Il CINEMA DI GUERRA |
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Cinegiornali e film a soggetto 1940-43
Se non diversamente indicate le critiche sono quelle rinvenibili in internet dai siti di cinema
I film di guerra
Paola Olivetti "l'impegno", a. XIII, n. 1, aprile 1993 © Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli. È consentito l'utilizzo solo citando la fonte. Il testo completo a http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/olivetti193.html
"Compito di questa nostra giovane industria (cinematografica) è anche quello di continuare la produzione normale per essere pronta a soddisfare le esigenze del mercato interno e essere pronta a conquistare i mercati esteri", Cineillustrato", 31/7/40
…In effetti a parte il potenziamento tecnico, è l'aumento del fatturato e delle giornate lavorative delle maestranze
che indicano il vertiginoso sviluppo di Cinecittà nel periodo bellico
(giornate lavorative operai dalle 284.855 del 1940 alle 483.244 del 1942). E' proprio vero che in questi tre anni di guerra il cinema italiano trova una sua precisa fisionomia espressiva, culminante se vogliamo nella produzione del 1943, di ottimo livello medio e con alcune grandi punte, da
"I bambini ci guardano", a "Ossessione", a "Gelosia", a
"Nessuno torna indietro", a "La locandiera", ecc.; ma certo questa strada è in esatta antitesi con quello che potrebbe essere un cinema di regime, un cinema fascista: niente più personaggi roboanti e retorici, niente più scene di cartapesta, riferimenti alle passate glorie della romanità e all'eredità che hanno trasmesso al regime fascista, ma troviamo personaggi immersi nel loro paesaggio
(il tema del paesaggio è uno dei più frequentati nella critica dell'epoca), attenzione e ripiegamento sui problemi intimisti, storie di vita quotidiana oppure, nel comico, la dimensione dell'assurdo
(prerealismo). È certo sorprendente, comunque, che in tutti gli anni di guerra non esista per il cinema italiano, che pur è sotto il controllo del regime, nulla di analogo a quello che fanno gli americani, istituendo nel 1942 il Motion Picture Bureau dell'Office of War Information (Owi) e nel 1943 redigendo un circostanziato rapporto su quello che deve essere il cinema.
Si formulano una serie di norme generali a cui si deve ideologicamente uniformare il contenuto dei film, norme che non hanno, è ben vero, valore prescrittivo, ma certamente condizionano la produzione. È utile vederne anche solo i titoli: secondo gli americani nei film bisogna
a) eliminare quanto nuoce allo sforzo bellico
b) introdurre informazioni di guerra [esattamente il contrario di quanto
avviene in Italia dove il tema della guerra è evitato il più possibile];
c) affrontare problemi specifici, per esempio l'importanza della salute,
il diretto rapporto tra la guerra e l'attività di recupero dei materiali
strategici; la necessità di una totale partecipazione della popolazione
civile alla guerra; l'obiettivo del nemico di dominare il mondo
Tutto questo è stato già ben esposto in un vero e proprio manuale, redatto dall'Owi alla fine del 1942 e destinato a sceneggiatori, registi, produttori cinematografici, con una serie di indicazioni che hanno un carattere esclusivamente consultivo e non obbligatorio ma in realtà incidono certamente, e molto, sul contenuto del film. I produttori dei film
americani all'inizio di ogni lavorazione devono porsi le seguenti domande:
1) Questo film contribuirà alla vittoria?
2) È un film onesto?
[è molto interessante la risposta a questa domanda, perché significa una vera e propria ipoteca sul futuro]: 'Il sentimentalismo e la propaganda non devono trovare posto nei film bellici. Se un film prodotto oggi è falso, non è realistico, questo fatto avrà delle ripercussioni nel futuro, proprio come è accaduto a molti film sulla prima guerra mondiale, anche diverso tempo dopo l'armistizio'.
3) Questo film sarà valido o apparirà datato quando arriverà sugli schermi, fra otto mesi o un anno?
