La storia è racconto attraverso i libri | |
25 L'amnistia Togliatti COLPO SI SPUGNA SUI CRIMINI FASCISTI
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Ed. Mondadori
MIMMO FRANZINELLI |
LA MORTE SECONDO SCALFARO Recensioni Il 22 giugno 1946, pochi giorni dopo la nascita della Repubblica, fu varata l'AMNISTIA TOGLIATTI. Il provvedimento, che doveva pacificare il paese, si tradusse nella liberazione di migliaia di fascisti, compresi i peggiori criminali. Chi lo aveva voluto? C'era qualcosa di sbagliato nei tempi e nella formulazione dell'atto di clemenza? O c'era invece qualcosa di inadeguato nei giudici cui spettava interpretare e applicare la legge? Quel che è certo è che l'amnistia portò all'archiviazione di molti processi, sollevò un'ondata di risentimenti e lasciò senza risposta molte domande. Per far luce sulla complicata vicenda dell'amnistia del '46, Mimmo Franzinelli ha analizzato un'imponente mole di documentazione archivistica in gran parte inedita. Le "carte Togliatti", conservate alla Fondazione Gramsci, testimoniano, fra l'altro, la diretta paternità del segretario comunista nella stesura del decreto, smentendo la tesi che il guardasigilli fosse caduto in un tranello dell'apparato ministeriale (in un congresso provinciale del 1946 a Forli si sostiene che Togliatti l'ha subita!!: diverso il parere della Menapace sotto). Le relazioni riservate di prefetti e comandanti dei carabinieri sulle scarcerazioni consentono di accertare chi beneficiò del "colpo di spugna", come e per quali reati: dai magistrati ai collaborazionisti, dagli stragisti ai delatori, dai torturatori di partigiani ai "cacciatori di ebrei". Le più significative sentenze della Corte di Cassazione ci mostrano direttamente con quali argomentazioni spesso incredibili si decretò l'impunità e perfino la riabilitazione giuridica della classe dirigente del Ventennio e della R.S.I.. Franzinelli affronta il tema di fondo del trapasso dal fascismo alla democrazia e dalla guerra alla pace analizzando i fattori che concorsero a fare dell'amnistia un provvedimento tanto discutibile: il mancato ricambio dell'apparato statale, lo strapotere dei vertici della magistratura, la sottovalutazione dell'impatto che il decreto avrebbe avuto nel paese, l'apertura di Togliatti agli ex fascisti in vista dei nuovi equilibri politici. L'amnistia si inserisce quindi nel quadro più ampio che in quegli anni vide l'insabbiamento di molti procedimenti per crimini di guerra nazifascisti e garantì l'impunità agli italiani colpevoli di crimini di guerra in Africa, Iugoslavia ecc. Dopo sessant'anni è possibile ripercorrere per la prima volta minuto per minuto l'itinerario di un evento, importante e spesso dimenticato, che ha contribuito a definire nel bene e nel male la fisionomia della Repubblica appena nata. |
Per saperne di più "I conti con il fascismo" di Hans Woller ed. Mulino. | |
di Lidia
Brisca "Menapace"
(Novara, 3 aprile 1924 - staffetta partigiana e cofondatrice de Il
Manifesto nel 1969 promotrice del
Movimento Cristiani per il Socialismo. Oggi 2012 il clima è cambiato. I fascisti stanno al governo coi comunisti (li chiamano Cattocomunisti per il risveglio religioso così improvviso e impellente), il Papa invita a pranzo l'esponente principale di questa coalizione e questi nuovi cristiani riempiono le chiese altrimenti vuote per la crisi religiosa. E vissero felici e contenti !! come nelle fiabe |
