La storia è racconto attraverso i libri  

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito.

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LEGIONE SS ITALIANA

Storia degli Italiani che giurarono fedeltà a Hitler

Enzo Caniatti

Aliberti Ed. Reggio E.

Che fine hanno fatto le SS italiane pag 212 e segg.
Sciolti i reparti, nel marasma generale che seguì l’insurrezione, gli ex militi della Divisione SS italiana cercarono per prima cosa di salvare la pelle. Pure quelli che avevano ottenuto, in cambio della resa, i famosi lasciapassare del CLN per tornarsene al sicuro a casa scoprirono che non era per nulla facile sottrarsi alla vendetta popolare. Il salvacondotto aveva valore o era carta straccia a seconda dell’umore di chi comandava il posto di blocco o la pattuglia che effettuava i controlli. Se poi non si trattava di formazioni regolari, ma di partigiani dell’ultima ora o, peggio, di improvvisati “poliziotti del popolo”, il rischio di finire contro un muro diventava una certezza.
I fuggiaschi che avevano imparato la lezione prima che fosse troppo tardi evitavano accuratamente le strade troppo
battute e le città in rivolta, compiendo lunghi e tortuosi tragitti per non incappare nei controlli. Vagarono per giorni nei boschi e nelle campagne, dormendo all’addiaccio e vivendo di ciò che trovavano. Vagliando attentamente ogni necessità di contatto umano, sapendo che ogni incontro poteva tradursi in una denuncia e nella conseguente cattura da parte degli insorti. I più “fortunati” si consegnarono direttamente agli Alleati, finendo per alcuni mesi nei loro campi di prigionia.
Chi aveva la famiglia nelle grandi città del Nord, e riuscì a raggiungerla, scoprì che il rischio di essere catturati e ammazzati non era scemato. Mentre i politici di professione cercavano di accordarsi per dare vita a una qualche forma di democrazia, l’anarchia regnava. Per le strade spadroneggiavano bande armate, violente e brutali quanto le squadracce nere che le avevano precedute.

Nel frattempo, la guerra in Europa era finita. Hitler era morto e i nazisti erano stati definitivamente sconfitti. Tra Alleati e sovietici erano però iniziati i primi malumori. Stalin accampava pretese sui territori occupati dall’Armata rossa. Infischiandosene delle promesse fatte, non aveva alcuna intenzione di ripristinare nei Paesi dell’Est i legittimi governi spazzati via dai nazisti. Con totale spregiudicatezza iniziò a utilizzare le formazioni partigiane comuniste locali, che avevano contribuito alla liberazione, per imporre dittature del popolo di stampo sovietico. Americani e inglesi decisero di impedire che ciò avvenisse nel resto dell’Europa, dove i partiti comunisti, legati a Mosca, avevano combattuto duramente il nazismo, conquistando le simpatie di larghi strati della popolazione e l’egemonia tra i partigiani e nei comitati di liberazione.

In Francia ci pensò De Gaulle con il suo esercito, che si era battuto al fianco degli anglo-americani, a troncare sul nascere ogni velleità rivoluzionaria. Ma in Italia, soprattutto al Settentrione, la situazione era più complessa. L’esercito badogliano era poca cosa, e per giunta non riscuoteva grandi simpatie presso la popolazione. Le formazioni partigiane dichiaratamente avverse a Mosca erano inferiori quanto a numero a quelle garibaldine. Inoltre, erano stati armati migliaia di civili, la stragrande maggioranza dei quali non nascondeva le proprie simpatie per il Cremlino. I comandi alleati in Italia ricevettero precise istruzioni. Primo, le truppe anglo-americane che entravano nelle città vi installarono le proprie sedi, prendendosi carico dell’ordine pubblico.

Introduzione
Capitolo uno - La nascita delle SS italiane
Capitolo due - Il contesto storico
Capitolo tre - Le battaglie fratricide: partigiani versus SS italiane
Capitolo quattro - Chi erano le SS italiane
Capitolo cinque - Le Waffen-SS: i guerrieri del Führer
Capitolo sei - I duri del regime: i capi nazisti e i legionari SS italiani
Capitolo sette - Caccia aperta alle brigate partigiane
Capitolo otto - I volenterosi carnefici italiani della Gestapo
Capitolo nove - «Avanguardia»: il giornale delle SS italiane
Capitolo dieci - Da Legione italiana a Divisione Waffen-SS
Capitolo undici - Le stragi naziste e le SS italiane