4) È un film che può essere distribuito all'estero, soprattutto in quei paesi che in questi ultimi anni hanno subito incessantemente la propaganda dell'Asse?
5) Per che cosa combattiamo:
6) Gli scopi da mettere in evidenza
7) Chi è contro di noi: il nemico.
8) I nostri compagni d'arme: Le Nazioni Unite.
9) È una guerra di tutti: lavoro e produzione
10) Il fronte interno
11) Gli uomini al fronte: le forze combattenti".
Come si vede si tratta di un'articolazione estremamente circostanziata ed esplicita, che non trascura nessuno degli aspetti della guerra e mette in luce tutti quelli che possono essere assunti come valori positivi, tali da creare un'adesione psicologica favorevole da parte della popolazione e disporla ad accettare la situazione e gli inevitabili sacrifici.
In realtà per il cinema italiano molte di queste norme sono sottintese: anche senza che i poteri ufficiali se ne prendano cura e le esplicitino
Con la vittoria su Hitler il film nero (thriller) di propaganda politica non
scompare. Anzi, la confusa situazione dell’Europa occupata dagli Alleati, poi la
guerra fredda, ne agevolano la produzione. I cattivi prima nazisti diventano ora
i comunisti, come in "The Iron Curtain" (Il sipario di ferro 1948) dl Wellman.
Gli stessi nazisti non rinunciano alla rivincita, e proseguono nei loro intrighi
in America latina come in "Notorius" (1946) di Hitchcock o in "Gilda" (1946) di
Charles Vidor. In un contesto europeo bisogna citare "Il terzo uomo" (1950) di
Carol Reed, un film che si distingue per l’interpretazione di Oson Welles e
Joseph Cotten. Qualche anno prima Welles aveva impersonificato un criminale
nazista nel suo "The Stranger" 1946. Sebbene ambientato realisticamente a Parigi
tanto da dare l’impressione di un vero e proprio documentario l’inizio di "Berlin
Express" (1948) di Jacques Tourner, con il ritrovamento di un messaggio su un
piccione viaggiatore abbattuto da un colpo d’arma da fuoco, colpisce per la sua
stravaganza e ricorda "Il prigioniero del terrore".
Strutture linguistiche a confronto.
C'è un curioso equilibrio nei film di guerra prodotti nel periodo 1940-43, perché, a parte la Francia, sono documentate vicende su tutti i fronti (l'Africa con "Bengasi" e "Giarabub", la Grecia con "Un pilota ritorna", "I trecento della settima" e "Quelli della montagna", la Russia con "L'uomo della croce") e si dà un risalto pressoché simile anche al ruolo delle varie armi (la marina con "Alfa Tau" e "Uomini sul fondo", l'aeronautica con "Un pilota ritorna" e "I tre aquilotti", l'esercito con "Bengasi", "Giarabub", "L'uomo dalla croce", gli alpini con "I trecento della settima" e "Quelli della montagna"). Se con questo gioco di alchimia si salva l'equilibrio, non si può tuttavia dire che i film di guerra facciano la parte del leone nella cinematografia degli anni di guerra; al contrario ne costituiscono una piccolissima parcella, il 2/3-%
circa; in più, come abbiamo visto, ogni riferimento alla guerra, sia pur minimo o di sfuggita, viene accuratamente evitato in tutti gli altri film. E per contro anche i film di guerra scelgono una strada in cui scarsissimi sono gli intrecci con i problemi della popolazione civile: l'unico, si può dire, in questo senso è il film di Genina, "Bengasi", mentre per gli altri film si preferisce documentare una situazione di guerra in qualche modo asettica, in cui i combattenti sono isolati in una specie di camera stagna e vivono solo con i problemi della guerra guerreggiata. Così è in particolare con i film di De Robertis, "Uomini sul fondo" e "Alfa Tau", ma anche con quelli di Rossellini, "Un pilota ritorna" e "L'uomo dalla croce", e persino con i film storici che pure potrebbero adombrare situazioni di guerra, sia pure della storia passata, che preferiscono scegliere tutt'altri momenti e tutt'altre situazioni.