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L'autore, qui a fianco quando parla di magistrati anziani, non si riferisce a Scalfaro (un giovane della classe 1918 vedi sotto) che proprio sotto il fascismo aveva iniziato la sua carriera giudiziaria. L’autore confida che i suoi odierni lettori prendano per buono che, dopo l’uccisione di migliaia di fascisti, preti compresi, ai magistrati compromessi si sia riservato un occhio di riguardo, non si sa mai. I reati della guerra, gli imboscati dell'armadio della vergogna, vengono ciclicamente tirati in ballo come una minaccia del "riportiamo tutto al punto zero" quando si sa benissimo che gli italiani furono amnistiati (succede anche oggi) fino ai reati comuni più gravi e per i tedeschi, comprati o venduti per motivi politico economci, dipende dal punto di vista. Gli italiani con memoria non dimenticano che in anni non recenti barattammo coi tedeschi il silenzio sulle stragi in cambio di un mega prestito che la Deutsche Bank ci passò in uno dei tanti momenti critici della liretta (ma succederà anche anni dopo con l'euro: noi la parte dello straccione ce l'abbiamo nel sangue). Ci concessero, bontà loro, che la garanzia in quintali d'oro restasse per pudore in Italia, nei forzieri blindati in camera caritatis. Ma non solo col prestito anche con la buffonata della liberazione di Kappler e con la grazia a Reder scambiammo favori contro crimini. Basta scorrere poi i capitoli delle stragi in "schede" e si trovano criminali diventati preti, capi della polizia, deputati etc. (in Germania addirittura in un partito di sinistra) che sotto l'inquirente tedesco, anche morale, non sono mai passati. E qui si smentisce il fatto che in altri paesi europei i criminali fossero stati esclusi da cariche pubbliche come afferma invece vigorosamente Franzinelli. A tutto questo bisogna aggiungere la superficialità delle documentazioni, come nel caso eclatante di Carpi Cibeno (documentato), dove si spendevano soldi ed energie per un memoriale e non per la ricerca degli effettivi criminali colpevoli. Se non ci pensa lo stato ci poteva pensare in surroga almeno la comunità. Mentre le documentazioni Inglesi erano oltremodo precise, il Gen. Alexander con la stessa penna con cui firmava gli elogi per i partigiani, raccomandava la sospensione della pena di morte per Kesserling, nemico onorevole !!!. Se a questo aggiungiamo le provate intrusioni della politica e del patto atlantico, più desolante di cosi il quadro non poteva essere. |
Intervista con Mimmo Franzinelli
da
http://www.papillonrebibbia.org/index.php?option=com_content&task=view&id=313&Itemid=31
(ndr:
Sgombriamo prima il campo dai dubbi espressi dal titolo: Il colpo di
spugna non riguardava solo i criminali fascisti, ma anche quelli militari
italiani e dei partigiani) Il sovraffollamento delle carceri riguarda anche in larga parte procedimenti in corso, in attesa di giudizio, per i quali la macchina giudiziaria per problemi "non suoi", visto che nessuno glieli ha mai contestati non procede spedita come lo fanno in altri paesi. Dal che se ne deduce che i veri criminali spesso se ne stanno fuori od escono subito dopo la condanna. |
Alla vigilia della liberazione, per contrastare quello
che ormai sembrava essere diventato il mattatoio Italia, il CLN decise di
costituire un tribunale speciale sulla falsariga di quello Fascista del
1926.... Matteo Dominioni da Intermarx rivista virtuale di analisi e critica materialista: Le Corti d'Assise straordinarie si pronunciarono per un numero di casi presumibilmente tra i 20.000 e i 30.000. Non erano veri e propri tribunali popolari ma la presenza del popolo era significativa nei processi per più ragioni: i fatti di cui erano chiamati a rispondere gli imputati erano quelli più efferati e che maggiormente avevano formato l'antagonismo della gente verso il regime nazifascista; le aule dei tribunali molto spesso erano colme di persone che "animavano" i processi; il giudizio veniva espresso da una giuria antifascista. Tanto bastò perché gli alleati dopo mesi di caos imponessero un ritorno parziale (Sezioni Speciali) alla giustizia ordinaria.
Da “La meravigliosa Italia della Resistenza” di Giorgio Ognibene prefazione On. Arrigo Boldrini “Bulow ( pres. Anpi, Vice Pres. Camera dei deputati) ed. Ape Bologna 1974. Condanne da Tribunali Speciali Fascismo n. 4.471 Condanne a morte n. 29 Confinati n. 15.800.
