l'Unità
Se
avessero vinto loro
di Furio Colombo
Se avessero vinto loro? Loro sono anche le brave persone che pensavano di combattere per l’onore dell’Italia. Loro sono anche i ragazzi che per l’avventuroso entusiasmo dell’età o per la disinformazione profonda o per l’indottrinamento subito si sono arruolati adolescenti o bambini nelle formazioni fasciste. Loro sono coloro a cui hanno messo in mano un’arma per uccidere i partigiani, detti “banditi” e condannati sempre alla pena di morte. Loro erano gli addetti ad arrestare gli ebrei - definiti per legge nemici - da consegnare da fedeli alleati ai tedeschi. Queste consegne sono sempre avvenute. Sono innumerevoli le testimonianze in proposito. Basti per tutti “Il libro della Memoria” di Liliana Picciotto Fargion, e “L’Olocausto italiano” di Susan Zuccotti, con i nomi, i luoghi, le circostanze di una fervida attività di rastrellamento e consegna degli ebrei italiani da parte di fascisti italiani. A Milano, se entrate al pian terreno dell’immensa Stazione centrale, sul lato destro che si affaccia su Piazza Luigi di Savoia, vi fanno vedere il binario, tuttora intatto, tuttora collegato con Auschwitz, dal quale partivano i treni stipati di ebrei italiani. Tutto il servizio di arresto, raccolta, imprigionamento a San Vittore, attesa, trasporto in quel lato della Stazione, le lunghe file di adulti e bambini nella notte e nel gelo, la spinta dentro i vagoni, l’accurato lavoro di sigillare le porte dei vagoni-bestiame, era tutto italiano. Italiano di Salò. Italiano della Repubblica Sociale Italiana. Italiano a cura di coloro che avevano deciso di restare fedeli alleati dei nazisti e della loro macchina mortale. Certo, molti non sapevano dove finiva quel binario. Molti potevano essere avvolti in una disorientante cecità selettiva che non permetteva loro di vedere e capire a quale mondo stavano dando una mano, e verso quale futuro essi stessi stavano andando. Per questo diciamo: tutti sono cittadini a pieno titolo nel mondo della libertà. Ma quel mondo non ci sarebbe mai stato se avessero vinto loro. Loro e Hitler, loro e le camere a gas, loro e i forni di Auschwitz, loro e i morti impiccati ai lampioni di via Cernaia a Torino, loro e le stragi di Marzabotto e di Sant’Anna di Stazzema, loro e i torturatori di via Tasso, loro che consegnavano gli arrestati al comando germanico all’Hotel Regina di Milano. Il rispetto per ogni libero essere umano, compresi coloro che si erano avviati sulla strada di un mondo fondato sui campi di sterminio, è un dovere di tutti, e un diritto di cui ciascuno è titolare, nel mondo della libertà. Chi quel mondo di sterminio lo ha difeso fino all’ultimo, può dire che non sapeva e può persino essere creduto. Ma non deve dire di non sapere, oggi, di avere lavorato per Auschwitz, di avere dato forze e giovinezza a un universo di discriminazione, di sterminio, di morte. Adesso lo sappiamo, lo sanno anche coloro che hanno agito dentro la nebbia dell’indottrinamento di quella terribile fede di morte. Adesso coloro che erano fascisti sanno che anch’essi sono stati liberati il 25 aprile. Sanno che il 25 aprile è già una festa di riconciliazione perché ha salvato tanti giovani fascisti dal destino tremendo di continuare a fornire di corpi umani ai campi di sterminio, di servire da guarnigione per le prigioni e i centri di tortura, e per occupare col terrore i Paesi d’Europa. È vero, i giovani fascisti di allora devono essere grati agli Americani, agli Inglesi, alla loro invasione di libertà. E dovrebbero non dimenticare 23 milioni di morti russi che hanno fatto da barriera, con i loro corpi alla vittoria nazista. Però dedichino in questa giornata un pensiero anche ai partigiani che alcuni di essi hanno, in nome di un confuso onore dell’Italia, ucciso o tentato di uccidere. La loro lotta per tre inverni indicibili sulle montagne, per le strade dei nostri paesi e delle nostre città ha ridato a tutti gli italiani il vero onore che segna la nostra storia: quello di non essere dalla parte dei forni crematori, quello di non essere dalla parte di Auschwitz. Se loro sanno, se lo capiscono (e non possono dire di non saperlo) allora potremo dire che siamo insieme in questo giorno di festa perché questa è la festa degli italiani liberi. E gli italiani, tutti, compresi i ferventi nostalgici, coloro che vorrebbero farci ricordare altre cose pur di non parlare della nostra liberazione italiana, dovrebbero riconoscere il 25 aprile come il giorno dello scampato pericolo. È il no definitivo della storia alla vita sotto il fascismo.
Da l'Unità, 25 aprile 2005, per gentile concessione