IL VENERDÌ di Repubblica
Libri
a cura di Brunella Schisa
Shoah: noi italiani, brava gente o complici?
Michele Sarfatti
ricostruisce gli anni della caccia agli ebrei in Europa e nel nostro Paese. E
smaschera le complicità
Shoah,
ovvero catastrofe,
disastro, distruzione. Una tragedia durata dodici anni, dal 1933 al'45, che si
trasformò in sterminio sistematico negli ultimi quattro. Sei milioni di ebrei
uccisi in Europa, settemila in Italia. Lo storico Michele Sarfatti ripercorre le
tappe della persecuzione in un agile libro adatto ai ragazzi, ma anche a noi
adulti. Per non dimenticare. Perché non accada mai più.
Lei
scrive che in Italia c'era
un antisemitismo attivo praticato da una minoranza, ma quale fu il comportamento
degli altri italiani?
«Fino
a quando non ci furono violenze fisiche sugli ebrei, cioè fino al ’43 la
maggioranza fu acquiescente. Tra gli intellettuali risulta che solo Benedetto
Croce rifiutò di riempire il foglio del censimento con cui si chiedeva agli
accademici di dichiarare razza e religione, perché avrebbe avallato le
persecuzioni. Ma esiste anche una lettera a Mussolini, scritta dal sindacato dei
commercianti ambulanti e merciai di Roma, che lo sosteneva nella proibizione
agli ebrei di essere commercianti ambulanti».
Dopo l' 8
settembre '43
cominciano invece le deportazioni.
«Gli
italiani devono scegliere tra la Repubblica di Salò e lo schieramento
antifascista che comprende anche i Savoia. E devono scegliere anche come
comportarsi con gli ebrei. Dietro ogni ebreo che si è salvato c'è un italiano
non ebreo che lo ha aiutato. E viceversa».
Si è molto dibattuto se
Mussolini fosse o meno antisemita.
«Cosa
Mussolini scrivesse nei suoi
diari o dicesse all'autista conta poco rispetto agli atti che compì da
dittatore e capo del governo».
La Shoah in Italia,
Michele Sarfatti, Einaudi, pp. 169, euro 8,50
Testimonianze
I passi delle SS nella memoria di un bambino
di Susanna Nirenstein
«La vita mi ha mostrato i denti all'inizio. Tra le prime immagini del mio album di ricordi c'è l'espulsione da un luogo di villeggiatura al mare, il sequestro della radio, l'allontanamento dalla casa di un compagno di gioco perché ero ebreo, la pagella di scuola dell'anno scolastico '42-'43 con la scritta in rosso "di razza ebraica", il peso di sentirmi diverso». È la storia della persecuzione e della Shoah vista dagli occhi di un bambino ebreo che nel '43 ha sette anni. O, meglio, attraverso i ricordi di Renzo Modiano, raccolti in Di razza ebraica. Perché, come ha scritto Stefan Zweig, «quello che un uomo ha assorbito durante l'infanzia nel proprio sangue, dall'aria del tempo, rimane in lui». Una memoria lieve, che non sprofonda nell'orrore, ma ha a che fare con le piccole, grandi paure di un bambino che si trova, all'indomani dell'occupazione nazista di Roma, a dover fronteggiare frasi terribili e fantasmiche pronunciate dai genitori sulla caccia agli ebrei del dopo l’8 settembre, lo scompaginamento della famiglia che inizia a nascondersi, si divide, in case in campagna, in appartamenti dove non si deve avvertire alcuna presenza, nel buio e nel silenzio. Che vede la fame, e sente i passi delle SS e non li scorderà mai più.
DI
razza ebraica, Renzo Modiano, Libri
Scheiwiller, pp. 122, euro 12,50
Da Il Venerdì di Repubblica, 21 gennaio 2005