La storia è racconto attraverso i libri  

Il primo testo che accompagna la presentazione è in genere quello diffuso dall'editore, dalla libreria o da critici che vengono indicati. Se non diversamente indicati sono del sito.

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Diario di guerra di Giulio Bazini

a cura di Franco Bottazzi

Gaspari Editore Udine
ISBN 88-7541-172-7
Anno di edizione 2010

1. La tragedia di Sarajevo (28 giugno 1914)
Al tempo in cui improvviso divampò il pauroso incendio, si aveva l'irnpressione di vivere bene in Italia, come nel resto del mondo. Almeno alcuni vivevano bene: la nostra carta moneta faceva aggio sull' oro e un' atmosfera di generale fiducia e letizia avvolgeva buona parte della Terra.
La serenità però era del tutto superficiale e apparente cioè ingannevole, in quanto pochi invero avevano anche allora la vita facile. I più, popoli e singoli individui, erano assillati da gravi problemi di ogni genere, e molte, troppe creature umane vivevano, come tante ne vivono ancor oggi nel mondo, nella più squallida miseria. I mercanti di cannoni erano pronti tuttavia a soffiare sul fuoco, come gli stati maggiori delle grandi potenze erano ansiosi di snudare la spada. Il clima di quel tempo era estremamente pericoloso. Sotto la cenere covava il fuoco: bastò infatti un: incidente (come nel passato se ne erano verificati altri forse anche più gravi) in un'insignificante e fino allora quasi sconosciuta cittadina balcanica, a dar vita al conflitto che a poco a poco si propagò quasi al mondo intero. ..
Il ventenne Gavrilo Princip il 28 giugno 1914 con due colpi di pistola sopprimeva l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo e la consorte Sofia che iniziavano la visita ufficiale a Sarajevo. Due colpi di pistola che distrussero improvvisamente oltre che due vite anche la pace in Europa e nel Mondo. Proprio quegli avvenimenti determinarono le mie burrascose vicende inquadrate nella storia più sanguinosa del secolo: "Si parva licet componere magnis" .
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4. Le cause che determinarono studenti, lavoratori e professionisti di ogni età ad accorrere, nel maggio 1915, volontari sotto le bandiere
La guerra scoppiò nel 1915 dopo che varie generazioni erano vissute in pace per quasi un cinquantennio, cioè dalla conclusione delle campagne del Risorgimento od almeno dal compimento dell'Unità d'Italia. Si possono infatti trascurare le avventure coloniali non fosse altro per la loro relativamente modesta portata. I giovani accorsi alle armi nel 1915 erano cresciuti in ambienti, casa e scuola, che ancora risentivano l'influenza del Risorgimento e dei ricordi eroici che allo stesso erano connessi; avevano necessariamente risentito del clima appassionato di cui irredentismo e nazionalismo costituirono solo due aspetti. Ma plaudirono alla guerra e partirono volontari anche giovani e anziani mossi da sentimenti che non esitiamo a definire rivoluzionari. Per questi la guerra alle potenze centrali costituiva il primo indispensabile atto della rivoluzione sociale. A questo proposito desidero ricordare che un manipolo di operai di Borgo San Donnino (odierna Fidenza), reduci dalle Argonne dopo lo scioglimento del corpo garibaldino, arruolatisi poi nel nostro plotone V.C.A. (Corpo Volontario Ciclisti e Automobilisti), ci insegnò nel giugno 1915 un canto eroico nato nelle insanguinate trincee delle Argonne che gli italiani in camicia rossa erano accorsi a difendere coraggiosamente sotto la guida di Peppino Garibaldi. Se la memoria non mi tradisce ecco la bella strofa della canzone:
Dans les tranchées de l'Argonne quand le canon romba,
les Italiens chantaient la Marseillaise dans les tranchées étrangerès des Francais.

