Una pagina tragica nella storia della Repubblica di Genova a cura di Davide Rapallino La congiura dei Fieschi è un esempio di quanto travagliata fu la lotta tra le due grandi famiglie, i Doria e i Conti di Lavagna, per il predominio politico della città. Erano in gioco grandi strategie politiche perché la congiura aveva lo scopo di rovesciare il corso della politica filo spagnola di Andrea Doria e di scalzarlo dal potere. 2 Gennaio 1547. E’ notte. Il Conte di lavagna, all’epoca 22enne, Gian Luigi Fieschi guida un gruppo di nobili genovesi, molti sudditi dei feudi Fieschi e centinaia di popolani verso quello che oggi definiremmo un "colpo di stato alla Repubblica di Genova. Mentre l’Ammiraglio Andrea Doria riesce a fuggire verso la valle Stura, viene ucciso nei disordini il nipote Giannettino. E’ il caos. Per i vicoli della vecchia Genova si sentono urla di gioia inneggianti alla libertà e il senato sembra ormai che debba capitolare quando un incidente decapita la congiura. Gian Luigi Fieschi è all’arrembaggio della galea nemica del Doria quando scivola in mare nelle acque scure della darsena e a causa della pesante armatura affoga. E’ la fine di un sogno. 3 Gennaio. E’ primo pomeriggio quando il cancelliere della Repubblica Ambrogio Senarega si reca da Paolo Pansa (letterato vicino alla famiglia Fieschi) e da Gerolamo Fieschi, fratello di Gian Luigi. Il senato genovese, grazie a Senarega, concede il perdono ai congiurati a patto che abbandonino la città, ed essi ripiegano nel castello di Montoggio. Dopo alcuni giorni viene ripescato in mare il corpo di Gian Luigi ma viene ributtato in mare per ordine del Doria perché "gli fosse data la sepoltura che si era scelto". 5 Gennaio.Andrea Doria rientra a Genova. In senato tiene un discorso. Terribile: revoca il perdono per la famiglia Fieschi e li condanna per "lesa maestà". Pena è la morte per i fratelli di Gian Luigi e i capi della rivolta. Cinquant’anni di bando per i rivoltosi. Raso al suolo lo splendido palazzo di Via Lata. Il castello di Montoggio viene messo sotto assedio da truppe che ufficialmente appartengono alla Repubblica ma che in realtà obbediscono a quelli di Andrea Doria. E’ rocca inespugnabile e resiste, si dice a 18.000 cannonate per 40 giorni. Poi, il tradimento, e gli assedianti comandati da Agostino Spinola entrano nel bastione. Vincenzo Calcagno ed altri che avevano ucciso Giannettino Doria vengono giustiziati subito. 12 Luglio.Gerolamo Fieschi e Gianbattista Verrina vengono decapitati ai piedi del castello davanti all’oratorio di San Rocco. Ottobono, altro fratello di Gian Luigi viene chiuso vivo in un sacco ed eliminato. Anche il Duca di Piacenza, Pierluigi Farnese, non estraneo alla faccenda viene eliminato da un sicario. Che accade ai beni dei Fieschi? Tutto viene requisito, parte a favore dei Doria, come il feudo di Santo Stefano d’Aveto, quello di Calice al Cornoviglio, e parte alla Repubblica come l’odierna Varese ligure. Lo splendido palazzo di Carignano che aveva ospitato il papa Paolo III e il sovrano di Francia viene raso al suolo, gli arredi dispersi ed i marmi venduti. Il castello di Montoggio viene fatto saltare in aria. Molti anni dopo i Fieschi superstiti rialzano la testa e i discendenti acquisteranno prestigio alla Corte di Versailles, altri, quelli sfuggiti alle vendette del Doria hanno cambiato nome. Oggi, di essi esiste solo il ricordo di quello che furono, uomini d’arme e di Chiesa, (Santa Caterina Fieschi, Papa Innocenzo IV e Adriano V) letterati, navigatori, costruttori di Chiese ospedali e palazzi. Esistono racconti di ogni genere, saggi storici, e Giuseppe Verdi, nel suo "Simon Boccanegra" narra di quella congiura che ha scritto una pagina indelebile nella storia della Repubblica di Genova. Anche Federico Schiller, scrisse la tragedia "Il Fiesco" storia drammatizzata della rivolta di Genova, conflitto tra ambizione politica, fascino del potere e anelito di libertà. Nella nostra fantasia vive ancora, in quella fredda notte di inverno, il Conte di Lavagna Gian Luigi Fieschi che, come allora, muove verso il Porto Antico incontro al suo destino con i suoi ideali di libertà contro quello che riteneva un usurpatore e un dittatore. Davide Rapallino |