l'Unità

La furia delle SS contro aborto e omosex
di d.v

Creare un dipartimento speciale per combattere l'aborto e l'omosessualità: diventò una parola d'ordine, fu il passo fermo dei nazisti compiuto nella direzione dello sterminio degli omosessuali. Fu preceduto dalla notte dei lunghi coltelli. Il 30 giugno del 1934 in Germania le SS di Himmler massacrarono le SA, le truppe d'assalto, e arrestarono il loro capo Ernst Rohm, la più potente personalità della Germania nazista dopo Hitler. Rhom e molti dei suoi erano omosessuali. Il 26 ottobre il capitano delle SS Joseph Meisinger creò la «Sezione SD II-S», il dipartimento speciale per combattere l'aborto e l'omosessualità. Il principio a monte è tassativo: le donne devono fare figli di razza ariana da dare al Fuhrer, i maschi devono accoppiarsi con loro e basta, la riproduzione umana deve essere normata e obbedire al criterio della purezza. «L'abbraccio fraterno» tra uomini è da combattere furiosamente, nonchè quello amoroso tra donne. Cominciò così in Germania la persecuzione efferata contro gli omosessuali. Il 28 giugno del 1935 l'invasione dello Stato si spinge oltre ogni confine possibile, si apposta nelle menti dei perseguitati. Il paragrafo 175, che riprende l'ostracismo secolare ai danni degli omosessuali e che assume questo nome nel secondo Reich con Bismark, viene integrato da Hitler. Il paragrafo 175/A firmato dal fuhrer arrivò a sanzionare perfino le «fantasie omosessuali»: sogni, pensieri, desideri, baci, abbracci, carezze, affettuosità. A fare la cronaca dettagliata dello scempio, risalendo alle cause, snocciolando i pochi dati che si hanno sulle vittime, restituendoci i profili di tanti protagonisti della scena nazista e delle loro attrazioni omoerotiche, è il libro «Homocaust» di Massimo Consoli, Kaos edizioni. Dettagliatissimo e leggibile d'un fiato, nei giorni successivi alla sua pubblicazione (1984) fece ottenere a Consoli una lettera di congratulazioni firmata da Simon Wiesenthal. Resta il principale testo di riferimento sulla persecuzione nazista degli omosessuali. E, nel leggerlo oggi, allarma l'importanza riconosciuta dalla ricostruzione storica ad alcuni elementi fondamentali: la dittatura che sancisce il suo dominio regolando i rapporti sessuali e affettivi tra gli esseri umani a cominciare dalla riproduzione; l'invasione del «pensiero medico» che prescrive ciò che è buono in quanto sano, e indica ciò che non merita futuro; il potere politico che usa e rafforza alcuni stereotipi secolari come arma per distruggere gli oppositori. L'Italia che ha visto in questi giorni il varo di una legge altamente discriminatoria qual è quella sulla procreazione medicalmente assistita ha di che riflettere confrontando ieri e oggi. La persecuzione degli omosessuali fu ideologicamente supportata dall'affermarsi della tesi della degenerazione, teorizzata da medici francesi tra la fine dell'ottocento e il 1900, quando avevano ottenuto il potere politico occupando un terzo degli scranni della Camera dei Deputati. Dal XVII secolo il loro ruolo sociale era aumentato vistosamente. Interrogati ad esprimere pareri professionali su casi di sodomia e di travestitismo, si spingevano a monopolizzare una visione scientifica dell'omosessualità. Tra loro, Augustin Morel dava per scontata l'esistenza di un Adamo perfetto che in seguito a un processo di corruzione (La Caduta) continuava a perpetuare se stesso in razze sane, attraversate da linee genetiche «degenerate», mentre Ambroise Tardieu si convinse di avere isolato la prova anatomica: il degenerato pederasta attivo aveva il pene che si restringeva all'estremità simile a quello di un cane. Il nazismo fece sue tali radici ideali, attraverso l'opera di Rudolf Klare, esperto del Nsdap (il partito nazista) per la questione omosessuale. Nel libro «Omosessualità e diritto penale» commissionatogli da Himmler, vero direttore d'orchestra della persecuzione, indicò l'obiettivo sociale di una «purificazione perfetta» perseguita attraverso lo sterminio fisico degli omosessuali: «I degenerati devono essere eliminati per salvaguardare la purezza della razza». Sua l'idea di una «prigione forzata» per le lesbiche. Sul finire del ‘33 una prima ondata di gay arrivò al campo di Fuhlsbuttel. In seguito fu accordato a Himmler l'uso di particolari