La storia è racconto attraverso i libri  

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati.

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"DIO NON SUSCITA IN UN RAGAZZO L'IDEA DEL SACERDOZIO, SUSCITA INVECE L'INCONTRO CON UN SACERDOTE"

Emilio Bonicelli
ROLANDO RIVI
Servo di Dio
Seminarista Martire
 

Ed. Shalom
Via Galvani 1 Camerata Picena (An)
e-mail ordina@editriceshalom.it 

  Passi dalla prefazione di Mons. Luigi Negri

Lungo tutta la seconda metà del XIX secolo e i due terzi del XX, quello che il grande filosofo Robert Conquest ha definito il secolo delle idee assassine, un terribile evento si è rovesciato sulla vita dell'umanità. Le grandi ideologie e i grandi sistemi totalitari hanno inteso creare quello che Giovanni Paolo II, nella sua prima visita ad Auschwitz, ha definito "il tentativo di creare l'inferno sulla terra".
Milioni di persone sono state violate nelle loro libertà fondamentali, nei loro diritti. Moltissimi sono stati uccisi perché si affermasse, comunque e ovunque, un sistema di rapporti e di vita che avrebbe permesso alla struttura del partito e dello Stato di essere considerati come il massimo dei valori possibili. L'uomo è stato tradito, violato, violentato; interi popoli hanno perso coscienza della loro identità: sono stati milioni gli uomini compressi a forza nei campi di concentramento e di sterminio; ma anche coloro che vivevano la cosiddetta vita libera nella società vivevano in città che assomigliava di più a campi di concentramento che non a città. Soprattutto il totalitarismo tese, e in molti casi riuscì, a distruggere, o quanto meno a rendere molto labile, il riferimento alla grande tradizione cristiana che, comunque, costituiva la ricchezza fondamentale dei popoli, in particolare in Europa.
In questo contesto una sola realtà si è opposta a questa serie di regimi molte volte diversi in apparenza, ma sostanzialmente uniti nella stessa volontà di imporre con la violenza la propria ideologia ed attuarla senza alcun rispetto della vita e della libertà degli uomini. Una sola realtà si oppose, non con la forza delle armi, non contrapponendo ad una ideologia scientista o statalista o comunista o nazista o fascista un'altra ideologia, per esempio una ideologia dei valori religiosi, o una ideologia della tradizione. La resistenza fu la vita della Chiesa e del popolo cristiano. Il popolo cristiano ha testimoniato, lungo questi terribili 150 anni, che nella vita della comunità cristiana, nella vita della famiglia, che della comunità cristiana costituisce la prima fondamentale articolazione, è possibile vivere una vita autenticamente cristiana e, quindi, veramente umana.
Un popolo cristiano affronta le circostanze della vita investendole della convinzione profonda della resurrezione del Signore e vive le circostanze in questa certezza. Le circostanze della vita mutano perché la fede cambia la vita dell'uomo e la vita dell'uomo, cambiata, influisce sul cambiamento della società. Milioni e milioni di cristiani hanno testimoniato Cristo di fronte al potere di questo mondo, fino all'effusione del sangue. In questo martirio il Signore Iddio ha vinto ancora la sua battaglia contro il male e il terrore dell'uomo abbandonato a se stesso.
Per me Rolando Rivi è uno dei segni più singolari che la Provvidenza ha usato per ricordare a tutta la Chiesa che il nostro cuore deve stare di fronte a Cristo come quello di un bambino. Egli ha vissuto una totalità che gli ha consentito di subire il martirio, credo con tanta paura, ma con una certezza e una letizia che hanno giudicato e giudicano ancor oggi i suoi assassini. Da lui, piccolo ma gigantesco frutto della fede del popolo cristiano, dobbiamo imparare, all'inizio di questo terzo millennio, nello svolgersi talora tormentato della nostra missione, la sua radicale semplicità e il suo coraggio di fronte al mondo.
Prego perché le nostre chiese che sono in Italia sappiano recuperare, sotto il grande insegnamento e la grande testimonianza di Rolando Rivi, la forza della tradizione cristiana ed umana e l'impeto della missione, che ci fa annunziare a tutti gli uomini di questo tempo che il Signore Gesù Cristo, morto e risorto, è l'unica possibilità di salvezza. Papa Giovanni Paolo II, che ha avuto un culto straordinario dei martiri e soprattutto dei martiri del XX secolo, ha scritto "là dove l'odio sembrava inquinare tutta la vita, senza possibilità di sfuggire alla sua logica, i martiri hanno manifestato che l'amore è più forte della morte, all'interno di terribili sistemi oppressivi che sfiguravano l'uomo nei luoghi di dolore, fra privazioni durissime, esposti al freddo, alla fame, torturati, sofferenti; in. tanti modi essi hanno fatto risuonare alta la loro adesione a Cristo morto e risorto".
Rolando Rivi, vorremmo affidare a te e a questa tua testimonianza, che vive in modo potente nella nostra attualità, i giovani, questi giovani dell'inizio del terzo millennio. Essi sentono il peso di tutti gli errori e di tutte le fatiche del passato e rischiano di affrontare l'esistenza quotidiana senza nessuna affezione a se stessi e alla realtà; affidarteli perché, misteriosamente ma realmente, la tua testimonianza diventi per loro un vero grande insegnamento a vivere la vita come grazia del Signore a cui corrispondere con la profondità, la totalità, la verità di un impegno libero. Rolando Rivi, aiuta i nostri giovani ad essere come te uomini fino in fondo e, soprattutto, testimoni di Cristo di fronte al mondo, per la verità propria e per la salvezza del mondo. Pennabilli, 13 Febbraio 2010