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IL CASO SCALFARO e le riabilitazioni
riepiloghiamo da Anpi Ass. Naz. Partigiani -romacivica: Il
Tribunale speciale fascista fu istituito nel 1926, con la legge n. 2008
[26 novembre], recante "Provvedimenti per la Difesa dello Stato". Esso
reintroduceva la pena di morte per gli attentati contro la persona del Re
e del capo del fascismo e puniva con sanzioni severissime ogni attività
politica contraria al regime. Tutti i partiti politici erano già stati
sciolti e messi fuori legge. Tale attività dunque, era bollata come
"sovversiva". Altra specialità di quel tribunale consisteva nel fatto che
il collegio giudicante non era costituito da magistrati, ma da ufficiali
della milizia fascista. Ciò non lasciava adito ad alcun dubbio sulla loro
imparzialità. Per il modo stesso della sua origine e della sua
costituzione, era un tribunale per il quale non valeva la norma generale
che "la legge è uguale per tutti"). Il giovane magistrato, contrario per principio e turbato dall’idea di dover chiedere la condanna a morte, studiò l’incartamento a lungo e si consigliò (consultò) anche con un sacerdote laureato in diritto civile e canonico. Costui cercò di sollevare dalle sue spalle la terribile responsabilità, ricordandogli che la Chiesa riconosce allo stato il diritto di comminare la pena di morte in casi particolarmente gravi. (ndr sarei curioso di conoscere la versione moderna del consiglio pretale e l'opinione di Scalfaro sulla esecuzione di Saddam Hussein. (Il "senso cristiano" gli impedì anche alcuni anni dopo di affrontare il guanto di sfida (duello) lanciatogli da uno sfidante offeso di cui sotto si da notizia). Arrivato il giorno del dibattimento, Scalfaro presentò prima i fatti e le responsabilità, affermò che su di essi poggiava la richiesta della pena capitale, ma continuò dichiarando la sua opposizione ad essa e argomentando il perché. Aggiunse anche che se avesse trovato un conflitto tra il dettame della sua religione e la pena di morte, si sarebbe dimesso dalla magistratura, ma poiché la sua religione la autorizzava (la pena di morte la Chiesa riconosce allo stato il diritto di comminare la pena di morte in casi particolarmente gravi).... Le condanne a morte ottenute dal solo Scalfaro nel '45 sono state 7. Fra di esse quella dell'avv. Enrico Vezzalini pubblico accusatore di Ciano al processo di Verona. |
Riabilitare un morto | |
.da
Archivio storico della Resistenza bresciana e dell’età contemporanea Ancora nel 2007 a distanza di 47 anni dalla riabilitazione il concetto (di riabilitazione) è del tutto ignoto all'archivio della Resistenza http://www.bs.unicatt.it/materiali/ricerca/archivioresistenza/precisazioni_spadini.pdf .. la contestazione...Nei
cenni biografici a corredo della pubblicazione sul terzo Annale (2007)
dell'Archivio del diario originale e inedito sempre di Comensoli, alla
voce “Spadini Ferruccio” (p. 147) pur indirettamente fornendo
“un’involontaria rettifica” nel ricordare che la nomina a Breno di
Ferruccio Spadini è del luglio 1944, non si fa però cenno
“all’ingiustizia della condanna ed alla successiva riabilitazione del
1960”. *Mimmo Franzinelli si occupa della trascrizione dei quaderni di Comensoli |
cito da Repubblica del 1 novembre 2007 FABRIZIO RAVELLI dalla
biografia ufficiale a cura della nipote Barbara.... Rifiutata con
convinzione la nomina a questore di Cuneo per la propria avversità alle
cariche politiche, resta all’ufficio reclutamento di Brescia fino al
dicembre 1943, poi inviato al Castello (Brescia) al comando di un
battaglione con il quale egli spera di poter in breve ripartire per il
fronte, per assecondare la propria predisposizione di attivo soldato
all’ideale di difesa della Patria. Inviato invece il 29 giugno 1944 a
Breno, riceve l’incarico di ordine pubblico all’interno della costituita
G.N.R. alle dipendenze del Generale Ricci e del Tenente Colonnello
Valzelli, col grado di Maggiore. Da questo momento ogni responsabilità
d’ordine pubblico della Valle Camonica ricade su di lui, pronto a
scontrarsi col generale tedesco di stanza ogni volta un ordine abbia a
ritorcersi negativamente sulla popolazione italiana; pronto a scusare
l’operato dei partigiani definendoli paternalisticamente “ giovani