"Bengasi" (sulla falsariga del riuscito "Assedio dell'Alcazar" vedi scheda ). Esemplare è "Un pilota ritorna", di Rossellini, che, dopo un inizio ambientato all'Accademia aeronautica che non si scosta dai più vieti toni di rimpatriata e di discorsi da naia (vedi anche un film come "I tre aquilotti"), propone un percorso psicologico da parte del protagonista in cui questi, dopo la cattura e la prigionia nel campo inglese, vede tutti gli orrori della guerra, distaccandosene e approdando a una sorta di pacifismo, sia pure, per evidenti motivi, non esplicitato in modo palese. Questo senso della sconfitta è molto evidente in un film come "I trecento della settima", in cui i protagonisti, pur irrigiditi in una sorta di eroismo di maniera (e il modello militare è ancora quello della prima guerra mondiale, con le sue trincee, la difesa ad oltranza delle posizioni, o la conquista di quote che non si sa perché debbano essere conquistate e tenute, il sacrificio degli uomini fino all'ultimo), subiscono una dopo l'altra senza reazione ogni decisione, ogni imposizione, sempre fermi in un'obbedienza rassegnata e passiva.
Questa lontananza e rifiuto della guerra, e proprio nel genere di guerra, trovano il loro culmine nei due film del 1943, "L'uomo dalla croce", di Rossellini, e "Uomini e cieli", di De Robertis. Nel primo il cattolicesimo di Rossellini, sempre più evidenziato, gli permette di approdare al rifiuto della guerra e della violenza da cui nasce e che comporta; per il secondo il discorso è più complesso, anche data la storia particolare del film: la lavorazione viene infatti interrotta all'8 settembre mentre è in fase di montaggio. Viene ripreso, ultimato e presentato in pubblico, senza più nessun successo, dato che la guerra è ormai lontana, nel 1947. Certamente molte battute nel dialogo sono del dopoguerra, ma la struttura del film, che è del '43, rispecchia invece già un profondo allontanarsi dalla guerra. La guerra sembra una condizione eterna: per i quattro amici piloti protagonisti della storia, che si ritrovano tutti gli anni a cena insieme in una trattoria, gli anni passano, ma la guerra c'è sempre; e anche alla fine del film l'ultimo pilota rimasto in carriera accenna ad un continuare a combattere, che forse adombra la prosecuzione nella Repubblica di Salò. Per i quattro personaggi, amici per la pelle, la guerra porta a una divaricazione dei destini: solo il più scettico compie poi la scelta più romantica, vale a dire quella di restare nell'aeronautica, mentre uno, ritiratosi, diventa un pescecane di guerra mettendosi a produrre latte in polvere e scatolette per forniture militari; per gli altri due la mutilazione (uno a un braccio, l'altro a una gamba) è un'occasione per recuperare una dimensione della vita civile e di inserimento nel mondo degli altri anche attraverso la famiglia.