Mons. Luigi Negri
Vescovo di San Marino-Montefeltro

    Presidente Comitato amici di Rolando Rivi
sotto immagine dal sito http://www.rolandorivi.com/Storia/La chiamata vocazionale.htm

San Valentino si trova su un colle che domina la valle del Fiume Secchia, dove l’acqua scorre nel greto sassoso segnando il confine fra le provincie di Reggio (a cui appartiene) e Modena. Un borgo di poche case raccolte allora intorno ai ruderi di un antico castello e più discosta la Pieve del 1160. Vi abitavano in molti in quella casa del beneficio parrocchiale del padre Roberto contadino mezzadro: tre generazioni, la Nonna Anna e Alfonso con le rispettive discendenze. La nonna Anna aveva perso due figli, Rino in Africa, Adolfo in Russia e Lina per malattia. Rolando nasce qui il 7 gennaio 1931.

  Nota del sito: L'estate del 1944 era stata difficile in montagna. Il fronte di guerra slittava inesorabilmente verso il crinale Tosco-emiliano sospinto dagli alleati ormai sicuri della vittoria finale e qui i tedeschi intendevano resistere ancora. Le retrovie dovevano essere sgombre e tranquille e le vie di comunicazioni aperte verso la pianura. Ma tutto questo era già stato compromesso nei mesi primaverili da una forte presenza partigiana. Il movimento partigiano era nato unitario con presenze sia di sinistra che cattoliche ("Claudio" Ermanno Gorrieri e "Carlo" Don Domenico Orlandini). Un risultato tangibile era stata la Repubblica partigiana di Montefiorino vissuta l'arco di un mese, ma la sconfitta aveva diviso le formazioni che ora si riconoscevano in Garibaldine e Fiamme Verdi di "Carlo" Don Orlandini. Il Seminario di Marola, a cui s'era indirizzata la vocazione di Rolando, era stato occupato da un gruppo tedesco antiguerriglia. Tutti i seminaristi a casa per le vacanze estive: non vi avrebbero più fatto ritorno fino al termine della guerra che da imminente, secondo ottimistiche previsioni venne rimandata all'anno nuovo, a dopo quel rigido inverno che aveva sepolto sotto metri di neve tutte le fazioni.

Dal libro …Chiuso il seminario Rolando tornò in famiglia per una forzata vacanza a tempo indeterminato. In questa nuova situazione il ragazzo continuò il percorso di studio e i ritmi di preghiera del seminario. Ogni mattina la giornata iniziava con la Santa Messa, cui Rolando partecipava accompagnando i canti con l'armonium e aiutando nella liturgia. Nel pomeriggio tornava in chiesa per l' adorazione al Santissimo Sacramento e per i Vespri, poi il ragazzo si fermava per esercitarsi nel suono dell' armonium o per consultare qualche libro nella biblioteca di don Olinto Marzocchini. Rolando decise di continuare a indossare la sua veste da seminarista sempre, anche durante quella prolungata e forzata lontananza dal seminario. Fu una scelta: di libertà, di poter essere se stesso, di mostrare il proprio volto, di aderire visibilmente a Colui che riempiva di significato la sua vita. La talare, diceva il ragazzo, "è il segno che sono di Gesù". In quel periodo però, pur in una terra profondamente segnata dalla tradizione cattolica, era diventato pericoloso mostrare apertamente la propria appartenenza alla Chiesa. Sul finire della guerra infatti, nelle formazioni partigiane che aderivano all'ideologia comunista si erano diffusi sentimenti di ostilità verso i sacerdoti, considerati i diffusori di idee che non avrebbero dovuto trovare posto nella nuova società che sarebbe nata dalla rivoluzione proletaria. Questi gruppi erano particolarmente attivi nella zona dell' Appennino tra Modena e Reggio Emilia, l'area in cui si trovava anche San Valentino. Tra le parole d'ordine dei propagandisti e dei commissari politici vi erano ad esempio quelle di "lottare contro i preti e la morale cattolica", oppure "liberare l'umanità dal concetto di religione e dalla schiavitù che secoli di barbarie cristiana hanno creato'".  Lo stesso don Olinto era stato attirato una notte in un tranello, brutalmente picchiato e derubato anche delle scarpe. Per la sua incolumità l'arciprete aveva dovuto accettare di allontanarsi sostituito da Don Alberto Camellini. - Levati la tonaca quando vieni a casa da Messa – gli diceva la madre, ma lui – Mamma non posso farlo.

