l'Unità
Fascismo: i
numeri della morte
di Michele Sarfatti
Credo
sia opportuno tornare sui numeri delle vittime italiane della Shoah, dato che su
l’Unità di ieri le esigenze di spazio hanno compresso i dati da me riferiti.
Dunque, la terza edizione 2002 del «Libro della Memoria» di Liliana Picciotto
riporta i dati riepilogativi dei responsabili degli arresti di ebrei italiani.
Lasciando da parte tutti quei casi per i quali non è stato possibile giungere
ad informazioni precise, è accertato che, dei 7.800 ebrei deportati, 2.444
furono arrestati da tedeschi, 1.951 da italiani, 332 da italiani con tedeschi.
Inoltre, dei 322 ebrei uccisi in Italia, 102 furono arrestati da tedeschi, 33 da
italiani, 10 da italiani con tedeschi. Sono dati che pesano, per le famiglie
delle vittime, per l’ebraismo italiano, per la storia italiana, per la nostra
identità nazionale. Si dirà: ma gli arrestatori
italiani non sapevano di Auschwitz. Beh, in tal caso gli italiani soccorritori,
gli italiani non ebrei che nascosero gli italiani ebrei rischiando la propria
stessa vita, cosa sapevano? Perché agirono così? Erano forse degli imbecilli?
O invece erano delle persone che, pur ignorando l’esistenza delle camere a
gas, sapevano che il destino degli arrestati era ormai la morte? Questo Paese e
chi lo rappresenta si decida: se gli arrestatori italiani erano innocenti, i
soccorritori italiani non possono essere definiti «giusti». In realtà i
documenti (non quindi le chiacchiere) dell’epoca testimoniano che già prima
dell’8 settembre sia nel governo fascista regio, sia tra la popolazione,
circolavano notizie concrete sullo sterminio in atto nel resto del continente. Si dirà: non tutti gli arrestatori sapevano, non tutti
conoscevano il destino finale. Sì, concordo. La conoscenza era certamente più
precisa via via che si risaliva la scala gerarchica. A capo della quale vi era
Mussolini. L’italiano Mussolini. Il Mussolini che avrebbe agito per
patriottismo. E che proprio per questo a metà novembre 1943 stabilì
pubblicamente che gli ebrei italiani erano «stranieri» e per di più «nemici».
Così, arrestare ebrei non voleva più dire arrestare «italiani». In questo
senso, è vero che, dal suo punto di vista, il Mussolini che ordinò gli arresti
rimase patriota. Come è vero che, dal punto di vista dei veri italiani di oggi,
fu un antipatriota. E comunque è evidente che fu uno sporco assassino. Si
dirà: ma i documenti sinora ritrovati testimoniano solo che vi fu un ordine
italiano di arresto e internamento degli ebrei, mentre non esiste un documento
che testimoni l’ordine di consegna ai deportatori tedeschi. È vero, tale
documento non esiste; e di ciò si vantano oggi (non sessanta anni fa!) i «ragazzi
di Salò» ancora fascistacci. Ma la storia di quei tempi ci dice altre cose,
utili a sciogliere questa impasse documentaria. Primo: non esiste il documento
scritto dell’ordine di Hitler (quello concernente lo sterminio paneuropeo); a
rigor di logica, gli assolutori di Mussolini dovrebbero assolvere anche il suo
collega, e ne deriverebbe che circa sei milioni di ebrei europei avrebbero
deciso di suicidarsi collettivamente. Secondo: gli archivi conservano molte
proteste inviate dalla Repubblica Sociale Italiana al Terzo Reich su vari
argomenti, compresa la richiesta di restituzione dei beni ebraici razziati e
incamerati direttamente dai tedeschi; ebbene nessuno storico ha reperito una
carta con scritto qualcosa tipo «Caro Adolfo, potresti cortesemente non
deportare e comunque non sterminare questi poveri ebrei della mia Italia.
Grazie, tuo Benito». Terzo: il campo di Fossoli funzionava a fisarmonica; gli
arrestatori italiani lo riempivano di ebrei, i deportatori tedeschi lo
svuotavano periodicamente, gli arrestatori italiani lo riempivano di nuovo,
eccetera. Per amore degli ebrei uccisi, dell’umanità, della nostra storia,
della nostra identità nazionale, chiediamoci: perché diavolo i fascisti
continuavano a riempire Fossoli?
Da l'Unità, 13 settembre 2003, per gentile concessione