La geometrizzazione del reale

di

Francesco Pasca

 

Dalla Singlossia e dalla Scrittura Verbo-visiva degli anni Ottanta sino alle ultime esperienze-testimonianze, Francesco Pasca ha seguito un percorso che lo ha condotto a liberarsi da vincoli e da legami con l’arte concepita classicamente, anche se filtrata attraverso le avanguardie del Novecento. Infatti l’iniziale impostazione ben equilibrata della superficie pittorica con giochi prospettici impossibili, con illusioni ottiche di carattere architettonico, con intersecazioni inedite di piani geometrici, ha lasciato il posto ad un tipo di pittura che predilige il frammento memoriale che sfugge alle leggi fisiche spazio-temporali e all’idea stessa di un continuum non solo artistico-poetico, ma anche tecnico-poietico.

Se nelle prime opere, nel disordine caotico delle forme, delle parole e delle immagini, l’equilibrio era garantito dalle distese di colore o di tonalità dello stesso colore, nell’ultima produzione vi è una sovrapposizione di piani non geometrici, frastagliati, tagliati, strappati, ricuciti, replicantisi. E da questi piani, in cui vi è un’ambigua mescolanza di colori caldi (rosso, ocra, marrone) e colori freddi (blu, azzurro), emergono oggetti che acquistano consistenza solo se collocati in un fondo memoriale, assumendo il carattere dell’antico e non del classico. La frantumazione e la sovrapposizione degli stessi strappi, le sbiaditure dei colori suggeriscono l’affiorare di ricordi che si accavallano e s’infittiscono per emergere dalle profondità dell’anima. Superata l’esperienza della parola-segno rimane soltanto il segno, indecifrabile in alcuni momenti, simbolico in altri, come nel caso dei labirinti sormontati da volte acrobatiche rette da colonne in bilico che non poggiano sugli stessi piani orizzontali. Sono i meandri dell’anima che lascia emergere in superficie sembianze rese concrete da materiali vari, come in un collage.