Triangolo rosso
Le nostre storie
MARIO RONCORONI LE AVEVA RICHIESTE NELL’AUTUNNO DEL 1945
La Svizzera restituirà le scarpe (gialle) all’ex internato italiano
di Franco Giannantoni
Quando Mario Roncoroni prese la strada della Svizzera per evitare i bandi di Salò aveva appena compiuto 18 anni. Abitava con la famiglia a Terrazzano di Rho in via Cristoforo Colombo 1. Preparò probabilmente in fretta e furia una valigia, la riempì di povere cose, un golf, una camicia, qualche fazzoletto, il rasoio per la barba, e poi via in una corsa disperata, prima in treno, poi a piedi, fra strade e boscaglia, sino alla meta. Era il 17 settembre 1943. Il passaggio clandestino avvenne al valico di Chiasso confuso nella fiumana delle migliaia di italiani, civili e militari (a conti fatti saranno 45 mila), che presero d’assalto la Confederazione elvetica dalla parte del confine meridionale fra il Piemonte e la Lombardia. Lugano e Bellinzona furono come per tutti gli esuli le prime tappe. Il governo locale accolse con generosità, pur tra mille problemi organizzativi, questi disperati. Occorreva dare loro una prima sistemazione, verificare lo stato di salute, allestire strutture d’accoglienza sufficienti, offrire col tempo, se possibile, un piccolo lavoro retribuito con qualche franco per non cancellare del tutto dignità e speranze di persone che erano state costrette a un distacco traumatico dal proprio Paese e dagli affetti familiari. Una storia, verrebbe da dire a questo punto, come tante altre, di cui c’è una sterminata traccia nella storiografia contemporanea a cominciare da Terra d’asilo, l’opera di Renata Broggini in cui si fa il primo completo bilancio di questo esodo biblico supportato dalla disponibilità degli archivi federali di Berna e di quelli cantonali che sono in perfetto ordine e consentono di ricostruire la memoria in modo completo. Per Roncoroni le cose non finirono con il ritorno a casa. Nella sua storia c’è qualcosa di particolare. Un piccolo segno di difformità ma, se si riflette un po’, anche il marchio eloquente di quelle che furono le conseguenze della guerra. Il sapore dei beni primari. La impellente necessità della “roba” anche la più comune per riprendere il cammino della vita. Un paio di scarpe.
8 settembre del ’43: varca la frontiera
Di scarpe basse e gialle. Di scarpe rattoppate. Roncoroni le ha lasciate da sistemare in Svizzera e ne ha bisogno. Urgente bisogno. Il marginale eppur emozionante e sbalorditivo “giallo delle scarpe” esce fuori da uno stringato e ingiallito scambio di corrispondenza ritrovato fra le carte private degli eredi di Alfredo Brusa Pasquè, storico antifascista socialista, amico di Pertini, Treves, Turati, Buozzi, Greppi, Roncari, Gasparotto (Luigi, il padre, Poldo, il figlio) e di tanti illustri italiani che gettarono le basi della nuova Italia. Cominciamo il racconto dal momento in cui Roncoroni dopo l’8 settembre varca la frontiera. Le notizie sono pochissime per non dire nulle. Ci soccorre in parte il Registro federale segnalandoci che il giovane milanese, dopo il periodo obbligatorio della “quarantena”, presumibilmente nel tetro Castello di Unterwalden che sovrasta Bellinzona, fu inviato il 29 novembre 1943 nel campo di Le Sentier, un campo d’accoglienza per civili come tanti altri, ospitale come poteva essere quell’assieme di baracche di legno tirate su in fretta per rispondere agli appelli dei bisognosi. Non sappiamo come se la sia passata Roncoroni dall’autunno del ’43 all’aprile del ‘45 mentre in Italia la Repubblica di Mussolini lasciava il segno della sua follia a fianco dei tedeschi. Avrà fatto il boscaiolo o sarà stato utilizzato come capitava in genere nei lavori civili, sistemazione di strade, di acquedotti, ferrovie, rete elettrica. Sappiamo invece che nell’autunno del ‘45 rientra in Italia dopo che le Autorità Alleate di Roma hanno concesso al governo di Berna il nulla-osta per la sua partenza. Gli anglo-americani infatti (è poco noto) controllavano gli italiani in partenza dalla Svizzera per evitare eventuali infiltrazioni fasciste. Arrivato a casa Roncoroni si era ritrovato povero in canna. Una condizione generalizzata. La storia delle scarpe gialle emerge in quei primi giorni di libertà. Roncoroni è in condizione di tale indigenza di ricordarsi di quel particolare, di prendere carta e penna per rivolgersi, attraverso il Cln locale, alle autorità elvetiche rivendicando il diritto ad entrare in possesso delle sue calzature rattoppate, spedite dal campo di internamento al Magazzino di Herzogenbuchsee il 20 giugno 1945, due settimane prima del rimpatrio avvenuto in quei primi giorni di luglio. Il giovane, sottolineando “il bisogno quasi urgente” che lo tormentava, aveva ricostruito nella lettera del 28 settembre 1945 l’iter della vicenda. “Dichiaro – aveva scritto - d’aver consegnato alle guardie del Magazzino Vestiario di Le Sentier un paio di scarpe basse, gialle, per riparazioni che sono state spedite al Magazzino di Herzogenbuchsee. Prego vivamente a voi l’interessamento in merito”. Un appello che poteva apparire non solo paradossale ma venato da una dose massiccia di ingenuità dal momento che la Confederazione, come ogni altro Paese uscito snervato dalla bufera della guerra, era alle prese con ben altri problemi. Ma, come qualche volta accade, la limpidezza della richiesta ebbe un riscontro positivo pur se la mancanza di ulteriori strumenti di riscontro non ci permette di conoscere la fine della storia. L’8 ottobre 1945 il tenente Schenk del “Dipartimento Militare Federale - Commissariato Federale per l’Internamento e l’Ospitalità” di Berna rispondeva infatti al reduce di Terrazzano di Rho informando Maria Rezzonico, responsabile del Soccorso Italiano in Svizzera, una struttura che aveva collaborato da Lugano a mantenere i rapporti fra gli internati e le famiglie in Italia e viceversa, che la domanda era perfettamente legittima. Le scarpe basse gialle di Roncoroni, spedite il 20 giugno 1945 alla calzoleria di Herzongenbuchsee, erano state donate come imponeva il regolamento alla Croce Rossa internazionale. Ma la partita non era perduta perché il Comitato Federale avrebbe provveduto a fare avere una copia esatta delle scarpe una volta conosciute “la grandezza esatta” e “possibilmente anche un disegno della circonferenza del piede del signor Roncoroni”!
Triangolo Rosso, dicembre 2006