El premio

di Tommaso Anzoino

recensione a cura di Giorgio Barba




Copertina libro La vita può considerarsi metaforicamente una gara: ognuno desidera arrivare per primo al traguardo per conquistare il "premio", qualsiasi tipo di premio, anche un premio letterario che attesti la superiorità sugli altri. La vita di ogni uomo che abbia un po' di ambizione, dunque, è protesa al raggiungimento di un fine e all'aspirazione di vedere riconosciuto il proprio valore. Ma talvolta non vengono rispettate le regole, anzi esse vengono continuamente trasgredite per "ragioni di forza maggiore". Pertanto il premio non sempre viene assegnato al più bravo, soprattutto quando la giuria è condizionata da altri fattori, quali quelli politici, economici, ideologici e moralistici. Nell'isola de los Santos, dove è nato il più famoso scrittore del mondo, Gabriel, anche la cultura è subordinata alla politica e a nulla valgono le capacità e le abilità di un noto romanziere per vincere il giusto riconoscimento, El premio appunto.
Nell'isola de los Santos, nell'America centrale, gli intellettuali devono sottostare alle direttive del potere politico di un Caballero, che controlla con le sue reti televisive e i mezzi di informazione la vita stessa di un popolo. In quell'isola (ma forse in ogni parte del mondo) essere sgraditi a chi detiene le leve del potere può essere controproducente, significa essere emarginati o quanto meno essere costretti a vivere in un volontario esilio per poter esprimere liberamente le proprie idee.
In questo modo Tommaso Anzoino propone nel suo romanzo "El premio" (edizioni Piero Manni, £. 25.000) il difficile rapporto che intercorre tra politica e cultura, tra l'intellettuale e i mass media, tra lo scrittore e il suo pubblico.
Gabriel è consapevole di essere il più grande scrittore del mondo, ma sa anche che un suo libro ha offeso la moglie del Caballero e pertanto non potrà essere premiato. Tuttavia egli, come un novello Rodomonte, combatte contro tutto e contro tutti, pur convinto di essere votato alla sconfitta. Gabriel da carnefice, cui è permessa ogni cosa attraverso la finzione letteraria, si trasforma in vittima di un potere che non perdona, ma che fa terra bruciata intorno e colpisce poi al momento opportuno, ricorrendo a sotterfugi, basse insinuazioni, espedienti, pressioni, pur di impedire il giusto trionfo di un oppositore non conformista. Tutto si può perdonare a Gabriel: l'essere comunista (anche se non lo dichiara), il ricorso a parole-metafora di dubbia moralità, l'essere sprezzante e superbo, l'essere sfacciatamente ostile alle convenzioni sociali; ma non gli si può perdonare il reato di lesa maestà nei confronti del Caballero, commesso attraverso la moglie Miguela Cortez. Sia Miguela, donna volubile e spregiudicata, sia il Caballero non compaiono mai direttamente nel romanzo, ma sono lasciati alla libera immaginazione del lettore che a volte è tentato di fare collegamenti con l'attuale situazione culturale italiana. Tommaso Anzoino, invece, descrive con precisione il protagonista, Gabriel, e la moglie riportandone i dialoghi con una spregiudicatezza espressiva non solo dal punto di vista lessicale ma anche sintattico. Infatti l'autore fa continuamente ricorso a frasi lasciate volutamente a metà, a parole da trivio assurte al rango di indicatori culturali, a espressioni spagnole, a uno stile umile e colloquiale non privo di un qualche fascino.



TITOLO: El premio
AUTORE: Tommaso Anzoino
CASA
EDITRICE:
Piero Manni
PAGINE: 298
DATA DI
PUBBLICAZIONE
1998