ROCCO GUBELLO

MISTERO E MEDITAZIONE

recensione a cura di


Giorgio Barba




"Dalle radici è luce la figura
del conoscere e del crescere ed è ombra
solare ogni sua pausa che cattura
la densità del fiore e della tomba".


Così Girolamo Comi recita, come in un salmo biblico, in Cantico del tempo e del seme (1920 - 30) la sua ansia di un Dio da scoprire attraverso segni e figure da interpretare, arcani da decifrare, simboli da decodificare. Allo stesso modo a più di sessanta anni dall'opera del lucugnanese, attraverso la pittura Rocco Gubello, di Specchia, cerca di dare una risposta a quegli interrogativi che lacerano l'anima e a quei segni che, unici, ci fanno balenare, ma non scoprire, l'eterno.
Quella di Rocco Gubello è un'ansia tutta religiosa e mistica che ritrova nella bellezza del creato, come già in Comi, il significato del nostro andare al buio, illuminati solo da un raggio, l'ultimo o il primo, che sfavillando nell'oscurità ci indica una strada, una via possibile, non tracciata ab aeterno, né lasciata in balia del caso. L'arte di Gubello tende a universalizzare tutti gli accidenti, a farci sprofondare, di fronte ad un suo quadro, nell'infinito dei simboli geometrici, che in ordine si succedono e scandiscono il tempo dell'anima.
Il colorismo acceso, gli spazi sterminati e i silenzi dell'essere infinito ci conducono in una dimensione di sogno, dove ogni segno è un archetipo, ogni numero è una mistica sacra, ogni figura geometrica segna la perfezione. La geometria e la simmetria del numero tre sono l'ordine dell'universo stesso, un universo che spesso si identifica con Dio, trasfigurato nell'immagine di un grande occhio dalle tonalità profonde, che tutto vede, perché in esse tutto si specchia e trova necessità per esistere.
Questa essenza-esistenza ha un significato ben preciso: ci riporta al sacrificio dell'Uomo per la redenzione dell'umanità non più attraverso tecniche figurative ma grazie al linguaggio universale della geometria.
La conoscenza avviene per illuminazione, per intuizione improvvisa. L'uomo deve spogliarsi della razionalità quotidiana, guardare con occhi diversi ciò che lo circonda e interpretare i segni perché

La natura è un tempio ove pilastri viventi
lasciano sfuggire a tratti confuse parole,
l'uomo vi attraversa foreste di simboli,
che l'osservano con sguardi familiari

(C. Baudelaire, Corrispondenze).

E tale familiarità con i simboli dell'universalità Rocco Gubello è riuscito a raggiungerla, senza violare il tempio sacro, interpretando il linguaggio misterioso delle cose che hanno un legame con la spiritualità. Gubello in tal modo fa emergere l'elemento spirituale che rende l'uomo simile agli oggetti che lo circondano in un rapporto di comunione misto di paura e di meraviglia
Per tutto ciò è venuto spontaneo paragonare la mistica della parola di Girolamo Comi con la mistica dei segni di Rocco Gubello, come possiamo mettere a confronto anche "il misterioso avvento d'una flora universale" del primo con il "paesaggio mistico" del secondo, onde rilevarne una continuità ideale pur nella diversa forma di espressione artistica.