Profilo a cura del webmaster (in nero le note del sito)
Sono nato a Milano nel 1950, e non ho vissuto i fatti di cui mi accingo a narrare...
... così esordisce in questo saggio Enzo Caniatti un pò per non vantarsi e un pò per dire che non è prevenuto o condizionato da fatti personali o politici

I fuorilegge SS italiani
Nella galassia delle formazioni SS italiane ci fu anche un battaglione fuori dall’ordinario, descritto con dovizia di particolari da Ricciotti nel suo saggio. Dipendeva direttamente dal Comando SS di Venaria Reale, alla periferia di Torino. I suoi membri non riconoscevano l’autorità della Repubblica sociale, anzi, odiavano Mussolini e i fascisti, e non facevano nulla per nasconderlo. Si autodefinivano “patrioti armati” e gridavano: «Dobbiamo liberare l’Italia da Mussolini e dagli inglesi». Inneggiavano a Hitler e puntavano le armi contro i militi della GNR, tra lo sconcerto dei gerarchi torinesi che non avevano alcun potere su quegli esagitati. Dopo avere giurato eterna fedeltà alla Germania e al Führer, indossarono l’uniforme SS, si armarono fino ai denti e costituirono il Battaglione SS d’assalto patrioti Davide, dal nome del loro comandante, che Ricciotti indica come un capitano diventato prima partigiano e poi passato (nel marzo 1944) dalla parte dei tedeschi. Altro di lui non si sa. L’unità fu integrata nelle formazioni di polizia, e fu deciso di inviarla in Germania per l’addestramento. In attesa di partire i giovanotti si resero protagonisti di atti d’intimidazione di ogni genere contro i fascisti. Quando, dopo una scazzottata o la distruzione di un locale, venivano arrestati, quelli della GNR avevano l’ordine di riconsegnarli alle SS germaniche. Himmler venne informato di questi fatti, ma non mosse un dito: pareva che quegli italiani avessero le caratteristiche giuste per svolgere i servizi più sanguinari di cui già si occupavano i cosacchi e gli ucraini (che agivano con ferocia estrema non soltanto contro i partigiani, ma anche nei campi della morte). Alcuni militi del Battaglione Davide, come ricorda anche Ricciotti, finirono per formare una Compagnia di SS italiane impegnate come corpo di guardia alla Risiera di San Sabba.
.... studiare non mi piaceva proprio. Amavo solo la storia. Avevo un professore che la insegnava come un romanzo. Ero affascinato soprattutto dalla rivoluzione francese: liberté, égalité, fraternité, Danton, Marat, Robespierre, e soprattutto Saint-Just, il più motivato colonnello della guardia, di appena ventidue anni. Era il mio idolo, l’eroe ...
.. altro appunto per capire come a volte il mestiere di professore o si ama o si cambia (si dovrebbe cambiare).
I miei avevano fatto la guerra dalla parte “giusta”…... I gappisti sapevano dove trovare un rifugio sicuro per nascondersi, o dove lasciare un pacco che scottava (o scoppiava), visto che mia madre non si sarebbe mai sognata di chiedere che cosa ci fosse dentro, e tantomeno di aprirlo. Nascosero e aiutarono a fuggire in Svizzera una famiglia ebrea, e salvarono anche un fascista, «una brava persona», diceva mia madre ma non ne parlavano volentieri di quei periodi... Zio Oberdan partito per la guerra d’Africa, era stato fatto prigioniero a El Alamein. Rientrato in Italia quando tutto era finito, non rinnegò, anzi andava fiero della sua esperienza sul campo, con disappunto dei miei parenti comunisti. Fu lui a regalarmi un libro che conservo tuttora: Storie segrete dell’ultima guerra, una selezione del «Reader’s Digest». Allora lo divorai, e cominciai a interessarmi a tutto ciò che riguarda la seconda guerra mondiale....(mia madre) Mi parlò anche dei giorni dell’insurrezione a Milano, quando un vicino «stupidotto», con una vistosa fascia rossa al braccio (su cui campeggiavano falce e martello) e due fucili in mano, entrò in casa, porse un’arma a mio padre – riformato dal servizio militare – e disse
