La storia è racconto attraverso i libri  

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito.

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Piero Pieri

 Einaudi Torino 1965

L'Italia nella prima guerra mondiale (1915-1918) 

Vigilia e primo mese di guerra pag 77/84 il Conrad pensava di continuare l'offensiva a oriente fino al San, poi affidare al generale Mackensen, il vincitore di Gorlice, una massa di 20 divisioni, metà tedesche e metà austriache, fra Villach e Lubiana per cadere addosso agli Italiani irrompenti nella Carinzia e nella Carniola; e intanto inviava verso l'Isonzo due altre divisioni dal fronte galiziano. Il 18 la quistione veniva veramente discussa: il Falkenhayn concedeva solo tre divisioni; ad onta di ciò il Conrad manteneva il suo piano: tutta la 5a armata, forte di cinque divisioni, doveva esser tolta dal fronte serbo; con essa e con altre cinque divisioni (due tedesche e le due austriache prese dal fronte galiziano e una di nuova formazione) si doveva costituire una massa di manovra di dieci divisioni, sempre agli ordini del Mackensen, con cui assalire sul fianco, da sud-ovest, gl'Italiani sboccanti nella zona Marburg-Lubiana, dopo aver superato la difesa opposta dalla copertura austriaca. L'Alpenkorp germanico, formato con battaglioni provenienti dal fronte francese, avrebbe intanto rafforzato la difesa del Tirolo. Il Conrad calcolava che gl'Italiani potessero aver traversato la zona montana, respingendo le forze di copertura, fra il 14 e il 20 giugno, tanto più che egli pensava che il Cadorna avesse approntato non 35, ma 44 divisioni. n Falkenhayn riteneva invece che gl'Italiani sarebbero sboccati ai primi di luglio, e avrebbe voluto aspettarli più addentro, ad est della linea Geza-Marburg-Zagabria. Soprattutto non intendeva sospendere le operazioni contro la Russia, e avrebbe in seguito preferito una grande offensiva contro i Serbi. Ma il 21 maggio da un lato si seppe che l'esercito italiano non era affatto pronto per iniziare subito l'offensiva, dall'altro che la resistenza dei Russi era pur sempre tenace: il capo di Stato maggiore germanico non volle allora più cedere le due divisioni impegnate in Galizia, e propose al Conrad di portare avanti il più possibile, verso l'Isonzo, le truppe austriache, dato il ritardo italiano ad agire, e organizzare una tenace resistenza; e il Conrad, sia pure a malincuore, vi si rassegnò; d'altra parte nemmeno lui voleva rinunziare interamente all'offensiva contro i Russi: il 23 maggio, però, a scarico di coscienza, espresse al collega tedesco il suo timore che la resistenza alla frontiera non potesse sostenersi più di qualche settimana, mentre un colpo energico tempestivamente inferto, avrebbe potuto, «dato il carattere degl'Italiani, assumere importanza decisiva per la guerra ».
Il piano del generale Cadorna
Si potrebbe invero dubitare che il Cadorna sarebbe avanzato a cuor leggero oltre la linea Villach-Lubiana; comunque il suo piano non ebbe neppure un principio d'attuazione. Egli aveva 35 divisioni contro 14 austriache e una tedesca (l'Alpenkorp), ma, come sappiamo, l'esercito italiano il 24 maggio non era affatto pronto: pur con sei classi già mobilitate e la radunata già iniziata il 1°aprile, accorsero poi dal 4 maggio al 16 giugno ben 43 giorni (al posto del mese previsto con calcolo già largo) perché l'esercito fosse pronto! Il piano del Cadorna contemplava l’irruzione dell'esercito italiano oltre l'Isonzo, a un di presso sulla linea Villach-Lubiana, partendo dalla sinistra, rappresentata dal grosso della 4" armata e dalla «Zona Carnia ». La 4a armata avrebbe dovuto portarsi col grosso a Dobbiaco e a San Candido (Innichen); e con un'aliquota a Brunico: questa avrebbe dovuto proseguire lungo la Rienza fino a Franzenfeste (Fortezza), recidendo alla base il saliente trentino - alto atesino. Il grosso invece sarebbe sceso lungo la Drava e il Gail, suo affluente, verso Villach, per dare la mano al corpo rinforzato della Carnia, il quale doveva aprirsi la via direttamente su Tarvis (Tarvisio), per le due strade della Val Fella e dell'alto Isonzo. La 2" armata avrebbe intanto occupato Caporetto, il Kolovrat e il Korada, mentre la 3" armata avrebbe dovuto raggiungere l'Isonzo fra Gradisca e Montefalcone.