categorie di prigionieri da eliminare attraverso il lavoro forzato, secondo il concetto di sterminio attraverso il lavoro, metodo rapido e utile per il Terzo Reich. Gli omosessuali saranno i destinatari privilegiati di questo trattamento. Delle donne non si sa molto, a differenza dei gay, contrassegnati col triangolo rosa (o rosso, nei campi in cui la Gestapo era più presente), spesso le lesbiche, come gli «asociali», erano obbligate a portare il triangolo nero. La persecuzione ai loro danni era oggetto meno privilegiato dalla propaganda, che preferiva lavorare sul rovescio della medaglia, cioè insistendo sull'obbligo sociale di procreare. Della loro vita nei campi di sterminio abbiamo qualche testimonianza. Anja Lundholm, che fu internata, descrive alcune lesbiche nei campi di concentramento. Descrive le inseparabili Claire e Cilly. «La più anziana cercò sempre di riprendere i lavori pesanti della più debole Cilly. Un giorno Cilly non ce la fa più, cade al suolo e viene azzannata da due cani. Muore. “Però il suo volto, dopo che Claire le chiuse gli occhi, era sorridente e in pace”. Dopo quella notte Claire non parlò più ed una settimana dopo morì suicida correndo contro la recinzione elettrica. “Il nostro gruppo non fu più lo stesso, dopo che le inseparabili se ne furono andate”» (vedi rassegna stampa di http://www.fuorispazio.net,/ Lesbiche e Nazionalsocialismo, estratto da un articolo di Cora Mohr e Doris Seekamp/marzo 2000). Dal ‘34 in poi ci fu, dunque, un'escalation di efferatezza che agli inizi del nazismo non era prevedibile. Dice Consoli: «Impressionati dall'immagine orrenda del nazismo, spesso non ricordiamo che nacque come forza libertaria. Le SA, ad esempio erano soprannominate le "bistecche", nere fuori e rosse dentro. E Hitler all'inizio aveva promesso tutto a tutti, così, soprattutto nella prima fase, lo sguardo non punitivo verso gli omosex fu recepito con simpatia. Anche perché molti omosessuali, sia di destra che di sinistra, erano coinvolti nel nazismo, e va detto che i libertari superavano i reazionari. Il nazismo si presentò come partito moderno, i cui dirigenti erano giovanissimi, Hitler stesso era il più giovane leader sulla scena mondiale. Molti gay rimasero intrappolati da questa immagine, e quando il nazismo svelò il suo vero volto non riuscirono a tirarsi fuori. Il problema nacque quando Hitler dovette liberarsi delle SA». Le SA erano le Squadre d'Assalto (Sturm Abteilungen) che avevano sostenuto Hitler nella scalata al potere, i cui effettivi Rhom aveva portato dal 1930 a cifre straoridinarie, aiutato dal numero crescente di giovani tedeschi disoccupati, rancorosi, frustrati e alla ricerca di un qualche riscatto. Ma Rhom e i suoi furono eliminati per le intenzioni «troppo rivoluzionarie»: le SA erano arrivate a quattro milioni e mezzo di volontari, volevano sostituirsi all'esercito e proseguire la rivoluzione. Furono ridotte al silenzio perché «omosessuali». «Hitler - sostiene Consoli - non odiava gli omosessuali. E ci sono evidenti tracce di una sua attrazione verso gli uomini. Fu Himmler la mente sterminatrice dei gay». Himmler si prefisse di curare gli omosessuali ricorrendo a contiguità con le prostitute, lavori forzati «virili» che li ammazzavano e interventi di castrazione, con conseguente immissione di un glande artificiale e cura ormonale. Quando si accorse che morivano piuttosto che «guarire», decise per lo sterminio, e fece fucilare a Dachau anche il nipote, Hans Himmler, luogotenente SS e omosessuale. Dalla notte dei lunghi coltelli la persecuzione iniziò a mietere vittime in numero esponenziale, ma non si hanno dati precisi. Le statistiche ufficiali della Gestapo fino al primo semestre del 40 parlano di circa 40mila omosessuali condannati. Himmler agli inizi della guerra vantava di avere sterminato un milione di gay. In occasione delle commemorazioni, quando gli omosessuali hanno mostrato di voler deporre corone di fiori in ricordo delle vittime, spesso sono stati allontanati. Questo succedeva fino alla fine degli anni Ottanta. Pochissime sono le testimonianze dei sopravvissuti, tacciono perché il pregiudizio omosessuale non è finito con la fine del nazismo. Non vi pare?

Da l'Unità, 17 dicembre 2003, per gentile concessione

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