IL VENERDÌ di Repubblica
Schindler, che non stilò mai nessuna lista
Lo
sostiene una nuova biografia. Che non nega l’attività dell’imprenditore
tedesco per salvare gli ebrei. Ma che aggiunge alla già enigmatica vita di
quest’uomo nuovi e sconcertanti particolari. Dimenticati nel film di Spielberg
di
Dinitia Smith
E
se
Oskar Schindler, l'imprenditore tedesco che salvò più di mille ebrei dai
nazisti creando la famosa lista, quella lista non l'avesse mai fatta? Il dubbio
lo solleva una nuova biografia: Oskar Schindler, the untold account of his life.
Wartime Activities and the True
Story Behind the List. L'ha scritta David M. Crowe, storico
dell'Olocausto e docente presso la Elon University in North Carolina, membro
della Commissione Istruzione dell' Holocaust Memorial Museum di Washington
nonché autore di una storia degli zingari della Russia e dell'Europa dell'Est.
Il libro ribalta il ritratto fatto da Schindler's List, il film di Steven
Spielberg vincitore dell' Oscar nel 1993, e dal romanzo storico di Thomas
Keneally del 1982, cui il regista si è ispirato. Lo Schindler che emerge da
questo profilo - basato su interviste a sopravvissuti dell'olocausto e
nuova documentazione, tra cui alcune lettere conservate in una valigia da un'
amante - presenta assai più ombre del personaggio descritto dal film e dal
romanzo. Tanto per iniziare Schindler non ha quasi nulla a che fare con la
famosa lista, rivela
l’autore del libro. Nel film Schindler, interpretato da Liam Neeson, consegna
al direttore ebreo della sua fabbrica di pentole ed armi a Cracovia, in Polonia,
un elenco di operai ebrei da mettere in salvo in quella che è oggi la
Repubblica Ceca. Ma all'
epoca dei fatti, nel 1944, a detta di Crowne, Schindler era in carcere
accusato di corruzione nei confronti di Amon Goeth, il brutale comandante delle
SS interpretato nel film da Ralph Fiennes. E il direttore, Itzhak Stern (Ben
Kingsley) all'epoca non lavorava neppure per Schindler. Crowe sostiene che le
liste erano nove. Le prime quattro furono stilate principalmente da Marcel
Goldberg, un poliziotto ebreo corrotto, assistente di un ufficiale delle SS
incaricato del trasporto degli ebrei (Goldberg fu in seguito accusato di aver
accettato denaro in cambio di favoritismi). Schindler suggerì alcuni
nominativi, spiega Crowe, ma non conosceva la maggior parte delle persone
incluse. Gli autori delle altre cinque liste sono ignoti. L'autore sostiene che
la leggenda
della “lista” sia in parte opera di Schindler, per esaltare il proprio
eroismo. Egli stava tentando di ottenere dei risarcimenti per i danni subiti in
tempo di guerra e lo Yad Vashem, l'organizzazione preposta a preservare la
memoria dell'olocausto a Gerusalemme, stava valutando se insignirlo del titolo
di «gentile virtuoso», onorificenza riservata a chi aveva rischiato la vita
per salvare degli ebrei. Le persone che aveva salvato alimentarono la leggenda
perché «lo adoravano» spiega Crowe «e lo proteggevano». Non v'è dubbio che
Schindler, di origine tedesca, nato in quella che era allora l'Austria-Ungheria,
fu un eroe sotto il profilo morale: salvò davvero degli ebrei anche se non stilò
la lista. Ma le recenti rivelazioni aggiungono nuovi particolari che delineano
la sua figura in chiaroscuro. È risaputo che alla fine degli anni 30 Schindler
fece parte del controspionaggio tedesco. Egli minimizzava il ruolo avuto, ma
Crowe sostiene che negli archivi della polizia segreta ceca Schindler è
indicato come «agente di grosso calibro e personaggio particolarmente
pericoloso». Sempre a detta di Crowe, Schindler finì in carcere per attività
tese a compromettere la sicurezza della Cecoslovacchia prima dell'invasione
nazista. In seguito il governo ceco tentò di processarlo per crimini di guerra.
