In un'epoca dominata dal guadagno e dalla speculazione sorprende che ancora esista la poesia e che ci
siano poeti capaci di donare i loro sentimenti senza pretendere nulla in cambio. Questi poeti
che non sanno vivere sulla terra, proprio come l'albatro baudelairiano, ma hanno grandi ali per
volare, per tuffarsi negli abissi e risalire dopo aver afferrato un barlume di verità, sono sempre più
considerati animali in via di estinzione, antichi dinosauri da ammirare in musei-vetrine di carta
con un misto di pietà e di ammirazione.
Questi poeti, che, per pubblicare le loro liriche ricorrono
alle proprie tasche, diventando APS, cioè autori a proprie spese, descritti tra l'ironico e il
patetico da Umberto Eco nel Pendolo di Foucault e rappresentati emblematicamente con una
punta di satira e di sarcasmo da Renzo Arbore in una puntata di Mi manda Lubrano, non cercano
la gloria fine a se stessa, non cercano effimere felicità per se stessi, ma offrono umanità e gioia
di vivere. Questi poeti, che pubblicano, che disperatamente
rincorrono una casa editrice, non pensano al guadagno derivato dalla vendita dei loro preziosi, quanto
costosi, volumi, ma si preoccupano che i loro pensieri, i loro sentimenti, le loro sensazioni vengano
lette e rivissute.
Questi poeti, alcuni dei quali veri poeti, offrono i propri libri, come
FRANCO VENTURA, di Sannicola, che ci ha donato una silloge di poesie in una buona veste
editoriale.
Tuttavia non è questo il pregio principale della raccolta ma lo è l'attenzione al Sud,
alla sua vita, alle sue atmosfere, alle sue angosce, alle sue muraglie di solitudine che il poeta ha
l'obbligo, anzi l'ufficio, di descrivere e non far passare sotto silenzio.
Con la poesia Scrivi poeta il Sud si apre la silloge, trasportandoci subito in un mondo di
simboli-archetipi contadini e marinareschi che convivono nel nostro Salento.