  Insomma, la marcia su Lubiana avrebbe dovuto essere preceduta e assicurata da un'ampia manovra di tipo napoleonico sulla sinistra, che garantisse il possesso di Tarvis e di Villach: e la 4a armata, già nel periodo della radunata doveva dare inizio alla grande operazione, superando gli antistanti sbarramenti austriaci di Alto Cordevole - Valparola, Landro - Platzwiese - Son Pauses, e di Sexten, e dando alla sua azione «spiccato carattere di vigore », mentre alla Zona Carnia eran prescritte, per il periodo della radunata, le semplici operazioni preliminari d'investimento delle fortificazioni di Malborghetto da un lato, di Raibl e del Predil dall'altro; e nessuna operazione del genere spettava alle due armate dell'Isonzo. Quanto alla la armata, essa aveva un compito strategicamente difensivo dallo Stelvio all'incirca al passo di Rolle, in gran parte attorno al saliente trentino. Ma per attuare un simile piano sarebbe stato necessario che la mobilitazione occulta fosse praticamente ultimata il 23 maggio, e che il parco d'assedio si trovasse alla stessa data in posizione contro gli sbarramenti avversari. E invece esso nel suo insieme non fu pronto che ai primi di luglio; inoltre sebbene gli sbarramenti avversari fossero talora a portata di tiro dal confine, sarebbe stato necessario aver provveduto a vie d'accesso pel trasporto delle grosse artiglierie e aver preparato le necessarie installazioni per aprir subito di sorpresa il fuoco sulle fortificazioni nemiche; e invece tali lavori o mancavano o non erano ancora pronti: le nevi invernali li avevano impediti per molti mesi! Per di più le direttive del Cadorna del l° aprile mentre raccomandavano di dare alle operazioni « un carattere più deciso, inteso a sorprendere l'avversario, più che a parare le sue minaccie », raccomandavano anche: «Prima di agire pel raggiungimento di un obiettivo, le LL. EE. dovranno accertarsi ch'esso sia commisurato alle forze disponibili... e soprattutto dovranno per quanto possibile, essere evitati scacchi parziali od imprese troppo rischiose, le quali minaccino di trarre a rincalzo truppe non ancora orientate, e possano comunque turbare l'andamento della radunata delle singole unità, che affluiscono successivamente alla frontiera ». Si sarebbe potuto, in parte almeno, girar l'ostacolo per l'alto, attraverso forcelle difficili, spesso sopra i duemila metri; ma per questo sarebbero occorse molte truppe alpine. E invece, se il corpo della Carnia disponeva di ben 16 battaglioni alpini dei 50 disponibili, e tre di guardie di finanza, accanto alle sue due divisioni di fanteria, la 4" armata, colle sue cinque divisioni di fanteria, non ne aveva che sei. E il famoso Attacco frontale del Cadorna tutto insegnava, fuorché il principio dell'infiltrazione, che rappresentò il maggior progresso tattico della prima guerra mondiale. Per di più le poche artiglierie di grosso e grossissimo calibro erano disseminate su troppi obiettivi: tre sbarramenti da espugnare assegnati alla 4a armata, e precisamente verso Innichen (San Candido settore 4a armata), verso Dobbiaco e verso Brunico, mentre sarebbe stato necessario concentrare lo sforzo unicamente contro Innichen; in tal modo si sarebbe rimasti più vicini col grosso al corpo della Carnia e si sarebbe urtato contro l'ostacolo complessivamente meno arduo. Due sbarramenti doveva superare il corpo della Carnia, mentre sarebbe stato opportuno concentrare lo sforzo contro quello solo di Malborghetto. E cosi pure la 2a e 3a armata avevano due compiti separati, anziché quello solo di puntare su Gorizia e la valle del Vipacco, con un robusto fiancheggiamento che avrebbe dovuto consentire l'occupazione del Carso triestino e di Trieste. La 4" armata poi, che aveva 5 divisioni in tutto, avrebbe dovuto impiegarne una o due per la marcia verso Franzenfeste; così che l'azione iniziale, particolarmente importante e delicata, lungo la Drava e il Gail, sarebbe rimasta affidata a tre sole divisioni, o poco più, con tre o quattro battaglioni alpini in tutto. Dispersione di forze, in sostanza, violazione del principio della massa, o se vogliamo dir meglio, dell'economia delle forze. Il Cadorna a questo frequente rilievo rispose sempre e soltanto che delle 35 divisioni realmente disponibili, 6 solamente, quelle della la armata, erano attorno al saliente trentina, 22 erano destinate al compito principale, e 7 di riserva dalla zona del Garda sarebbero pur presto state trasportate sull'Isonzo: dunque 29 divisioni, i 6/7 delle forze per la grande offensiva!.