Il bosco della morte

  L'assassinio

LE MINACCE
Dal libro ....."La guerra, crudele, spietata ed eversiva - ricorda don Raimondo Zanelli - si abbatté sul nostro Appennino: fascisti, nazisti, partigiani, bombardamenti, stragi, distruzioni, violenze, sangue. Anche il seminario di Marola dovette chiudere i battenti. I giovani tornarono ai propri paesi e alle famiglie, mentre l'odio veniva seminato a piene mani. Solo nell'estate del 1945, dopo la liberazione, i ragazzi tornarono al seminario. "Trovammo il posto di Rolando vuoto e venimmo a conoscenza del suo martirio - continua don Raimondo - Noi volevamo sapere il mistero di quella incredibile morte, le circostanze, le sofferenze, ma con nostra meraviglia, pur asserendo che era stata vittima innocente, ci dissero che si doveva perdonare e non parlarne. Era diplomazia? Era prudenza? O vigeva ancora la paura? lo e il compianto Meo Ferrari, che trovammo il corpo crivellato del nostro giovane curato, don Giuseppe lemmi, sul monte Fosola, altro autentico martire del Vangelo, venimmo invitati a non parlarne. Erano i tempi del terrore rosso e noi eravamo nel triangolo della morte".
Ermanno Gorrieri, il partigiano "Claudio"  ha scritto: "Chi non tiene presente la natura rivoluzionaria del PCI di allora e il duplice obiettivo che si riprometteva (liberazione e 'rivoluzione proletaria') non riesce a capire la Resistenza in tutta la sua complessità".

 

Dal libro…Alcuni partigiani lo avvicinarono e lo costrinsero a seguirlo. Fu un vero "sequestro di persona", non si sa se "premeditato, o occasionale", come chiarirà dopo alcuni anni la sentenza di condanna dei responsabili di fronte alla Corte di Assise di Appello di Firenze il 22 ottobre 1952. Ecco il racconto nelle parole scritte dal padre Roberto. "Era la mattina del 10 aprile 1945, dopo essere ritornato dalla Chiesa col mio figliolo me ne andai nei campi a lavorare. Ritornato verso mezzogiorno non trovai in casa Rolando. Mia cognata mi disse che era andato a studiare nel solito posto, un boschetto poco distante da casa. Lo chiamai. Nessuna risposta. Assieme a sua mamma mi recai sul posto pensando si fosse addormentato, ma una triste sorpresa ci attendeva. I suoi libri erano sparpagliati per terra e su un foglio, staccato da un suo quaderno, vi erano scritte queste parole: 'Non cercatelo. Viene un momento con noi. I Partigiani. Mia moglie incominciò disperatamente a piangere, perché i prelevamenti nella zona erano frequenti, ma io, data la sua giovane età, ero fiducioso che non fosse fatto a lui alcun male".
Nelle motivazioni della sentenza di condanna è illustrata chiaramente la ragione del foglio fatto ritrovare dai partigiani con l'invito a non cercare il ragazzo: "Il rilascio del biglietto da parte dei rapitori sul luogo del reato si spiega considerando il contenuto del messaggio che era quello di una sollecitazione a non ricercare il ragazzo, in quanto i rapitori avevano il ben intuibile interesse di assicurarsi il tempo necessario per uscire indisturbati fuori dai limiti della zona di San Valentino controllata dai tedeschi; e sapevano che un eventuale allarme, dato subito dopo il ratto, avrebbe potuto provocare un loro tempestivo inseguimento. Il calcolo dei rapitori si rivelò esatto, poiché il Rivi Roberto, credendo sul principio davvero che il figlio avesse temporaneamente seguito dei partigiani amici, non iniziò le ricerche altro che il giorno seguente".
Fatto prigioniero, Rolando fu portato in un casolare, in località Piane di Monchio, dove erano acquartierati, con muli e cavalli, alcuni partigiani appartenenti al
battaglione Frittelli della divisione Modena Montagna (Armando) comandata da Mario Ricci. Fu un cammino di alcune ore, perché Piane di Monchio dista circa 25 km da San Valentino e per raggiungere la località si deve attraversare il fiume. Monchio è una frazione del Comune di Palagano, una zona allora controllata dalle forze partigiane, non lontano da Farneta, dove i partigiani di quell' area dell' Appennino modenese avevano il Comando di Divisione e il loro tribunale militare. È probabile che il drappello con Rolando prigioniero sia giunto al casolare di Piane di Monchio nel tardo pomeriggio di quel 10 aprile 1945. Da quel momento tutto quello che accadde a Rolando fu fatto al di fuori delle regole che pure disciplinavano la guerra partigiana e fu motivato solo da un odio feroce contro la fede limpida, la vocazione al sacerdozio, l'appartenenza alla Chiesa, l'amore appassionato a Gesù del ragazzo. Anche il comandante di quel gruppo di partigiani, Delciso Rioli, detto Narciso della banda di "Nello" Pini, condannato in appello a 16 anni per la morte del seminarista (condanna scontata solo in parte grazie all'amnistia per i fatti di guerra) ha ammesso in una recente testimonianza, contenuta in un volume pubblicato nel 2004 la gravità di quanto avvenuto e il fatto che gli esecutori erano partigiani regolarmente inquadrati nel Battaglione Frittelli: "Nessuno aveva l'autorità di decidere della vita e della morte di persone. La cosa era risaputa. Perché dunque si era proceduto in modo tanto insensato quando i comandanti erano fuori sede? E poi perché tanta fretta?". E conclude: "Tutto mi suggeriva di arrestare gli esecutori e inviarli al Comando con una nota personale chiarificatrice. E ti assicuro che me ne dolsi a morte per non averlo fatto. Se li avessi arrestati e inviati al Comando di Divisione, forse il Comando li avrebbe fucilati, ma io non ne restavo il responsabile nella mia qualità di comandante, anche se tutto questo mi amareggiava. Ma che era venuto loro in mente? Ero stordito. La guerra era praticamente finita. Erano i giorni che si intravedeva l'avvicinarsi della libertà e il ritorno alle nostre case. C'era da fare tutto il lavoro di preparazione, cercare di snidare gli ultimi focolai di guerra. Insomma non ebbi la grinta adatta e lasciai perdere. In questo modo essendo il comandante del battaglione mi assumevo la paternità di un delitto commesso da altre persone". Giunto al casolare di Piane di Monchio, Rolando fu rinchiuso nella porcilaia, improvvisata e orribile prigione. Quel giorno e nei successivi fu sottoposto a pesanti interrogatori con l'obiettivo di estorcere una confessione e una credibile ragione per la condanna a morte, forse già decisa sin dal momento del rapimento. Il ragazzo fu accusato di essere una spia, un informatore dei tedeschi al soldo del Commissario Prefettizio, fu incolpato di aver rubato indumenti, di aver sottratto ai partigiani una pistola e di aver sparato contro di essi. Anche la somma che Rolando aveva in tasca, quale compenso dei servizi prestati alla chiesa durante la Quaresima e la Pasqua, divenne nelle accuse dei partigiani la prova dei compensi ottenuti per le delazioni ai tedeschi . Tutte accuse risultate poi, in occasione di processi di primo e secondo grado, completamente infondate. Per costringerlo a confessare crimini mai commessi, Rolando fu insultato, preso a cinghiate, colpito selvaggiamente con pugni e calci. La proprietaria del casolare dove i partigiani si erano acquartierati affermò di aver sentito picchiare il piccolo prigioniero durante la detenzione e, in seguito, riferì di particolari agghiaccianti circa le torture cui fu sottoposto, con ferocia inaudita. Il giovane seminarista fu spogliato a forza della tanto amata veste talare e l'abito, in quanto segno di appartenenza a Gesù e alla Chiesa, fu trattato con disprezzo. Arrotolato e preso a calci (abito) fu poi appeso come un trofeo a un chiodo all' esterno del casolare. ...Nonostante le percosse e le torture cui fu sottoposto durante gli interrogatori, Rolando rimase saldo nella fede e non ammise nessuna delle false accuse di cui veniva fatto oggetto. D'altra parte, non avrebbe mai potuto confessare quello che non aveva mai compiuto. Gli accusatori del ragazzo raccontarono di una relazione, redatta in duplice copia al termine degli interrogatori, in cui venivano elencati i fatti attribuiti a Rolando e che lui avrebbe sottoscritto. Di entrambe le copie, stranamente, non è rimasta traccia. Una delle due relazioni sarebbe stata inviata al Comando di Divisione di Farneta, ma durante il processo le persone che avrebbero dovuto riceverla testimoniarono di non averla mai vista o di non averne ricordo. Anche don Alberto Camellini, recatosi a Piane di Monchio in cerca di Rolando due giorni dopo la sua morte, fu informato del verbale, ma quando il sacerdote con forza chiese di poterlo vedere ricevette solo risposte evasive.
Il Padre "Lo portarono a Monchio e dopo averlo tenuto insieme a loro, torturandolo e seviziandolo, il 13 aprile 1945, un venerdì, alle 15 del pomeriggio, lo portarono in un boschetto che era poco distante dalla casa ove erano alloggiati. Il ragazzo quando ha visto la buca scavata, e questo particolare me lo ha raccontato dopo uno di loro, ha chiesto di poter fare una preghiera al suo papà e alla sua mamma. Si è inginocchiato sulla buca. In quell' istante lo hanno fulminato". A sparare il partigiano Giuseppe Corghi commissario politico del Battaglione Frittelli che, nella sentenza di condanna, viene descritto come un "uomo politicamente fanatico e sostenitore ad oltranza dell'odio di classe".

