ZUPPA INGLESE AL CREMISI

Il dolce e l’amaro degli Estensi

Alla ricca corte degli Este (come d’altronde in tante altre del Nord, Mantova, Verona, etc..) si eccelleva nei piaceri della tavola oltre che del letto. Maestri di casa, cuochi e credenzieri ebbero come vangelo, nella seconda metà del Rinascimento (periodo che va nel complesso dalla metà del 1400 all’inizio del 1600), il libro di Cristoforo di Messisbugo (1549) celeberrimo creatore di delizie alla Corte di Ferrara. Il gusto dell’agrodolce predominava nei piatti suggeriti dal Massisbugo o dagli altri “artisti” delle cucine ducali. Il miele, ad esempio, poteva essere un ottimo condimento per l’anguilla e così via secondo una tradizione con radici nordiche ancora oggi imparentata con le mostarde padane sulle carni (ma tutta l’Italia anche a Sud veniva influenzata da questi gusti con le dominazioni nordiche, normanne). Un dolce che si fa risalire all’epoca e alla tradizione prima ferrarese poi Modenese (spostamento della capitale nel 1598) è la Zuppa dallo strano nome “inglese” (e non neanche una zuppa) di cui ancor oggi non si riesce a definirne le origini.

Leo Codacci, in "Civiltà della tavola contadina", afferma che la zuppa inglese sarebbe stata "inventata" da una donna di servizio di una famiglia inglese residente sulle colline di Fiesole. Quella contadina toscana, avvezza da generazioni a non gettare niente di quanto restava sulla tavola, non riusciva a buttare via la biscotteria secca servita durante la giornata a corredo del tè o del Porto. Volendo fare economia anche in casa di chi non ne aveva bisogno, la domestica pensò di utilizzare quella grazia di Dio e di mescolare gli "avanzi" dei biscotti, della crema pasticceria (detta anche inglese) e del budino di cioccolato (ma questo un secolo dopo la scoperta dell’america perché è da li che veniva).

L’origine toscana (ribaltata di qua dall’Appennino) non stupirebbe per la frequentazione muliebre delle Medici in casa d’Este alla fine del 1500. Anche l’uso, tutt’ora attuale dell’Alkermes (dall’arabo al-qirmiz o cremisi) prodotto nel rinascimento a Firenze (il rosso gli viene dalla cocciniglia e dagli arabi della Sicilia in su di strada ne ha fatta per risalire la penisola ) fa presupporre questa origine. Si fa risalire proprio a Caterina de’ Medici il successo di questo liquore per dolci “elisir di lunga vita”prodotto dall’Officina dei frati di Santa Maria Novella in Firenze.
La matrice fiorentina dell’Alchermes è confermata anche dalla sua presenza in alcune preparazioni toscane come la “schiaccia briaca” d’Elba. Pellegrino Artusi, che ne certifica la presenza nella cucina italiana post unitaria, usa savoiardi (in onore della casa ?), alchermes e rosolio, suggerendo però, a differenza dell'abitudine "moderna", di usare come primo strato, in fondo allo stampo rovesciato, della marmellata di albicocche, pesche o mele cotogne (vedi ricetta 675). Una ennesima versione, come detto, colloca la ricetta oltre la metà del 1600 col matrimonio della Laura Martinozzi da Fano con Alfonso d’Este. Le origini secondo questa ultima versione si collocano presso la corte d'Este quale rielaborazione di un dolce rinascimentale anglosassone, il trifle, considerato un po’ la madre di tutti i dolci, fatto con crema e pan di Spagna, il tutto innaffiato da bevande alcoliche (per esempio lo Sherry di Cadice di cui gli inglesi sono sempre andati golosi come col porto) .
I contatti commerciali e diplomatici con la casa reale inglese erano frequenti, ed è probabile che sia stato proprio un diplomatico di ritorno da Londra a richiedere ai cuochi di corte di riassaggiare il trifle. Lo stesso sarebbe accaduto anche in Toscana. Nei vari tentativi la ricetta venne rielaborata dapprima sostituendo la pasta lievitata all'inglese con una ciambella di uso comune nella zone: la bracciatella o brazzadela. La bracciatella veniva cotta in forma di ciambella (col buco) e consumata con accompagnamento di vino dolce bianco, così come era in uso frequente anche per altri dolci, come i cantucci col vin santo. Seguendo la tesi rinascimentale, si può supporre che la creazione sia divenuta comune e che, nell'intento di portarla al rango di dolce gentilizio e non popolare come il suo cugino inglese, si sia provveduto ad ingentilirlo ulteriormente sostituendo la bracciatella con il Pan di spagna e la panna con la crema pasticcera. Col tempo questo trifle modificato prese poi il nome di "zuppa inglese".

