La storia è racconto attraverso i libri  

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito.

Dalla parte giusta di Franco Bimbi

Bologna, Ed. Lo scarabeo

Gli aggregati alla Sirena - Gli zaratini
Cepich Antonio, Raccamarich Antonio, Raccamarich Bruno,
I neo sergenti del 2°
Lauro Enzo Milano, Bove Aldo Napoli, Bari Antonio Zara, Magarelli Antonio Trieste
Gli Ufficiali
Fort Franco Modena, Calmante Bruno Bassano, Manni Lanfranco Milano, Semeraro Lorenzo

 

Nell'aprile del 1939 il 2° reggimento Bersaglieri viene mandato in Albania, per la breve campagna decisa da Mussolini in compensazione delle acquisizioni naziste in Cecoslovacchia. L’altro non meno recondito motivo è togliersi dai piedi una mezza figura come Re Zog autoproclamatosi monarca di un paese che è nell'orbita italiana, a listino, da quasi 25 anni. Qui il reggimento resterà anche dopo la guerra di Grecia, ed anzi sarà proprio la Grecia la sua patria d’elezione fino al settembre 43. Qui, sull'isola Eubea (dopo un breve soggiorno a Corinto), lo raggiunge a bomba la notizia dell'armistizio. Parte del reggimento, nei piccoli presidi, si da alla macchia coi partigiani, mentre il resto, dopo trattative coi tedeschi ottiene il rimpatrio conservando l'armamento leggero individuale. Caricati su un treno attraverso Macedonia, Bulgaria, Ungheria e Jugoslavia giungono a Lubiana ormai alle porte di casa. Per molti il miraggio d'Italia è vicino, i tedeschi però con scuse varie di ponti bombardati e linee impraticabili instradano il convoglio verso l'Austria poi la Germania come hanno già fatto con tutti. Il 27 settembre 1943 ai bersaglieri s'aprono le porte del campo d'internamento di Wietzendorf, lo stesso dove finirà Giovannino Guareschi il papà di Don Camillo. Il Colonnello Reggianini, prima di disfarsi delle armi e dei bagagli del comando, chiama a rapporto gli Ufficiali e decide di dividere la bandiera e l'asta in 12 pezzi. Per tutto il periodo della prigionia i singoli pezzi sono conservati e preservati dalle frequenti ispezioni. W. Amici

La fame in Grecia. Università di Roma “La Sapienza”- Facoltà di Scienze politiche Tesi di Laurea di Silvia Giugno - La Santa Sede ed il problema della fame in Grecia durante la Seconda Guerra Mondiale - http://www.larchivio.org/xoom/silviagrecia.htm   
La situazione si sbloccò inaspettatamente alla metà di gennaio 1942, quando il legato pontificio ad Atene si trovò ad ascoltare una comunicazione di Radio Londra che dava la notizia della sospensione del blocco. Roncalli notò subito che l’annuncio non aveva fatto alcun riferimento all’attività svolta dalla Santa Sede, e mandò immediatamente un telegramma al Card. Maglione, perché accertasse la veridicità del comunicato. Per più di dieci giorni non si ebbero conferme o smentite della notizia. Intanto le autorità di occupazione continuavano ad ignorare il fatto, mentre la Grecia precipitava sempre più nel baratro della fame; alla fine di gennaio Mussolini aveva ordinato che alcuni quintali di generi alimentari diversi salpassero per il paese. All’inedia, che attanagliava la vita della popolazione greca, si era aggiunta una forte ostilità nei confronti delle autorità di occupazione. Come abbiamo detto, gli italiani erano notevolmente preoccupati per ciò che avrebbe potuto comportare questa situazione; essi, infatti, erano coscienti della debolezza delle proprie truppe di occupazione e del fatto che la resistenza greca avrebbe potuto sottrarre alla guerra forze indispensabili su altri fronti. Il 28 gennaio, finalmente, la notizia di Radio Londra fu confermata. Il delegato apostolico a Londra, Godfrey, infatti, era stato interpellato da Maglione per avere ulteriori informazioni su quanto aveva udito Roncalli. Godfrey riferì che il Governo inglese aveva revocato il blocco per lasciare libero il passaggio di ottomila tonnellate di grano verso la Grecia, che dovevano essere trasportate dalle navi della Croce Rossa internazionale. Il Governo britannico, però, ribadiva la fermezza dei suoi propositi riguardo i principi del diritto internazionale di guerra, sottolineando ancora i doveri degli occupanti. Il Governo inglese si lamentava del fatto che i tedeschi non avessero dato alcuna garanzia per le merci destinate allo sbarco, ammettendo comunque che, anche se l’avessero fatto, non sarebbero stati creduti.