Rolando venne ucciso a Piane di Monchio venerdì 13 aprile 1945 alle ore 15. Lo stesso giorno, il venerdì, e la stessa ora, le 15, della morte di Gesù.

  L'affannosa ricerca

DOMANI UN PRETE DI MENO

Il padre Roberto, don Camellini e l'arciprete don Olinto conoscevano i drammatici eventi e volevano che fosse fatta piena luce sul  brutale assassinio  del piccolo Rolando. Ma ci fu chi cercò di impedire che questo avvenisse. I fatti si riferiscono all'autunno del 1945, una grigia notte di fine settembre, quando la guerra era ormai finita da 5 mesi. Così racconta di quella notte don Camellini: "Alcune persone sono venute in piena notte alla canonica per prelevarmi. Mi hanno chiamato e mi hanno detto di scendere. Ma io ho risposto di no da dietro la finestra socchiusa. Allora hanno sparato contro di me e i proiettili sono passati sulla mia testa senza colpirmi. Mi sono salvato suonando le campane della chiesa e, quando sono arrivati i ragazzi della parrocchia, quelli sono fuggiti". Queste pesanti minacce spiegano perché solo nel 1949, quattro anni dopo la morte del ragazzo, fu presentata, da parte del padre alla Questura di Modena, la denuncia contro  gli assassini di Rolando.

