l'Unità
«Mai più
un'altra Auschwitz». Il Papa bolla l’antisemitismo e corregge l’Osservatore
di Alceste Santini
Nel gridare ieri al mondo «mai più antisemitismo, mai più
l'arroganza dei nazionalismi, mai più genocidi», Giovanni Paolo Il ha
ammonito: «Dio non voglia che domani si debba piangere su altre Auschwitz di
questi anni». Ha reso omaggio ai «figli del popolo ebraico, di cui il regime
nazista aveva programmato il sistematico sterminio» e che subirono la
drammatica esperienza dell'Olocausto». Corrette alcune ambiguità dell'Osservatore
Romano».
CITTĀ DEL VATICANO. «Mai più l'antisemitismo, mai più
l'arroganza dei nazionalismi, mai più genocidi», ha gridato ieri il Papa all'Angelus
ricordando, di fronte a migliaia di fedeli convenuti in piazza S. Pietro, il
cinquantesimo anniversario della liberazione dei detenuti dal lager nazista di
Auschwitz. E, rivolto alla Comunità internazionale ed ai popoli stessi, dato
che «purtroppo i nostri giorni continuano ad essere segnati da
tanta violenza», con chiaro riferimento ai conflitti in atto nel mondo,
Giovanni Paolo II ha lanciato il seguente monito: «Dio non voglia che domani si
debba piangere su altre Auschwitz di questi anni». Ė, perciò, dovere di
tutti vigilare e, soprattutto, operare perché tali tragedie non abbiano più a
ripetersi ed ha auspicato: «Il terzo millennio inauguri una stagione di pace e di
rispetto reciproco tra i popoli».
«Non dimenticare mai»
La memoria deve, perciò,
servire a non far dimenticare per trarre dal ricordo una grande lezione per
orientare i nostri comportamenti ravvivando ideali di democrazia e di libertà,
nel presente al fine di rendere migliore il futuro. «Ad Auschwitz, che riporta
la nostra memoria a una delle ore più oscure e tragiche della storia, come in
altri campi di concentramento, morirono tanti innocenti, di diverse nazionalità»
ha affermato Papa Wojtyla evocando quelle orribili immagini che sconvolsero il
mondo obbligando tutti ad una riflessione che continua. E, continuando il suo
discorso traspariva dal suo volto severo il richiamo alla sua memoria di altre
immagini di quando, seminarista a Cracovia occupata dai nazisti, fu testimone di
deportazioni verso la località Oswiecim della sua sfortunata Polonia. e della
distruzione del ghetto di Varsavia, dove abitavano tanti suoi giovani amici, da
parte delle SS sotto il comando del SS- Strumbannfuhrer Herman Hoefle. Nel
trasmettere, quindi, ad altri i suoi ricordi, che sono poi quelli entrati ormai
nella storia, ed i suoi sentimenti, Papa Wojtyla ha sottolineato che «ad
Auschwitz, come in altri campi, i figli dei popolo ebraico, di cui il regime
nazista aveva programmato il sistematico sterminio, subirono la drammatica
esperienza dell'Olocausto».
Ed ha subito aggiunto per rendere omaggio a quelle vittime ed al popolo ebraico:
«Fu un oscuramento della ragione, della coscienza, dei cuore» e «il ricordo
di quel trionfo dei male non può non riempirci di profonda amarezza, in
fraterna solidarietà con quanti portano il segno indelebile di quelle tragedie».
Come per dire che quelle ferite non sono state rimarginate non solo, in chi
porta sulla propria carne i segni di quelle inumane sofferenze da far dire allo
scrittore Primo Levi che le subì «Dio, dove eri?», ma in quanti hanno
a cuore il futuro dell'umanità.
Correzione papale
Giovanni Paolo Il ha voluto, così, correggere l'impressione
ambigua lasciata da L’Osservatore Romano di venerdì scorso allorché,
pur ricordando e condannando con il commento dello storico Giorgio Rumi «quella
macchina costruita per la distruzione dell'uomo», aveva finito, nel voler
allargare inopportunamente il discorso, mettere sullo stesso piano «gli orrori
di Auschwitz» ed «i fatti di Katym». Questi ultimi, dove furono uccisi dai
sovietici molti ufficiali polacchi, ed altri simili sono certamente da
condannare. Ma, al loro confronto, i tragici fatti di Auschwitz assumono un
significato unico, tanto che si è parlato giustamente di Olocausto, perché
i nazisti non vollero uccidere un nemico in guerra, ma annientare esseri umani
solo in quanto ebrei, non importa se adulti o bambini, uomini o donne. Fu questa
la «notte della ragione» che permise alla follia di Hitler di compiere un vero
e proprio genocidio con il proposito di sterminare, con metodi scientificamente
organizzati, un intero popolo. Ed è questo il fatto, ancora oggi inquietante e
«simbolo della più profonda vergogna», che con molta forza lo stesso
episcopato tedesco ha voluto, non soltanto condannare con un ampio documento di
revisione storica e molto severo sul piano morale, trasmesso ieri dalla Radio
Vaticana. Con esso i vescovi tedeschi hanno inteso richiamare l'attenzione
di tutto il popolo tedesco e, soprattutto, delle giovani generazioni della nuova
Germania democratica perché sappiano sempre ed in ogni circostanza difendere «i
valori della persona umana, della libertà e della democrazia».
Da l'Unità, 30 gennaio 1995, per gentile concessione