l'Unità
Per un tedesco, per un uomo che in gioventù fece parte della Hitlerjugend, trovarsi di fronte all’orrore di Auschwitz non è certo facile. Non lo è certamente per questo Papa Ratzinger che sa di essere lì a portare una doppia testimonianza, come capo della cristianità e come rappresentante del popolo tedesco. Ratzinger ha voluto chiudere proprio ad Auschwitz il suo viaggio tedesco, un viaggio, si è detto, nel nome di Giovanni Paolo II, il predecessore che Benedetto XVI ha promesso di portare presto agli altari. «Perchè Signore hai taciuto? Perchè hai potuto tollerare tutto questo?». La terribile domanda affiora dalle labbra di Benedetto XVI, ma è un interrogativo destinato a restare aperto. Il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau è la tappa che sigilla il suo viaggio in Polonia. Il podio dal quale parla il Papa tedesco è stato montato davanti al Monumento in memoria delle vittime, poco distante dal forno crematorio numero 2. Un «luogo di orrore» dove «l’umanità ha attraversato una valle oscura» sussurra il Papa. Vi trovarono la morte più di un milione di persone, soprattutto ebrei. «Venivano messi a morte come pecore da macello». Parla della Shoah, perché «il passato non è mai soltanto passato». «Io figlio del popolo tedesco non potevo non venire qui. Dovevo venire qui. Era un dovere di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui come successore di Giovanni Paolo II». Ma Ratzinger inciampa alla fine, di fronte alla questione che da decenni divide la coscienza dei tedeschi: di chi fu la responsabilità. Il Papa tedesco non osa fare il passo che altri tedeschi prima di lui hanno fatto, e si nasconde dietro la responsabilità dei pochi, dei gerarchi hitleriani e discolpa il popolo tedesco dalle responsabilità collettive. «I potentati del terzo Reich», dei «criminali», ingannarono un intero popolo che fu «usato ed abusato come strumento» di «distruzione e di dominio» in nome «di prospettive di grandezza, di recupero dell’onore della nazione e della sua rilevanza» dice Ratzinger e lo fa certamente sapendo che le sue parole apriranno polemiche mai sopite. Dunque la storia terribile dello sterminio nazista fu un affare di pochi. Ma c’è qualcos’altro che non aiuterà a sanare antiche ferite. Quando chiede perdono a tutte le vittime del nazismo, i polacchi, i russi, i rom e quei tedeschi che finirono ad Auschwitz perchè si opposero a Hitler. Non cita gli omosessuali, anch’essi sterminati. Insomma Ratzinger ha chiesto perdono, ma lo ha fatto ribadendo gran parte dei giudizi e dei pregiudizi che per anni hanno contribuito a tenere viva e aperta il vulnus nazista.
l’Unità 29 maggio 2006