 

Dal libro…La sera del 10 aprile 1945, il giorno della scomparsa di Rolando, il padre Roberto, non vedendo ritornare il ragazzo, raccontò a don Alberto Camellini quello che era accaduto e gli mostrò quel foglio di carta, strappato da un quaderno del seminarista, su cui qualcuno aveva scritto: "Non cercatelo. Viene un momento con noi", firmato "Partigiani". L'attesa del rientro di Rolando però era stata vana. Foto GiordaniNella convinzione che il ragazzo si fosse allontanato con partigiani amici, il padre Roberto, d'accordo con don Camellini, si rivolse a Renzo Branduzzi, capo del servizio informazioni partigiano in quella zona, cattolico, che frequentava la chiesa di San Valentino. "Il Branduzzi - racconta il padre Roberto - mi disse di stare tranquillo, che a Rolando nessuno avrebbe torto un capello. Lui stesso il giorno appresso sarebbe andato in cerca del ragazzo e lo avrebbe portato a casa". Le ricerche del seminarista scomparso iniziarono così solo 1'11 aprile e si mossero nella direzione sbagliata. "Il Branduzzi - continua il racconto del padre andò fino a Cerredolo ma ritornò dicendo che nessuno l'aveva visto". A quel punto Roberto stesso iniziò le ricerche, ma con scarso successo. "Mi avviai dall'altra parte, verso la montagna del reggiano, da un paese all'altro, da una formazione partigiana all'altra. Nessuno sapeva dirmi niente, tutti però erano concordi dicendomi che, data la sua giovane età, al ragazzo nessuno avrebbe potuto fare del male". La sera di venerdì 13 aprile Roberto, rientrato a casa esausto per le lunghe e inutili ricerche, si rivolse nuovamente a don Alberto Camellini. Il sacerdote quello stesso giorno aveva avuto una notizia che riferì subito al padre: due uomini, passati dalla canonica, avevano detto che, secondo voci raccolte, a Monchio un gruppo di partigiani aveva fatto prigioniero un seminarista. Il mattino dopo, appena si fece giorno, Roberto e don Alberto Camellini si mossero verso la zona indicata, passando prima da Cerredolo e poi puntando verso Farneta, dove c'era il tribunale partigiano e dove si pensava che fosse stato portato Rolando una volta arrestato."Ci spostavamo - afferma don Camellini - cercando di fare i tratti di strada che si poteva in bicicletta e a piedi tutti gli altri. Siamo stati prima a Cerredolo di Toano, ma nessuno aveva informazioni. Più avanti c'era un carrello dell'Edison che portava dal fiume fino a Farneta, alla centrale elettrica. Abbiamo caricato le nostre biciclette sul carrello e siamo giunti a Farneta, dove c'era il tribunale dei partigiani. Speravamo di trovare lì Rolando, come prigioniero. Ma anche a Farneta nessuno sapeva niente. Per questo ci siamo recati a Gusciola e lì abbiamo incontrato il comandante del battaglione di Piane di Monchio. Era un ragazzo, su di un cavallo bianco, come un grande condottiero, ma era più piccolo e sembrava più giovane del povero Rolando. Ha detto: “l’abbiamo ucciso noi alle Piane di Monchio, perché era una spia”. Subito ci siamo mossi, sperando che si fosse sbagliato. Siamo arrivati a Monchio. Ricordo la tristezza di quel paese devastato dai tedeschi come rappresaglia in seguito ad uno scontro con i partigiani (un anno prima). Quanti casolari bruciati! Abbiamo parlato col parroco, ci siamo fatti indicare le Piane, dove aveva sede il Comando di quel battaglione di Partigiani.

Nelle motivazioni alla sentenza della Corte di Assise di Appello di Firenze si legge che don Camellini "circa 20 giorni prima del dibattimento di primo grado, quando aveva già ricevuto la citazione a comparire come teste, fu ammonito da tale Parisi affinché egli, come pure il Rivi Roberto, stesse attento a non parlare troppo perché altrimenti sarebbero state le sue ultime Messe".

Nella Chiesa di Monchio viene celebrata la Messa e steso l'atto di morte 'Animam Deo reddidit per manus hominum iniquorum' (ha reso l'anima al Signore per mano di uomini iniqui), poi la sepoltura al cimitero del paese. Con due assi il padre fece una croce di legno per la sepoltura. Sopra, con un poco di vernice bianca, scrisse: "SEM. RIVI ROLANDO UCCISO A MONCHIO IL 13 APRILE 1945". La croce è stata conservata ed è visibile presso l'antica Pieve di San Valentino dove il servo di Dio Rolando Rivi è ora sepolto e venerato .