Fu deciso di mantenere attiva la linea Gotica per separare il Sud riappacificato dal turbolento Nord. I servizi d’intelligence da una parte, e i diplomatici dall’altra, iniziarono gli uni a indagare e gli altri a conoscere i politici italiani, per stabilire su chi fare affidamento per costituire un solido blocco da contrapporre a quello sovietico. Il Paese era da ricostruire a partire da due Italie che avevano vissuto per un lungo periodo esperienze diverse, dando vita a proprie società e ambienti politici in qualche modo divergenti. Gli anglo-americani stabilirono di dosare gradualmente la miscela delle due realtà, per evitare che diventasse esplosiva. Fu persino impedito ai politici romani di raggiungere subito il Nord liberato per scambiarsi opinioni con i colleghi di partito e soprattutto contarsi in vista delle imminenti battaglie politiche. Il 17 giugno 1945 fu varato il primo governo italiano postliberazione, con Ferruccio Parri alla presidenza e agli Interni, Nenni e Brosio alle due vicepresidenze, De Gasperi agli Esteri, Soleri al Tesoro, Scoccimarro alle Finanze e Togliatti alla Giustizia. Quest’ultima scelta fece storcere il naso a più di un diplomatico americano. Invece, l’opera del comunista Togliatti, legato a doppio filo al Cremlino, fu determinante nella riappacificazione del Paese e nel condurlo sui binari della democrazia. Togliatti non si oppose al disarmo dei civili e dei partigiani, intervenne anzi “duramente 2 per ristabilire l’ordine pubblico.
In L’Italia del Novecento, Montanelli riporta il richiamo del ministro al prefetto politico di Milano Lombardi, che aveva destituito il direttore del carcere di San Vittore sostituendolo con un ex partigiano comunista: «Apprendo arbitraria destituzione direttore carcere e sua sostituzione con funzionario non competente. Invitola immediatamente a revocare provvedimento». Fu Togliatti a fare propria l’idea di un’amnistia che cancellasse, almeno in parte, i troppi conti politici e giudiziari in sospeso. Il provvedimento, approvato dal governo, venne promulgato il 22 giugno 1946. Riguardava i reati comuni e politici, compresi quelli di collaborazionismo con il nemico, tra cui anche il concorso in omicidio. Lo scopo principale era la pacificazione nazionale, ma anche il porre fine alla mattanza di fascisti al Nord ( ndr …e la galera per comunisti e fascisti). I sopravvissuti di Salò, tra cui i reduci della Legione SS italiana, se ne rallegrarono. Solo pochi erano riusciti a riparare in Spagna o negli ospitali Paesi sudamericani. Molti attendevano in carcere che venisse vagliata la loro posizione; altri vivevano nascosti in casa o si erano dati alla macchia aspettando che le acque si calmassero. L’amnistia non piacque a tutti.
«Ciapa, da inco’ cumandum nun» (prendi, da oggi comandiamo noi). La mamma, gentilmente,lo mise alla porta. Qualcuno alla fine convinse mio padre ad andare a vedere Mussolini e la Petacci in piazzale Loreto. Tornò sconvolto dalla ferocia bestiale della folla che sputava sui cadaveri e li prendeva a calci con furore. Erano giorni terribili. Mentre andava a cercare qualche cosa da mangiare, mia madre notò quattro ragazzotti, armati di mitra, trascinare fuori tre donne da un portone, una sui quarant’anni, le altre due ventenni o anche più giovani. Apparve una portinaia tutta scarmigliata, che cominciò a insultare, inveire e sputare contro di loro, accusandole di farsela con i tedeschi e aver denunciato dei partigiani..«Cosa facciamo, le rapiamo o le fuciliamo?» Quella gente, tutte persone comuni (mia madre ne aveva riconosciute tante), urlò come una voce sola: «Ammazzatele!» I ragazzotti imbracciarono i mitra: una raffica, e i corpi scomposti giacquero sul selciato, mentre un rivolo scuro si mischiava all’acqua di scolo del marciapiede. La mamma non dimenticò mai quella scena. Nessuno era al sicuro.... Soprattutto tra gli uomini di sinistra fu vissuta come un tradimento dei compagni che avevano combattuto ed erano morti per spazzare via i nazifascisti. Ci furono veementi proteste da parte delle associazioni partigiane. In Piemonte, dove la lotta era stata più dura, si arrivò a un passo dalla sommossa popolare. L’entrata in vigore del provvedimento e le conseguenti scarcerazioni provocarono una frattura tra la base del partito e il suo segretario Palmiro Togliatti, il quale dovette più volte fornire giustificazioni. Dal canto loro, i magistrati applicarono l’amnistia con manica larga (ndr con una manca più stretta applicarono invece la pena di morte). Tanto che il Guardasigilli intervenne emanando una circolare in cui raccomandava un’interpretazione restrittiva del beneficio. Usciti dal governo i comunisti, e iniziato il lungo predominio della Democrazia cristiana quale partito di maggioranza, le amnistie si susseguirono, allargando ulteriormente le casistiche e di conseguenza i possibili beneficiari. Nel 1948, su proposta del sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Andreotti, fu varato un decreto del governo con cui si estinguevano i giudizi ancora pendenti dopo l’amnistia del 1946. Altri due provvedimenti,
