l'Unità
di
Franco Giustolisi
Il
Padrone ha impartito i suoi ordini. Vuole subito dal Parlamento (ed è inutile
stargli ha spiegare la differenza tra governo e Camere) tre commissioni di
inchiesta: tangentopoli, telecomserbia, affare Mitrokin. Vendetta? Minacce?
Delirio di onnipotenza? Si vedrà. Ma intanto Berlusconi non sa o fa finta di
non sapere che c'è un'altra Commissione da istituire, questa si sacrosanta, e
che non attiene al contenzioso politico personale di chicchessia. C'è da
svelare una verità e da dare giustizia a chi l'attende da 57 anni.
Quindicimila-ventimila vittime sono il bilancio dei massacri compiuti dai
nazifascisti, e spesso neanche per rappresaglia, durante l'occupazione, negli
anni '43-'45. Bambini, vecchi, donne, uomini senz'armi. I loro familiari, i
concittadini delle tante città, da Sant'Anna di Stazzema, a Barletta, da Roma
(la Storta) a Milano (piazzale Loreto), da Genova (il Turchino) a Carpi
(Fossoli), teatri delle stragi ancora attendono. E noi, tutti noi siamo qua a
chiedere, a volere che il silenzio assordante dell'omertà sia finalmente rotto.
La Commissione giustizia del precedente parlamento, al termine di un'indagine
conoscitiva, avviata grazie all'ex presidente Luciano Violante, il sei marzo ha
così concluso, in un documento votato all'unanimità: "Si tratta di un
tema che merita di essere approfondito nella prossima legislatura al fine di
delineare con maggior precisione gli ambiti di responsabilità degli organi
dello Stato coinvolti. Lo strumento più adeguato per raggiungere tale
obbiettivo è sicuramente l'inchiesta parlamentare ai sensi dell'articolo 82
della Costituzione". Anche il presidente della Repubblica, ricevendo al
Quirinale il "Comitato per la verità e la giustizia sulle stragi
nazifasciste presenti le grandi associazioni, come l'Anpi, l'Anppia, la Fiap e i
rappresentanti di alcuni comuni dove avvennero gli eccidi, ha assicurato il suo
costante interessamento. È chiaro? Si deve finalmente sapere chi dette
l'ordine, e perché, di instaurare quello che ho definito l'Armadio della
Vergogna: dentro occultati, insabbiati, o, meglio, sepolti, 695 fascicoli con
denunce di tremendi reati: eccidi, omicidi, violenze, torture, stupri, rapine.
In quei fascicoli, secondo informazioni che provenivano dalle autorità alleate
o raccolte da quella che allora era la reale Arma dei Carabinieri, erano
contenuti i vari dati attenenti ai singoli casi, comprese le generalità e le
informazioni militari di provenienza degli assassini tedeschi e italiani; i
primi soldati della Wermacht o delle Ss, i secondi delle varie e tristi squadre
della repubblichetta di Salò.' Altre volte nel registro dove venivano annotati
scrupolosamente i vari elementi, alla voce "responsabili" era scritto:
"anonimi" o "ignoti". Ma nell'enorme maggioranza dei casi,
sarebbe stato assai facile, a ridosso degli eventi accertare le identità dei
criminali. In quell'armadio, nascosto nella sede della procura generale
militare, in palazzo Cesi, a Roma, erano tumulati anche i fascicoli della strage
di Cefalonia: 5000 militari italiani massacrati dai tedeschi, dopo che avevano
alzato bandiera bianca. La loro colpa? Non si erano arresi dopo l'otto
settembre. E così a Spalato (oltre 800 vittime), a Rodi, a Coo, a Lero, a
Corcia. Quell'armadio fu scoperto per caso nel 1994 dal procuratore militare di
Roma Antonino Intelisano durante la ricerca di documenti su Erick Priebke. Ne
nacque un'inchiesta da parte del Consiglio della magistratura militare (Cmm),
