IL segno del padre

tratto dal libro di Claudio Risé, Il padre, assente inaccettabile
Edizioni San paolo, 2003, www.claudio-rise.it


Qual è: il segno del padre?

Cosa manca al figlio che non ne ha vissuto la presenza, a quello che non tiene (come l'autore della mail citata nel prologo) la sua foto dietro al letto o sul tavolo di lavoro? 0 magari mette la foto proprio per sostituire una relazione troppo sbiadita?

Cos'è, infine, che rende profondamente diverso colui che ha ricevuto quel segno, che in lui si è impresso, rispetto al figlio cui quest'esperienza è mancata?

Il segno del padre è quello della ferita. Il dolore, il colpo, prodotto dalla perdita (Questo è anche il significato profondo della "castrazione" di cui parla la psicoanalisi freudiana, al di là dell'ipervalutazione da essa compiuta della sessualità nella vita psichica dell'uomo).

Lo scenario che lo esprime compiutamente, per ogni individuo, per ogni tempo, è l'evento che si produce sul Golgota: il figlio che viene colpito, nel nome del Padre. Il padre ti conduce alla ferita, ti inizia al senso del dolore. Come scrive Paul Josef Cordes:
"Nell'azione salvifica di Gesù diventa visibile lo stesso Padre, che ha tanto amato il mondo da dare il proprio Figlio... e proprio per la nostra salvezza"

Il padre insegna, testimonia, che la vita non è solo appagamento, conferma, rassicurazione, ma anche perdita, mancanza, fatica. Le esperienze più profonde, a cominciare dall'amore, prendono origine e forma proprio da quella perdita. Nella vita dell'uomo, il padre trasmette l'insegnamento della ferita perché la sua prima funzione psicologica e simbolica è quella di organizzare, dare uno scopo, alla materia nella quale il figlio è rimasto immerso durante la relazione primaria con la madre, e che di per sé tenderebbe semplicemente alla prosecuzione dell'esistente. Per questo il padre infligge la prima ferita, affettiva e psicologica, interrompendo la simbiosi con la madre (in cui il bimbo rimane fino a quando l'intervento paterno diventa di vitale necessità), e proponendo, da quel momento, allo sviluppo del bambino, una direzione, un télos, una prospettiva'.

Ogni prospettiva, però, focalizza lo sguardo su alcune direzioni e ne esclude altre. Valorizza dei comportamenti, a scapito di altri. L'intervento del padre, dunque, limita, in una prima fase, la vita del giovane; lo "ferisce", per renderlo più forte.

E la dura, difficile, emozionante fase dell'educazione, in cui il bimbo impara a rinunciare. La fiaba Hans di ferro, dei fratelli Grimm, colloca in questa fase la perdita della "palla d'oro" con cui il bimbo abitualmente giocava. Si tratta, naturalmente, del simbolo della "totalità" psichica del fanciullo, prima che il processo educativo fatalmente intervenga a limitarlo, a dargli una forma umana, e, quindi, una direzione. (Nella fiaba la palla finisce nella gabbia in cui i genitori tengono prigioniero l'uomo selvatico, che più tardi la restituirà al piccolo a condizione di essere da lui liberato. La fiaba è interpretata nel mio li maschio selvatico. Ritrovare l'istinto rimosso dalle buone maniere, Red, Milano 2002". A questa stessa fiaba èdedicato il libro di R. Bly, Iron John, Addison-Wesley, 1990, libro determinante nella nascita del "movimento degli uomini" negli Usa; trad. it. Per diventare uomini, Mondadori, 1992.)

Chi ha ricevuto il segno del padre porta nel suo organismo psicofisico il marchio della perdita, come ferita profonda, ben visibile anche se cicatrizzata. Questo colpo, doloroso, rende chi lo riceve più forte: quando verrà la perdita, esperienza non evitabile nella vita umana, essa non lo distruggerà psicologicamente, e spiritualmente. (Sul rafforzamento operato dalla ferita nell'organismo psicofisico, e sull'apertura che essa apre verso il mondo spirituale, c'è un testo molto interessante del fondatore della medicina antroposofica, Rudolf Steiner. Si tratta de Il mistero della ferita. L'impulso dei Buon Samaritano, Editrice Antroposofica, Milano 1998.)

Anzi, egli saprà trarne il succo più prezioso: l'amore. Amore per sé, amore per gli altri: entrambi si temprano nell'esperienza della perdita, non nella vanità del successo, e neppure nell'illusoria sicurezza del possesso.