ribelli”, tanto da essere accusato di debolezza e quasi di collusione
con loro. .. |
UNA LEZIONE DI |
CAVALLERIA |
“Ho appreso dai giornali che Ella ha respinto la sfida a duello inviataLe dal padre della signora Toussan, in seguito agli incidenti a Lei noti. La motivazione del rifiuto di battersi da Lei adottata, cioè quella dei principi cristiani, ammetterà che è speciosa e infondata. Il sentimento cristiano, prima di essere da Lei invocato per sottrarsi a un dovere che è patrimonio comune di tutti i gentiluomini, avrebbe dovuto impedire a Lei e ai Suoi Amici di fare apprezzamenti sulla persona di una Signora rispettabilissima. Abusi del genere comportano l’obbligo di assumerne le conseguenze, specialmente per uomini responsabili, i quali hanno la discutibile prerogativa di essere segnalati all’attenzione pubblica, per ogni loro atto (lo stesso principio che si vorrebbe oggi, si vede che Totò aveva la vista lunga). Non si pretende da Lei, d opo il rifiuto di battersi, una maggiore sensibilità, ma si ha il diritto di esigere che in incidenti del genere, le persone alle quali il sentimento della responsabilità morale e cavalleresca è ignoto, abbiano almeno il pudore di sottrarsi al giudizio degli uomini, ai quali questi sentimenti e il coraggio civile dicono ancora qualcosa”. Principe Antonio Focas Flavio Commeno De Curtis in arte Totò |
TOTO' E SCALFARO Era il 15 luglio 1950, una estate afosa (“Scalfaro, una vita da Oscar”), altro clima, altra Italia. Il trentaduenne Oscar Luigi Scalfaro entra da “Chiarina”, trattoria di via della Vite a Roma, con amici. A un tavolo vicino siede Edhit Mingoni Toussan, 30anni, accompagnata da due amici (col difetto di essere iscritta al MSI). Pochi minuti e accade il fattaccio. La signora, tormentata dal caldo, si toglie un corto bolerino , rivelando le spalle nude. A fronte di una simile grave offesa al comune senso del pudore, Oscar si alza dal suo posto, attraversa la sala e tuona: “E uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! (io non ci sto) Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di rimettere il bolerino !” E l’onorevole Sampietro che accompagna Scalfaro ci mette il carico: “Lei, signora, così vestita è una bestia!”. Altri si sarebbero intimoriti, ma non la militante del Msi che risponde per le rime. Oscar si precipita fuori e rientra con due poliziotti. Tutti in commissariato e denunce reciproche. Il 14 novembre lo scandalo si trasforma in dibattito parlamentare. Scelba, già in lotta contro i bikini, è diplomaticamente assente (anni dopo a Tv imperante si misero anche a misurare la lunghezza delle mutande ma non le dita dei ladri). Oscar prende la parola, con un virtuosismo retorico definisce la bella Edith una “donna che non è più privata”, ma nella foga aimé ne coinvolge indirettamente anche il padre, il colonnello dell’aviazione grand’ufficiale Mingoni, 67 anni che non sta lì a pensarci e la sera stessa sfida a duello il futuro presidente della Repubblica. I due padrini, per due giorni cercano inutilmente e ovunque lo sfidato. Alla fine, stremati, lasciano all’ufficio postale della Camera il “cartello di sfida cavalleresca”. I giornalisti già pregustano lo spargimento di sangue, ma Oscar li delude dichiarando che sarebbe poco serio accettare, e poi “per obiezione di coscienza”, lui non uccide, non può accettare l’idea di battersi con le armi e casomai ammazzare veramente qualcuno. (col codice si) |
Mi sono (anche) amnistiato | |
La sfida viene ribadita dal marito della signora, il capitano Aramis Toussan, ma Oscar, vieppiù per il programmatico nome dello sfidante, insiste a negarsi. E’ a quel punto che entra in scena Totò, con una lettera aperta all’Avanti, firmata Principe Antonio Focas Flavio Commeno De Curtis (sopra)
Allora, si capisce, l’amnistia non era ancora una “soluzione” istintiva che non risponde a canoni di giustizia”, come oggi affermato nei comunicati del Quirinale. (da: www.politicaonline.net ) In altri termini, taccia. Quanto al giudizio del tribunale non ci sarà mai. La domanda di autorizzazione a procedere: giacque per quattro anni nei cassetti della relativa commissione parlamentare (come i fascicoli sulle stragi naziste, si vede che era un vezzo), della quale Scalfaro era membro, finché un’amnistia sui reati minori estinse il tutto.