omologo del Csm. Fu accertato che da lì uscirono, ma soltanto a distanza di una
ventina d'anni, esclusivamente quei fascicoli dove non erano indicate le
generalità dei colpevoli: evidente il trucchetto, egregio Berlusconi? Tutto
questo a causa della Nato e del riarmo dell'esercito tedesco la cui immagine
sarebbe stata fortemente colpita dalle denunce di così numerosi e orrendi
crimini. L'ex ministro della Difesa, il dc Paolo Emilio Taviani che nel 1956,
insieme al suo collega, il liberale Gaetano Martino, ministro degli Esteri,
concordò per evitare il processo ai responsabili della strage di Cefalonia, me
ne ha dato conferma in un'intervista per l'Espresso. Taviani doveva essere
interrogato durante l'indagine conoscitiva Commissione Giustizia della Camera,
ma le sue condizioni di salute e lo scioglimento del Parlamento non lo hanno
consentito. Si doveva e si dovrà accertare chi dette l'ordine ai procuratori
generali militari di farsi esecutori di tanta ignominia. Presumibilmente, stando
ad alcune analisi sulla base della documentazione ritrovata, la responsabilità
primaria dovrebbe risalire ai governi De Gasperi, dal 31 maggio del 1947 in poi,
quando si esaurirono le esperienze delle coalizioni dei Comitati di Liberazione
Nazionale. Erano i tempi della guerra fredda e di quando Giulio Andreotti
esordiva nella carriera politica come sottosegretario alla presidenza del
Consiglio. Durante il convegno sulle stragi nazifasciste e l'Armadio della
vergogna tenutosi a Pietrasanta la settimana scorsa, chi scrive e il sindaco di
Stazzema, Gian Piero Lorenzoni, promotori del "Comitato per la verità e la
giustizia", hanno lanciato un manifesto-proclama per far sì che tutti i
comuni teatro delle stragi si uniscano: "Lottiamo insieme, saremo più
forti... ". Ma le va ricordata ancora una cosa, illustre cavaliere: sa
quanti processi si sono potuti fare dopo che quei fascicoli uscirono
dall'armadio? Tre, solo tre. Quello a carico del capitano delle Ss Theo Saevecke
che il 10 agosto del 1944 ordinò la fucilazione a piazzale Loreto, a Milano, di
15 prigionieri detenuti a San Vittore. A sparare furono gli uomini di un plotone
misto di repubblichini della "E. Muti" e delle brigate nere. I corpi
delle vittime furono lasciate sul piazzale. Nessuno si poteva avvicinare, finché
non intervenne il cardinale Schuster. Saeveke, che nel frattempo aveva fatto
carriera al suo paese, nel '99 è stato condannato all'ergastolo dal tribunale
militare di Torino. Prima di morire tranquillo nel suo letto in patria; pochi
mesi fa, ha inoltrato una richiesta di danni a carico del procuratore militare
di Torino, Pier Paolo Rivello, che aveva sostenuto l'accusa. Nello stesso
periodo è stato condannato all'ergastolo, sempre dal tribunale di Torino, il
"massacratore" di Genova, il maggiore delle Ss Friedrich Engel. Vive
libero, e sinora indisturbato, nella sua Amburgo. Ha 90 anni. Il terzo processo
si è tenuto a Verona: stessa sentenza, ergastolo, a carico di Michael Seifert,
rottenführer (caporalmaggiore) delle Ss, un ucraino addetto alla repressione
nei lager di Fossoli e di Bolzano. È stato riconosciuto colpevole di decine di
omicidi preceduti da torture di ogni tipo. Vive in Canada, ha 76 anni, ne è
stata chiesta l'estradizione, chi sa se verrà concessa. E lei, gentile Padrone,
ci concederà questa inchiesta che, a differenza di quelle che lei vuole, e che
in verità sanno un po' di rancido, è genuina, improrogabile e non dettata da
spinte di parte?
l'Unità - 10 giugno 2001
S.