L'Autore descrive in questo volume il periodo della sua vita che va dal gennaio 1941  all'8 settembre 1943, periodo che fu dedicato “volontariamente” alla Patria. Anch'egli faceva parte di quel gruppo di bersaglieri del 2° Reggimento operante sul fronte greco-albanese raccontati nel volume “La Sirena di Lutraki”.

 
     

Il 2° reggimento era presente in Albania (poi Grecia) dalla primavera del '39 e vi resterà fino all'8 settembre del '43. Il reggimento sui tradizionali battaglioni II-IV-XVII è titolare di 2 argenti conquistati il primo sul Carso dall'agosto 1916 al maggio 1917 e il secondo dal 12 novembre 1940 al 23 aprile 1941 che così recita "Stremato di forze per le gravi perdite subite, sostenne l'urto di soverchianti forze, scagliando la sua anima ardente contro le masse irrompenti e contendendo palmo a palmo il terreno nemico in epica lotta. Continuava ad imporsi al rispetto e alla ammirazione dell'avversario per la tenace resistenza, facendo rifulgere le più pure virtù della stirpe e rinnovando gli eroismi dei bersaglieri"  

UN INCONTRO DI BOXE

Che si trattasse di Maximillian Adolph Otto Siegfried Schmeling (September 28, 1905 – February 2, 2005) e non di un sosia è possibilissimo. Max Schmeling agli italiani e a quelli che non si occupavano di Boxe dopo i trionfi di Carnera di 9 anni prima poteva anche dir poco. Erano passati più di 5 anni invece dalla ormai famosa notte del 18 giugno 1936 (19 in Europa) allo Yankee Stadium quando  Schmeling sfidante stese Joe Louis detto il Bombardiere Nero. La rivincita due anni dopo vide lui finire miseramente al tappeto (a fianco) ad opera di Joe. Finita la gloria e i soldi a Schmeling era stato trovato un posto fra i paracadutisti, “i diavoli verdi”. Le immagini dei giornali  (sotto una) ce lo mostrano all’atto di saltare da uno Junker su Creta (qui si tratta di un aereo a terra con tutta la messinscena che ne segue: avrete capito che parliamo di propaganda). In Grecia comunque c’era andato col 3° reggimento (3a.cp) e sembra fosse stato anche ferito (vedi sotto).


At one point, he was reported to have been killed while trying to escape British soldiers. Then news came that he was actually in an Athens hospital, recovering from a tropical ailment, according to one news report. At the hospital, Mr. Schmeling was promoted to sergeant and awarded the Iron Cross of the second class. Cosi compare un articolo a pag 6 sul New York Times di Mercoledì  6 agosto 1941 (Gli Usa non erano in guerra) dal titolo MAX SCHMELING HONORED; Gets Iron Cross for His Part as Parachutist in Crete