Pieri, nato a Sondrio nel 1893 da antica famiglia toscana, ha partecipato alla prima guerra mondiale nel battaglione alpini di Belluno mettendosi in luce al comando di un plotone della 77ª Compagnia sulle dolomiti, tanto da essere insignito di due medaglie, una d'argento e una di bronzo. Dal 1927 insegna storia medievale e moderna nonché storia contemporanea all'Università Federico II di Napoli fino al 1935, quando si trasferisce all'ateneo di Messina come professore di storia e preside della facoltà di Magistero, per concludere poi la sua attività di docenza all'Università di Torino nel 1939 come ordinario di storia. Qui lo coglie il secondo conflitto e l’8 settembre. Antifascista operò clandestinamente nelle file del Partito d'Azione, partecipando anche alla Resistenza nelle valli di Lanzo. Arrestato con la moglie e i figli, fu processato dal Tribunale speciale, ma riuscì a salvarsi. Dopo la Liberazione, e successivamente allo scioglimento del PdA, aderì al Partito radicale. Nel 1952 partecipò, in qualità di esperto militare al film di Piero Nelli -La pattuglia sperduta-. Discepolo di Gaetano Salvemini, di cui seguì le lezioni alla Scuola Normale Superiore di Pisa, è annoverato fra i principali storiografi  della prima metà del Novecento.