Anna, solo un tedesco per ricordare "Scusateci
per la strage di Sant'Anna"
Finalmente
ci sarà il processo per il massacro di Sant'Anna di Stazzema. Parlano i
sopravvissuti
Cinquantasette
anni dopo la Germania riconosce le colpe, ma lo Stato italiano non c'è
Lì,
intorno al borgo, tra la piazzetta con la chiesa e i primi alberi del bosco, i
nazisti, ma c'erano anche i loro fratelli fascisti, uccisero 560 volte. Oltre
cento, tra le vittime, erano bambini. La più piccola, Anna, aveva 20 giorni. Ma
ci fu chi, tra quei non uomini, ne cavò fuori una dal ventre della madre. Era
il 12 agosto del 1944. In tanti si erano rifugiati a Sant'Anna di Stazzema in
cerca di pace. Era gente tranquilla, senz'armi, non c'erano partigiani tra loro.
Trovarono un'altro tipo di pace. Cinquantasette anni dopo, questo dodici agosto,
su all'ossario dove sono registrati i nomi dei 391 che poterono essere
identificati, la Germania, finalmente, ha chiesto pubblicamente perdono per
quell'eccidio dovuto, come ricorda un enorme striscione, al sonno della ragione.
Lo ha fatto con le parole di Gerd Pluckebaum, incaricato d'affari
dell'Ambasciata tedesca di Roma. Ma lo Stato, il nostro Stato, l'Italia non
c'era. Nessuno è venuto a chiedere perdono per questi 57 anni dì silenzio, di
tentativo di oblio. Nazisti e fascisti seppellirono i morti, non per pietà,
bensì per non lasciare tracce. Noi, figli della patria della giustizia, la
seppellimmo, la giustizia e la verità. E lo facemmo in modo mirabile cercando
di eliminare ogni traccia, quelle di chi o di coloro che avevano dato l'ordine
e dei servi che avevano eseguito. Soltanto cinquant'anni dopo saltò fuori
l'Armadio della Vergogna. Vi avevano nascosto 2274 fascicoli con le denunce di
altrettanti criminali: stragi, stupri, omicidi, rapine, violenze di ogni tipo:
per 695 erano indicati il nome, il grado, l'appartenenza degli assassini. Questo
si voleva ricordare allo Stato, il nostro Stato, ma lo Stato non c'era, malgrado
fossero stati inviati pressanti messaggi a vari personaggi delle istituzioni.
Non hanno importanza i nomi, a differenza dì quanto fanno i giornalisti di
oggi, è importante raccontare i fatti, non i pettegolezzi di contorno. S'era
scelto Sant'Anna come luogo simbolo - qui c'è stata la più grande strage di
civili insieme a Marabotto, per cui un processo fu pure fatto - anche perché a
Stazzema, il capoluogo, il 28 Settembre dello scorso anno fu costituito il
"Comitato per la verità e la giustizia sulle stragi nazifasciste". Si
voleva, si vuole sapere chi e perché dette l'ordine. Non si conosce ancora il
suo volto e il suo nome, o, forse volti e nomi. Ma è già sicuro che si trattò
di un ordine - destinatario il procuratore generale militare Umberto Borsari -
proveniente da uno dei governi De Gasperi del dopo Cln. Comunisti, socialisti,
azionisti erano usciti dalla maggioranza, c'era la guerra fredda, le alleanze di
un tempo erano saltate. Altre, quelle della Nato diventavano assai più strette
al punto che non si volle turbare il riarmo della Zermacht in funzione anti Urss
con l'apertura dei processi, con conseguente clamore italiano e internazionale,
a carico delle divisioni di Hitler, affiancate dagli scagnozzi di Salò. Ma
quando arrivò quell'ordine? C'è un documento illuminante, venuto alla luce in
quest'ultimo periodo. E' una lettera inviata da un alto funzionario del
ministero degli Esteri, G. Castellani, al suo superiore, il segretario generali
conte Vittorio Zoppi. Castellani racconta che si è incontrato con il
procuratore generale Borsari il quale gli ha riferito che sono pronti ad essere
celebrati "un numero imponente di processi, circa duemila: i relativi
fascicoli dovranno essere avviati alle procure distrettuali di competenza".