  Lentamente, tirandoci dietro le biciclette, lungo una mulattiera, siamo arrivati alle Piane di Monchio. C'erano alcuni partigiani comunisti che parlottavano tra di loro e quando ci hanno visto hanno chiamato il commissario politico, Alla nostra richiesta se un seminarista fosse stato da loro arrestato, il commissario politico ha detto di non saperne nulla. Allora io ho replicato: 'Di sicuro che è qui, ce lo ha detto il vostro comandante'. A quel punto il commissario ha risposto: 'Sì, è stato ucciso qui. L'ho ucciso io, ma sono perfettamente tranquillo poi aggiunse 'DOMANI UN PRETE DI MENO' . Mi è passato un brivido freddo nella schiena. Immaginate la tristezza e l'angoscia del papà che era appoggiato al mio braccio. Ho chiesto: 'Che cosa ha fatto?'. Hanno risposto che era una spia al servizio dei tedeschi e che due volte avrebbe condotto i tedeschi verso le formazioni partigiane facendo arrestare alcuni di loro. Tutte cose incredibili. Accuse che poi sono risultate completamente false, sia durante il processo di primo che di secondo grado contro gli assassini. lo ho detto: 'O Rolando era un genio, che ha saputo fingere così bene, oppure le accuse che voi formulate sono tutte falsità. In ogni modo io sono qui solo per domandarvi la salma di un morto. Non voglio fare il processo a quello che voi avete fatto. Vi domando solo: ha sofferto questo povero bambino?'. Il commissario politico, indicandomi la rivoltella che portava alla cintura mi ha risposto: 'Guardi, con questa non si soffre tanto'. Ho chiesto dove l'avevano sepolto e mi hanno risposto che era in un bosco lì vicino. Ormai era sera e non ci si vedeva più. Così abbiamo deciso di andare a Monchio per trascorrere la notte, dicendo ai partigiani che saremmo tornati il mattino dopo a recuperare la salma. Siamo partiti nel buio, ricordo il papà di Rolando che si appoggiava al mio braccio. Recitavamo il Rosario. Ci aspettavamo da un momento all'altro un colpo di fucile o una raffica di mitra. Se ci avessero ucciso non ci avrebbero più trovati, perché nessuno sapeva che eravamo lì. Abbiamo trascorso la notte a Monchio, dormendo come abbiamo potuto tra le mura bruciate della canonica. Al mattino de1 15 aprile, abbiamo organizzato il funerale. Era la domenica in Albis dell'anno 1945. Dieci giorni dopo la guerra sarebbe finita. Appena si è fatto giorno siamo tornati nel bosco delle Piane di Monchio dove Rolando era stato malamente sepolto. I partigiani mi hanno indicato il punto, in una conca coperta di foglie. Abbiamo tirato via le foglie e abbiamo visto che sotto la terra era smossa. Ho pregato il papà di scostarsi un po' , di aspettare in disparte, perché temevo che alla vista del figlio ucciso si sarebbe sentito male. Aiutato da un partigiano ho tirato via quei venti centimetri di terra. Sotto c'era il cadavere del povero ragazzo. L'ho tirato su. L'ho messo a fianco della buca e poi ho cercato di lavarlo con un poco di acqua e il mio fazzoletto. Lo pulivo come meglio potevo. Ho visto che vi era un foro di proiettile sulla tempia sinistra e un altro foro, con il sangue che usciva, all'altezza del cuore. Ho chiamato Roberto. Non dimenticherò mai l'abbraccio ed il colloquio del papà con il suo Rolando. Mai avrebbe pensato di ritrovarlo in quello stato. Dalla parrocchia di Monchio sono arrivate due persone per aiutare a portare Rolando al cimitero. Lo abbiamo messo in una cassa provvisoria, ricavata da quattro assi di legno.
     

Pierina Donadelli,15 old,was an orphan who was taken care by an old nunn and used to work part-time as a maid in Casola village.(North Center of Italy.) She was kidnapped by August 10th 1944 by reds partisans who,just for the ''fun'',took her to their camp in the mountain,raping her during 20 days untill the poor child refused to eat,not reacting to the ''game''.She had even no more energy to cry... Then they took her ,along with a schoolteacher they had captured too,for the same purpose, at the small church of Monte Santa Giulia where,in a last act of barbarity and profanation,they raped both inside the church and killed them with buttstrokes. Some days later,by the indiscretion of one of the partisans ,the old nunn was able to discover where Pierina was clandestinely buried,and with the help of a friend,she recovered the remains of the child and gave her a Christian burial in the cemetery of Casola,where she rest today.... Today,there is a monument at the top of Mount Santa Giulia,in middle of cypruses in half a circle... A monument to Pierina ? No. A monument to those who ''fought against Nazifascism'' as it is carved in the rock. A monument to honour the coward rascals who tortured to death an 15 old orphan,who was virgin,who never earch about politics.

  Alpino RIGHI. <<La situazione è disastrosa. L’ozio, la mancanza di mezzi di sussistenza, la difettosa organizzazione, la eterogeneità provocano facili sconfinamenti e soprusi nei confronti della popolazione già agli estremi per la difficile congiuntura stagionale. In diversi luoghi sorgono attriti seri ed i partigiani fino ad allora considerati amici e salvatori, vengono trattati come ladruncoli da strapazzo e mal sopportati. Rientro a Toano e riferisco la mie impressioni. Al comando della Divisione si esamina il problema di affrontare le necessità logistiche per sanare una situazione che tende progressivamente ad aggravarsi. Barbolini, d’accordo con il comando di Montefiorino, decide di costituire a Cerredolo un centro per la raccolta e lo smistamento dei generi alimentari necessari alle numerose formazioni (….). Mi reco sul posto destinato e vi trovo un notevole caos, governato da “Piccolo padre”, commissario politico (si tratta di Domenico BRAGLIA, futuro Sindaco comunista di Castellarano, oggetto di numerose denunce su “La Penna” di Giorgio MORELLI per i crimini commessi nella zona n.d.a.) (….) La situazione è confusa. Nell’edificio destinato ad ammasso del grano si verifica qualcosa di incredibile. Intere famiglie fuggite dalla Bassa vi fanno cucina mentre in alcune delle stanze vengono tenuti i prigionieri molti dei quali vengono passati per le armi, di notte, senza che nelle vicinanze vi sia ombra di tribunale. Per crudeltà si distingue uno slavo chiamato Gino. Partigiani di tutte le razze si incrociano nel paese, c’è chi va su chi va giù, chi parte e chi arriva senza che si possa capire ciò che sta succedendo. In giro si vede anche molto “rosso” (….) Qualche volta con il viso sorridente e soddisfatto compare anche Armando, a bordo di una fiammante macchina……. A fianco tiene un bel pezzo di figliola. Il meno soddisfatto di tutti è certamente il Maggiore Johnston della missione alleata che si lamenta, in diverse circostanze, con me. A mia volta denuncio per iscritto e verbalmente l’assurda situazione al comando di divisione lamentando le interferenze e le prepotenze di “Piccolo padre” che per essere un “commissario” , ritiene anche di essere un padreterno.>>  dal forum di polizia nella storia