La quistione non verte sul numero complessivo delle divisioni destinate all'offensiva, ma sulla molteplicità degli obiettivi: le 22 divisioni avevano troppi compiti, soprattutto rispetto alla scarsissima disponibilità d'artiglieria e all'ancor più scarso munizionamento. Se poi a tutto questo e a quanto si è detto in precedenza si aggiunge la scarsa o nulla iniziativa d'alcuni comandanti di grandi unità, si comprenderà facilmente come non uno solo, non diciamo dei maggiori obiettivi, ma anche soltanto dei minori fosse raggiunto; come la sorpresa iniziale e la possibilità d'approfittare della debolezza soprattutto numerica della copertura nemica nei primi giorni andasse frustrata, e come la guerra stagnasse in una logorante guerra di posizione, in una serie di sforzi staccati, sterili e sanguinosi. Gli Austriaci si ritrassero quasi ovunque sul loro confine militare, ossia sopra posizioni « ideali per la difensiva» al dire del Falkenhayn; e la nostra penetrazione fu maggiore soltanto là dove il confine militare austriaco si allontanava maggiormente da quello politico.
Lo sbalzo iniziale
Il Cadorna nelle sue Memorie ha fatto carico al generale Nava comandante della 4a armata, di non aver subito accelerato i tempi, dato che le forze nemiche in un primo momento erano «assai scarse », e di non aver spinto « rapidamente forti distaccamenti a occupare le posizioni principali », quali il Col di Lana, il margine settentrionale del Monte Piana, il Son Pauses e il Sasso di Stria. Non v'ha dubbio che il generale Nava agi con grande cautela, ma dato anche che una sua maggiore prontezza avesse permesso dei colpi di mano su tali posizioni, non si trattava di «posizioni principali », ma di semplici elementi avanzati - e pur sempre formidabili - del sistema difensivo avversario; mentre il compito della 4a armata sarebbe stato quello di giungere di slancio, colle semplici forze di copertura, al di là dei tre sbarramenti austriaci, ed evitando al tempo stesso « scacchi parziali od imprese troppo rischiose ». Così pure il Cadorna ebbe a deplorare la mancanza d'energia e di decisione del comandante della la divisione di cavalleria, il quale non giunse di sorpresa ai ponti sull'Isonzo della ferrovia e della strada da Cervignano a Monfalcone, permettendo agli Austriaci di rovinarli (di sabotarli): l'addebito è giusto, ma si trattava pur sempre di posizioni avanzate, al di qua della linea di resistenza nemica sul ciglione del Carso. Senza dire che già gli Austriaci avevano proceduto all'inondazione della zona fra l'Isonzo e tale ciglione, da Gradisca al mare. Indubbiamente i maggiori progressi furono compiuti dalla la armata, la sola che avesse un compito strategicamente difensivo, e contemplante quindi soltanto piccole azioni atte a migliorare il suo schieramento. Ed è anche certo che il generale Brusati (verrà silurato l’anno dopo), il quale nell'agosto 19l4 aveva inteso il Cadorna prendere in considerazione anche un possibile colpo di forza sugli Altopiani, e che ora mal si rassegnava a piccole azioni di rettifica, diede all'azione iniziale un forte impulso; ma è pur vero che gli Austriaci avevano il confine militare alquanto arretrato, specialmente al vertice meridionale del grande saliente trentino; e dove invece il confine militare era ravvicinato al nostro, in un luogo particolarmente sensibile per noi, presso la testata di Val d'Assa, e rafforzato dai poderosi e modernissimi forti di Lavarone, la nostra avanzata non ebbe luogo; siccome però già esistevano - caso del tutto eccezionale alcuni obici da 280 in posizione fissa sul Campomolon e alla testata dell'Assa, per battere detti forti, il 24 maggio stesso venne aperto il fuoco contro di essi, ma senza che riuscisse mai ai nostri di superare la forte linea nemica sull'altopiano di Lavarone.  Quanto alla Zona Carnia, la sua attività offensiva, lo afferma lo stesso Cadorna, « fu paralizzata dalla prossimità al confine delle fortificazioni di Malborghetto e di Raibl e dall'insistenza colla quale gli Austriaci, che all'inizio della guerra avevano da questa parte il nucleo principale delle loro forze, ripeterono i loro attacchi contro le nostre posizioni in vicinanza del Monte Croce Carnico ».

Il 20 settembre 1915 Cadorna ordinava all'armata di assumere temporaneamente un atteggiamento difensivo: cinque giorni dopo, il Generale Nava, comandante della IV armata veniva esonerato.

* i tedeschi combattevano in Italia senza averci e senza che noi dichiarassimo guerre

