21 marzo 1910, alla fondazione di una Gran Loggia, che ebbe a gran maestro Saverio Fera, sotto la denominazione di Serenissima Gran Loggia d'Italia: dall'indirizzo della sua sede divenne nota anche come Gran Loggia di Piazza del Gesù.