nel 1953 e nel 1966, estinsero pressoché tutti i reati considerati politici commessi prima, durante e dopo la guerra.
Cancellata ogni possibile pendenza con la giustizia, anche i più compromessi tra i reduci della Legione SS italiana divennero cittadini a pieno titolo dell’Italia democratica, liberi di scegliere se scomparire nell’ombra o rivendicare l’esperienza di soldati del Duce che giurarono fedeltà al Führer.
Ndr: Direbbe allora Bertinotti con la sua filosofia spicciola ''L'esecuzione di Saddam Hussein, un dittatore che ha identificato il proprio percorso politico con la pratica della distruzione e della violenza, in nulla sminuisce il sentimento di orrore e di rifiuto suscitato dalla pena di morte''. Lo afferma Fausto Bertinotti, dopo l'esecuzione, all'alba a Baghdad, dell'ex rais. Il presidente della Camera sottolinea l'esigenza di ribadire, ora ''con maggior forza'' l'impegno ''a cancellare la pena di morte dal nostro presente e dal futuro dell'umanità''.   lo segue a ruota il Quirinale ''Interpretando i sentimenti profondi del popolo italiano e gli alti valori morali e giuridici della Costituzione, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conferma la contrarietà del nostro Paese ad ogni sentenza di morte ed esecuzione capitale''
Non sarebbe male che interpretassero una volta tanto i propri di sentimenti. Il politico di solito tende a farsi gli affari suoi, solo occasionalmente va in trasferta !! coi sentimenti degli altri.
 La lunga e a volte faticosa scalata (al mestiere di giornalista) non mi ha impedito di coltivare la mia prima grande passione: la storia. Ho letto e visto di tutto, focalizzando a poco a poco il mio interesse su un preciso periodo storico, la prima metà del Novecento, così ricco di avvenimenti che hanno modellato e influenzato l’attuale vivere quotidiano. Mi sono, per così dire, specializzato sul nazismo, raccogliendo ogni genere di documentazione d’epoca e leggendo centinaia di libri sull’argomento (molti in edizione originale). Ho notato una profonda differenza tra gli autori italiani e quelli anglosassoni, questi ultimi abituati a un linguaggio sobrio, quasi scarno, che non lascia spazio agli “infioramenti” del bello scrivere, e che si attiene ai fatti, documentandoli con precisione quasi maniacale e senza troppo concedere alle emozioni. Un modo di raccontare inconcepibile per molti scrittori italiani..Ho letto di tutto, senza alcun preconcetto sulla fede politica, più o meno esplicita, dell’autore. Sono stato affascinato dai racconti di Montanelli e di Cervi. Ho apprezzato il magistrale stile di Bocca nel descrivere l’atmosfera, carica di tensione, delle battaglie partigiane. I romanzi di Fenoglio sono a mio parere il migliore modo per insegnare ai ragazzi di oggi che cosa sia accaduto lassù nelle montagne. Ma ho anche letto De Felice e Pisanò, che descrivono, con altrettanta maestria e dovizia di documentazione, quelli “dell’altra parte”. Mi è venuta in mente la «brava persona» aiutata da mia madre mentre scorrevo le pagine, grondanti sangue, dei libri di Pansa. Pansa è stato il primo, non allineato con i “neri”, ad avere avuto il coraggio di parlare di certi argomenti ancora tabù... Tutto questo, e non solo questo, mi ha spinto, dopo avere scritto enciclopedie e romanzi storici sul nazismo, a cimentarmi in un’opera sui soldati che quel tragico 8 settembre 1943 scelsero di stare con Mussolini e Hitler, schierandosi di fatto contro gli altri italiani. Ho scelto la Legione SS italiana ben sapendo di entrare in un campo minato, dove tutti, chi a favore e chi contro, sono pronti, se è il caso, a impallinarmi.
Mi fermo qui perché il personaggio lo avrete sicuramente inquadrato e qualsiasi cosa dica non vi saranno sorprese.

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