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SQUADRONE BIANCO
1936 - REGIA: Augusto Genina ATTORI: Fosco Giachetti, Antonio Centa, Fulvia Lanzi, Guido Celano, Olindo Cristina, Cesare Polacco * Deluso in amore, tenente di cavalleria (Antonio Centa) si fa trasferire in Tripolitania dove mette in luce la sua tempra di soldato e supera la crisi. Tratto dal romanzo "L'escadron blanc" di Joseph Peyré, generosamente finanziato con i soldi pubblici come film di propaganda sulla missione africana dell'Italia fascista, è un melodramma coloniale, imperniato sul difficile rapporto tra due ufficiali, ma il suo vero interesse sta sul versante documentaristico e nel modo con cui, ritmandole con ieratica solennità, Augusto Genina compone le sue preziose immagini del Sahara (meharisti, cammelli, ghibli), servendosi di due tra i migliori operatori dell'epoca, Anchise Brizzi e Massimo Terzano |
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le schede e le note dei film sono tratte da http://utenti.lycos.it/ramius/Militaria/Films_di_guerra_italiani.html | ||
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LUCIANO SERRA PILOTA
1938 - REGIA: Goffredo Alessandrini ATTORI: Amedeo Nazzari, Germana Paolieri, Andrea Checchi, Roberto Villa, Mario Ferrari * Pilota della prima guerra mondiale, emigrato in Sudamerica, torna in Italia negli anni '30 e si arruola sotto falso nome per la guerra d'Africa dove morirà eroicamente per salvare il figlio. Premiato al Festival di Venezia - ex aequo con "Olympia" di Leni Riefenstahl - con la Coppa Mussolini, “il film raccoglie i motivi cari al fascismo, da quello dell'identificazione della virilità con l'eroismo, col gusto per il rischio, per l'avventura, alla subordinazione del ruolo femminile” (G.P. Brunetta). Abile, commosso, con una drammaticità in crescendo. Collaborò alla sceneggiatura Roberto Rossellini sotto la supervisione di Vittorio Mussolini. Successo personale di A. Nazzari. Dal Film “Luciano Serra Pilota” Walter Molino ricava una riduzione a fumetti, destinata ai ragazzi delle scuole italiane pubblicata sull’americanissimo fumetto Paperino della Mondadori Disney. luciano serra pilota http://www.youtube.com/watch?v=W2d4wgoSFUE&feature=related film completo |
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Tra le produzioni di guerra e storiche iniziate e, per motivi diversi, mai completate, segnaliamo anche - I quattro di Bir el Gobi (1942) |
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LA NAVE BIANCA
1941 - REGIA: Roberto Rossellini * Al capezzale dei marinai feriti in uno scontro navale, raccolti da una nave ospedale, c'è una crocerossina, madrina di guerra per corrispondenza di uno di loro. Distribuito dalla Scalera, prodotto dal Centro Cinematografico del Ministero Marina e girato con attori non professionisti sulla nave ospedale "Arno" e su una vera nave da battaglia. Scontati i suoi intenti propagandistici e dato quel che spetta a Francesco De Robertis - regista di "Uomini sul fondo" (1941) - che ne curò la supervisione, il soggetto e la sceneggiatura, questo primo film del trentaquattrenne Roberto Rossellini è interessante non soltanto per il taglio documentaristico, ma per l'antispettacolare attenzione ai fatti minimi e ai gesti quotidiani, come anticipazione (forse più intuita che perseguita) del neorealismo postbellico, di un'idea di cinema come strumento di rivelazione della realtà nel suo farsi. |
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UOMNI SUL FONDO
1941 * Durante un'esercitazione, in seguito alla collisione con una nave di scorta, un sommergibile affonda. Grazie al comportamento dell'equipaggio e ai servizi di salvataggio, tutti gli uomini a bordo sono salvati dopo settantadue drammatiche ore. Secondo un'opinione critica che condividiamo, merita un posto d'onore tra i predecessori del cinema neorealistico per la sobrietà del suo approccio semidocumentaristico, la rinuncia alla retorica militare, il sagace impiego degli attori non professionisti - tutti marinai della Marina Militare - l'uso espressivo del montaggio cui probabilmente non fu estranea la lezione del cinema sovietico muto e del documentarismo britannico degli anni '30. Prodotto dalla Scalera con la collaborazione del Centro Cinematografico della Marina, è il primo lungometraggio di De Robertis (1902-59) che dopo la guerra diresse diversi film di guerra o di ambiente marinaro senza ritrovare la vena genuina degli inizi. |
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I TRE AQUILOTTI