Schindler fu anche di fatto a capo dell'unità che pianificò l'invasione
nazista della Polonia. Il romanzo e il film lo dipingono corpulento e
affascinante, con un debole per l'alcol e le donne, ma Crowe rivela che ebbe due
figli illegittimi di cui non si curò affatto. Girava anche voce, come
brevemente accennato nel libro e nel film, che dopo essersi trasferito a
Cracovia nel 1939 in cerca di fortuna a seguito dell'invasione nazista,
sottrasse beni agli ebrei e ne ordinò il linciaggio. Benché si trattasse di
accuse non documentate, Crowe ha scoperto che lo Yad Vashem ne era preoccupato
al punto da rimandare l'assegnazione del titolo di «gentile virtuoso».
L'epilogo del film informa che Schindler ottenne l'onorificenza nel 1958, 16
anni prima della morte, avvenuta nel 1974. Ma Crowe ha scoperto che la nomina
ufficiale ebbe luogo nel 1993, dopo che la Yad Vashem apprese che la vedova di
Schindler, Emilie, anch' essa comportatasi eroicamente, era in arrivo a
Gerusalemme per partecipare al film. L'onorificenza fu assegnata ad entrambi i
coniugi, ad Oskar in forma postuma. Ma alla luce di quanto detto nel libro,
perché dunque questa onorificenza? Perché Schindler si comportò davvero da
eroe. Dopo aver trasferito la fabbrica a Bruennlitz, oggi Repubblica Ceca,
Schindler interruppe la produzione di armi, e non ne fabbricò mai per i
nazisti. Corruppe gli ufficiali nazisti e li distrasse con l'ausilio dell'alcol
per salvare i suoi operai. A
Cracovia, rivela Crowe, «poteva
ricorrere al mercato nero per fornire ai suoi operai cibo e medicinali». Ma
quando giunse a Bruennlitz, l'avanzata dei russi complicò le cose. «Rischia
allora la vita spendendo tutto il denaro guadagnato a Cracovia per cercare di
nutrire e curare i suoi ebrei», racconta Crowe. In un episodio citato nel
libro, ma non nel film, arrivano a Bruennlitz due carri merci zeppi di
prigionieri ebrei, alcuni assiderati. Schindler e la moglie ne salvarono molti.
In quel caos Schindler tentò anche di garantire il rispetto dei precetti
religiosi, ubriacando gli ufficiali delle SS in modo da consentire adeguata
sepoltura alle vittime. L'unica parte del film che ha profondamente irritato
Crowe è, per sua ammissione, il finale, in cui Schindler fugge davanti
all'avanzata dei russi. Gli ebrei vengono dipinti come sconfitti, ma in realtà,
sostiene Crowe, Schindler aveva creato «un gruppo di guerriglieri ebrei, armati
fino ai denti, pronti a combattere fino alla morte», spiega. Ore dopo la
partenza di Schindler essi impiccarono un ebreo collaboratore dei nazisti. Dopo
la guerra la vita di Schindler fu un fallimento. Sperperò il denaro versatogli
dall'American Jewish Joint Distribution Committee e si trasferì in Argentina,
dove si cimentò nell'allevamento delle nutrie. Fece quindi ritorno in Germania,
e acquistò una fabbrica di calcestruzzo, subendo le critiche degli operai per
aver salvato gli ebrei durante la guerra. La fabbrica fallì. Schindler continuò
a bere e supplicò gli ebrei che aveva salvato di sostenerlo finanziariamente.
Morì alcolista e tabagista, rivela Crowe. Ma che cosa ne pensa Splelberg di
queste nuove rivelazioni? Il suo portavoce, Marvin Levy, spiega: «Schindler fu un personaggio così
enigmatico che non sorprende che dopo la morte continuino ad emergere
particolari reali o presunti sul suo conto». E Elie Wiesel, scrittore e
sopravvissuto all'Olocausto, commenta: «Crowe non altera la vicenda, la rende
più complessa. Dà a Schindler una dimensione più umana e per questo ancor più
straordinaria» .
©
New York Times-Repubblica Traduzione di Emilia Benghi
Da
Il
Venerdì di Repubblica, 10 dicembre 2004