...In questo clima
(la
cena del 24 gennaio 1529 http://www.ripagrandehotel.it/ita/descrizione_enogastronomia.asp?id=277 ), particolarmente attento a qualunque novità potesse stuzzicare i palati dei ricchi e smaliziati ospiti, la tradizione vuole che nascesse la "zuppa inglese": un gentiluomo di Ferrara, che aveva dimorato a lungo in Inghilterra per questioni diplomatiche, avrebbe riferito di uno squisito dolce inglese, chiamato "trifle", ed avrebbe sfidato i cuochi del duca a prepararlo. A questo punto della vicenda i vari autori propongono versioni differenti, tutte ricche di fantasiosi particolari, tesi a giustificare le peculiarità della propria ricetta: in piena epoca romantica, ad esempio, un delizioso testo ne fa una ricostruzione in chiave sentimentale. Il diplomatico era un giovane nobile, che tornò a Ferrara portando segretamente con sé una bella dama inglese contro il volere dei parenti di lei. Dovendola tenere nascosta nel suo palazzo per timore che la notizia giungesse sino alla lontana Londra, cercava di alleviare i lunghi giorni della reclusa, facendole, tra l'altro, preparare manicaretti rari e raffinati, ma la differenza con la cucina inglese era troppo forte e la dama, mangiucchiando svogliata, intristiva sempre più, finché il suo amante non ricordò la predilezione di lei per un dolce chiamato "trifle". Il capocuoco, sollecitato dal disperato giovane, diede allora il meglio di sé nel rifare, con i prodotti a sua disposizione, quella ghiottoneria e fu davvero abile se la giovane non solo iniziò a rifiorire, ma anzi riconobbe che questa zuppa inglese era meglio dell'originale...Maria Giovanna Trenti dalla rivista "Incontri" (periodico del gruppo bancario BPER)  

Le  ricette

1a ricetta:
savoiardi - 3 uova -1/2 lt di latte
3 cucchiai di farina - 3 cucchiai di zucchero
cacao amaro in polvere
liquore alchermes
unire i tuorli , lo zucchero e la farina stemperata e un pò di latte e portare a ebollizione: attenzione ai grumi. quando è quasi solida togliere dal fuoco. Bagnare i savoiardi nell'alchermes e rivestire la teglia poi aggiungere un pò di crema gialla, altri savoiardi e aggiungere quella al cacao (ottenuta prendendo quella gialla unita al cacao) e così via alternare gli strati ultimo strato coperto da savoiardi. io uso lo stampo x charlotte però di latta poi frigo qualche oretta prima di mangiarla.

da un vecchio libro per dolci:
Un pan di spagna da 500gr.
Per la crema pasticcera: 2 tuorli-100gr. di zucchero-2 cucchiai di farina- 1/2 l di latte - un scorza di limone
Per la crema al cioccolato:
100gr. di butirro- 100gr di zucchero- 2 cucchiai di farina- 100gr. di cacao amaro-1/2 l. di latte
Ed inoltre: rum, alchermes, 2 albumi, 100gr. di zucchero al velo.
Preparare innanzitutto le creme e farle raffreddare. Tagliare il pandispagna a fette. Prendere un recipiente o una teglia che possa andare anche in forno: fate sul fondo un velo di crema pasticcera, adagiatevi uno strato di pan di spagna spruzzato con poco rum, poi fate uno strato di crema al cioccolato, uno strato di pan di spagna spruzzato con l'alchermes, uno di crema pasticcera e così via fino ad esaurimento degli ingredienti. Per guarnire la torta, montare gli albumi a neve densissima con lo zucchero al velo, metterlo in una siringa per dolci e con essi decorare tutta la superficie del dolce, formando delle strisce trasversali. Introdurre quindi la pirofila in forno, sotto il grill acceso e fate dorare il meringaggio. Lasciare raffreddare la zuppa in frigorifero e prima di servirla decorare a piacere con ciliegini candite.

 

Pellegrino Artusi http://www.alimentipedia.it/Cucina_storica/Artusi/Artusi.html 

tutto l’Artusi

675. ZUPPA INGLESE
In Toscana - ove, per ragione del clima ed anche perché colà hanno avvezzato così lo stomaco, a tutte le vivande si dà il carattere della leggerezza e l'impronta, dov'è possibile, della liquidità - la crema si fa molto sciolta, senza amido né farina e si usa servirla nelle tazze da caffè. Fatta in questo modo riesce, è vero, più delicata, ma non si presta per una zuppa inglese nello stampo e non fa bellezza. Eccovi le dosi della crema pasticcera, così chiamata dai cuochi per distinguerla da quella fatta senza farina.
Latte, decilitri 5.
Zucchero, grammi 85.
Farina o, meglio, amido in polvere, grammi 40.
Rossi d'uovo, n. 4.
Odore di vainiglia.
Lavorate prima lo zucchero coi rossi d'uovo, aggiungete la farina e per ultimo il latte a poco per volta. Potete metterla a fuoco ardente girando il mestolo di continuo; ma quando la vedrete fumare coprite la brace con una palettata di cenere o ritirate la cazzaruola sull'angolo del fornello se non volete che si formino bozzoli (grumi). Quando s'è già ristretta continuate a tenerla sul fuoco otto o dieci minuti e poi lasciatela diacciare (raffreddare).
Prendete una forma scannellata (stampo), ungetela bene con burro freddo e cominciate a riempirla nel seguente modo: se avete una buona conserva di frutta, come sarebbe di albicocche, di pesche od anche di cotogne, gettate questa, per la prima, in fondo alla forma e poi uno strato di crema ed uno di savoiardi intinti in un rosolio bianco. Se, per esempio, le scannellature della forma fossero diciotto, intingete nove savoiardi nell'alkermes e nove nel rosolio bianco (o sassolino in zona)) e coi medesimi riempite i vuoti, alternandoli. Versate dell'altra crema e sovrapponete alla medesima degli altri savoiardi intinti nel rosolio e ripetete l'operazione fino a riempirne lo stampo. I savoiardi badate di non inzupparli troppo nel rosolio perché lo rigetterebbero; se il liquore fosse troppo dolce, correggetelo col rhum o col cognac. Se il tempo avesse indurita la conserva di frutta (della quale in questo dolce si può fare anche a meno), rammorbiditela al fuoco con qualche cucchiaiata di acqua, ma nello stampo versatela diaccia. Questa dose può bastare per sette od otto persone.
Nell'estate potete tenerla nel ghiaccio e per isformarla immergete per un momento lo stampo nell'acqua calda onde il burro si sciolga. Saranno sufficienti grammi 120 a 130 di savoiardi.