Questo ad esplicita conferma di altra documentazione antecedente dove si parla
dell'inizio delle relative istruttorie. La lettera di cui sopra è datata 20
giugno 1947, quindi, perlomeno sino a quella data, non s'era neanche parlato di
possibili affossa-menti: e 22 giorni prima, esattamente il 28 maggio, ovviamente
dello stesso anno, era entrato in funzione il primo governo De Gasperi di centro
destra. C'era sottosegretario Giulio Andreotti, il quale, contrariamente ad una
lettera inviatami il 14 maggio 1999 nella quale sosteneva di non sapere nulla
della questione, ne era invece al corrente come risulta da altro materiale
ritrovato negli archivi del ministero degli Esteri. Non si tratta soltanto, od
esclusivamente, di questioni storiche: sono ancora vivi i figli, i parenti delle
decine di migliaia di vittime - chi dice 15 mila, chi anche di più - che
nazisti e fascisti disseminarono per la penisola, da Matera a Barletta, da
Capistrello a Roccaraso, da Stazzema a Fivizzano, da Fossoli a Bolzano, dal
Turchino a San Paolo d'Enza, da Mirandola a Milano, dalle valli del Piemonte,
dell'Emilia, del Veneto... E siamo ancora vivi noi, concittadini dì quei poveri
morti, uccisi e dimenticati. Già, perché di questa storia, una delle più
drammatiche mai subite da un paese cosiddetto civile, nessuno parla. Pensate,
due anni di crimini, e dire orrendi è poco, tumulati in un armadio, l'Armadio
della Vergogna, nella sede della procura generale militare in via degli
Acquasparta, in Roma. Nessuno, o pochissimi, ne parlano. A Stazzema c'erano due
giornalisti tedeschi e qualche corrispondente locale di quotidiani di zona e
della Tv. Quelli che sul petto inalberano la scritta "inviato
speciale" neanche sapranno di che si tratta, figurarsi se ne hanno mai
scritto. A chi vogliono rendere omaggio? Alle disposizioni dei direttori o alla
tendenza sempre più incalzante, a parte la cronaca immediata, di cercare di
soffocare tutto dando risalto a culi e tette? Sicuramente sarebbero venuti se
fosse arrivato, annunciato come si conviene, un presidente dei due rami del
Parlamento o il sindaco di una grande città o qualche altra figura di rilievo
istituzionale. Ma, si sa, ad agosto anche i politici vanno in ferie, sono stati
tante scuse, tanti mascheramenti: "mi dispiace, impegni internazionali già
presi, sarà senz'altro la prossima volta". Ma ci sarà una prossima volta?
L'importante è aver messo nel carniere la depenalizzazione del falso in
bilancio e le precauzioni pro Berlusconi nelle rogatorie internazionali.
Stazzema? "Ma il 12 agosto sono in partenza con la famiglia per le
vacanze". C'era soltanto la piccola grande Rita Levi Montalcini, neo
senatrice a vita, arrivata a titolo personale. Ha detto che bisogna educare i
giovani, sin da piccoli alla storia. Ma quale storia? Questa è diventata
amnesia di stato. E c'era, commovente nella sua semplicità e solidarietà,
Werner Peterka, sindaco di Frankenau, un piccolo paese dell'Assia. Ma non c'era
lo Stato a cui chiedere conto, a ricordargli quel che è scritto sul grande
registro dove venivano trascritti tutti i fascicoli destinati all'oblio. A
pagina 193, numero d'ordine 1976, erano già annotati, molto più di messo
secolo fa, i nomi dei responsabili. Eccoli, come furono riportati: "Majar -
magg. Ss;
Cremen - ten. Ss; Valmier Alfredo - ten. Ss; Grisi Bruno - ten. Ss; Raman
Alfredo - sold. Ss; Ziller Giuseppe - sold. Ss".
I reati: "Violenza con omicidio, strage, art. 185 c.P.M.G. (codice penale
militare di guerra ndr), incendio e distruzione". Alla colonna "parte
lesa" è stato annotato un nome: "Bertelli Dina ed altri". In
realtà si dovrebbe trattare di Bertelli Disma, come scritto sui muri
dell'ossario: aveva 22 anni. È una dei 21 Bertelli massacrati quel giorno.