La si cantava sull'aria degli "Apaches" parigini, dal titolo, se ben ricordo, "Sotto i ponti di Parigi". ....
Dei garibaldini di Borgo San Donnino il capo spirituale era l'anziano muratore caporale Dante Rabaglia (classe 1873). Di lui mi piace ricordare un episodio che fa fede del suo coraggio. Era Rabaglia un fanatico ammiratore dell'onorevole professore Agostino Berenini. Tanto che costruitasi una casetta nella sua città la denominò "Villa Berenini". Quando, imperando il fascismo, nel 1939 improvvisamente si spense sua eccellenza Berenini, Parma tributò al figlio illustre solenni onoranze quale meritava come uomo politico e come avvocato e giurista insigne. Ai funebri, subito dopo il feretro, con i parenti, seguiva raccolto nel suo profondo dolore l'ammiratore Rabaglia che portava una vistosa cravatta rossa e un garofano rosso all'occhiello. Per chi non ha vissuto in quei tempi possiamo precisare che il gesto, indubbiamente ardito, poteva anche costare caro al nostro amico, che non si accontentò di questo. Ma, prima che il corteo si sciogliesse, sul viale che da Porta Farini volge verso il cimitero (viale che oggi porta il nome del grande avvocato) Rabaglia illustrò le benernerenze politiche dell'estinto, come lui socialista. E per la verità sebbene abbia pronunciato con parole semplici e commosse il suo elogio funebre che costituiva un inno al socialismo, dobbiamo ricordare, che nonostante la presenza delle numerose autorità politiche del tempo (segretario federale, deputati fascisti, prefetto, podestà eccetera) nessuna protesta si levò e al coraggioso Rabaglia, per quanto mi consta, non venne alcuna noia.
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Ascoltai il 3 novembre 1914 la prima e unica volta Battisti in un comizio a Parma nella palestra delle vecchie scuole "Angelo Mazza" in piazza San Sepolcro. Una marmorea lapide (apposta il 14 luglio 1918), secondo anniversario della tragica morte del martire.

ASTOLFI ASTOLFO
Piove di Sacco 7 luglio 1884-Monfalcone 6 agosto 1916

 

Risiedette fin da giovane a Parma. Conosciuto per la sua attività di giornalista, corrispondente di importanti quotidiani e redattore di settimanali parmigiani, fu iscritto nel Comitato provinciale di Parma nel Corpo Nazionale Volontari Ciclisti. Allo scoppio della prima guerra mondiale, si arruolò una prima volta volontario. Parti coi volontari parmensi il 25 maggio 1915 da palazzo Sanvitale alla volta di Piacenza ove i volontari ciclisti di Parma, Reggio Emilia, Cremona e Piacenza vennero inquadrati ed equipaggiati. Quasi subito gli venne affidato il comando del reparto composto in prevalenza da elementi della provincia di Parma e da una parte del gruppo dei volontari reggiani. Durante il periodo di addestramento e nelle esercitazioni che si svolsero prima sull' Appennino emiliano e poi a Sampierdarena fu validissima guida e di esempio ai commilitoni. Il reparto fu inizialmente nella zona paludosa del basso Tagliamento e poi, per ragioni tattiche di impiego, il Ministero della guerra sciolse l'intero Corpo. Dopo lo scioglimento l'Astolfi volle nuovamente arruolarsi volontario, come del resto quasi tutti gli uomini del suo reparto, e raggiunse ben presto il fronte quale sottotenente nel 47° Battaglione Bersaglieri. Fu destinato nel settore di Monfalcone. Partecipò a varie azioni di guerra col suo Battaglione, che fu anche citato a tiolo d'onore da un Bollettino del Comando Supermo. Il 6 agosto 1916, all'inizio di un'offensiva ad Est di Monfalcone, rimase colpito a morte da una granata nemica mentre, ritto sulla trincea, incitava i suoi bersaglieri a balzare all'assalto. Il suo nome è ricordato sulla lapide collocata per iniziativa della Sezione dell'Associazione Nazionale Volontari di Guerra sotto i portici del Municipio di Parma, in onore dei concittadini volontari di guerra caduti nella prima guerra mondiale.
FONTI E BIBL.: G. Bagnaschi, Volontari Plotone Parma, 1965

SPERANZE E DELUSIONI DI UN V.C.A.

 

 

 

 
   

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