Quello del padre è anche un segno di iniziazione. E come tutte le iniziazioni della storia dell'uomo, come la Cresima nel rito cristiano, rende più forte chi la riceve. più pienamente umano, più in grado di vivere positivamente la vita degli esseri umani.

In un profondo dialogo' tra lo scrittore Giovanni Testori e don Luigi Giussani, Testori ricorda come l'uomo debba riconoscere "il dolore del proprio male, del proprio male come dignità", e come questo riconoscimento sia legato alla relazione col padre. E Giussani ribadisce come "senza l'esperienza del dolore non c'è l'esperienza dell'umano, vale a dire di un'urgenza braccata, contestata, sconfitta".

Il segno del padre marchia (come, a un livello più banale, le ferite da taglio che si praticavano l'un l'altro, sul volto, i giovani studenti tedeschi, nelle loro iniziazioni di spada, o di coltello.) e differenzia, a distanza, la fisionomia dell'individuo che lo porta rispetto a chi non l'ha ricevuto. Per quest'ultimo la perdita non si è fatta ferita, né cicatrice profonda; è rimasta solo ingiuria (inspiegabile dalla coscienza razionale), offesa di cui protestare in diverse sedi, da quelle giudiziarie a quelle civili, a quelle sanitarie, o politiche. Non ha conquistato quella dignità del dolore di cui parlava Giovanni Testori nella frase sopra riportata.

Per poter trasmettere la ferita, senza diventare semplicemente sadico, il padre deve però averla a sua volta ricevuta su di sé. Deve essere stato iniziato da un padre, che gli abbia trasmesso il senso profondo della paternità.

Il padre, dunque, è innanzitutto, in prima persona, un "portatore della ferita"; per questo ne può trasmettere al figlio la sensibilità, il sentire. E anche la ricchezza: la capacità di reggerne il dolore e di coglieme il senso. Come racconta con grande acutezza Elias Canetti, in questa leggenda boscimana'.

Il padre e la ferita

"Un uomo disse ai propri bambini che stessero attenti per vedere se arrivava il nonno. "Guardatevi intorno, mi sembra che il nonno si avvicini. Vedo sul suo corpo i segni delle vecchie ferite". I bambini stettero attenti, e videro un uomo in lontananza. Dissero allora al padre: "Un uomo sta venendo qui". Il padre disse loro: "E' il vostro nonno che viene qui. Sapevo che stava venendo. Mi sono accorto della sua venuta dai segni delle sue vecchie ferite. Volevo che voi stessi vedeste: egli viene davvero" ".

Commenta Canetti: "... Il vecchio, nonno di quei bambini,... in un determinato punto del suo corpo portava il segno di una vecchia ferita ben noto al suo figlio adulto, padre dei bambini. Era una di quelle ferite che lasciano un segno visibile per sempre... Quando il figlio pensa al padre, pensa alla sua ferita e al punto preciso in cui essa lasciò il segno nel corpo del padre: egli la percepisce nel punto corrispondente del proprio corpo... Egli sente il padre che si avvicina, poiché sente la sua ferita. Lo dice ai bambini... li esorta a stare attenti: e, davvero, un uomo si sta avvicinando. Può essere solo il nonno".

Il figlio sa che il padre è vicino perché sente la sua ferita. t la ferita, testimonianza di una perdita (un animale che ha saputo difendersi durante la caccia, una brutta caduta, il segno a sua volta di un difficile esercizio di iniziazione), l'elemento di comunicazione tra padre e figlio, nel corso delle generazioni. t attraverso la propria ferita che, come dice Canetti, il figlio "percepisce" il padre. Il figlio che ha ricevuto l'insegnamento paterno sente, nel proprio organismo psicofisico, la relazione col padre come riacutizzarsi della ferita, consapevolezza della necessità umana della perdita.

Colui invece che non ha ricevuto quell'insegnamento, per esempio perché il padre, come tanti uomini oggi, non voleva saperne di ferite, e anzi era profondamente impegnato nel non accorgersene, nel banalizzarle, non sente nulla. In lui non si riac-cende mai la consapevolezza di nessun dolore, casomai sostituito da una sorda, a volte nascosta, depressione. Quest'uomo che si crede senza ferite, di plastica come il giocattolo Big Jim, l'uomo moderno, che non ha mai con-templato il mistero della Passione, non può essere a sua volta, profondamente, padre.


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