Un'annotazione successiva, apposta sul registro quando fu scoperto l'Armadio
della Vergogna, attesta che il fascicolo relativo all'eccidio fu trasmesso alla
procura militare di La Spezia l'otto marzo del 1995. La "pratica", per
la burocrazia si tratta pur sempre di una pratica, fu dapprima sollecitamente
archiviata, poi, a richiesta di parte, riaperta. E lì, giace in attesa di
improbabili risposte della magistratura tedesca che si è vista recapitare
all'improvviso una serie di richieste di informazioni riguardanti fatti della
prima metà del secolo scorso. Anche per questo la partecipazione di un qualcuno
del nostro Stato per chiedergli di intervenire presso gli omologhi tedeschi per
sbloccare qualche situazione sarebbe servito. Andrà detto all'incaricato
d'affari dell'Ambasciata di Germania. Lui non ha avuto esitazioni. Con voce
ferma ha pronunciato il suo intervento: "... oggi con voi commemoro le
donne e gli uomini, le madri, i padri, i bambini, le famiglie intere che furono
uccise. Vi prego, voi superstiti e generazioni seguenti, di accettare le scuse
per i crimini commessi in nome dello stato tedesco". Ma quanto meno
analoghe scuse o ancor più vibranti dato che non c'è maggior delitto di una
denegata giustizia, non debbono pronunciarle i nostri governanti? Finora hanno
fatto orecchie da mercanti all'invito rivolto all'unanimità dalla precedente
Commissione Giustizia della Camera ai loro colleghi attuali per l'istaurazione
di una commissione parlamentare di inchiesta. Forse gli ex fascisti al governo,
o alcuni di loro, non sono poi così ex?
Casa
per casa a rastrellare la gente
ROMA
I nazisti scappavano e dietro, lungo tutta la Penisola, lasciavano stragi
terribili, massacri, case di tortura e sofferenze inenarrabili. I luoghi
dell'orrore sono noti: Caiazzo, Cave Ardeatine, Marzabotto, Matera, Barletta,
Roccaraso, Sant'Anna di Stazzema e tanti, tanti altri paesi sparsi da Sud a
Nord. Ecco, Sant' Anna di Stazzema ha ricordato, proprio a metà agosto, il 57°
anniversario della strage. Un massacro orrendo per punire gli abitanti della
zona e dei dintorni che erano fermamente antifascisti e antinazisti. In
montagna, più su, in alto, centinaia dì giovani, di "renitenti alla
leva", di ex soldati dell'esercito, della marina e dell'aviazione, avevano
deciso di non combattere più per Hitler e Mussolini e si erano armati. Ogni
tanto, attaccavano, assalivano gruppi isolati di tedeschi e fascisti in ritirata
e portavano a termine clamorose azioni militari. Certo, erano pochi e male
armati, ma spendevano il loro coraggio, giorno per giorno, per guadagnare la
libertà. Avevano, comunque, la convinta solidarietà delle popolazioni della
zona che si prodigavano con coraggio e abnegazione per " aiutare quei
ragazzi in montagna". E' proprio questo che suscitava l'odio dei nazisti e
dei fascisti che vollero punire la gente comune, la popolazione dei borghi e
delle case contadine. Così, la mattina del 12 agosto 1944, gli occupanti
risalirono dalle valli e cominciarono i massacri, gli incendi, le fucilazioni.
Nessuno doveva sfuggire e nessuno sfuggì: donne, vecchi, bambini, sfollati che
si erano rifugiati a Sant'Anna perché il paese pareva, apparentemente, lontano
dalla guerra, dalle grandi città, dai bombardamenti e dai rastrellamenti,
strada per strada, che fascisti e nazisti avevano organizzato a Genova, a
Bologna, a Firenze, a Roma. Ma quella mattina di agosto, i tedeschi, sotto la
possente spinta degli alleati, iniziarono il ripiegamento e circondarono
Sant'Anna. Impossibile per chiunque, uscire dal paese. Con metodo e con calma, i
nazisti iniziarono a perquisire casa per casa. Racconta qualche sopravvissuto
che la gente che veniva sospinta per strada non aveva capito bene. Pareva
impossibile che nazisti e fascisti avessero in mente un massacro del genere.