1942 * Tre allievi sono amici inseparabili, ma quando c'entra l'amore le cose si guastano. Un incidente di guerra li riunisce. Il soggettista è Tito Silvio Mursino (pseudonimo anagrammato di Vittorio Mussolini). Fu presentato al Festival di Venezia. Corre liscio. Unico film bellico (e aviatorio) di Mario Mattòli; primo film di Alberto Sordi coprotagonista. |
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I TRECENTO DELLA SETTIMA
1943 Il sardo Mario Bàffico (1907) dirige I trecento della Settima, un film di guerra interpretato da attori non professionisti reclutati dal 1° e 2° reggimento alpini. La storia è ambientata in Albania e narra le vicende di una compagnia di alpini alla quale viene affidato il compito di conquistare e tenere un valico: operazione che riesce, ma che comporta la morte del comandante italiano. I trecento della Settima non riscuote grande successo né di pubblico né di critica, in quanto il regista non sembra essere stato in grado di dirigere e sfruttare al meglio il materiale umano a disposizione. Alberto Rosselli http://www.storico.org/storia/node/168 |
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UN PILOTA RITORNA
1942 un pilota ritorna http://www.youtube.com/watch?v=Zggw62KdIJI&feature=related film completo |
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ALFA TAU
1942 alfa tau http://www.youtube.com/watch?v=KtnD34EOjLA&feature=relmfu film completo
altri film
carica eroica
http://www.youtube.com/watch?v=F9RfS6mll-Q&feature=relmfu film
completo |
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Dalla relazione di C. C. MARSHALL Capo di Stato
Maggiore Washington, D. C. 1° luglio 1943. Nello scorso anno il numero dei cinematografi del Servizio Cinematografico Militare (Army Motion Picture Service) alle dipendenza della Divisione Servizi Speciali è stato raddoppiato, rispetto all'anno precedente. La inedia giornaliera di spettatori è stata di 573.756 nel 1943, mentre era stata di 260.000 nel 1942. Ogni settimana vengono distribuiti nei posti militari d'oltre oceano almeno tre pellicole di Hollywood, donate all'esercito dall'industria cinematografica, e questi film vengono presentati contemporaneamente oltre oceano e nei cinematografi degli Stati Uniti. Sedici stazioni radio a onde corte trasmettono dei programmi dagli Stati Uniti a tutte le zone di guerra, per tenere i soldati informati di quello che avviene in patria. Sono stati completati quattro dei sette film preventivati nella serie intitolata "Le ragioni per cui combattiamo" (Why We Fight). Queste pellicole, proiettate davanti a tutti membri delle forze armate, presentano un quadro grafico e storico delle cause della guerra ed una documentazione della guerra stessa. Oltre a ciò, alle stazioni radio in tutte le zone di operazioni vengono distribuiti sommari quotidiani di notizie. |
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The Fascist Trilogy of Roberto Rossellini (1941-1944) http://ccat.sas.upenn.edu/italians/resources/Amiciprize/1996/fascistfilms.html per l'uomo della croce http://www.giusepperausa.it/uomo_dalla_croce.html
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L’UOMO DALLA (O DELLA) CROCE
1943 l'uomo della croce http://www.youtube.com/watch?v=806JtiWYF_Y&feature=relmfu film completo |
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GIARABUB
1942 giarabub http://www.youtube.com/watch?v=LQeYT4CNKW8&feature=relmfu film completo |
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MAS (1942) di Romolo Marcellini
Produzione:CRISTALLO EXCELSA Distribuzione:MINERVA FILM ATTORI: Bergman, Vera - Bianchi, Roberto - Checchi, Andrea - Crisman, Nino - Pavese, Luigi Romano, Carlo - Romano, Felice - Sacripante, Umberto - Sinaz, Guglielmo - Zareschi, Elena TRAMA Quattro ufficiali di marina comandanti di Mas, vengono richiamati in servizio. La vita borghese li aveva allontanati dalle tolde delle loro navi. Con loro partono due ex sottufficiali, ma tutti costoro sono ancora attaccati alla vita e alle consuetudini borghesi. A poco a poco, però, il mare li riconquista e essi cominciano a sentire la stupenda responsabilità del compito loro assegnato. Le singole preoccupazioni personali sono presto dimenticate ed essi vivono solamente per l'adempimento della loro missione, e il sacrificio eroico di uno di loro non farà che rafforzare la ormai salda compattezza della squadriglia. |
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- IL FILM E' STATO GIRATO IN INTERNI A CINECITTA' E IN ESTERNI IN ROMANIA.- PRESENTATO ALLA MOSTRA DI VENEZIA DEL 1942 HA VINTO IL PREMIO DELLA BIENNALE. - PUR ESSENDO STATO REALIZZATO IN DOPPIA VERSIONE ITALO-RUMENA, NE ESISTE SOLO L'EDIZIONE DISTRIBUITA NELL'AUTUNNO DEL 1942.