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In realtà gli Austriaci disposero che tre divisioni e mezzo difendessero il saliente trentino-tirolese dallo Stelvio a Sexten (Sesto Pusteria), tre e mezzo il fronte carinziano fino a Raibl (Predil), e otto il fronte dell'Isonzo; però erano divisioni molto grosse, così da formare un insieme di circa 220 battaglioni con molta artiglieria e gran numero di mitragliatrici. Ma sta di fatto che gli Austriaci, come non avevano per l'addietro fortificato la zona del basso Isonzo. Così non avevano costruito fortificazioni nella zona di Monte Croce Carnico, ritenendo che essa dovesse costituire una delle principali porte d'invasione in Italia. Perciò il comandante del fronte carinziano, generale Rohr, «visse giorni angosciosi» temendo un'avanzata italiana verso la valle del Gail. Per sua fortuna il corpo della Carnia era impegnato soprattutto verso la valle del Fella e il passo di Tarvis (Tarvisio) e aspettava a muoversi nella valle del Gail che la 4a armata già vi si fosse avviata; e poi giunsero due divisioni e una brigata da montagna dalla Galizia, che iniziarono una serie di violentissimi contrattacchi; essi furono sempre nettamente respinti, ma in questo modo più che mai era paralizzata l'azione del corpo della Carnia. Quanto alla 4 a armata italiana, essa era ben lungi, come già sappiamo, dal poter dare col suo grosso al corpo della Carnia l'appoggio sperato. Contro di essa, a sostegno del formidabile confine militare, era la grossa divisione del Pusterthal, ben presto rafforzata dall' Alpenkorp germanico !!!. Era questo, quanto a numero di battaglioni, non un corpo d'armata, ma una divisione; 13 battaglioni, infatti, di cui 7 bavaresi; ma erano truppe sceltissime e avevan seco artiglierie, lanciabombe, mitragliatrici in grande quantità, COSI da costituire un'unità autonoma dell'efficienza d'un corpo d'armata. Si schierò dapprima tra Fortezza e Ponte Gardena, per cogliere di fianco le truppe italiane che fossero sboccate dalla Pusteria o dalla Val Gardena. Le comandava uno dei migliori generali dell'impero, il bavarese Krafft von Dellmensingen, già C.S.M. della 6a armata in Lorena, ed egli assunse pure il comando dell'intero settore prospiciente alla 4a armata. Questa, completati i servizi, si metteva in moto il 2 giugno, e il Krafft, passato il momento critico, subito pensava a un'azione sul fianco che, partendo dal passo di San Pellegrino, dovesse giungere a Cencenighe e ad Alleghe. Ma il 4 giugno il Comando supremo tedesco ordinava che le truppe germaniche appoggiassero quelle austriache soltanto in azioni difensive, come protezione avanzata del confine tedesco-bavarese: l'Italia non era in guerra colla Germania!* Comunque la 4a armata s'era messa in moto, ma fino al 5 luglio non ebbe, per agire contro tre sbarramenti, all'infuori d'una batteria di grosso calibro, che 36 pezzi da montagna, 220 da campagna e 16 obici pesanti campali: mancavano persino i tubi di gelatina per aprire i varchi nei reticolati, e scarseggiavano pure le forbici da giardiniere. Non c'era poi un solo aeroplano a completare l'opera degli osservatori d'artiglieria! Si pensi che l'opera di Tre Sassi, nella zona del Col di Lana, ricevé nel giugno, a detta del capo di Stato maggiore della difesa del Tirolo, generale Pichler, ben 400 colpi d'artiglieria da campagna, con «esito nullo »; mentre bastò nel luglio una granata da 210 in pieno per porla fuori combattimento! In queste condizioni i nostri fanti mossero contro le asprissime montagne. La prima azione, appoggiata da quattro pezzi da 149, fu in direzione di Toblach, contro il Son Pauses, sprone imponente del Monte Cadini, elemento avanzato dello sbarramento di Landro, e falli; ritentata cinque giorni dopo, non aveva esito migliore, e di 11 a poco tre dei quattro pezzi da 149 erano scoppiati. Al tempo stesso i valorosi sardi della brigata Reggio assalivano la stretta di Valparola, la forcella Bois, le pendici della Tofana Prima: erano ovunque sanguinosamente respinti; attacchi successivi ebbero lo stesso esito. Il 5 luglio era finalmente in posizione contro gli sbarramenti il parco d'assedio; esso non constava che di 52 pezzi di medio calibro e di IO di grosso calibro; molti pezzi scoppiarono ai primi colpi e non furono più sostituiti per parecchi mesi; inoltre la dotazione di munizioni era addirittura irrisoria; i quattro obici da 305 assegnati all'armata avevano una dotazione; sulle prime, di quattro colpi ciascuno! Comunque si sviluppò ora una grande azione dal Col di Lana alle Tofane, contro lo sbarramento Alto Cordevole - Valparola, che si protrasse dal 7 al 17 luglio, ma i risultati furono nell'insieme assai scarsi. Al centro del settore, il 15 luglio, fu presa la parte austriaca di Monte Piana, altro elemento avanzato dello sbarramento di Landro, ma senza poterla tenere. Il 18 si agi anche verso Sexten (Sesto Pusteria) e sempre con scarsa fortuna. Il 4 e il 12 agosto si ritentò da questo lato, con successi puramente locali: si tornò ad attaccare il 6 settembre, e nell'insieme anche quest'ultima azione, accuratamente preparata.