Poi, le mitragliatrici cominciarono a sparare a raffica: erano state piazzate
lungo ogni via di fuga. Fu la strage. I membri di intere famiglie caddero l'uno
sull'altro. Quando qualcuno capiva e rientrava in casa, i nazisti incendiavano
tutto. Così morirono più di cento bambini. La più piccola, Anna ( i vecchi di
Sant'Anna la ricordano tutti) aveva appena venti giorni di vita. Altri militari
presero ad uccidere anche a colpi di baionetta e sventrarono donne incinte e
colpirono persone scampate alle pallottole. I morti furono 560: una strage
incredibile, un massacro abominevole. Il Comune di Stazzema, nel dopoguerra,
ebbe la medaglia d'oro al valore militare per i suoi martiri e per l'eroismo dei
partigiani combattenti. W.S. Nell'eccidio
morirono 560 persone. Oltre cento erano bambini. Quelli del girotondo nella foto
sono tutti morti.
Davanti ai parenti delle stragi c'erano solo Rita Levi Montalcini, due
giornalisti tedeschi e il console.
l'Unità
- 21 agosto 2001
Le
stragi nazifasciste nascoste nell'"Armadio della vergogna"
I
mancati processi ai criminali di guerra italiani e tedeschi. Il ruolo di
Andreotti
di
Franco Giustolisi
ROMA
Hanno tante facce: le stragi nazifasciste. Innanzitutto quelle vittime, decine
di migliaia: i bambini, le donne, i vecchi, gli uomini, qualcuno armato, forse,
del coltello di cucina afferrato all'ultimo momento. E quelle degli assassini
sui cui volti si stagliava nettamente il teschio di morte delle SS. Nonché
quelle degli scherani dell'ultima ora, i disperati di Salò. Poi quelle di tutti
noi, cittadini della Repubblica italiana che attendiamo ancora di sapere come è
perché tutti i fascicoli di quelle stragi furono sotterrati nell'Armadio della
Vergogna. E lì giacciano esattamente da 57 anni. Ma ci sfuggono ancora i tratti
di chi o di coloro che dettero quell'ordine infame. Paolo Emilio Taviani che fu
ministro della Difesa nel 1956 si assunse la corresponsabilità di aver
contribuito all'affossamento dei processi contro i soldati tedeschi responsabili
del massacro di Cefalonia, dove perlomeno 5000 militari italiani furono
sterminati dopo che avevano alzato bandiera bianca. Una decisione che ancora gli
pesava, presa su invito del suo collega Gaetano Martino, liberale. Il motivo:
alla rinascita della Wermacht, necessaria in funzione anti Urss, le rivelazioni
su quello sterminio avrebbero nuociuto pesantemente. Ma Taviani respinge
sdegnosamente la pur lontana ipotesi che lui potesse aver avuto parte nel
seppellimento dei crimini riguardanti i civili. Nell'intervista che mi dettò
per "l'Espresso" del 6 novembre dello scorso anno, si disse anche
disponibile a testimoniare o alla Commissione Giustizia della Camera dei
Deputati o, eventualmente, in sede di Commissione parlamentare d'inchiesta. Ma
non ha fatto in tempo, il male e l'età lo hanno impedito per sempre.
