Comandante ad Auschwitz

Rudolf Höss venne nominato comandante ad Auschwitz nel 1940, nonostante ci fossero ufficiali più anziani di lui. Il compito assegnatogli consisteva nel trasformare il complesso già esistente, ma trascurato, in un campo di transito per 10000 prigionieri.

Dice che nessuno lo appoggiava nelle sue idee e che si trovava a dover fare tutto da solo.

Considera i suoi subordinati inefficienti e molte volte lui doveva svolgere compiti che non gli competevano.

Dovendo ristrutturare il campo, dichiara di aver trascurato i prigionieri e di averli affidati alle direttive di suoi collaboratori, anche se non si fidava completamente di loro, e attribuisce a loro i “risultati crudeli e sinistri” di Auschwitz. Afferma che il vero padrone del campo era lo Schutzhaftlagerführer e che quindi il comandante non era poi così determinante e responsabile.

Durante la seconda visita di Himmler vennero date le direttive per trasformare il campo in un centro di produzione bellica capace di ospitare 100000 prigionieri e per costruire la Buna. Höss doveva dunque costruire un campo gigantesco e il suo compito si dilatava.

Descrive con precisione come era organizzato il campo e quali erano i rapporti tra i vari prigionieri.

Esamina le categorie die detenuti del campo e ne descrive in modo realistico le condizioni.

Il contingente principale dei prigionieri era composto dai polacchi.

Il secondo gruppo, in ordine di numero, era costituito dai russi che dovevano costruire il campo di Birkenau e “morirono come mosche”.

Il terzo era rappresentato dagli zingari, di cui ipocritamente dice che erano per lui “i più cari”.

A partire dal 1942 gli ebrei costituirono la massa principale dei prigionieri.

Lui scrive che personalmente non ha mai odiato gli ebrei. Li considerava, bensì, i nemici del suo popolo, ma, proprio per questo ai suoi occhi erano uguali a tutti gli altri prigionieri, e dovevano essere trattati allo stesso modo. Sostiene di non aver mai fatto differenze, dato che il sentimento dell’odio gli fu sempre estraneo.

Quando Himmler modificò le sue precedenti disposizioni del 1941 relative all’annientamento degli ebrei, secondo le quali tutti gli ebrei dovevano essere sterminati, decretando invece che tutti gli ebrei abili al lavoro dovessero essere impiegati nelle industrie belliche, Auschwtz divenne un campo di ebrei, un campo di raccolta degli ebrei fino allora sconosciuta. Mentre gli ebrei detenuti nei vari campi nazisti fino al 1941 contavano sempre sulla possibilità di poter essere un giorno rilasciati, e perciò la loro resistenza spirituale alla durezza della prigionia era assai più facile, per gli ebrei di Auschwitz non vi era ombra di una speranza. Sapevano tutti, senza eccezione, di essere destinati a morire e che sarebbero vissuti soltanto finché fossero abili al lavoro. La maggioranza di essi non sperava che potessero avvenire dei mutamenti alla loro terribile situazione. Höss li definisce fatalisti.

Muti e rassegnati, subirono tutte le miserie, le oppressioni, i tormenti della prigionia. L’impossibilità di sottrarsi alla morte imminente li rese completamente insensibili all’ambiente che li circondava. Questo crollo spirituale, secondo Höss, affrettò il crollo fisico. Non avevano più nessuna volontà di vivere, erano ormai indifferenti a tutto, cosicché la minima malattia li stroncava. Prima o poi, la morte era ormai un fatto certo per essi. L’alta mortalità fra gli ebrei, secondo Höss, era dovuta dunque non soltanto alla durezza di un lavoro inconsueto, alla nutrizione insufficiente, agli alloggi sovraffollati e a tutte le altre avversità e difficoltà della vita nel campo, ma anche e in modo decisivo alle loro condizioni psichiche.

Infine spiega che le donne di tutte le categorie morivano più rapidamente degli uomini, sebbene, secondo le sue osservazioni, fossero più robuste e resistenti degli uomini, sia fisicamente che psichicamente. Le condizioni generali di vita erano assai peggiori nel campo femminile.

Dalla primavera del 1942 cominciò il vero sterminio degli ebrei.

 Le ragioni che Himmler fornì a Höss per giustificare lo sterminio di massa fecero sembrare giusto al comandante questo processo di annientamento. L’ordine di Himmler gli sembrava, sì, “mostruoso”, ma non pensò mai di opporsi ad esso.

Precisa che, al momento del suo arresto, gli era stato detto ripetutamente che avrebbe potuto rifiutare di eseguire i suoi ordini, ma lui considerava suo dovere, e dovere di ogni SS, eseguire qualunque ordine che venisse dal Führer.

In conseguenza del fatto che cominciavano a conoscersi i veri motivi della deportazione e la fine che avrebbero fatto i prigionieri, si venne a creare un’atmosfera di panico. Per questo motivo vennero creati dei reparti speciali composti da prigionieri ebrei, i Sonderkommando. Questi uomini avevano il compito di entrare nelle sale per le disinfestazione con i deportati per tranquillizzarli e aiutarli: era infatti della massima importanza che tutta l’operazione dell’arrivo e della vestizione avvenisse nella maggiore calma possibile. I prigionieri del Sonderkommando badavano anche a che l’operazione procedesse con grande rapidità, affinché le vittime non avessero troppo tempo per meditare su quanto sarebbe avvenuto.

Il Reichsführer delle SS Himmler, inviava spesso alti funzionari del partito e delle SS ad Auschwitz, per farli assistere alle operazioni di sterminio degli ebrei. Alcuni di loro, assistendo all’orribile  spettacolo, diventavano silenziosi e pensosi. Spesso questi uomini chiedevano ad Höss come poteva assistere di continuo a quelle operazioni e lui rispondeva che tutte le emozioni umane dovevano tacere di fronte alla ferrea coerenza con la quale doveva attuare gli ordini del Führer. Nessuna di quelle persone che andavano ad ispezionare il campo avrebbe voluto ricevere un compito analogo. Neppure Mildner ed Eichmann avrebbero voluto prendere il suo posto.

Höss dice che, mentre era a casa, spesso gli accadeva che gli venisse in mente qualche scena dello sterminio. Allora sui doveva alzare ed uscire perché non poteva continuare a stare nella cerchia affettuosa della sua famiglia. Sua moglie attribuiva questi turbamenti a faccende di lavoro. Insomma, si presenta come una persona sensibile, che doveva reprimere le sue “intime angosce”, i suoi “impulsi umani” per ragioni superiori, quasi un eroe che sacrificava la sua umanità per obbedienza al Führer e al suo ordine di dare una “soluzione finale” alla questione ebraica.  

            

A cura di Appendino Claudio e Avataneo Mario

 

I.T.I.S. “G.B. Pininfarina”.