Testo della lettera di Cosa Nostra
pervenuta il 17 febbraio 1993
all'allora Presidente della
Repubblica Oscar Luigi Scalfaro
”Noi ci permettiamo di farle notare continuando di questo passo, di detenuti ne moriranno, ma lei non si curi di loro, tanto si tratta di carne da macello. Per noi e per loro resta solo la consolazione che un giorno Dio, che ha più potere di lei, sarà giusto nel suo giudizio…’.’lei si è vantato più volte di essere un autentico cristiano. Le consigliamo di vantarsi di meno e di amare di più. Non ci firmiamo non per paura, ma per evitare ulteriori pene ai nostri familiari "Ora, se lei ha dato ordine di uccidere, bene, noi ci tranquillizziamo, se non è così guardi che per noi è sempre il maggior responsabile, il più alto responsabile dell'Italia "civile" che, con molto interesse, ha a cuore i problemi degli animali, i problemi del terzo mondo, del razzismo e dimentica questi problemi insignificanti perché si tratta di detenuti, ovvero di carne da macello. Concludiamo scusandoci per la forma arrogante con la quale ci siamo presentati distogliendola sicuramente da problemi più gravi e urgenti di questi”. del fatto, per eccesso di garantismo, verrà accusato anche Berlusconi. Lo potrebbe essere anche Monti a breve se perdura l'usanza.
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Nel 1993, il Lodo Alfano non c’era ancora ma i magistrati
inventarono uno scudo su misura per tutelare il capo dello Stato». Come
andò quella storia?.
«Alcuni funzionari del Sisde erano stati indagati per peculato dalla
Procura di Roma. Alcuni di loro tirarono in ballo Scalfaro. Dissero che
all’epoca in cui era ministro degli interni, quindi prima di diventare
presidente, gestiva 100 milioni di lire al mese». Una situazione
esplosiva. «A disinnescarla ci pensarono i magistrati della Procura di Roma, non il Parlamento, con un provvedimento mirato». Che cosa accadde? «Anzitutto quei funzionari furono messi sotto inchiesta per attentato agli organi costituzionali». Risultato? «Questi 007, rischiando una condanna pesantissima, decisero di tacere, come ci racconta Francesco Misiani che all’epoca era Pm a Roma nel libro La toga rossa. Ma non è questo il punto più importante». E qual è? «Il passaggio successivo». Ovvero? «Dopo una riunione cui parteciparono alcuni magistrati della Procura di Roma si stabilì di fermare l’indagine su Scalfaro». Su che base? «Sempre facendo riferimento all’articolo 289 del codice penale, quello che punisce severamente l’attentato agli organi costituzionali». L’articolo 289 come il Lodo Alfano? «Sì. L’articolo allora suonava così: “È punito con la reclusione non inferiore a dieci anni, qualora non si tratti di un reato più grave, chiunque commette atti diretti a impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente, al presidente della Repubblica” e ad altre cariche istituzionali” l’esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge”. La Procura di Roma stabilì un’interpretazione assai estensiva del codice? «Certo». L’attentato agli organi costituzionali è un reato gravissimo: è stato contestato, per esempio, ai generali dell’Aeronautica militare che avrebbero mentito e depistato, ingannando il governo a proposito della strage di Ustica. «Nel 1993 la Procura di Roma fu lodata da tutti per questo gesto che metteva il Quirinale al riparo delle tempeste. In pratica si fece leva sull’articolo 289 per sostenere che un’indagine avrebbe impedito alla presidenza della Repubblica di svolgere i propri compiti». Quindi il procedimento fu sospeso? «Certo, rimase congelato per sei anni. La controprova è che ripartì solo nel ’99, quando Scalfaro lasciò il Quirinale. E a quel punto fu rapidamente archiviato». Scalfaro verrà coinvolto anche in un ulteriore scandalo da cui solo la morte lo ha salvato La lettera di pressioni (inviata dai
parenti dei detenuti per mafia sottoposti al regime del 41 bis) era
indirizzata a Scalfaro, ma fu inviata anche al Papa, al presidente del
Consiglio, a Maurizio Costanzo (poi sfuggito a un attentato, a Roma) e a
Vittorio Sgarbi. Dopo avere elencato disagi e ”angherie” i parenti dei
detenuti, che comunque non si firmavano, si rivolgevano a Scalfaro come
il più alto responsabile dell’Italia ”civile” (a
fianco) |