Probabilmente ne ha scritto nelle sue memorie; si vedrà quando verranno
pubblicate. Ma qualcosa mi fece intuire m quel colloquio. Mi parlò di Randolfo
Pacciardi, ministro della Difesa per molti anni, "ferocemente
anticomunista" lo definì, e di Carlo Sforza, ministro degli Esteri, anche
lui repubblicano e di comprovata fede atlantico-americana". Di Alcide De
Gasperi disse. "Era un'antifascista, sarei molto sorpreso se emergesse una
sua responsabilità". Poi toccò a Giulio Andreotti: mi colpì la
determinazione direi quasi la violenza con la quale mi scagliò a voce altissima
quattro parole scandite., "Di lui non parlo". Forse risentimenti
antichi di anziani personaggi, forse dissapori mai sopiti… Chi sa? Ma stavamo
parlando dell'Armadio della Vergogna e quella replica non mi stupì
eccessivamente. La misi in relazione ad una breve lettera che il senatore a vita
Andreotti mi aveva inviato in risposta ad una mia richiesta di intervista quando
era emerso ufficialmente e documentalmente che qualcuno del potere politico
aveva ordinato ai procuratori generali militari di occultare i crimini
nazifascisti. Quella lettera è datata 14 maggio 1999. Dice testualmente:
"Caro Giustolisi, ho letto il documento del Consiglio della Magistratura
Militare che mi hai inviato (vi si conferma il totale insabbiamento dei reati
commessi dai nazifascisti durante l'occupazione, n.d.r.). È una materia di cui
non ho mai avuto occasione di occuparmi e riterrei poco corretto verso l'attuale
ministro se interloquissi (a parte l'approfondimento che sarebbe necessario).
D'altra parte il rapporto tra potere politico-Ministro e Magistratura Militare
è complesso". Così complesso che il procuratore generale militare sino
alla riforma di anni fa era nominato direttamente dal Consiglio dei ministri.
Quindi eseguiva, altro che complessità... Da alcuni documenti che ho potuto
consultare, gli stessi che servirono a suo tempo al Consiglio della Magistratura
Militare per stabilire che era stata fatta una nequizia senza precedenti, potei
accertare senza dubbi un fatto incontestabile: i primi governi del dopoguerra,
non appena ebbero il via dagli alleati, si dettero da fare per mettere su
l'impalcatura necessaria per portare avanti tante istruttorie e altrettanti
processi (gli unici celebrati, come si sa, furono quelli per i massacri di
Marzabotto e delle Ardeatine). Ci sono verbali che attestano come, ad appena un
mese dal suo insediamento, il governo Parri, il governo del Cln, promosse
riunioni, cui era regolarmente presente il Procuratore Borsari, nonché
rappresentanti della presidenza del Consiglio, dei ministeri degli Esteri, della
Giustizia, della Guerra, come allora si chiamava, eccetera. Si stabili di fare
in modo che tutte le denunce confluissero alla procura generale che a sua volta,
poi, avrebbe provveduto a smistarle alle varie procure giurisdizionali,
competenti per territorio. L'unico ad opporsi fu il rappresentate del ministero
di Grazia e Giustizia, di cui era allora titolare Palmiro Togliatti. Con
singolare preveggenza fu sollevata l'obiezione, che tuttavia rientrò
successivamente, che era meglio affidarsi alla magistratura ordinaria. Ci furono
altre riunioni, Borsari scriveva sollecitando fondi e personale ("bisogna
tradurre molti atti dall'inglese"": in breve nessuno ebbe mai
l'ardire, o da quelle carte nulla emerge in questo senso, di sostenere che quei
crimini non andassero perseguiti. Anzi. Poi c'è, un vuoto: non si sa cosa i
successivi governi avessero deciso al riguardo. Ma si può presumere che nulla
fosse cambiato dato che le coalizioni sino al maggio del '47 furono le stesse
dei governi precedenti. È allora che comunisti, socialisti, azionisti escono
dalla maggioranza: incalza la guerra fredda. E che nulla fosse stato
precedentemente modificato lo dimostra una lettera che un alto funzionario del
ministero degli Esteri invia al suo diretto superiore, il conte Vittorio Zoppi,
segretario generale di palazzo Chigi (dove in quegli anni aveva sede quel
ministero, mentre la presidenza del Consiglio risiedeva al Viminale, dove ora c'è
il ministro degli Interni). Castellani riferiva di un suo incontro con "Sua
