La storia è racconto attraverso i libri Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito. 98 BRASILE CHIAMA MANTOVA |
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di Elio Benatti Una manciata di semi sul terreno della memoria
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Presentazione L'opera è il concentrato di un'esperienza più che decennale di gruppo, nata per una casuale intuizione prima circoscritta a famiglie di parenti ed amici, poi estesa anche ai discendenti degli emigrati di origine manto vana e loro discendenti: recuperare e tramandare la memoria di emigrati in Brasile. I Ricercatori della domenica hanno consultato molte decine di Libri parrocchiali, con proiezioni negli Uffici anagrafici di comuni mantovani, negli Archivi di Stato, Diocesano e Comunale di Mantova, in quello della emigrazione in Sao Paulo. I dati scaturiti dalle ricerche, dai contatti, dagli incontri, dalla corrispondenza, dai momenti di studio e di approfondimento, hanno incoraggiato l'autore a fissare varie esperienze ritenute salienti, ad esporre risultati e studi, a tracciare profili. Il libro, ovviamente, non è esaustivo: molti dati di cronaca sono stati omessi per dare maggior spazio ad informazioni di carattere generale, per contribuire al recupero della memoria storica sull'emigrazione ed a riallacciare le due componenti della medesima comunità mantovana: quella dei residenti e quella degli emigrati La pubblicazione, edita dal C.T.I.M. -Comitato Tricolore per gli Italiani nel Mondo fondato dall' On. Mirko Tremaglia, Delegazione della Lombardia, è stata resa concretamente possibile, oltre che per la disinteressata disponibilità dell' autore, anche grazie ad un essenziale contributo della Regione Lombardia, concesso alla Associazione Culturale dei Mantovani in Brasile. Negli anni di più intensa emigrazione in Brasile, i veneti e trentini furono il 20 %, i campani il 13,5 %, i calabresi l' 11 %, i lombardi 1'8,5 %, gli abruzzesi il 7,5 %, i toscani il 7 %, gli emiliani e lucani il 4,5 % (v. E. Franzina, Gli Italiani al nuovo mondo ecc., 1995, pago 452). Agli albori degli anni 70 dell' '800 San Paolo contava circa 30.000 abitanti: il che dà un'idea di quanto determinante sia stata l'emigrazione italiana per lo sviluppo demografico della città (Franzina p. 454). Uno studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche, a cura di Mario Sabbadini (v. M. Sabbadini, La Regione di Colonizzazione Italiana ecc., 1975) ha rilevato che nella regione storica di colonizzazione italiana in Rio Grande Do Sul e nelle aree contigue di «espansione, la distribuzione dei discendenti degli emigrati italiani per gruppi regionali è la seguente: Veneto: 54%; Trentino: 7%; Friuli: 4,5%; Tot. Tre Venezie: 65,5%; Lombardia: 33%; resto: 1,5%. E per quanto concerne la distribuzione per province, nell'ambito del gruppo regionale ... lombardo: Cremona: 30%; Bergamo: 27%; Mantova: 20%; Milano: 14%; Brescia: 6%; Como: 1,5%; Varese: 7%; Pavia: 0,3%; Sondrio: 0,2%». |
Lo Studio Fotografico Giancarlo Giovetti in Mantova ha realizzato la copertina ed il frontespizio |
Ben pochi sanno che la Lombardia, oggi una delle regioni più prospere del mondo, uno dei 4 motori d'Europa, solo qualche generazione fa era terra d'emigrazione. Basti pensare che dei 20 milioni di italiani che in soli 40 anni, dal 1880 al/920, andarono all'estero, ben 10 % erano Lombardi. Il fatto è che l' emigrazione fu un' immane, tragica epopea, purtroppo ignorata dalla cultura "importante", ricordata solo nei canti popolari. Ma, ahimè, nessuno ha mai neppure cantato il dolore, la fatica, le umiliazioni, la nostalgia degli emigrati Lombardi. Pertanto, quando giunse nelle mie mani il manoscritto dell'avv. Elio Benatti, mi entusiasmai e mi impegnai per la sua pubblicazione. Mi affascinò a prima vista il sottotitolo "Una manciata di semi sul terreno della memoria", perché da tempo ero alla ricerca di modi per risvegliare la memoria dell'emigrazione in questa regione che pure ha dato i natali alle due grandi figure che hanno dedicato tutta la loro vita agli italiani nel mondo, e da essi, in ogni angolo del globo, sono conosciute ed amate: Mons. Scalabrini, il difensore, il consolatore; l'On. Tremaglia, il combattente per i diritti civili, primo fra tutti quello dell' esercizio del voto. Se il Papa, il 9 novembre 1997, ha giustamente proclamato Beato Mons. Scalabrini, non si capisce come mai il Presidente della Repubblica non abbia ancora pensato a nominare Tremaglia senatore a vita. Nemo propheta in patria? Certo, se in Patria si ignorano gli emigrati, come pretendere che si onorino i loro paladini?. Elio Benatti, nella sua opera, in maniera precisa, accurata e documentata, racconta un aspetto particolare della emigrazione, quella mantovana in Brasile, abbinando giustamente alla riscoperta del passato la scoperta del presente del grande popolo degli italiani nel mondo, un popolo di grandi statisti, di importanti uomini politici, di scienziati. di artisti, di imprenditori. Dalla valigia di cartone al computer; questo avrebbe potuto essere un altro sottotitolo appropriato.
