IL VENERDÌ di Repubblica

Il peso del passato - La donna che vide il suicidio di Hitler

Le disse: “Se i miei generali avessero il suo coraggio”. E si sparò. Ma solo oggi Traudl Junge, segretaria del Führer, si confessa in un film che arriva negli USA. Una testimonianza due volte estrema. Ecco perché.

di Antonio Monda

NEW YORK. C'è stata una sola persona che ha vissuto accanto ad Hitler gli ultimi quattro anni della sua vita, ma il suo nome non è Eva Braun, bensì TraudI Junge. A poco più di vent'anni fu assunta come segretaria personale del Fuhrer, diventando depositaria di segreti terribili e testimone di avvenimenti sconvolgenti. Per oltre cinquant'anni, Traudl ha rifiutato di raccontare pubblicamente la sua esperienza, ma sotto il peso di un inestin­guibile senso di colpa ha deciso di confessarsi ai registi austriaci Andre Heller ed Othmar Schmiderer. La sua confessione è diventata ora anche un libro, Fino all'ora finale, pubblicato a Monaco. Sin dalle prime immagini parla del Fuhrer come di un «mostro» e di un «criminale», ma ricorda che all' epoca lo considerava solo un datare di lavoro «gentile e paterno». Traudl, che non aderì mai al partito nazista, non subì alcun tipo di condanna per il suo lavoro di segretaria, e dopo un periodo di prigionia in un campo americano si ritirò in un piccolo appartamento di Monaco, alternando la propria attività di correttrice di bozze con quella di assistente volontaria per delle persone non vedenti. Dalle nove ore di conversazione, Heller e Schmiderer hanno tratto un documentario di 90 minuti di esemplare semplicità ma di straordinaria potenza evocativa: in Blind Spot: Hitler's secretary, che arriverà sugli schermi americani a dicembre, i due registi si limitano infatti ad ascoltare i suoi racconti. Traudl trovò il lavoro come segretaria grazie ad una raccomandazione. Il racconto del primo incontro con Hitler offre la prima sorpresa: la ragazza aveva sentito la voce del Führer solo alla radio, ed aveva nelle orecchie le urla esagitate dei comizi. La sera in cui lo conobbe rimase invece colpita dal «tono affabile» e l'atteggiamento «gentile e protettivo». Per lungo tempo fu addetta allo smistamento delle centinaia di lettere d'amore che il Capo riceveva settimanalmente, poi, nel 1941, venne promossa segretaria personale dopo un test di dattilografia che riuscì a superare grazie ad una telefonata di Ribbentrop, che non fece notare al Führer la lunga serie di errori causati dal nervosismo. In uno dei pochi momenti in cui confessa l'angoscia che prova da quei giorni, la donna ammette che quel salvataggio in extremis causò in realtà la sua rovina. Traudl venne ammessa da allora nel sancta sanctorum del dittatore, e si trovò a convivere con un uomo che si macchiava dei più orribili crimini dell’umanità, mentre la trattava con gentilezza e la chiamava «piccola cara». La Junge sostiene oggi che la posizione troppo vicina alla realtà le procurava paradossalmente una sorta di cecità rispetto alla realtà (da qui il titolo: Blind spot, sguardo cieco) e parla ripetutamente della capacità di manipolazione sulla coscienza di un intero popolo: in uno dei momenti più inquietanti ripete l'intonazione con cui Hitler assicurava che si sarebbe «assunto ogni responsabilità morale», ritenendo di aver così liberato da ogni peso la coscienza dei suoi seguaci. Negli uffici della Cancelleria, e più tardi nei bunker, la Traudl smistava e batteva a macchina gli ordini del Führer ritenendoli delle normali procedure di guerra. Secondo la sua testimonianza Hitler non parlava mai dei campi di concentramento e raramente degli ebrei, riferendosi solo occasionalmente all'«internazionale giudaica» che avrebbe prevalso senza il suo intervento. L’Hitler visto da vicino è molto diverso da quello dei documentari classici. Abbondano i racconti delle sue