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ODESSA IN FIAMME
(Odessa in flacari) -
REGIA: Carmine Gallone SCENEGGIATURA: Niculai Kiritescu, Gherardo Gherardi ATTORI: Maria Cerbotari, Carlo Ninchi, Filippo Scelzo, Olga Solbelli, Rubi Dalma, Willy Colombini, Silvia Dimitrescu, Paolo Ferrari, Lina Nichi, Rudy Randi, Checco Rissone, Adele Garavaglia, Giorgescu Timica, Massimo Turci, Giuseppe Varni, Saro Urzì, Maurizio Romitelli, Bella Starace Sainati, Mircea Axente, Lola Braccini FOTOGRAFIA: Anchise Brizzi - MONTAGGIO: Nicolò Lazzari MUSICHE: Jon Vasilescu - PRODUZIONE: GRANDI FILM STORICI, OFICIUL NATIONAL CINEMATOGRAFIEI (O.N.C.) DISTRIBUZIONE: ICI - CINEROMIT Critica: "Gallone ha diretto questa storia rilevandone accentuatamente gli effetti grossi e facili e marcandone i contrasti. ma, oltre al fatto di esaltare il magnifico contributo delle armi romene alla lotta antibolscevica il film ci interessa per un altro verso: esso è l'indice di un chiaro indirizzo della politica produttiva del cinema romeno verso l'Italia. Il film, in fatti, è stato prodotto dall'Ufficio Cinematografico Romeno in collaborazione con una società rumena, diretto da un nostro regista e interpretato in parte da attori italiani." (Sandro De Feo, "Il Messaggero", 15 ottobre 1942). Trama: Una celebre cantante per distrarsi dai dispiaceri che le procura il marito infedele, abbandona temporaneamente la sua casa a Chisinau, per recarsi in campagna. Alla notizia dell'invasione della città da parte dei russi, essa ritorna precipitosamente per salvare il suo bambino. Ma è troppo tardi, il bambino è stato trasportato a Odessa ed ella stessa sarebbe imprigionata se non intervenisse un commissario del popolo da tempo innamorato della cantante, il quale le offre la possibilità di restare indisturbata, e forse di poter ritrovare il bambino, purché acconsenta a cantare per i sovietici. Il marito della donna, colpito dagli avvenimenti, si ravvede e si arruola nell'esercito romeno dove si copre di gloria nella battaglia per la riconquista di Odessa nella speranza di ritrovare la sua famiglia. Dopo una serie di drammatici episodi, gravemente ferito, egli ha la consolazione di riabbracciare i suoi cari nella città ormai liberata. Alberto Rosselli: Nell’autunno del 1942, proprio quando le sorti della campagna di Russia stavano volgendo al peggio, Carmine Gallone decise di tentare di sollevare il morale delle forze italiane e rumene impegnate nella steppa dirigendo Odessa in fiamme. Il film - interpretato, tra gli altri, da Maria Cebotari, Carlo Ninchi e Rubi D’Alma, e sceneggiato da Gherardo Gherardi e a Niculai Kiritescu - venne girato parte a Cinecittà e parte in Romania. La trama. Siamo nel 1940 e i sovietici (sulla base del patto Ribbentrop-Molotov del 23 agosto del 1939) occupano militarmente la Bessarabia romena, proprio quando una famosa cantante rumena si trova per lavoro lontana da casa, mentre suo marito, un perdigiorno vizioso, se la spassa nella capitale Bucarest. A complicare le cose, il figlio dei due viene catturato dall’Armata Rossa e la donna, nel tentativo di riottenerne la libertà, si mette a cantare per allietare le truppe ‘rosse’. Passa però non molto (siamo nel frattempo giunti alla fine di giugno del 1941) e le forze dell’Asse, incluse quelle romene, attaccano l’Unione Sovietica. A questo punto, il marito - che finalmente ha messo la testa a posto - si arruola nell’esercito e con esso va alla conquista di