l'Unità
Ma An non ha
chiuso i conti con il passato
di Umberto De
Giovannangeli
«So che l’onorevole Fini intende recarsi al Mausoleo dell’Olocausto di Yad Vashem nel suo prossimo viaggio in Israele. Credo che sarà un’occasione utile per fargli capire meglio il passato e per aiutarlo a elaborare una linea nuova per l’avvenire». Lo «storico viaggio» in Israele del vice presidente del Consiglio italiano e leader di Alleanza Nazionale, analizzato da un osservatore d’eccezione: il professor Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei). E sarà proprio Luzzatto ad accompagnare Gianfranco Fini nella visita più significativa, e non solo sul piano simbolico, del suo viaggio in Israele: la visita allo Yad Vashem, il memoriale della Shoah a Gerusalemme: «A chiedermelo - spiega il presidente dell’Ucei - è stato l’ambasciatore israeliano (Ehud Gol) e io ho accettato a due condizioni: che fosse ben chiaro l’aspetto istituzionale della visita di Fini e che io potessi parlare, e questo perché Yad Vashem rappresenta una occasione per ricordargli del suo procedere verso una destra costituzionale e le responsabilità che hanno avuto nella Shoah non solo i nazisti tedeschi ma tutti coloro che con essi hanno collaborato».
Lo «storico viaggio» di Gianfranco Fini in Israele è ormai solo questione di giorni. Qual è, professor Luzzatto, il suo giudizio su questo evento?
«Ritengo si tratti di una visita istituzionale compiuta dal vice presidente del Consiglio italiano in un Paese con cui esistono corretti rapporti diplomatici e politici. Questa visita è stata preannunciata da molto tempo, non ci vedo niente di eccezionale e tutto quello che riguarda ipotetici significati, reconditi o manifestati, tutto ciò è materia abbastanza fantastica su cui non credo valga la pena esercitarsi. So peraltro che l’onorevole Fini si recherà a visitare il Mausoleo dell’Olocausto. Apprezzo questa decisione perché ritengo che possa essere un’occasione utile per fargli capire meglio il passato e per aiutarlo a elaborare una linea nuova per l’avvenire».
Scrive il quotidiano «Ha’aretz»: «Fini dovrà provare che l’Italia del 2003 è matura per accettare la responsabilità collettiva per i crimini del fascismo». Condivide questa affermazione?
«Alcuni Paesi d’Europa questi problemi l’hanno già affrontati. La Germania, in modo particolare, ha dimostrato una grande volontà di fare i conti fino in fondo con il passato e con i suoi residui nel presente. In questa severa e coraggiosa rivisitazione del passato, la Germania ha dato prova di essere intransigente nella sua difesa culturale e politica della democrazia e della legalità...».
E in Italia?
«In Italia per molto tempo si è tentato di sorvolare su questi problemi attenuando le responsabilità del fascismo e cercando di attribuire i maggiori misfatti razzistici e antisemiti ai soliti nazisti tedeschi, dimenticando la collaborazione attiva della Repubblica di Salò anche nelle persecuzioni contro gli ebrei. Può darsi che la visita in Israele dell’onorevole Fini possa segnare, direttamente o indirettamente, una svolta in questo senso. Me lo auguro di tutto cuore, ma mantengo delle riserve in proposito».
Il leader di Alleanza Nazionale si è mostrato particolarmente comprensivo verso scelte compiute dal governo di Ariel Sharon; scelte, come la realizzazione del «Muro» in Cisgiordania, hanno invece suscitato polemiche e critiche dentro e fuori Israele. Le chiedo: essere veri amici d’Israele significa avallare ogni scelta compiuta dal governo di Gerusalemme?
«Durante il nostro faccia a faccia a Repubblica, ho rivolto una domanda all’onorevole Fini che non ha trovato spazio nel resoconto. Avevo chiesto al vice presidente del Consiglio se era a conoscenza dei contenuti del cosiddetto Accordo di Ginevra. Dopo una breve pausa, il vice premier ha risposto che conosce quell’Accordo e che lo ritiene un fatto interessante ma che come membro di governo può solo intrattenere rapporti con governi in carica. Il che mi fa pensare che un qualche segnale positivo verso questa importante iniziativa di pace, l’onorevole Fini l’abbia comunque voluto inviare, anche se più di tanto non poteva concedere. Per quanto mi riguarda, gli ho “messo tra i piedi Ginevra”, e vedremo di favorire un contatto tra il vice presidente del Consiglio e i promotori dell’Accordo. I doveri istituzionali non dovrebbero essere così rigidi da impedirgli di sostenere quei lodevoli sforzi volti a porre fine al conflitto israelo-palestinese. Quel “Patto per la pace” non va lasciato cadere nel vuoto».
Gianfranco Fini ha ripetuto che il cammino di revisione critica con il passato è stato portato a termine. Lo stesso si può dire per l’insieme di An?
«Ritengo
che l’onorevole Fini abbia compiuto un grande percorso, anche se non lo
riterrei del tutto compiuto, ma lo stesso non si può sostenere per l’insieme
del suo partito. An non ha ancora consumato compiutamente la sua rottura con il
passato».
Con quale spirito si appresta ad accompagnare il vice premier nella visita allo Yad Vashem?
«Si tratta di
un’occasione importante, per molti versi irripetibile, per fare, senza alcuna
riabilitazione del fascismo, una riflessione sull’immane catastrofe dello
sterminio degli ebrei europei».
Da l'Unità, 8 novembre 2003, per gentile concessione