L’eroe nazionale che per un attimo nel 1936 aveva avvallato la teoria nazista della superiorità bianca su quella nera (pareggio perché Jesse Owens aveva poi vinto tutto alle olimpiadi del '36 in Germania) non poteva essere mandato allo sbaraglio come un lancio qualsiasi su Creta, il più cruento che sia esistito.
A suo carico il regime comunque imputava un tiepido entusiasmo. Era vissuto diversi anni negli Usa e, anche se defraudato del titolo nella categoria inferiore, un minimo di distinzione fra il regime nazista e la democrazia americana l’aveva. Dopo l’episodio narrato, vero proprio per il fatto che i tedeschi lo fanno sparire per non avere sui giornali di tutto il mondo le notizie di una sparatoria per furti  alla Croce Rossa (gli italiani sapevano farle girare specialmente quando si volevano nascondere),di lui si perdono le tracce. A guerra finita Schmeling era finito come pugile d'alta classifica e in sovrappiù aveva perso anche i pochi soldi messi da parte in case (fattoria in Pomerania, case a Berlino e ad Amburgo !!!). L’amicizia con Joe Luis gli tornò utile quando questo gli fece avere la direzione della filiale tedesca della Coca Cola (era più che altro pubblicità). Questa volta la fortuna non gli girò le spalle e tornò buona al vecchio Bombardiere quando negli ultimi difficili anni della sua vita ne ebbe di ritorno un aiuto economico.