fobie (detestava i fiori che considerava portatori di morte), e delle sue passioni: nulla lo rendeva felice come giocare con Blondie ed i suoi cuccioli, e nulla lo rasserenava come la visita del dottor Morell, un antesignano della medicina omeopatica, che curava il Führer dai suoi dolori allo stomaco. Era stato Morell a consegnare la rigorosa dieta vegetariana, ed era sempre lui che gli raccomandava di pulirsi dopo aver giocato con i cani. Ogni tanto Hitler confidava alla sua segretaria opinioni sul rapporto tra i due sessi («le donne più belle devono stare con gli uomini più forti») che la stessa Traudl donna trovava a dir poco «barbare», e la invitava a consumare i pasti frugali ascoltando Red roses tells yau of love. Il clima sereno cambiò drasticamente dopo Stalingrado: Traudl fu testimone di una scenata fatta da Hitler alla moglie di Schirach che aveva avanzato alcune perplessità sul modo in cui erano trattati gli ebrei in Olanda, e le fu richiesto di rimanere più strettamente a contatto di un uomo che appariva ogni giorno più instabile e ripeteva: «Le persone che non possono capire non debbon parlare». Il giorno dell'attentato, fu tra le prime ad assistere il Führer, rimanendo coinvolta dal senso di eccitazione che Hitler riuscì a infondere al suo staff, e poi all'intera nazione quando parlò della provvidenza che lo aveva salvato per consentirgli di portare a termine la sua missione. A distanza di cinquant'anni, la segretaria identifica in quel momento il passaggio in cui il suo capo perse ogni contatto con la realtà. Perfino lei si accorgeva che nelle visite alle città attaccate venivano mostrate soltanto le aree rimaste intatte, e sentiva un'aria crescente di scoramento perfino tra i fedelissimi. Divenne amica di Eva Braun e le rimase accanto il giorno del matrimonio. Brindò con lei nel grottesco festino organizzato nel bunker e fu la prima a chiamarla Fraulein Hitler. Poi fu lei che cercò di consolarla quando Führer diede ordine di uccidere il marito della sorella per il semplice fatto che non aveva cercato rifugio sotto le stesse mura. Decise di rimanere fino all'ultimo insieme al suo capo e assistette a tutte le discussioni sulla scelta del suicidio più sicuro. Gli ultimi momenti furono scanditi dai racconti terrorizzanti di quanto era successo alle donne tedesche cadute nelle mani dei soldati dell'armata russa. All'interno del bunker si parlava di stupri, castrazioni e di un mondo esterno degno di Bosch: Traudl lascia intendere che si trattava di un modo di convincere tutti al suicidio, ma certo è che fu quello il momento in cui Eva le disse che avrebbe voluto essere un «bel cadavere». La segretaria fu testimone dell’uccisione dei sei bambini di Goebbels per mano degli stessi genitori. Nell'unico momento di commozione dell'intero documentario ricorda lo sguardo angosciato di Hilga, la figlia più grande, la quale si era resa conto che il padre non le stava affatto offrendo un vaccino. Traudl fuma nervosamente e parla come se la ragazza fosse ancora di fronte ai suoi occhi, poi preferisce ricordare la morte di Blondie, sacrificata per verificare l'efficacia del cianuro inviato da Himmler, sospettato di tradimento. Prima del gesto estremo, Hitler salutò la sua segretaria dicendo «se solo i miei generali avessero il suo coraggio», poi si rinchiuse nel suo ufficio privato e si sparò dopo aver dato disposizione che il suo corpo venisse bruciato. Traudl capì che quel momento per lei non rappresentava una fine, ma l'inizio di un lunghissimo periodo di espiazione. Ci sono voluti più di cinquanta anni prima che ne parlasse pubblicamente, e solo un giorno per morire, dopo che il film è stato presentato nel febbraio scorso, all’ultimo Festival di Berlino.

da Il Venerdì di Repubblica, 18 ottobre 2002

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