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Elio Benatti è nato a Magnacavallo in provincia di Mantova, dove risiede, con la moglie ed i tre figli, nella Casona dei suoi genitori. Laureato in Giurisprudenza presso l'Università di Bologna esercita in Mantova ed in Poggio Rusco. Ha scritto Magnacavallo, o sia boschi - una manciata di cronaca nella Storia -, La Pretura di Revere -La Curia l'Ufficio, il Foro ( qua e là tra archivi, memoria e tradizioni)-. Sono ancora inediti: la Storia dei Magnani del Legato e Benatti Antonio e ... derivati. Da qualche tempo si diletta a compone in dialetto mantovano della bassa. Nel maggio 1997, in sintonia con cic1ici impulsi caratteriali e con la sua natura sempre alla ricerca del nuovo, oltre che per una certa dose di ardimentosa ... incoscienza, ha frequentato il corso di paracadutismo sportivo presso l'Anpi d'Italia, Sezione di Mantova, ed ha conseguito sul campo di Boscomantico l'attestato di primo lancio con paracadute ad ala della Scuola Paracadutistica Veronese. | |
La "mania” di emigrare, come l'aveva definita Andrea Pozzobon, in realtà era molto alimentata sia, talora, dagli stessi emigrati (vedasi, ad. es. la lettera di Angelo Guerra in "Profili"); ma soprattutto dai governi del Brasile, che, per l'attuazione di un programma di massiccia emigrazione europea di lavoratori, legata alle necessità di affrancare prima e di sostituire poi il lavoro schiavo. .. A proposito delle condizioni ambientali in cui venivano a trovarsi le famiglie degli emigrati - tra le quali molte mantovane - sui lotti loro assegnati in Rio Grande Do Sul, si sa, ad esempio, che per 28 anni circa dalla sua fondazione nel 1875, Caxias Do Sul rimase isolata, distando da Porto Alegre 190 chilometri; tanto che gli "immigranti dovettero camminare 90 giorni aprendosi il varco a colpi di accetta per giungere al loro destino. E per un anno vissero mangiando pinoli!" (AA. VY. L'Emigrazione Agricola, ecc., 1912, pago 66). Nota del sito: un’amica mi raccontava che sua nonna si era attrezzata per catturare e mangiare serpenti. La circostanza ha trovato conferma nel racconto di Plinio Mioranza, discendente da un emigrato veneto, tra i maggiori industriali di quella città, durante la visita dell'agosto 1991: «L'emigrazione italiana in Rio Grande do Sul è cominciata nel 1875. I Tedeschi 'avevano già occupato il piano. Gli italiani si installarono sui monti. Un indio- guida portava la famiglia nel mato (foresta) attraverso un tracciato che egli apriva sul momento, fino ad uno spiazzo molto internato. Poi l'indio (bulgaro) se ne andava senza alcun avvertimento ed in breve tempo il mato cresceva cancellando l'incerto sentiero. Così il nucleo familiare era costretto a restare in quel posto, in mezzo alla foresta, non sapendo più come uscirne e dove andare, ed ingegnarsi a creare un riparo dalle intemperie e dalle fiere, a dissodare con i pochi attrezzi manuali il terreno, utilizzando le misere scorte di sopravvivenza e, nel contempo, cominciando la semina dei prodotti essenziali per l'alimentazione (per lo più, mais, fagioli, miglio, verdure), tirando avanti alla meno peggio con i prodotti della foresta» (libera traduzione in lingua dalla parlata vicentina di Plinio). |
Una testimonianza diretta delle motivazioni che hanno spinto intere masse italiche ad emigrare, delle condizioni umilianti della partenza, del viaggio e dell'arrivo nel nuovo mondo, è un Diario autobiografico scritto da Andrea Pozzobon, emigrato in Rio Grande Do Sul nel 1887, pubblicato dal Correio Riograndense il 2.07.1991 , del quale si riporta un condensato: . I bagagli erano ormai
caricati. Un'ora avanti di levar l'ancora, il fischio assordante da il
segnale di partenza ... Viene calata la scala; e benché tutti
aspettassero con ansia di poterla finire una buona volta col tanto
noioso temporeggiare, nessuno voleva esser primo ad entrare, come se il
vapore fosse una gabbia da orsi ... Finalmente stipati come le acciughe
nel barile si accomodano nelle cuccette a loro assegnate, in luogo
umido, scuro con un odore nauseabondo di tanfo da far inorridire! ...