Tralascio i riporti di abusi commessi da GORRIERI e da ARMANDO sia nei confronti della popolazione civile (vedi a sx il caso di Pierina DONADELLI, classe 1928, orfana di padre e convivente con la nonna a Casola, seviziata ed uccisa) che di prigionieri e prigioniere.

PER SAPERNE DI PIU' - I gendarmi della memoria - di Giampaolo Pansa http://www.istoreco.re.it/public/isto/rs64-66OCRLOW1562011152712.pdf 
 

<<<< http://www.centrosangiorgio.com/piaghe_sociali/comunismo/pagine_articoli/atrocita_partigiane_in_italia.htm 

     
    La sentenza: Corte di Assise di Appello di Firenze, 22 ottobre 1952. Imputati Delciso (Narciso) Rioli, Giuseppe Corghi....

Mario Ricci "Armando" (Pavullo 1908/1989 Medaglia d'Oro al Valor Militare nel 1953, deputato del Partito Comunista Italiano)  già comandante della divisione Partigiana Modena Montagna da cui dipendevano gli assassini

 

passi dal libro…"... A questo punto occorre rilevare che il Rivi Rolando, seminarista stabilmente dimorante in San Valentino, dopo la chiusura del Seminario, con la sua condotta pia e irreprensibile, con lo zelo per le pratiche della fede, con i sentimenti di simpatia professati verso le Fiamme Verdi, ossia per i partigiani della Brigata democristiana Italia, costituiva per l'elemento giovanile locale un esempio edificante di virtù civiche e cristiane che, di per se stesso, doveva determinare un effetto d'attrazione verso le ideologie religiose e politiche cristiane. La sua cattura e la sua soppressione, pertanto, non furono soltanto una manifestazione di anticlericalismo, quale si sarebbe potuto avere nei confronti di un qualsiasi appartenente a ordini religiosi, ma ebbero l'effetto di eliminare per sempre un elemento che, nella zona di San Valentino, costituiva un efficace ostacolo alla penetrazione della propaganda comunista nella gioventù, e ciò proprio in un momento in cui la liberazione imminente faceva sperare agli estremisti la conquista di una loro superiorità politica nella Nazione. Il perseguimento di fini di parte, in contrasto con l'ideologia professata dal giovane, spiega anche l'illegalità della procedura seguita dai colpevoli. Se il Rivi fosse stato veramente una spia sarebbe stato avviato, secondo le norme, al Comando superiore di Farneta. Siccome invece non era tale e lo si voleva sopprimere solo perché ritenuto un ostacolo all' espansione locale del comunismo, non lo si potè deferire alla Giustizia Partigiana e si inscenò, per accordo intervenuto almeno tra il Corghi e il Rioli, la simulazione della sua qualità di spia, tanto vero che già il giorno 14 aprile il Rioli indicava quel falso motivo al Camellini (arciprete) a spiegazione del fatto.  Ed allo stesso scopo si usarono percosse e cinghiate per estorcere all' infelice giovinetto la falsa confessione di una attività spionistica che gli stessi imputati sapevano inesistente come è stato dimostrato ( ... )"

   

La beatificazione

Sul sito ANPI di Carpi si può ancora leggere da Pietro Secchia “la Resistenza accusa” .

... Potrei leggervi un lungo elenco di partigiani attualmente detenuti nelle Carceri di Modena e in altre Carceri italiane. Si tratta di partigiani autentici, di valorosi combattenti, accusati e detenuti ingiustamente per azioni di guerra che hanno avuto luogo nel corso del 1944 e nei primi mesi del 1945, in ogni caso in epoche nelle quali quei fatti o non costituivano reato o sono amnistiati. Non leggerò tutto l'elenco vi leggerò solo alcuni nomi:.....
RIOLI Narciso,
comandante di brigata, detenuto dal 20 giugno 1949 per fatti che risalgono al 10/4/1945
CORGHI Giuseppe,
comandante di Brigata, detenuto dal 28 giugno 1949 per fatti che risalgono al 10/4/1945
Corghi e Rioli condannati a 22 di galera, ne scontarono solo 6 poi tornarono liberi

 