Odessa, salvando la moglie, il figlio, una torma di fanciulli e, naturalmente, il suo onore. Il film, decisamente mediocre, non ottenne grande successo e soprattutto non portò alcuna fortuna alle armate dell’Asse impegnate sul Caucaso, sul Don e sul Volga. Infatti, pochi mesi dopo la sua uscita, il 2 febbraio 1943, a Stalingrado, gli ultimi reparti della VI armata del generale von Paulus arresero ai russi e quasi simultaneamente le armate romene, ungheresi e italiane vennero praticamente annientate ad ovest della linea del Don. |
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Il Treno Crociato
- Un film di Carlo Campogalliani. Con Rossano Brazzi, Maria Mercader,
Cesare Fantoni, Renato Chiantoni, Piero Pastore, Paolo Stoppa, Umberto
Sacripante, Vasco Creti, Leo Garavaglia, Ada Dondini, Fedele Gentile,
Renzo Merusi, Beatrice Mancini, Ugo Sasso, Carlo Romano, Paolo Ferrara,
Aldo Capacci, Checco Durante, Elio Marcuzzo, Vittorio Duse, Ciro Berardi,
Renato Malavasi, Aldo Pini, Dina Romano - Vi si racconta il lungo viaggio di un treno ospedale che lascia la Russia per portare i numerosi feriti in patria. Il regista si sofferma sulla vicenda del tenente Alberto Lauri il quale, gravemente ferito ed immobilizzato a letto, ricorda (in flashback) la propria tortuosa vicenda sentimentale la quale allinea l’appartenenza ad una famiglia aristocratica, l’amore con una ragazza del popolo (Maria Mercader), gli ostacoli frapposti dalla madre (Ada Dondini) e la nascita di un bimbo fuori dal matrimonio. Giunto il convoglio a Torre rossa, paese dell’ufficiale, durante una sosta protrattasi a causa di un bombardamento aereo, un amico corre ad avvisare l’anziana madre e la fidanzata del giovane che si precipitano a salutarlo sul treno. In quel drammatico frangente le due donne finalmente si comprendono e la prima approva la scelta del figlio. La pellicola si muove lungo due binari, entrambi canonici della cinematografia fascista. La vicenda amorosa ripete la nota visione populista del regime ovvero fiera antipatia nei confronti delle classi nobiliari, simpatia completa verso l’umile, fattiva borghesia impiegatizia (la ragazza lavora alle poste) e difesa senza quartiere della maternità, in qualunque contesto essa si manifesti (riguardo al bimbo nato fuori dal matrimonio la giovane afferma soddisfatta: “un tempo una ragazza come me era costretta a nascondersi in campagna per partorire; ora invece va alla maternità”). |
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I FILM DEL DOPOGUERRA |
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LA GRANDE GUERRA
1959 - REGIA: Mario Monicelli ATTORI: Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Romolo Valli, Folco Lulli, Mario Valdemarin, Livio Lorenzon, Bernard Blier, Tiberio Murgia, Elsa Vazzoler * In divisa da fanti il romano Oreste Jacovacci e il lombardo Giovanni Busacca vivono da opportunisti un po' fifoni il conflitto 1914-18. Catturati dagli austriaci, sanno morire con dignità. Due grandi istrioni - e alcune sequenze memorabili - in un affresco di complessa, cordiale, furbesca coralità. Sagace equilibrio tra epica e macchiettismo, antiretorica e buoni sentimenti. Leone d'oro a Venezia ex aequo con Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini. 2 Nastri d'argento: a Sordi per l' interpretazione e a Mario Garbuglia per le scenografie. Scritto con Luciano Vincenzoni, Age & Scarpelli. Alla lontana ispirato al racconto "Due amici" di Guy de Maupassant.
