LA GUERRA E IL CINEMA "Lettera
aperta a un giornale della sera" di
Francesco
Maselli |
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Regia e sceneggiatura Francesco Maselli
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Trama |
IL FILM | |
Al termine di una serata un editore (di sinistra) lancia ai suoi amici - un gruppo di intellettuali comunisti, rivoluzionari a parole ma perfettamente inseriti nel "sistema" - l'idea di inviare una lettera al direttore di un quotidiano di sinistra, chiedendo di partecipare attivamente alla guerra nel Vietnam. L'iniziativa acquista una forte risonanza, si allarga fino a ottenere adesioni anche dall'estero, mentre sembra addirittura che Hanoi, contrariamente al solito, sia disposta ad accettare l'invio di volontari; per quanto non approvi l'iniziativa, anche il partito comunista si vede costretto ad appoggiarla. Accorgendosi della piega tremendamente seria presa da un'iniziativa nata soprattutto per fornire un alibi alla loro coscienza, gli intellettuali si radunano in una villa di campagna, in attesa di partire. Proprio alla vigilia, però, li raggiunge la notizia che Hanoi non vuole volontari stranieri. I promotori dell'iniziativa possono finalmente respirare di sollievo. |
Visto oggi il film di Maselli non conserva infatti nemmeno un decimo di quella forza corrosiva che scatenò all’interno del PCI un dibattito autolesionista (come spesso sono i dibattiti a sinistra…), ma è pur sempre un’opera dal sapore etnografico, su un tempo che non c’è più e su un paese ancora lontano dalla derive del berlusconismo. Quella era l’Italia del ‘68 un paese che stava per riversarsi in piazza e dividersi come solo l’apparizione del Messia di Arcore riuscirà nuovamente a provocare: i proletari, parola oramai logora, lottavano travestiti da studenti contro i poliziotti e contro uno Stato che stava per farsi stragista e gli intellettuali, loro sì dei veri borghesi, erano divisi tra il dire e il fare, tra i privilegi e la lotta. Maselli li ritrae come chiusi in gabbia, quella gabbie costituite dai loro stessi attici in quella Roma sempre più fetente, così astratti eppure così veri nelle loro debolezze di carne: in scena c’è la crisi interna di un’intera fetta della società italiana dell’epoca, dove ricchi giornalisti, registi, editori, imprenditori, artisti e quant’altro erano ostaggi della propria meschinità e dove l’unico comun denominatore erano i desideri sessuali di uomini perversi e donne emancipate. Eccola la vera chicca del film: quella di aver saputo dipingere con spietato cinismo il mondo borghese-impegnato all’apice della sua vergognosa crociata comunista, molto più avvezzo alle lenzuola e alle mutande che alla falce e al martello. Per questo, Lettera aperta a un giornale della sera più che offrire una risposta ai quesiti interni alla sinistra intellettualoide, alla sua intellighenzia insomma, fa sorgere tante domande su quali siano davvero gli istinti che muovono certi fenomeni storici e quella partita di pallone finale, selvaggia e libera come solo il calcio giocato nei vicoli può esserlo, ne è davvero un simbolo quantomai riuscito. Sentieri selvaggi giugno 2007 |
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Sentieri dell'odio (Fine della storia) Rimasi in Laos altri quattro mesi. Ed ebbi modo di vedere cose che non voglio e non posso raccontare. Buona parte di quello che ho visto e fatto l'ho cancellata dalla mente negli anni seguenti. Altre cose invece le ho bene impresse e ancora adesso non mi lasciano in pace. Sono passati più di quarant'anni e la notte ancora non dormo, ci credi? Faccio degli incubi terrificanti. Sarà per questo che i film dell'orrore non mi fanno impressione? Non lo so......In uno dei pochi momenti di lucidità, tra un combattimento e l'altro, mi resi conto che la pazzia ci aveva contagiati tutti. La preoccupazione di sopravvivere non lasciava tempo per pensare. Eravamo macchine da guerra, sconvolti da quella vita e concentrati su una cosa sola: uccidere per non essere uccisi. ...Ricordo che quando ci lanciavamo all'assalto gridavamo il nome della nostra arma a squarciagola. Serviva a ricacciare giù la paura e a spaventare il nemico: trenta uomini che gridano insieme sembrano cento. E nella giungla non è che ti metti a contare. |
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