  Franco Bimbi da la Sirena di Lutraki pag 231/2: Però i buoni rapporti con gli alleati Tedeschi non durarono a lungo e non fu certo per colpa nostra. Ero stato avvertito dal Comando che sarebbe dovuto arrivare da Atene un piccolo veliero che portava viveri per la popolazione ormai ridotta agli estremi, costretta a mangiare un’erba spinosa indigeribile per cui tutti quelli che la mangiavano dopo qualche giorno si ritrovavano il corpo coperto da piccole e pruriginose pustole che né il nostro né il loro dottore erano riusciti a debellare. E un bel mattino il veliero arrivò e cominciò a scaricare sacchi di farina bianca, di farina gialla, di fagioli e non so cos’altro perché io neanche ero sceso giù al porto. Arrivò invece di corsa l’interprete per dirmi che i Tedeschi avevano requisito tutti i viveri per loro! Per quanto incredulo mi attaccai subito al telefono e riferii a Chimi (comando di Kymi) quanto mi era stato detto, con riserva di andare a controllare. Mi fu detto di attendere finché non mi avessero richiamato loro. Fu il Ten. De Santis in persona a richiamarmi; prima mi fece ripetere tutto poi mi disse di aver già parlato con Calchis (la capitale Calcide) e l’ordine era stato perentorio: quelli erano viveri destinati dal nostro Governo per la popolazione, quindi dovevo chiedere ai Tedeschi di restituirli immediatamente!
Già, e se quelli non mi danno retta? Con i Tedeschi, lo sa anche lei come vanno le cose; non accettano ordini da noi. La risposta fu: hai con te 40 Bersaglieri: esegui l’ordine!
Cosa voleva dire un ordine simile dato per telefono? Niente di scritto niente testimoni. Presi con me due dei Milanesi che conoscevo per i più decisi del plotone, li feci armare, spiegai loro come stavano le cose, li istruii a dovere e ordinai a tutti i Bersaglieri liberi dal servizio di armarsi anche loro e di seguirmi sul molo ad una certa distanza ma pronti ad intervenire ad un mio comando.
Trovai il Maresciallo Tedesco (viene qualche pagina prima così identificato - A comandarli al porto c’era un Maresciallo, un pezzo d’uomo alto un palmo più di me che era, lo seppi in seguito, un ex campione di boxe; mi pare si chiamasse Schmeling o qualcosa del genere) che, con le mani sui fianchi seguiva le operazioni di scarico; vedendolo così da vicino mi sembrò che fosse il doppio di me che non potevo certo venir definito un piccoletto, tuttavia non mi sentivo intimorito dalla sua mole, ero invece preoccupato della piega che senza alcun dubbio avrebbero preso le cose e quindi delle possibili conseguenze. Mi seccava non poco di dover essere proprio io ad iniziare le ostilità con il grande alleato del quale, e lo dico a puro titolo di cronaca, già troppi ne avevano le tasche piene quasi sempre per episodi di gratuita prepotenza. Senza interprete, la conversazione fu fatta col sistema napoletano. Messomi davanti a lui, senza salutarlo, gli indicai i sacchi di viveri già ammassati sul molo ed agitando la mano destra con le punte delle dita riunite, gli chiesi che cavolo stesse facendo. Lui partì subito con un tono di voce che non aveva niente di diplomatico ma compresi ugualmente che mi stava dicendo che quella roba lì se la sarebbe presa lui. Io scuotendo la testa indicai i viveri e dissi: Italiani. E lui alzando ancor più la voce urlo: “Tedeschi! Tedeschi!”. Allora gli feci vedere che sui sacchi c’erano stampate in nero parole italiane ed allora lui toccandomi la spalla con ben poca delicatezza m’indico che dovevo andarmene. Allora puntandogli il dito sul petto gli dissi: “No! Tu, raus.” E siccome mi ero accorto che ormai tutta la popolazione del borgo era sul molo e ci stava guardando mi scaldai un tantinello, gli picchiai il dito sul petto più volte.
Non lo avessi mai fatto! Col pollice e l’indice della mano sinistra distanziati di due o tre centimetri, comincio ad urlare: italiano piccolo piccolo kaputt ma quando fece l’atto di estrarre la pistola dalla fondina non ne ebbe il tempo perché i miei due Bersaglieri, eseguendo gli ordini da me dati in precedenza con sincronismo e velocità veramente ammirevoli misero la pallottola in canna e gli puntarono al petto la bocca dei loro moschetti. Contemporaneamente io urlai a tutti gli altri Bersaglieri presenti: prendete tutti gli altri Tedeschi anche quelli a bordo della nave ma non sparate se non oppongono resistenza.
Quando li ebbi tutti davanti, erano sei o sette, aiutandomi sempre con i gesti perché anche i greci potessero capire, gli urlai: "Tu ladro! Capisci? Tu, ladro e ora raus. Se ritorni qui Kaputt. Capito? Kaputt, ladro. Io ora telefono tua Kommandatur!”
E rivoltomi ai Bersaglieri che avevano ormai tutti la pallottola in canna ordinai che li accompagnassero con i moschetti puntati su loro alla Capitaneria di porto dove risiedevano e quindi di mettersi tutti intorno alla casa perché non uscissero, ma di evitare di sparare per primi.
Il Maresciallo, che aveva continuato a vomitare invettive e minacce quando sentì che avrei telefonato alla Kommandantur si chetò di colpo e vidi che aveva capito dalla sorpresa e dallo spavento che erano subito apparsi sulla sua faccia e rassegnato si avviò come gli avevo indicato. Può darsi che mi sbagliassi, ma a me parve che l’ultimo marinaio che lo seguì, prima di avviarsi si girò verso di me e fece con la testa un cenno di assenso con un mezzo sorriso sulle labbra. Forse era un Tedesco a cui non era mai piaciuta la boxe. O forse non gli piacevano i ladri.
Io andai subito al telefono e riferii a De Santis com’erano andate esattamente le cose e lui se ne mostrò molto soddisfatto specialmente perché ero riuscito ad evitare di sparare (!) e mi ordinò di tenere ancora sotto sorveglianza i Tedeschi, sempre cercando di non usare le armi. Restassi in attesa di ordini che non arrivarono. Arrivò invece un automezzo che prelevò il Maresciallo per rimandarlo, secondo quanto mi fu riferito in seguito, in Germania. Evidentemente neanche al comando Tedesco piaceva il mercato nero fatto a spese degli italiani e dei greci (chiunque ne fosse il responsabile).

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la cronaca radiofonica originale Louis Schmeling http://www.npr.org/templates/player/mediaPlayer.html?action=1&t=1&islist=false&id=6515548&m=6518647