Marco Cuzzi grande guerra http://www.youtube.com/watch?v=YhvD9rGUnrE intero |
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TUTTI A CASA
1960 - REGIA: Luigi Comencini ATTORI: Alberto Sordi, Eduardo De Filippo, Serge Reggiani, Martin Balsam, Nino Castelnuovo, Claudio Gora, Didi Perego, Mino Doro, Mario Feliciani, Alex Nicol, Carla Gravina * Dopo l'8 settembre 1943 un sottotenente ligio ai superiori, non vedendo arrivare ordini, scioglie le fila del suo reparto mandando tutti a casa. La traversata da nord a sud dell'Italia, flagellata dalla guerra e in preda all'anarchia, lo fa maturare. Fusione ben temperata di comico, grottesco, drammatico e patetico: una storia corale con un Sordi meno mattatore del solito. “... sotto le mentite spoglie di una commedia, il film è sostanzialmente un racconto a tesi ... quello della scelta che ciascuno è chiamato a fare almeno una volta nella sua vita” (G. Gosetti). È forse il miglior film di Luigi Comencini (1916), una delle rare mediazioni felici tra neorealismo e commedia italiana, grazie all'apporto di Age & Scarpelli (più Marcello Fondato) in sceneggiatura. - Il ministro della Difesa, Giulio Andreotti, rifiutò di mettere a disposizione due carri armati (furono poi costruiti in compensato) |
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UOMINI CONTRO
1970 - REGIA: Francesco Rosi ATTORI: Mark Frechette, Alain Cuny, Gian Maria Volonté, Franco Graziosi, Giampiero Albertini, Pier Paolo Capponi, Mario Feliciani, Daria Nicolodi. * Sull'altopiano di Asiago tra il 1916 e il 1917 un giovane ufficiale italiano interventista scopre la follia della guerra: battaglie ed eroi sono molto diversi da come li immaginava. Dal bel libro "Un anno sull'altipiano*" (1938) di Emilio Lussu (1890-1975) - sceneggiato da Tonino Guerra e Raffaele La Capria - un film che ne ha sfrondato la chiarezza politica a vantaggio di una polemica antiautoritaria e pacifista. L'indubbia efficacia spettacolare di molte pagine riscatta solo in parte la demagogia di fondo. |
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Il fatto: Il film si rifà alla decimazione subita dalla Brigata Catanzaro per codardia, in occasione di un presunto episodio di sbandamento in faccia al nemico accaduto durante l’azione sul Monte Mosciagh (Altipiano di Asiago) il 26 maggio 1917. I tragici avvenimenti che culminarono con la fucilazione di 12 militari furono la conseguenza dello sbandamento in condizioni difficili di quasi tutta la 4a compagnia del 141°. Il Col. Attilio Thermes, comandante del reggimento, in ottemperanza alle disposizioni emanate dal Comando Supremo, ordinò l’esecuzione sommaria senza processo per un sottotenente, tre sergenti ed otto militari di truppa da estrarre a sorte nella ragione di uno a dieci. Per questo ordine il Col. Thermes fu il primo ufficiale italiano ad essere citato in un Ordine del giorno del Comando Supremo e questo non per un glorioso fatto d’arme ma per aver fatto fucilare i propri soldati!. Ndr. Nel sadico generale (Leone) che tutti vorrebbero morto altri riconoscono anche Capello colui che, da comandante della II armata responsabile della rotta di Caporetto, con Badoglio, era tristemente famoso per i metodi già sperimentati in colonia e per i suoi discorsi alle truppe inframmezzati da ingiurie e minacce. Capello nel periodo dei fatti era per'altro già ritornato sul Carso. Deve essere poi stato un grave schock per Rosi scoprire che Capello era Massone come Badoglio e socialista per la vulgata nazionale. Capello sarà nel dopoguerra accusato di attentato alla vita del Duce e condannato a pochi anni di detenzione. | ||