Dal libro…Un fatto sorprendente e inaspettato catalizzò l'attenzione dei mass media sulla figura del seminarista martire qualche anno fa. Il 3 maggio 2001 l'agenzia di informazione Ansa diffuse questa notizia: "A San Valentino di Castellarano si commenta come miracolosa la guarigione dalla leucemia di un bambino inglese di due anni nel cui lettino, sotto il guanciale, i genitori avevano posto una reliquia di Rolando Rivi, …". La notizia dell'inaspettata guarigione del piccolo James era arrivata a padre Giovanni Battista Colusso, allora parroco di San Valentino, tramite un fax spedito da Michael Hutchings che a Londra guidava un gruppo di preghiera cattolico. Il giovane, che all'inizio degli anni '90 aveva frequentato l'Università Pontificia Antoniana a Roma, aveva letto sull'Osservatore Romano un articolo dedicato al seminarista martire Rolando Rivi e ne era rimasto profondamente colpito, tanto da procurarsi la prima biografia del ragazzo, scritta da Paolo Risso. Quando poi il piccolo James Blacknell figlio della cugina di un caro amico s'era ammalato di leucemia, e giaceva in ospedale senza prospettive di guarigione, aveva scritto a padre Colusso per avere una reliquia di Rolando. Il parroco di San Valentino aveva spedito in Inghilterra una ciocca di capelli del seminarista intrisa del sangue del martirio. Il 4 aprile 2001, nove giorni prima della data del martirio, i medici inglesi riconobbero che sorprendentemente tutti i segni del tumore erano scomparsi. Il 13 aprile 2001, venerdì santo e 56° anniversario della morte di Rolando, padre Giovanni Battista Colusso annunciò in chiesa la guarigione del bambino inglese. La notizia trapelò sui giornali e divenne di dominio, si può dire, mondiale. Ne scrissero: la rivista Gente il 31 maggio 2001 ("Questo bimbo è risuscitato" a cura di Luigi Bellotti); Famiglia Cristiana il 17 giugno 2001 ("In memoria di un seminarista" di Simonetta Pagnotti); II Giornale il 13 aprile 2002 ("Quando Dio in persona rompe la cortina di ferro", stupendo articolo di Antonio Socci); ancora Gente il 9 maggio 2002 ("Ha dato la vita per Gesù" di Andrea Tornelli), e ancora l'Osservatore Romano il 16 gennaio 2004. Dall'annuncio della guarigione la parrocchia di San Valentino oltre che invasa dalle lettere provenienti dall'Italia e dall'estero richiedenti grazie e preghiere è meta di fedeli per la venerazione

Il 7 gennaio 2006 alle ore 16,00 è iniziato ufficialmente a Modena, nella Chiesa di S. Agostino, il processo di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio Rolando Rivi, Seminarista morto Martire a 14 anni, ucciso per mano di partigiani comunisti, nel bosco di Piane di Monchio, nell’Appennino Modenese. Nel maggio 2012, la competente commissione vaticana dei teologi ha approvato la validità del suo martirio in odium fidei. Il 28 marzo 2013 Papa Francesco approva il decreto che identifica Rivi come martire. Nella chiesa cattolica il martire viene onorato come Beato o Santo e il prossimo passo, per Rolando Rivi, sarà proprio  la beatificazione prevista per ottobre. Si ringrazia  per la stesura e la consulenza il Bersagliere Sergio Rivi cugino di Rolando

     

Antonia Bertoni Presidente dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani - Sassuolo): Per quell’omicidio furono condannati i responsabili, che pur avendo avuto un ruolo (ndr: importante) nelle formazioni partigiane della zona, commisero un reato di delinquenza comune e non furono spinti da ragioni ideologiche come si vorrebbe far intendere !!.

  .da "il memoriale di Don Domenico Orlandini "Carlo" Eroe sconosciuto - 284a Brigata Fiamme Verdi Italo (2009)

.. Nel frattempo un reggimento della Monterosa con rinforzi di militi aveva liberato e portato con sé i presidi (fascisti) di Toano e Villaminozzo, la cui vita era resa impossibile per il tenace logorante assedio cui erano sottoposti. Sulla via della ritirata razziavano gran quantità di bestiame. Nei due presidi evacuati si installarono i partigiani modenesi. «Eros», cui nel frattempo si era unito «Miro» si guardò bene dal scendere a Villaminozzo, benché libera: ambedue ritennero più sicuro venire a stabilirsi a Ligonchio. Un altro increscioso fatto era successo in questo intervallo. Un giorno in cui ero sceso a Poiano in visita ad un distaccamento che avevo colà, una grossa banda di partigiani modenesi, capitanati da «Armando» (M. Ricci) e da «Davide» (O. Poppi), era piombata a Ligonchio. Al mio ritorno trovai la popolazione terrorizzata. Mentre noi non avevamo torto un capello a nessuno, i modenesi avevano arrestato sette persone, delle quali una già fucilata e le altre in pericolo di subire la stessa sorte. Inoltre, armi alla mano, erano entrati per le case facendosi consegnare viveri e indumenti. Le mie energiche proteste poterono evitare altre uccisioni. Dovetti perfino puntare la rivoltella (e per poco non sparai) contro «Davide» che, a scopo di rappresaglia, voleva massacrare una donna col piccolo figlio, perché il marito e padre prestava servizio a Reggio presso il commissariato della milizia. Per fortuna, pur avendo detto che erano venuti per aiutarci contro un eventuale rastrellamento, dopo tre giorni se ne ripartirono (11).
11) Nel «memoriale» è il primo accenno a «Davide». L'incontro è drammatico. Ma sembra che non sia stato il primo. Certo i metodi di «Davide» non potevano collimare con quelli di «Carlo».

Ermanno Gorrieri partigiano "Claudio":  

«Io so che molte federazioni provinciali (comuniste) erano divise. Però spesso hanno tollerato e coperto i delitti, aiutando magari i colpevoli a fuggire all’Est (principalmente in Cecoslovacchia) e tacendo su chi era in carcere innocente. Tutti, anche chi non era d’accordo, hanno tenuto un atteggiamento per lo meno ambiguo».

 

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