Messi detto Sbugo nacque a Ferrara sul finire del ‘400, da una famiglia originaria del Nord Europa forse dalle Fiandre. A Ferrare nel 1549, un anno dopo la sua scomparsa, venne pubblicato il suo libro “Banchetti, composizioni di vivande et apparecchio generale”, più volte ristampato fino ai primi decenni del ‘600. La materia è suddivisa in tre parti fondamentali: un discorso introduttivo “Memoriale per fare un apparecchio generale”; un catalogo di dieci cene, tre desinari e un festino, descritti in tutte le loro fasi con relative liste di bevande; una raccolta di 315 ricette. Non solo cuoco quindi ma scenografo, intrattenitore, organizzatore, maestro di cerimonia, sensale e pianificatore di eventi dalla A alla Z come s’usa anche oggi per i matrimoni.
Una sua mostarda
Piglia libbra una di zuccaro chiarificato, di cannella pesta fina oncia una, di gengevero oncia una, di garofani oncia mezza, di seneva pista oncie 6; e mescola insieme, e passa per lo setazzo, ovvero macina ogni cosa insieme con una macinella; e serà perfettissima. E non la volendo di zuccaro, le porrai del miele.
Ingredienti:
Zucchero o miele
Cannella
Zenzero
Chiodi di garofano
Senape

 

http://en.wikipedia.org/wiki/Trifle  cercate il Trifle (bagatella quisquiglia, inezia) che fa per voi digitando Trifle in cerca immagini di Google. Se non avete problemi di colesterolo fa per Voi. Se trovate altre ricette diverse per la zuppa inglese è tutto regolare, fa parte della tradizione contadina emiliana aver "familiarizzato" ogni pietanza con ingredienti disponibili o più graditi. Succede anche per i cappelletti checché ne dica Artusi.

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Ultima ricetta

Ingredienti :
Crema gialla
6 tuorli d'uovo,
150 zucch. semolato,
gr 60 farina 00,
mezzi litro di latte (intero),
scorza di limone
crema al cioccolato
100 gr ciocc. fondente,
gr 50 farina 00,
gr 50 burro,
gr 50 zucch,
mezzo litro di latte
scorza di un limone
rivestimento

1 confezione di biscotti savoiardi,
200 ml di liquore alchermes,
100 ml di rhum,
100 ml di acqua,
60 gr di zucch.

 

Prima di servire porre la zuppa inglese in frigorifero per alcune ore. MariaPia

 

http://forum.giallozafferano.it/ricette-tipiche-regionali/4223-zuppa-inglese-tradizionale-emiliana.html 

Crema gialla: Scaldare il latte con l'aggiunta della scorza del limone. Montare i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto spumoso ed aggiungervi gradualmente la farina mescolando bene, poi il latte scaldato in precedenza. Porre sul fuoco e far bollire per 3 minuti continuando a mescolare. Togliere la buccia di limone e fare raffreddare la crema ottenuta.
Crema marrone: Mettere in una casseruola il burro e a fuoco moderato farlo sciogliere; unire lo zucchero e successivamente la farina. Mescolare bene evitando la formazione di grumi, quindi aggiungere 2 cucchiaiate di latte e il cioccolato precedentemente grattugiato. Unire gradualmente il latte rimasto e la scorza intera del limone. Continuare a mescolare in modo che la crema si addensi poi lasciare bollire per 2 minuti. Togliere la scorza e fare raffreddare. Rivestimento: Preparare uno sciroppo facendo bollire l'acqua e lo zucchero per circa 5 minuti, quindi aggiungere il rhum e l'alchermes, tagliare i savoiardi in 2 parti (nel senso della lunghezza) e inzupparli nel composto di liquori, che avete scelto quindi rivestire uno stampo da budino. Adagiare sul fondo dello stampo uno strato di crema gialla e ricoprirlo con altri savoiardi imbevuti, poi uno strato di crema marrone e via fini a chiudere con uno strato di savoiardi.