IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI FOSSOLI



Il campo di Fossoli fu costruito nel 1940 in provincia di Modena, nei pressi di Carpi; entrò in funzione il 22 luglio con l’arrivo di 1800 prigionieri ebrei, sottufficiali inglesi e australiani catturati in Nord Africa.

Inizialmente il campo era costituito da 191 tende ma successivamente furono costruite baracche in muratura destinate all’alloggiamento dei prigionieri.

Dopo l’8 settembre 1943 le truppe tedesche occuparono il campo, che, dal gennaio del ‘44 fu il punto di raccolta principale delle persone che dovevano essere inviate ai campi di concentramento tedeschi.

I primi trasporti si ebbero nel febbraio del ’44 per il campo di Bergen Belsen (146 persone, ebrei libici di nazionalità inglese) e Auschwitz (circa 650 persone, ebrei italiani tra i quali anche Primo Levi). I trasporti si susseguirono fino all’agosto del ’44, per Auschwitz (5 aprile, 16 maggio, 26 giugno, 1 agosto), per Mauthausen (21 giugno).

Il terreno era suddiviso in due campi: il Campo Vecchio, amministrato dalla prefettura di Modena e gestito da italiani, con prigionieri che non erano deportati, e il campo Nuovo, il quale era amministrato dal BdS di Verona e gestito da un piccolo nucleo di SS alle dipendenze del tenente Karl Titho e del sergente maggiore Hans Hage, con i prigionieri ebrei e politici destinati alla deportazione.

Osservando l’interno del campo è possibile notare una serie di caseggiati dove erano alloggiati i prigionieri in condizioni pessime, senza cibo, vestiario e servizi igienici. E’ possibile scorgere una piccola chiesetta dove il cappellano del campo, ogni giorno, offriva un po’ di conforto ai deportati.

Progetto di recupero del campo

Dopo la seconda guerra mondiale il Campo Nuovo diventò centro di raccolta per profughi stranieri in attesa di smistamento; successivamente, dal maggio ’47 al giugno ’52, vi si insediò una comunità di bambini orfani o abbandonati (Nomadelfia).

Dal ’52 al ’65 ci fu l’insediamento del "Villaggio San Marco", per profughi giuliani e dalmati.

Nel 1984 l’area del campo fu concessa, "a titolo gratuito", da parte dello Stato, al comune di Carpi il quale si pose il difficile problema legato alle modalità del suo recupero.
Ci fu un ampio e diverso contributo d’idee, che confluirono insieme in un concorso internazionale rivolto ad architetti europei e israeliani e indetto nel 1988.
Questo concorso si basava su un unico presupposto: far rivivere la zona, non tanto attraverso un recupero filologico, bensì trasformandola in un fruibile luogo di vita.
Tra i numerosi progetti pervenuti è stato scelto quello di un architetto italiano, il fiorentino Roberto Mastro.
La sua proposta consiste nel tentativo di esprimere il significato del luogo e degli eventi storici attraverso dei simboli, con uno sforzo di trasformare il linguaggio verbale in un linguaggio formale e architettonico.
Il progetto è dominato dall’immagine del labirinto, richiamo al mito del Minotauro, visto quale simbolo di una tirannia che "richiede un tributo di sangue".
Centro di tutta la composizione, il labirinto sarà costruito in forma d’anfiteatro, posto a ridosso dell’area del Campo Nuovo.
La maggior parte delle baracche del Campo Nuovo saranno oggetto di recupero, mentre le più compromesse saranno adibite a serre, dove saranno coltivati fiori di colori diversi a ricordo dei triangoli che distinguevano le categorie dei deportati.
L'area del Campo Nuovo ospiterà, inoltre, strutture quali: biblioteca, archivio, centro convegni che accoglieranno una ricca documentazione sul ruolo del Campo nel sistema della deportazione nazista dall'Italia.
Il Campo Vecchio, mantenuto nel suo perimetro originario, costituirà il vasto ingresso al Campo Nuovo al "parco dell'utopia", grand’area verde ad esso adiacente e di nuovo insediamento.

Il parco diventerà luogo di meditazione sui tragici eventi trascorsi e nella sua progettazione s’individua la ricerca di un ordine, l'appello alla ragione e alla vita.

Il progetto di Roberto Maestro ha saputo superare le grandi difficoltà d’ordine etico e umano, connesse alla rappresentazione della tragica esperienza di deportazione, attraverso un'originale simbologia che invita alla meditazione.

I lavori di recupero non hanno ancora avuto inizio, tuttavia l'Amministrazione Comunale ha predisposto un temporaneo itinerario di visita che, attraverso un percorso sicuro, consente di visitare ciò che resta del Campo.

L'intera area, incustodita, è stata recintata e l'ingresso è consentito solo se accompagnati dal personale autorizzato.
Visite guidate, gratuite, sono effettuate, su prenotazione, dal personale del Museo "Monumento al Deportato", che effettua il servizio anche in lingua straniera.

 

arrowb3.gif (1338 byte) UN VIAGGIO NELLA MEMORIA