L'ultimo fischio prima della partenza: i fianchi del vapore si scuotono.
Si ritirano le ancore e l'elica tac tac fa muovere la grande mole. Allo
scostarsi della banchina ci fu una dimostrazione popolare augurando il
buon viaggio e buona fortuna ... Ora è necessario fare un passo indietro
e far sapere al lettore che i vapori che trasportavano gli emigranti,
non erano della marina mercantile, ma la maggior parte erano di bandiera
straniera, specialmente francesi, austriaci, tedeschi, inglesi ...
L'Italia in quei tempi scabrosi aveva pochissime navi di lungo corso ...
Se tali erano le condizioni di traversata sulla nave francese Poitou, è facile immaginare quanto più disagiate dovessero essere le condizioni degli emigranti sui vapori italiani - ed ancor prima, sui velieri (come l'Anna Pizzorno: v. sub 'profilo' di Porto Real) |
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considerando che la portata media del naviglio straniero era superiore di circa 5 volte rispetto a quella delle navi italiane. |
Una conseguenza percepibile della diversità di aggregazione in Brasile
la si è riscontrata nella lingua parlata: infatti, mentre in Sào Paulo e
nello stato omonimo i discendenti degli emigrati mantovani, che pure
sono in rilevante concentrazione, hanno perso (salve rare eccezioni: ad
es., Mario e Gino Ugo Gandini) l'uso della parlata dialettale di
origine, tranne alcune parole per lo più malamente pronunciate; in Rio
Grande Do Sul i discendenti dei veneti sono bilingui e parlano
correntemente ed abitualmente forse più in dialetto veneto che in
portoghese (o meglio, una sorta di lingua triveneta, koiné, sviluppatasi
con l'estendersi dei rapporti economici oltre la ristretta cerchia della
originaria colonia: V. Frosi, Y.M. e Mioranza, c., lmigraçào italiana,
ecc.), hanno una copiosa ed importante produzione letteraria. Invece i
discendenti dei mantovani, sempre in Rio Grande Do Sul, dal punto di
vista linguistico parlato e scritto, e quindi anche delle tradizioni
tipiche, sembrano essere stati inglobati nella comunità veneta. Il
fenomeno è dovuto all' intensificarsi dei rapporti tra le varie colonie,
passate da una iniziale economia di sussistenza, ad altra di scambi e di
commercio, sviluppatasi in concomitanza con la realizzazione di strade e
ferrovie (v. Frasi e Mioranza cit.). Molti libri che trattano dei
colonizzatori in RIO Grande Do Sul sono scritti in lingua veneta, come
Vita e storia de Nanetto Pipetta di Aquiles Bernardi, giunto ormai alla
8a edizione; il Dicionario Veneto Sul Rio grandense-Portuguès di A.
Stawinski (con presentazione di Rovilio Costa). L'idioma del Triveneto è
talmente praticato nel Sud del Brasile che anche i discendenti di
emigrati da altre regioni d'Italia parlano veneto, come il giovane
ingegnere agrario Darei Vicenzi di origine mantovana; la famiglia
Mantovani di Caxias; l'allevatore, forse mantovano, conosciuto a Nova
Padua; i ristoratori di origine calabrese Sarzi e Spina, di Porto Alegre,
Milton Sgarbi di Caxias (attualmente direttore d'Hotel a Lisbona), Decio
Magnani, nativo di Blurnenau (S.c.), che ora vive e lavora in Florida.
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