Eccellenza" Borsari: "Il procuratore generale militare, S. E. Borsari
per quanto riguarda i processi di criminali di guerra tedeschi (e anche
fascisti, n.d.r.) da parte dei Tribunali Militari Italiani mi ha fatto presente
che è stato deciso di celebrarli presso i singoli Tribunali Territoriali… si
tratta di un numero imponente di processi, circa 2000... ". Per inciso:
questo "circa 2000" corrisponde ai fascicoli poi sotterrati
nell'Armadio della Vergogna, 695 con nomi degli assassini, altri 1619 con la
dicitura "responsabili anonimi". La lettera dì Castellani ha una data
significativa ai fini delle responsabilità: 20 giugno 1947. I governi del Cln
sono ormai alle spalle, il potere politico è nelle mani del centrodestra
esattamente dal 28 maggio. Primo ministro è Alcide De Gasperi, sottosegretario
alla presidenza del Consiglio è... vogliamo lanciare un indovinello? Un soldo a
chi azzecca per primo il nome? Il sottosegretario è Giulio Andreotti. Qualcuno
obietterà subito: ma lui aveva la delega allo Spettacolo. Dello spettacolo
Andreotti si è sicuramente occupato, ma anche di altre cose di cui, forse una
volta nella sua vita, ha commesso la leggerezza di mettere per iscritto. C'è
un'altra lettera a rilevarlo. Come la precedente è stata trovata assai
recentemente dagli storici Filippo Focardi e Lutz Hlinkhnmer e pubblicata su
"Contemporanea" la rivista del Mulino. Eccola: "Repubblica
Italiana, Presidenza del Consiglio dei ministri, Gabinetto, N. 10599.7/15.2 Di
Prot. Roma, 16 febbraio 1948, riferimento ai foglio n. 2888 del 25.2.48.
Oggetto: presunti criminali di guerra italiani. Il Presidente del Consiglio dei
ministri concorda sulle conclusioni raggiunte dalla Commissione
interministeriale riunitasi presso il ministero degli Affari esteri il 5.1. u.s.
in merito al seguito da dare alle richieste jugoslave di consegna di presunti
criminali di guerra italiani. Il sottosegretario di Stato, f. t. Andreotti".
A parte un evidente errore nelle date il riferimento, evidentemente del gennaio
1948, è una lunga relazione del suddetto segretario generale Zoppi. Vi si parla
dei criminali di guerra italiani, come Roatta, Robotti, Bastianini, e tanti
altri richiesti dalla Jugoslavia e da altri paesi; non gli fu torto un capello o
perché riuscivano a fuggire, o meglio, furono fatti fuggire, come Roatta, o non
vennero neanche importunati con una semplice citazione. E questa è un'altra
vergogna. Ma nel promemoria di Zoppi è contenuto anche un riferimento esplicito
ai crimini commessi in Italia durante l'occupazione tedesca. Al punto d) è
scritto: "I processi contro i presunti criminali di guerra italiani si
svolgerebbero, se fatti ora, contemporaneamente a quelli contro i presunti
criminali tedeschi da parte dei tribunali militari italiani. E poiché le accuse
che noi facciamo ai tedeschi sono analoghe a quelle che gli jugoslavi muovono
contro gli imputati italiani, si creerebbe una situazione alquanto imbarazzante
sia per i nostri tribunali, sia per i riflessi internazionali, che l'andamento
dei processi potrebbe comportare". Al grido dì "nessuno tocchi i
nostri criminali", ecco che i criminali di tutti i paesi si salvano. A
parte questo, dato che non possiamo neanche pensare che l'allora giovane
Andreotti firmasse lettere senza sapere cosa riguardassero, si può trarre
un'unica conclusione. il senatore a vita sa benissimo cos'è quello che poi è
stato definito l'Armadio della Vergogna? Perché non ce ne parla o non ne parla,
magari ad un convegno di Comunione e Liberazione? O meglio ancora, visto che ora
fa parte della maggioranza, perché non propone l'instaurazione di una
commissione parlamentare d'inchiesta? Si guardi la foto pubblicata dall'Unità
il 21 agosto. È stata lanciata come cartolina il 12 agosto, in occasione del 57°
anniversario della strage di Sant'Anna di Stazzema. Ritrae bambini che fanno il
girotondo sul finire dell'anno scolastico '43-'44. Furono tutti uccisi poche
settimane dopo, qualcuno proprio là dove intrecciava per gioco le sue manine
con quelle dei compagni. È giusto che tutti tacciano? Che fingano di non
sapere?
l'Unità
- 1 ottobre 2001